È ancora stallo sulle presidenze della Camere; oggi ci sarà un vertice a tre

“Forte, unito, autorevole” è il Governo che Giorgia Meloni vuole: l'ultima parola quindi sarà la sua, anche perché sarà lei a metterci la faccia. Così al termine dell'ennesima giornata di lavoro trascorsa dentro e fuori Montecitorio (da segnalare l'incontro con il Ministro Daniele Franco per fare un punto sulla situazione dei conti pubblici) approfondendo i dossier che l'Italia si trova ad affrontare nell'immediato, dal caro bollette all'approvvigionamento energetico, passando per la legge di bilancio, la leader di Fdi ribadisce nuovamente la linea: “I governi sono politici quando hanno un mandato popolare, una guida politica, una maggioranza nata nelle urne e non nel palazzo, un programma e una visione chiari. Proprio per realizzare quella visione e quel programma coinvolgeremo le persone più adatte: nessuno s’illuda che cambieremo idee e obiettivi rispetto a quelli per i quali siamo stati votati. Il nostro sarà il Governo più politico di sempre”. L'obiettivo resta quello di mettere in piedi un esecutivo di alto livello, senza rinunciare alla possibilità di inserire tecnici d'area per determinate, strategiche, caselle. 

Le trattative con Lega FI, però, al momento restano incagliate proprio sulla squadra dei Ministri e sulla presidenza delle Camere e su quest'ultimo punto da via della Scrofa il messaggio agli alleati è chiaro: per Fdi il nome forte per Palazzo Madama resta quello di Ignazio La Russa ma la Lega per la stessa poltrona da tempo controbatte proponendo Roberto Calderoli. Il nodo dovrà essere sciolto a breve, magari con un nuovo vertice tra Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, che potrebbe tenersi nella giornata di oggi. Intanto a vedersi a Villa Grande, residenza romana del Cav, sono solo i leader di FI e della Lega; il faccia a faccia è durato circa 45 minuti e al termine da via Bellerio si rimarca il fatto che Salvini resta “in costante contatto con gli alleati”: “La Lega non ha pretese né preclusioni, lavora per un'intesa soddisfacente nel centrodestra e conferma di avere le idee chiare sulla propria squadra e sui dossier più urgenti. La coalizione dev'essere all'altezza delle emergenze del Paese e delle aspettative degli elettori”. Prima di tornare a vedersi dopo l'infruttuoso incontro ad Arcore, bisogna però trovare un punto di caduta condiviso su seconda e terza carica dello Stato. 

Anche per questo le riunioni si susseguono a più livelli. A incontrarsi nella sede nazionale di Fdi sono quindi proprio La Russa e Calderoli, con loro anche il capogruppo di Fdi alla Camera Francesco Lollobrigida e i forzisti Licia Ronzulli e Alberto Barachini. Al termine il leghista, a chi gli chiede della presidenza di Palazzo Madama, si limita a rispondere di essere “pronto a fare tutto. Lavoriamo. Questa scelta sarà affidata ai nostri leader”. La Russa invece sulle voci che vorrebbero Giancarlo Giorgetti al Mef afferma: “Potrebbe fare anche il generale delle Forze armate, tutto potrebbe fare Giorgetti”. Sui rumors riguardanti l'attuale Ministro del Mise sembra soffermarsi anche la Lega quando spiega che “sarebbe motivo di grande soddisfazione e orgoglio occuparsi con un ruolo rilevante anche di Economia e Finanze”. Matteo Salvini, che al mattino vede proprio Giorgetti assieme all'altro vice Lorenzo Fontana, al capogruppo Riccardo Molinari e Edoardo Rixi, non sembra voler alleggerire il tavolo dai vari “desiderata” inviati alla Meloni (Infrastrutture, Agricoltura, Affari regionali in chiave autonomia). Stesso discorso per quanto riguarda FI, con Silvio Berlusconi che spinge per far avere alla fidata Ronzulli un posto al tavolo del prossimo Cdm. Il tempo per trovare la quadra tuttavia comincia a scarseggiare. Tra poco più di 24 ore si riuniranno le nuove Camere e cominceranno le votazioni per l'elezione dei presidenti. 

Letta punta alle piazze per la pace in Ucraina e oggi riunisce gli eletti

Tenere insieme il Pd, nelle piazze per la pace e in Parlamento, in vista dell'opposizione al nascituro Governo Meloni e del Congresso. Enrico Letta si è dato quest’obiettivo per i mesi che resterà alla guida del partito e quindi domani pomeriggio sarà sotto l'ambasciata russa insieme a chi chiede un cessate il fuoco, senza lasciare le bandiere arcobaleno a Giuseppe Conte o ad altri a sinistra. Il leader lo dice chiaro a margine della cerimonia di premiazione di Josep Borrell alla Fondacion Carlos de Amberes a Madrid: “Noi partecipiamo a tutte le iniziative che vogliono ribadire la necessità della pace e ovviamente a tutte quelle in cui viene dato il segnale del fatto che c'è una responsabilità chiara da parte della Russia”, spiega, sottolineando di avere “un solo traguardo come orizzonte: una pace lunga e duratura” e parlando di Vladimir Putin come “la più grave minaccia che il nostro continente e la nostra Unione abbiano mai vissuto”. “Nessuna lezione”, invece, da Conte o Calenda: del leader M5S i dem mettono in luce “la capacità camaleontica” dimostrata anche su questo fronte: “Se andasse di moda o tirasse nei sondaggi il blocco navale, non esiterebbe a sposare anche quello”, la frecciatina. 

