Zelensky è accolto dall’Ue come un eroe. Bilaterale con Meloni

È stato accolto da eroe il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nella sua storica visita a Bruxelles: standing ovation al Parlamento europeo, applausi e abbracci al Consiglio Ue. Lui, visibilmente commosso, ha mostrato tutta la gratitudine per l'Ue che non ha mai fatto mancare il suo sostegno da quando i carri armati russi hanno invaso il suo Paese. Ma ha chiesto altro e di più, non solo di accelerare sul processo di adesione all'Unione europea ma anche, e soprattutto, sulla fornitura delle armi per essere “al passo dell'aggressore”: “Carri armati, missili a lungo raggio e jet da combattimento”, “Non posso permettermi di tornare a casa senza risultati”, ha ammesso in conferenza stampa con Charles Michel e Ursula von der Leyen, i due che l'avevano accolto all'aeroporto dov’era atterrato assieme a Emmanuel Macron

Il capo dell'Eliseo aveva ospitato Zelensky già ieri sera, un appuntamento ristretto cui era stato invitato, non senza polemiche, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, un fatto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha giudicato “inopportuno”: “Credo che la nostra forza in questa vicenda sia l'unità e la compattezza ed io capisco la questione politica interna, il fatto di privilegiare le proprie opinioni politiche interne, ma ci sono momenti nei quali privilegiare la propria opinione politica interna rischia di andare a discapito della causa e questo mi pare fosse uno di quei casi”. Parole dure cui Macron non ha voluto rispondere, in ogni caso ha precisato che “Ricevere il presidente Zelensky con il cancelliere Scholz è stato nel nostro ruolo, perché come sapete Germania e Francia hanno un ruolo particolare da più di otto anni sulla questione”. “Inoltre sta al leader ucraino scegliere i formati dei suoi colloqui, oggi dopo il suo discorso al Parlamento europeo avrà incontri bilaterali con diversi leader”, ha cercato di stemperare e in ogni caso, per Macron, “ciò che importa è essere collettivamente efficaci e di avere una strategia per ritrovare una pace duratura”.

Come annunciato, Zelensky ha avuto un colloquio bilaterale anche con Giorgia Meloni. Nell'occasione Zelensky “ha manifestato la forte gratitudine per l'impegno di Roma” e Meloni ha confermato “il sostegno italiano all'Ucraina contro l'aggressione russa”. Si è parlato anche della sua visita a Kiev che dovrebbe avvenire prima del 24 febbraio. Rivolgendosi ai leader, sia nella sessione di lavoro, che nei colloqui bilaterali, Zelensky è stato chiaro: “Purtroppo la guerra è in corso e durerà, non possiamo fermarci alle emozioni, servono armi”. Essenzialmente, dopo aver ottenuto il via libera per i carri armati Leopard 2, Zelensky punta ai caccia, i Mig-29 ma anche gli F-16. I leader Ue per il momento non sono ancora convinti e temono che simili rinforzi possano determinare un’escalation del conflitto. 

In ogni caso i pochi che hanno promesso qualcosa si sono assicurati che non sia reso pubblico. “Non saremo i primi a fornire i caccia, ma se altri aprissero la strada la nostra risposta sarebbe positiva", ha assicurato il premier polacco Mateusz Morawiecki. Lo slovacco Eduard Heger ha detto che sta lavorando sulla richiesta di fornitura dei Mig. L'olandese Mark Rutte ha invitato alla cautela: “Rischia di essere una linea rossa per lo scontro diretto con Mosca”. In ogni caso sarà necessario passare per la Nato e non solo. Dal canto suo, l'Ue può fare di più in autonomia sul processo di adesione, e Michel e von der Leyen si sono detti “impressionati” dai progressi compiuti dall'Ucraina. “Vorremmo aprire i negoziati quest'anno” ha detto Zelensky rivolgendosi proprio a Michel; “Sono cosciente della responsabilità che ho ma serve l'unanimità”, ha risposto Michel dandogli in fin dei conti un assaggio di cosa sia e come funzioni l'Unione europea.

