L’Ue accelera sulla candidatura dell’Ucraina e sulla revisione dei Trattati

La Commissione Europea accelera sul via libera alla concessione dello status di candidato Ue all'Ucraina. Dopo aver esaminato le due parti del questionario consegnato da Kiev a Bruxelles su impegni e requisiti per ottenere lo status, l'esecutivo europeo la settimana prossima potrebbe varare l'attesa raccomandazione. Per l'Ucraina sarebbe una prima, concreta vittoria sul percorso di avvicinamento all'Ue, ma il sì della Commissione, senza una ratifica del Consiglio europeo di fine giugno, rischia di essere inutile perché sulla candidatura di Kiev gli Stati membri finora si sono mostrati tutt'altro che uniti. La mossa di Ursula von der Leyen va nella direzione auspicata da Volodymyr Zelensky in un momento di critica impasse della guerra tra Russia e Ucraina. La raccomandazione dovrà essere approvata dal collegio dei Commissari (cosa non scontata) e, in ogni caso, sarà un via condizionato. Nel testo, infatti, la Commissione potrebbe inserire la necessità che Kiev rispetti i parametri europei dello stato di diritto e della legislazione anti-corruzione. Ma il nodo della candidatura resta politico.

La notizia della mossa di Palazzo Berlaymont arriva mentre, anche a Strasburgo, il Parlamento Ue accelera su un altro complesso dossier europeo, la modifica dei Trattati. L'Eurocamera ha avviato il lungo e difficile percorso che da qui ai prossimi mesi potrebbe portare alla modifica dei Trattati Ue, varando una risoluzione approvata con 355 voti favorevoli, 154 contrari e 48 astenuti. Il testo mette nero su bianco le proposte giunte dalla Conferenza sul Futuro dell'Europa. Una su tutti: il superamento della regola dell’unanimità. Con la guerra in Ucraina e i continui veti di Orban, anche i Governi più influenti dell'Ue hanno cominciato a pensare seriamente alla possibilità: “Siamo aperti a un’evoluzione verso un maggior uso della maggioranza qualificata”, ha annunciato il Ministro per gli Affari Ue Clement Beaune nel ruolo di rappresentante del Consiglio. L'apertura della presidenza francese è un assist a chi, dall'Italia alla Spagna, non disdegnerebbe il superamento dell’unanimità in una serie di temi, mantenendola, invece, per decisioni costituzionali o di particolare rilevanza per l'Unione, come l'adesione di nuovi Stati membri. L'impegno di Emmanuel Macron è che se ne parli al summit europeo del 23 e 24 giugno. 

Mattarella vede von der Leyen e spinge sugli allargamenti dell’UE

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha incontrato al Quirinale la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Nel colloquio, durato oltre 50 minuti e che è il primo bilaterale tra i due presidenti, Mattarella ha ricordato che l'Italia ritiene che la solidarietà europea debba applicarsi anche al tema dell'allargamento. Per l'Italia non ci devono essere ritardi sui Balcani e nel colloquio si è parlato anche di MoldaviaGeorgia e ovviamente Ucraina. Per il Capo dello Stato la crisi alimentare rischia di investire la sponda sud del Mediterraneo: la Commissione europea, davanti all'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa, dimostri lo stesso nuovo atteggiamento mostrato nell'affrontare la crisi covid. Mattarella loda il nuovo corso della Ue e sollecita Bruxelles a utilizzare lo stesso approccio che ha prodotto il Next generation Ue, mettendo a terra un'altra iniziativa per affrontare le conseguenze della crisi. 

Dall’Ocse Draghi rilancia il Price cap e il nuovo Sure

Aiutare l'Ucraina ma non dimenticare “i nostri cittadini e quelli nelle aree più povere del mondo, in particolare in Africa”: è la ricetta che Mario Draghi ha dettato in apertura del Consiglio ministeriale Ocse a Parigi. Soltanto così, diventando “sostenibili nel tempo” e “coinvolgendo le economie emergenti”, i nostri sforzi potranno “essere pienamente efficaci”. Sulla stessa linea il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha messo l'accento sulla crisi dell'energia. Il premier sa che in Europa aumenta ogni giorno la preoccupazione per le ricadute sui cittadini della crisi generata dalla guerra. Sa di poter contare anche su Emmanuel Macron, con il quale ha rinsaldato l'asse Roma-Parigi; di recente tra i due Paesi c’era stato qualche fraintendimento: ingresso dell'Ucraina nell'Ue, fondi per la difesa, atteggiamento nei confronti di Putin hanno reso necessario qualche chiarimento. Ma alla fine la cena di lavoro fra i due è andata “benissimo”, come lo stesso Draghi ha affermato.

Prima aveva però tenuto il suo discorso inaugurale di questa sessione ministeriale in qualità di leader del Paese che quest'anno presiede l'evento più importante dell'anno per l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, un discorso molto centrato sulla protezione dell'Ucraina ma anche dei cittadini dei Paesi colpiti dalle conseguenze della crisi. Ed ha lanciato un primo appello sul quale tutti i leader europei sono allineati: “Dobbiamo sbloccare i milioni di tonnellate di cereali che sono bloccati a causa del conflitto”, ha detto il premier, offrendo “al presidente Zelensky le garanzie di cui ha bisogno che i porti non vengano attaccati”; “Evitare la catastrofe” in Ucraina e “continuare a sostenere i Paesi beneficiari come sta facendo l'Ue con il Food and Resilience Facility”, questo il concetto su cui Draghi ha insistito. 

