Sequestro fondi Lega: Salvini chiede incontro a Mattarella. Ancora nessuna risposta

Sorride, ma non si dà pace Matteo Salvini. Considera politica la condanna della Cassazione sui fondi della Lega targata Bossi-Belsito, un mezzo per “mettere fuori legge quello che viene indicato come il primo partito d'Italia” e quindi il leader del Carroccio è determinato a portare la vicenda all'attenzione del presidente della Repubblica: “Ne parlerò con Mattarella, sarebbe il primo caso in Italia e in Europa”, sebbene l'entourage del capo dello Stato faccia sapere che il presidente è all'oscuro di ogni contatto.

Ma il leader Lega insiste: “L'incontro è stato chiesto formalmente al Quirinale e so che già in passato” l'inquilino del Colle “seguì la vicenda ed è sensibile al fatto che ci sia diritto di parola e libertà di espressione e di azione per tutti”. Matteo Salvini passa sopra anche alla protesta dei magistrati dell'Anm, che considera la richiesta del vicepremier “fuori dal perimetro costituzionale”. Tanto che definisce bizzarro il fatto “che il Ministro dell'Interno e vicepresidente del Consiglio non possa andare a parlare con il suo presidente della Repubblica”, pur ribadendo la sua fiducia al "99% delle toghe che obiettivamente lavora bene e senza pregiudizi".

Quello che il segretario federale della Lega non riesce proprio a mandare giù è che al suo partito vengano contestati addebiti risalenti a due lustri fa, dunque al suo predecessore Umberto Bossi: “Se qualcuno in passato ha speso in maniera errata 300 mila euro e verrà condannato in via definitiva, di quella cifra, anche se non c'entro nulla, sono personalmente disposto a farmi carico”, ha dichiarato il responsabile del Viminale.

Ma “se questo significa attaccare politicamente un partito che sta conquistando la fiducia della gente, ne parlerò con Mattarella e sarà lui a decidere se c'è in ballo la democrazia o è tutto normale”.È un crescendo, quello di Matteo Salvini, che arriva anche a parlare di “atteggiamento più da regime” per definire la sentenza della Suprema Corte di cassazione.

La posizione è diametralmente opposta a quella del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ricorda come la legge offra a tutti la possibilità di difendersi in tutti i gradi di giudizio, invitando però a rispettare le sentenze quando vengono emesse, senza evocare scenari da seconda Repubblica. Un'uscita, quella del Guardasigilli, che di certo non ha entusiasmato l'alleato e infatti la replica di Matteo Salvini è secca: “Con tutte le cose importanti cui sto lavorando, onestamente questa è quella che m’interessa di meno”.

In questo vorticoso giro di dichiarazioni, smentite e botta e risposta, anche l'opposizione prova a cavalcare l'onda. Almeno lo fa il Partito Democratico: dopo la stoccata di Matteo Renzi (“nel frattempo che chiude i porti, aprisse il portafoglio”), anche il presidente dei dem Matteo Orfini sceglie Twitter per pungere il Ministro dell'Interno: “L'argomento legalità che invoca (a sproposito) per fare la guerra ai poveri o agli esclusi, com'è che sparisce quando si parla della truffa della Lega e dei 49 milioni che deve restituire?”. Restano in silenzio, per il momento, Forza Italia e Fratelli d'Italia, formalmente ancora alleati con il Carroccio nella coalizione di centrodestra.

Quello che è crescita è un investimento, la nuova linea del Governo in UE

Tutto quello che può generare crescita è un investimento e come tale non andrebbe considerato nel rapporto deficit/Pil che imbriglia i margini di manovra di Paesi, come l'Italia, che vogliono mettere in campo riforme ambiziose come quella fiscale e il reddito di cittadinanza proprio per imprimere un’accelerazione all'economia.

È questa, come emerge dopo la prima riunione del Comitato per gli affari europei, la nuova linea che il Governo guidato da Giuseppe Conte punterà a tenere con Bruxelles in vista della trattativa da aprire da qui all'autunno sulla prossima legge di bilancio con l'obiettivo di ottenere quanto più possibile in termini di nuova flessibilità. Riforme come quella fiscale e quella per il sostegno al reddito, è il ragionamento, servono a rilanciare il Paese e a raggiungere i ritmi dei partner europei, ma hanno alti costi, almeno nella fase iniziale, e quindi bisogno di risorse ingenti per essere attuate.

Il punto di partenza, come ha detto in un’intervista a Bloomberg il ministro dell'Economia Giovanni Tria, è la volontà di “cambiare il sistema e supportare la crescita economica”. E per farlo già in autunno andranno poste le basi per reddito di cittadinanza e flat tax, che dovranno andare di pari passo, ferma restando l'applicazione per gradi del contratto di governo.

Il mix di politiche sarà quello che traccerà la discontinuità con i passati governi, ha ripetuto Tria, confermando l'intenzione di tenere a bada i conti senza peggiorare il deficit strutturale ma fissando il rapporto tra Pil e deficit un po' più in alto rispetto allo 0,9% indicato dal Def scritto da Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan per il 2019. Il Ministro insomma si mantiene sulla linea della prudenza già enunciata nei giorni scorsi in Parlamento, quando aveva chiarito che nessuno nel Governo vuole far saltare i conti.

Ma all'interno dell'esecutivo le spinte a fare di più non mancano e dalla prima riunione interministeriale presieduta da Paolo Savona, titolare degli Affari europei, cui era presente una nutrita pattuglia di governo oltre ai due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, è emersa la volontà di premere per realizzare “investimenti pubblici” per salvare euro e mercato comune “sul piano del consenso politico” grazie “all'aumento del benessere economico e sociale dei Paesi membri”.

Ed è filtrata l'intenzione, sostenuta dal leader M5S al tavolo, di cambiare paradigma nelle regole di bilancio europee perché, sarebbe stato il ragionamento, le riforme fiscali e quelle del sostegno al reddito devono diventare riforme che l'Europa non può legare al rapporto deficit/Pil.

Intanto Luigi Di Maio ha già avviato il lavoro per rafforzare i centri per l'impiego e al primo incontro con gli Assessori regionali ha annunciato lo sblocco dei primi fondi, in tutto 280 milioni (45 milioni sono residuo dello scorso anno) per dare un chiaro segnale. La riforma dei centri per l'impiego è propedeutica all'introduzione vera e propria del reddito di cittadinanza e avrebbe bisogno, secondo i calcoli contenuti nel contratto di Governo, di 2 miliardi per partire, che il governo punterebbe a recuperare sfruttando i fondi europei.



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