Seduta interlocutoria oggi per il Consiglio dei Ministri, che esaminerà solo alcune leggi regionali, in attesa della prossima settimana che si preannuncia cruciale per la tenuta del Governo. Mercoledì prossimo infatti, salvo sorprese dell'ultim'ora, dovrebbero essere ufficialmente presentati il “Job act” e il piano di investimenti sulla scuola; provvedimenti ai quali il premier dedicherà molte delle sue attenzioni. La politica di Palazzo Chigi dovrà essere portata avanti tenendo in considerazione il recente richiamo arrivato da Bruxelles sulla tenuta dei conti pubblici ma Renzi, in occasione del vertice straordinario di ieri sulla crisi ucraina, ha già fatto intendere di voler “cambiare verso” anche nel rapporto con i partner del Vecchio Continente. “Rispetto a questo costante refrain italiano per cui si dipinge l'Europa come un luogo in cui veniamo a prendere i compiti da fare a casa – ha spiegato il premier – voglio dire che non è così. L'Italia sa perfettamente quello che deve fare, lo sa da sola, lo deve fare per il futuro dei propri figli e lo farà, consapevole che oggi le priorità per il nostro Paese sono lavoro e crescita, crescita e lavoro”. Una linea netta che ha già portato i primi frutti. L'Italia ha infatti incassato il semaforo verde per l'utilizzo dei 33 miliardi di euro di cofinanziamento targati Ue relativi alla nuova programmazione dei fondi per le politiche di coesione 2014-2020. I soldi potranno essere impegnati anche prima della valutazione finale della Commissione ma dovranno essere destinati a “misure mirate” in grado di incentivare la competitività del tessuto economico produttivo e la creazione di nuovi posti di lavoro. Un risultato molto importante per una realtà in cui il ruolo del pubblico resta fondamentale per permettere la ripartenza della domanda interna.
Restando sui temi economici, Carlo Padoan, nuovo inquilino del MEF, presenterà lunedì il suo programma di fronte all'Eurogruppo. Un intervento in cui dovrebbe confermare quanto dichiarato in un'intervista rilasciata al “Sole 24 Ore”: puntare a ricavare 5 miliardi dalla spending review, portare avanti le privatizzazioni dal governo Letta e rispettare il 3 per cento nel rapporto tra debito e Pil. Una politica “conformista” in grado di intercettare l'appoggio dell'Europa che potrebbe però essere modificata con il passare del tempo visto che Renzi aveva assicurato di voler rivedere i vincoli di bilancio presenti nella normativa comunitaria.
Ma il futuro dell'esecutivo passa anche dall'approvazione della legge elettorale. Oggi – a differenza di quanto previsto in precedenza – la Camera non proseguirà l’esame delle proposte di legge a causa del congresso di Fratelli d’Italia. Il voto di Montecitorio sull'Italicum dovrebbe quindi slittare alla prossima settimana ma il condizionale è d'obbligo, considerata l'atmosfera di crescente tensione tra le varie forze politiche. Per il momento l'accordo tra Renzi e Berlusconi ha retto a tutte le prove del voto, comprese quelle a scrutinio segreto, seppur con uno scarto molto limitato sono stati respinti tutti gli emendamenti posti in votazione ma la conta all'ultimo voto è destinata a ripetersi. Intanto, è giunto il richiamo all'ordine del Quirinale attraverso una nota firmata dal Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano auspica “la conclusione positiva su basi di adeguato consenso parlamentare” dell'iter della legge elettorale, ma in questa fase, fa sapere, è fuorviante chiedergli, in nome di presunte incostituzionalità, di pronunciarsi o intervenire sulla materia. Il Quirinale, infatti non ha “altro ruolo da svolgere che quello della promulgazione - previo attento esame - del testo definitivamente approvato dalle Camere”. Un avviso ai naviganti che non può essere derubricato a formalità. Come previsto dalla Costituzione il Presidente si riserva un attento esame delle norme previste dall'Italicum ma niente di più.