Per Mario Draghi, è essenziale che “i salari recuperino il loro potere d'acquisto”, senza però alimentare “una spirale prezzi-salari”. Il price cap, ovvero un tetto ai prezzi dell'energia, è lo strumento proposto dal premier ai rappresentanti economici dei Paesi dell'Ocse: “Offriamo un sostegno finanziario alle famiglie e alle imprese, soprattutto a quelle in maggiore difficoltà” e ancora una nuova edizione di SURE, il Sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in caso di emergenza, lo strumento che ha consentito di erogare “prestiti stabili e a basso costo agli Stati membri dell'Unione europea affinché potessero salvare posti di lavoro e sostenere i redditi”. Draghi suggerisce che “uno strumento simile” questa volta mirato all'energia “potrebbe garantire ai Paesi vulnerabili più spazio per aiutare i propri cittadini in un momento di crisi. Ciò rafforzerebbe il sostegno popolare al nostro sforzo comune in termini di sanzioni e contribuirebbe a preservare la stabilità finanziaria in tutta l'area euro”. Sull'ipotesi si è detto perfettamente in linea anche Luigi Di Maio.

Salvini e Meloni si presentano insieme a Verona

Dopo settimane di tensione, Matteo Salvini e Giorgia Meloni salgono quasi contemporaneamente sul palco della manifestazione elettorale di Verona a sostegno del candidato sindaco Federico Sboarina, che rappresenta gran parte del centrodestra tranne Forza Italia che, invece, sostiene Flavio Tosi. Ci sono anche Maurizio Lupi (Noi con l'Italia), il governatore del Veneto Luca Zaia e Antonio De Poli (Udc). La presidente di Fratelli d'Italia e il leader della Lega si abbracciano per alcuni secondi, poi durante la serata parlottano tra di loro e stanno l'una accanto all'altro. L’obiettivo è quello di mettere alle spalle le ruggini del post elezione al Quirinale anche se i battibecchi negli ultimi giorni non sono mancati, visto che la coalizione in alcune città si presenta a geometrie variabili e non sempre unita.

“Poiché hanno detto che faremo come Romeo e Giulietta, dico che non faremo la stessa fine”, scherza la Meloni chiedendo per un attimo il microfono a Salvini. Dal canto suo, Matteo Salvini confida: “Sono ben felice di essere venuto a Verona e penso che la piazza di oggi faccia giustizia di tante polemiche e di tante robe strane. Per me vince la squadra, per me il centrodestra, è una squadra e lavoro per unire e non per dividere o separare”. “Su questo palco” assicura Salvini “c'è la coalizione che, se ci date una mano, e insieme agli amici di Forza Italia governerà a lungo e bene il nostro Paese. Prove di pace con Meloni? Non abbiamo mai litigato. Sicuramente, quello di cui sono convinto è che saremo al governo insieme”. Insomma, una tregua. Che sia armata o meno lo diranno anche i risultati elettorali di domenica e le settimane avvenire.

Manca poco al voto per le elezioni amministrative

Ognun per sé, anche se tutti apparentemente uniti. Vale a sinistra e vale nel centrodestra a pochi giorni dalle elezioni amministrative di domenica. E la spia sta, anche, nelle piazze separate scelte dai vari leader per la chiusura della campagna elettorale. Matteo Salvini battezza Alessandria, Giorgia Meloni va a L'Aquila, Enrico Letta chiude a Lodi mentre Giuseppe Conte sceglie Taranto. Scelte plausibili, visto che mancano all'appello grosse competizioni. Al voto vanno 974 Comuni di cui 4 i capoluoghi di regione (Palermo, Genova, L'Aquila e Catanzaro) e 22 capoluoghi di provincia (Alessandria, Asti, Barletta, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone, Gorizia, La Spezia, Lodi, Lucca, Messina, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto, Verona e Viterbo); di questi, 18 sono governati dal centrodestra, 7 dal centrosinistra (2 civiche) e 1 dal centro. Gli obiettivi dei singoli partiti sono spesso contrapposti e hanno determinato fortissime tensioni in queste settimane.

Le fibrillazioni investono ogni campo della politica italiana, dalla vita interna alle singole formazioni politiche ai rapporti fra i partiti nelle rispettive coalizioni o aree di riferimento. In questa fase ogni partito è alla ricerca di un posizionamento e di un risultato utile. Per il centrodestra, che non si presenta unito in tutti i Comuni, queste elezioni rappresenteranno un primo confronto tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni per la leadership della coalizione. Per il PD e il M5S invece saranno un test per la costruzione del cosiddetto campo largo. I partiti centristi (IV, Azione, Cambiamo, ecc.) invece non hanno sfruttato l’occasione per dare vita ad una coalizione embrionale, in vista delle politiche 2023 e ciascuno si è presentato nei diversi Comuni secondo le proprie convenienze territoriali. Quello che è certo è che questo voto non avrà effetti diretti sulla tenuta del Governo di Mario Draghi: difficile immaginare una crisi dell’esecutivo in piena estate, nel mezzo di una guerra e prima dell’ultima legge di bilancio della legislatura. Più facile invece che si alzi la tensione politica nella maggioranza. Queste elezioni sicuramente avranno dei vincitori e dei vinti e specie per quei partiti che andranno male la necessità sarà di recuperare consenso ad ogni costo. (Leggi lo speciale di Nomos)



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