Le Commissioni hanno concluso l’esame del milleproroghe

Si alza la tensione tra Roma e Bruxelles sulla proroga delle gare per i balneari decisa dalla maggioranza e votata al Senato nel decreto mille proroghe, provvedimento che intanto saluta il ritorno dello smart working per i lavoratori fragili e per quelli con figli under 14, del settore privato. L'invito europeo a Roma è quello ad “assicurare parità e concorrenza” sulle concessioni. Un faro, dunque, sulla scelta di prorogare, nonostante i dubbi espressi dall'Ue, la messa a gara delle spiagge. Alla fine, la formula individuata posticipa di un anno i bandi, sospende in attesa del riordino del settore l'indizione delle gare da parte dei Comuni e proroga i termini per la delega sul monitoraggio. Inoltre, incarica un tavolo a Palazzo Chigi di occuparsi di “definire i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile”; una delle chiavi della soluzione individuata dal Governo risiede proprio in questo passaggio. Per il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti il suo partito “ha sempre sostenuto che la direttiva Bolkestein non andrebbe applicata al settore dei balneari. Il Parlamento è sovrano e dà una sua indicazione: siamo certi che in Europa si troverà una soluzione favorevole”. È tutto da vedere se questa chiave interpretativa potrà avere successo in sede di Ue. Nel frattempo, le opposizioni vanno all'attacco e i Verdi fanno sapere che invieranno una lettera all'Europa per far aprire contro il nostro Paese una procedura d'infrazione

Il milleproroghe, che ha avuto il via libera delle Commissioni per l'Aula, contiene una novità di rilievo. Dopo un’iniziale contrarietà per la copertura da parte del Mef, viene approvato all'unanimità un emendamento che proroga al 30 giugno lo smart working nel privato per i lavoratori fragili e per quelli con figli sotto i 14 anni. Via libera anche a una proposta dell'ex ministro Antonio Guidi per la proroga anche per i fragili della PA. L'approvazione, all'unanimità, della misura sui fragili è l'ultimo atto prima del via libera finale delle Commissioni di Palazzo Madama e relatori e Governo si spendono per lodare il clima nel quale si è svolto l'esame di un provvedimento corposo, che ha trattato i temi più disparati. “C'è la volontà di evitare la questione di fiducia”, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani al termine della seduta, e questo “si può fare se da parte delle opposizioni rimane questo clima di collaborazione”. In ogni caso, il provvedimento la settimana prossima è atteso dall’Aula del Senato e poi sarà inviato alla Camera per un rapido esame e l’approvazione definitiva entro il 27 febbraio.

Le elezioni regionali saranno un test per il centrodestra e i suoi partiti

Il centrodestra si avvia al rush finale delle prossime regionali. Se sulla carta la vittoria è scontata, più incerto l'effetto che avrà sugli equilibri interni ai tre principali partiti. Di sicuro è la Lombardia lo snodo clou, visto che, al di là della conferma del leghista Attilio Fontana, qui FdI potrebbe guidare una rivoluzione diventando il partito più votato, esito che confermerebbe il cambio di rotta registrato alle ultime politiche: 5 mesi fa in Lombardia il 27,6% degli elettori di FdI avevano quasi doppiato i leghisti, fermi al 13,9% e ancor più i berlusconiani fermi al 7%, dati che se confermati anche alle regionali rischierebbero di alterare gli equilibri interni alla Lega. 

Orizzonte tutto da scrutare anche nel Lazio. Se vincesse il candidato Francesco Rocca, la coalizione di centrodestra tornerebbe al governo dopo 13 anni dall'ultima sua eletta, Renata Polverini. Una vittoria della squadra, ripeterebbero in coro gli alleati, contemporaneamente, però, sarebbe difficile frenare la tentazione di FdI di fare l'asso pigliatutto. Del resto al voto del 25 settembre si era attestata al 26%, un'ascesa che sa di boom per un partito nato nel 2012 e che un anno dopo, alle regionali del Lazio (vinte da Nicola Zingaretti) aveva di poco superato il 3%, salendo all'8,69% nel 2018. 

