Sancita la tregua tra Salvini e Di Maio

Avanti con il Governo, avanti con il taglio delle tasse. Sono passate pochi giorni dall'ultimatum del premier Giuseppe Conte e poche ore dalla minaccia d'infrazione europea. Dopo giorni di fortissima tensione Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono incontrati a Palazzo Chigi per cercare di mettere in campo una strategia di rilancio del Governo giallo verde, dopo che solamente qualche giorno fa la tenuta dell’esecutivo è stata fortemente a rischio. Forse non è scoppiata una pace giallo-verde, ma una tregua, seppur fragile, quella sì. La conferma arriva con una nota congiunta: l'incontro viene descritto come positivo e cordiale, utile a fare il punto sulle priorità da realizzare in tempi brevi e a riavviare un dialogo costruttivo con l'Europa. Queste parole richiamano il passo felpato del Ministro dell'Economia Giovanni Tria che è impegnato nel difficile confronto con la Commissione Europea.  

Luigi Di Maio ha assicurato che il confronto con Bruxelles sarà affrontato “con molta franchezza e cordialità”. La trattativa, sottolinea, non deve essere affidata “ai burocrati” bensì ai politici, con un percorso che passi per il Parlamento e coinvolga le parti sociali. Matteo Salvini ripete lo stesso mantra, alternando la volontà di trattare alla critica delle istituzioni dell'Ue: “Le regole e i tagli e l'austerità imposte dall'Europa negli ultimi 10 anni hanno prodotto il risultato che è aumentato il debito e la disoccupazione in Italia”. 

Comunque sia, da Prato, il segretario della Lega spiega di aver “sentito dei sì dall'amico Luigi Di Maio”, con cui c'è stato un confronto franco: si è preso atto di aver sbagliato entrambi. I due leader avrebbero parlato anche della possibilità di un rimpasto di Governo e Salvini avrebbe innanzitutto rivendicato il ministero agli Affari europei che fu di Paolo Savona. Nella nota finale però si fa solamente cenno alla necessità di abbassare le tasse. Comunque sia, almeno per il momento, sembra prevalere la “linea Conte”: meno protagonismi e maggior coesione, anche perché bisogna affrontare la delicata trattativa europea. 

Per Moody’s e Draghi le previsioni italiane non sono credibili

Dopo la minaccia da parte della Commissione Europea di aprire una procedura d'infrazione per debito eccessivo nei confronti dell’Italia, a complicare le cose arriva anche il giudizio negativo dell’agenzia di rating Moody's che giudica come poco credibili le previsioni di crescita del Governo guidato da Giuseppe Conte. Ma non solo, anche il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha invocato, parlando dell’Italia, la predisposizione di un “piano credibile” di riduzione del debito.  

L’affermazione arriva dopo che alcuni giorni fa il numero uno della Bce aveva silurato l'idea leghista dei minibot: “O sono valuta, e quindi sono illegali, oppure sono debito” che aumenta la montagna da 2.350 miliardi che l'Italia già deve fronteggiare. Anche Moody’s è molto scettica sulla misura che nei giorni scorsi è stata oggetto di una mozione approvata all’unanimità alla Camera e che se introdotta rappresenterebbe un “credit negative” e ridurrebbe la credibilità dell’Italia. Se effettivamente introdotti, tuona l'agenzia di rating, i minibot sarebbero “un primo passo verso la creazione di una valuta parallela e la preparazione dell'uscita dell'Italia dall'Eurozona”. 

Ma è sullo scontro con l'Ue sui conti italiani, con una procedura d'infrazione per debito evitabile solo con una manovra correttiva, che arriva l'avvertimento più pesante di Moody's, il cui rating sull'Italia, Baa3, se tagliato di un solo gradino diverrebbe junk, ovvero spazzatura equiparando i Btp a un rischioso investimento speculativo. La prossima revisione del rating di Moody's è prevista per il 6 settembre, proprio nel bel mezzo della costruzione della legge di bilancio in vista della quale il Governo italiano promette di dare battaglia sulla flat tax e di non aumentare l'Iva così come definito dal DEF. 

L'agenzia di rating contesta soprattutto le stime del Governo secondo cui il deficit 2019 potrebbe alla fine risultare più basso del 2,4% inserito nel Def con l'auspicio di un 2,1%: sarà invece al 2,6% quest'anno (stima vicina al 2,5% di Bruxelles) e al 2,7% il prossimo, lontano dalle stime del governo per il 2020 e 2021. La conseguenza sarà un debito pubblico che continuerà a salire mettendo l'Italia in balia degli umori dei mercati. Moody's resta la più pessimista sull'Italia fra le principali agenzie di rating; a febbraio Fitch ha confermato il suo BBB (un gradino sopra Moody's) con prospettive negative: il prossimo appuntamento è il 9 agosto. Idem per Standard &Poor's, che si esprimerà nuovamente il 25 ottobre. 

Mario Draghi, da Vilnius dove era riunita la Bce, prova a stemperare lo scontro fra Roma e i partner europei: all'Italia “non credo che verrà chiesto un rapido declino del debito, sappiamo tutti che è impossibile. Sarà un piano di medio termine che tuttavia dev'essere credibile, e la credibilità si misura da come questo piano è architettato, pianificato e dalle azioni che seguono”. 

Per Cantone il decreto sblocca cantieri aumenterà la corruzione

A poche ore dall’approvazione, in prima lettura, del Senato del decreto sblocca cantieri arriva la bocciatura del presidente dell'Anac Raffaele Cantone, che nel giorno della relazione annuale a Montecitorio non esita di dare una stoccata contro quello che appare di fatto un ridimensionamento del ruolo dell'Agenzia anticorruzione, a distanza di qualche anno dall'entrata in vigore del Codice Appalti. Nella sua relazione di fronte al ministro Bonafede, il presidente dell'Anac ha criticato le numerose e sostanziali modifiche dal decreto dopo l’esame del Senato, tra cui la previsione di una soglia abbastanza alta (150 mila euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata, che aumenterebbe “certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi”. A suo giudizio le norme contenute nello sblocca cantieri ridurranno significativamente le possibilità d’intervento dell’Anac, potrebbero favorire le infiltrazioni della criminalità organizzata e ridurrebbero la possibilità di intervenire sui conflitti d’interessi.

Sulla questione è intervenuto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: “Saremo i primi a scrivere la legge sul conflitto di interessi”, spiega il Guardasigilli. A dirsi soddisfatto per l'approvazione del decreto è anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, il quale precisa che “per il Governo l'approvazione al Senato è un giro di boa passato con successo”. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini respinge invece l'analisi di Cantone: “Siamo orgogliosi di offrire agli imprenditori e agli amministratori locali regole più semplici, efficaci e trasparenti. Restano incomprensibili le critiche di chi vorrebbe burocrazie e procedure più complicate perché lì più facilmente trovano spazio corruzione e illegalità”. Ma il leader del Pd Nicola Zingaretti incalza: “Quello approvato al Senato non è uno sblocca cantieri ma un blocca Italia, un provvedimento di corto respiro, pasticciato e confuso per trovare una sintesi tra gli interessi di Lega e M5S”.



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