Il Governo pensa al taglio delle accise sul carburante se aumentano gli incassi Iva
Nonostante le fortissime polemiche, le accise per ora non scendono, ma il Governo è pronto a intervenire quando ci saranno maggiori incassi dall'Iva: lo annuncia la premier Giorgia Meloni cercando di placare la tensione dopo le misure decise dall'esecutivo contro i rincari. Gli interventi non vanno giù ai gestori che scelgono la strada dello scontro aperto proclamando uno sciopero per il 25 e il 26 gennaio; il Governo difende le scelte fatte con il decreto sulla trasparenza dei prezzi, ma è costretto a correre ai ripari, convocando per oggi un incontro con il settore, appuntamento su cui si spende in prima persona la stessa premier: “Incontro la categoria e dirò loro che non c'è nessuna volontà di fare scaricabarile”, “Tutti i nostri interventi sono per calmierare l'inflazione”; sulla benzina assicura: “Quello che lo Stato incassa in più di Iva verrà utilizzato per abbassare il prezzo”.
Al momento nel decreto non è previsto alcun intervento, scandiscono fonti dell'esecutivo, dopo le parole del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti su un possibile taglio nel caso di aumento dei prezzi. Ma il Cdm interviene “aggiustando” una norma che già esiste e consente di ridurre le accise se il prezzo supera almeno il 2% del valore indicato nel Def: in caso di aumento del prezzo del greggio e quindi dell'Iva in un quadrimestre di riferimento, il maggiore introito incassato in termini d’imposta dallo Stato potrà essere utilizzato per finanziare riduzioni del prezzo finale. In Cdm sono state inoltre approvate alcune modifiche al decreto varato appena tre giorni fa sulla trasparenza, garantendo che i buoni benzina saranno esentasse fino a fine anno. Ora l'osservato speciale del governo sono i prezzi: l'esecutivo “monitorerà attentamente” il livello non solo della benzina, ma anche dei beni di largo consumo, spiega Giorgetti; solo a valle del monitoraggio si valuteranno ulteriori iniziative. Nel frattempo, si attende di vedere nero su bianco il decreto in cui sarebbero sorti dubbi sull'idea di fissare un tetto per i prezzi nelle autostrade.
Il Governo accelera sul Pnrr. Pronto per fine mese il decreto
L'obiettivo è accelerare sui progetti per non farsi trovare impreparati in vista delle scadenze di giugno. La riunione sul Pnrr a Palazzo Chigi è servita per una messa a punto e per modificare l'impostazione del piano di ripresa e di resilienza; confermato che il decreto che prevede anche cambiamenti sul tema della governance arriverà in Consiglio dei ministri a fine mese. Ieri si è tenuta una riunione del Consiglio dei ministri presieduta dal Ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani; alla riunione hanno preso parte anche il presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome Massimiliano Fedriga, il presidente dell'Anci Antonio De Caro e il presidente dell'Upi Michele De Pascale. Per quanto riguarda il Pnrr, il ministro per gli Affari Ue Raffaele Fitto ha chiesto nella cabina di regia di avanzare proposte utili per la modifica del piano. L'Italia è chiamata a raggiungere 27 obiettivi entro il 30 giugno 2023, di cui di cui 20 milestone e 7 target; il loro raggiungimento consentirà di poter richiedere alla Commissione Europea il pagamento della quarta rata di 16 miliardi di euro.
Nel corso della cabina di regia è stato condiviso che, nelle prossime settimane, saranno convocate apposite riunioni tecniche bilaterali dove sarà verificato lo stato di attuazione di ciascuna misura, anche in vista dell'avvio della fase di aggiornamento del Pnrr e dell'inserimento del capitolo Repower Eu, il tutto in un percorso di proficua collaborazione con la Commissione Europea. Sono state sollecitate le singole amministrazioni a fornire elementi e contributi per definire misure di accelerazione degli investimenti anche alla luce delle criticità emerse in fase di attuazione. Il Ministro Fitto ha dichiarato che “la tempestiva convocazione della Cabina di Regia conferma l'impegno del Presidente Meloni e dell'intero Governo a realizzare tutti gli obiettivi del Pnrr, verificando e monitorando costantemente tutte le prossime scadenze, come già fatto nei mesi scorsi attraverso il nuovo metodo che assegna centralità alle funzioni e ai compiti della Cabina di Regia. Tale metodo ha già consentito, infatti, a questo Governo di raggiungere i 55 obiettivi previsti al 31 dicembre 2022”.
Meloni incontra i vertici del Mes e auspica dei correttivi
Per spingere l'Italia a ratificare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), i suoi vertici sono volati direttamente a Roma per un faccia a faccia con la premier Giorgia Meloni che potrebbe chiudere un dossier ormai aperto da diversi anni. Ma al di là della ratifica formale, su cui si esprimerà il Parlamento, alla premier interessa ragionare sulla sostanza: bisogna “verificare possibili correttivi”, insieme agli altri Stati, per rendere il Mes “uno strumento effettivamente capace di rispondere alle esigenze delle diverse economie”; dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e le nuove difficoltà economiche che sono seguite, lo strumento va insomma ripensato per adattarlo alla nuova situazione.