Inoltre, se proprio qui si confermasse il trend negativo previsto dai sondaggi, per la Lega sarebbe la conferma che è tramontato il sogno del partito nazionale, e non più solo nordista, che fu il grande obiettivo centrato inizialmente da Matteo Salvini. L'eventualità viene letta al contrario dai leghisti della prima ora: secondo le voci più critiche nel partito, è proprio la scelta del capitano di aprirsi al sud tralasciando i temi più identitari della Lega la causa di tanta delusione, fino al tradimento nel voto, scegliendo piuttosto Meloni. Secondo alcuni dirigenti leghisti, il 13 febbraio basterà contare i consensi che prenderà la lista di Fontana per aver la misura del disagio che cova nell'ex Carroccio: 5 anni fa era appena all'1% contro il quasi 50% con cui il governatore fu eletto. “Se ora la lista avrà il 3-4% dimostrerà che quelli sono i voti dei tanti leghisti che confermano Fontana, ma non della Lega in sé”, è la previsione preoccupata. In imbarazzo è pure FI di fronte a un flop temuto da tempo e che brucerebbe tanto nella Regione di Silvio Berlusconi; da qui l'ipotesi di un'alleanza sotterranea che FI e Lega potrebbero siglare per non essere fagocitati dall'alleato più giovane. In caso di un trionfo di FdI, non si esclude nemmeno l'ipotesi di un restyling degli organigrammi interni al partito. (Leggi gli speciali elezioni Lombardia e Lazio)

Il Ministro della giustizia Nordio rigetta l'istanza, Cospito resta al 41 bis

Alfredo Cospito deve restare al 41 bis: il Ministro della Giustizia Carlo Nordio conferma la linea della fermezza del Governo Meloni e così riduce al lumicino le speranze dell'anarchico, in sciopero della fame da 110 giorni contro il regime del carcere duro. Per il 55enne abruzzese condannato a 30 anni ora l'unica possibile ancora di salvezza resta la Cassazione, che il 24 febbraio dovrà esprimersi sul reclamo presentato contro la decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma di confermargli il 41 bis. La difesa del detenuto è decisa a dare battaglia: contro il provvedimento di Nordio faremo ricorso, ha annunciato l'avvocato Flavio Rossi Albertini, che nelle prossime ore terrà anche una conferenza stampa alla Camera. Era stato lo stesso legale a presentare il 12 gennaio scorso l'istanza di revoca del carcere duro, che Nordio ha bocciato con un provvedimento articolato, una decisione che è stata a lungo meditata visto che è giunta a pochissimi giorni dalla scadenza del termine di un mese stabilito dalla legge. 

Al cuore del provvedimento, lungo una decina di pagine, c'è la convinzione che Cospito abbia istigato dal carcere la galassia anarchica ad azioni violente e che il pericolo che possa ancora comunicare con l'esterno continui a sussistere, rischio arginabile solo con il 41 bis. In ogni caso, Nordio ha anche tenuto conto dello stato di salute dell'anarchico, che secondo il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma potrebbe precipitare da un momento all'altro: fermo restando che gli vanno garantite tutte le forme di assistenza, il provvedimento spiega che le condizioni dell'anarchico non possono “incidere sulla sua pericolosità sociale”, come dice il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. Sulla decisione di Nordio la politica si divide: se la maggioranza è con il Ministro, dall'opposizione si levano alcune voci critiche, mentre dal Terzo Polo Enrico Costa avverte: quello di Nordio è un atto tecnico-giuridico, “attribuirgli valenza politica, per contestarlo o per applaudirlo, è sbagliatissimo”.



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