Oggi il segretario riunirà gli eletti e ribadirà quanto sostenuto sin qui. Se infatti “totale” sarà la neutralità rispetto al Congresso, l'ex premier osserva con attenzione il posizionamento sull'Ucraina e ne fa una questione “identitaria”. Non c'è solo la posizione da tenere in politica estera, però, i tempi della liturgia parlamentare impongono la scelta dei capigruppo, e di vicepresidenti, questori e segretari d'aula di Camera e Senato. Il giorno per le votazioni dei presidenti dei gruppi è lunedì prossimo, ma già da oggi i nodi verranno al pettine e Letta ribadirà la necessità di eleggere due donne. Le trattative, intanto, vanno avanti e l'obiettivo è quello di trovare una quadra sul pacchetto completo che contempli tutte le cariche elettive, incastrando tutti i nomi. L'ipotesi di una riconferma a tempo di Debora Serracchiani e Simona Malpezzi sembra scemare; alla Camera, allora, Serracchiani dovrebbe lasciare la presidenza del gruppo (puntando alla vicepresidenza di Montecitorio) e in pole ci sarebbe Anna Ascani

Al Senato, dove il gruppo è quasi per intero rinnovato e sono presenti pezzi da 90 del calibro di Dario Franceschini e Francesco Boccia, tra le correnti è partita la sfida. Sulla carta sono 12 i senatori vicini al segretario (Meloni, Zampa, Lorenzin, Nicita, Zambito, Franceschelli, Basso, Boccia e il tesoriere Verini) ai quali vanno aggiunti Annamaria Furlan e Carlo Cottarelli, già garanti delle Agorà di Letta. Quattro sono di Area Dem (Franceschini, Astorre, Mirabelli, Losacco), quattro gli Orlandiani (Martella, Rossomando, Giorgis, Misiani e Fina) e nove i parlamentari di Base riformista (Irto, Manca, Malpezzi, Bazoli, Parrini, Rojc, Alfieri, Giacobbe, Borghi). In lizza restano la uscente Malpezzi, Valente e Rossomando, che però potrebbero anche restare alla vicepresidenza di palazzo Madama. Enrico Borghi per i più resta il candidato più naturale per la guida del Copasir anche se a spingere è anche l'attuale Ministro della Difesa Lorenzo Guerini.

Conte riunisce gli eletti al M5S: sarà un’opposizione intransigente

Non nasconde l'emozione, Giuseppe Conte. Il leader del M5S riunisce tutti gli eletti del M5S a Montecitorio per una prima riunione e confessa: “È un'emozione anche per me, perché come sapete è la prima volta da parlamentare”. Quindi promette “un'opposizione dura, senza sconti, non un ostruzionismo di preconcetto ma un'opposizione intransigente”. Alla riunione, la prima della legislatura, i neo-eletti arrivano alla spicciolata. C'è la vecchia guardia, quelli al secondo mandato, e ci sono le new entry; ci sono anche gli ex Paola Taverna e Vito Crimi. Il leader li catechizza sui temi da portare avanti. Anzitutto sulla guerra in Ucraina: “Vogliamo una grande manifestazione nazionale senza il nostro cappello politico o quello di altri. Vorremmo che venissero tutti i cittadini, anche quelli che hanno votato centrodestra, perché la pace non ha colori”, afferma, escludendo una partecipazione del Movimento a quella promossa dal Pd per oggi all’ambasciata Russa e ripetendo: “La nostra posizione non è ambigua: ferma condanna della Russia, anche degli ultimi attacchi missilistici, e sostegno alla popolazione Ucraina cui riconosciamo il diritto all'autodifesa. Ma il problema è che è scomparso il negoziato di pace”. 

Poi l'ex premier elenca altri capitoli del “manuale” del parlamentare di opposizione: “Restituire il primato alla politica; questa legislatura si è chiusa con un Governo di larghe intese che ha finito per scacciare nell'ombra la politica, esiliandola sullo sfondo”. “Difendere tutte le buone misure introdotte quando eravamo al governo, a partire dal reddito di cittadinanza, dal superbonus, dalla legge anticorruzione. Siamo disponibili a intervenire per migliorarle” ma “nessuno pensi di smantellarle”. Infine, altri avvisi alla “premier in pectore” Giorgia Meloni: “Abbandoni subito le derive antidemocratiche del governo ungherese” e riveda “il suo proponimento di non fare scostamenti di bilancio”. L'ultimo avviso è per gli eletti: “La politica non si pratica solo nelle sedi parlamentari e istituzionali” ma “sui territori”, e quindi “nessuno deve pensare che il fine settimana è momento di relax familiare perché deve essere anche momento di confronto con cittadini. Su questo sarò implacabile”, assicura, facendo presagire un imminente ritorno nelle piazze, in continuità con la campagna elettorale. Conte non parla invece di future alleanze con il Pd o di nomine parlamentari. Al suo fianco siedono i capigruppo uscenti di Camera e Senato Francesco Silvestri e Mariolina Castellone, che secondo i rumors potrebbero essere confermati. 



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