Il nuovo direttore generale del Meccanismo, il lussemburghese Pierre Gramegna nominato a dicembre anche con l'appoggio del governo italiano, ha voluto incontrare la premier a Palazzo Chigi assieme al suo braccio destro italiano, il segretario generale Nicola Giammarioli. L'obiettivo era ascoltare i dubbi della presidente del Consiglio, ricordandole allo stesso tempo l'impegno che l'Italia ha preso, assieme a tutti i partner dell'Eurozona, di approvare la riforma pensata per rendere più semplice il funzionamento dell'ex fondo salva-Stati. La premier, da parte sua, ha ribadito la sua posizione: il Mes è uno “strumento economico-finanziario anomalo, perché pur disponendo di ingenti risorse, non viene utilizzato da lungo tempo dagli Stati aderenti, nonostante la difficile congiuntura economica nella quale si trovano. Basti pensare che nemmeno il cosiddetto Mes pandemico è stato mai richiesto”. Per la Meloni, nemmeno la riforma renderà il Mes più attrattivo, dunque bisogna ripensarlo e modificarlo: un ragionamento cui il direttore Gramegna non chiude la porta, anche in vista della riforma del Patto di stabilità e, più in generale, della governance economica europea, che potrebbe rivedere anche il ruolo del Mes.
Il Ministro Urso e Bonomi hanno incontrato Zelensky in Ucraina
“Ho confermato al presidente Zelensky il pieno sostegno del Governo, del Parlamento e del popolo italiano alla causa di libertà e d’indipendenza del popolo ucraino”, dice da Kiev il ministro Adolfo Urso, il primo tra i Ministri del Governo Meloni ad andare in visita in Ucraina. È stata una missione con le imprese, accompagnato dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi: “Abbiamo fissato” spiega il Ministro “le coordinate di quello che sarà l'impegno economico, sociale e produttivo e industriale italiano per lo sviluppo e la ricostruzione dell'Ucraina”. Si guarda alla ricostruzione del patrimonio industriale ed edilizio distrutto dalla guerra e alla nuova rete, da tessere, di rapporti industriali e commerciali. Sullo sfondo c'è poi il tema più ampio dei rapporti politici: Urso, che era già stato in Ucraina a settembre, torna a Kiev “per ribadire la solidarietà dell'Italia al popolo Ucraino e concordare le nuove misure che il Governo intende predisporre sulla base del mandato parlamentare”. E dell'incontro con il presidente Zelensky riferisce anche che “ha ribadito l'invito a Giorgia Meloni a venire presto a Kiev per sancire questo forte gemellaggio politico, morale ed etico tra Kiev e Roma”.
La visita cade il giorno dopo il voto del Senato sul nuovo decreto che autorizza l'invio di armi ed equipaggiamenti nel 2023, con l'annuncio del sesto pacchetto in preparazione e la predisposizione delle misure di soccorso umanitario anche nel campo delle infrastrutture energetiche ed elettriche. Con Urso e Bonomi c'era anche il consigliere diplomatico della Presidente del Consiglio Francesco Maria Talò. Nell'agenda, come viene indicato da Confindustria, gli incontri con Andrey Yermak, capo dell'amministrazione presidenziale, Oleksandr Kubrakov, Ministro delle Infrastrutture, Julia Svurydenko, vice primo Ministro e Ministro dell'Economia, e Dmytro Kuleba, Ministro degli Affari Esteri. Solo successivamente Urso (che ha firmato una dichiarazione congiunta che istituisce un gruppo di lavoro bilaterale per cooperare su logistica, alta tecnologia, spazio, macchine agricole, startup e Pmi, attrazione investimenti e settore fieristico) riferisce anche di un incontro con il presidente Zelensky.
Per le regionali in Lazio e Lombardia scendono in campo i leader
Entra nel vivo la campagna elettorale per le elezioni regionali del 12 e 13 febbraio in Lazio e Lombardia. Definiti schieramenti e candidati presidenti, i leader scendono in campo per affrontare una sfida che avrà inevitabili ripercussioni anche a livello nazionale. Ieri sia il segretario della Lega Matteo Salvini che il presidente del M5S Giuseppe Conte si sono schierati al fianco dei rispettivi candidati alla carica di governatore nel Lazio. Sabato, invece, sarà direttamente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a lanciare la corsa per la riconferma di Attilio Fontana in Lombardia: “In Lombardia governiamo da 28 anni e i dati e il feeling dicono che lo faremo ancora a lungo”, mentre nel Lazio “è una cosa nuova. Adesso si passa dall'opposizione alla maggioranza e per me sarà motivo di orgoglio. Governare il Lazio è tanta roba”, afferma convinto Matteo Salvini presentando i candidati del Carroccio a sostegno di Francesco Rocca.
Sempre nel Lazio, nella corsa solitaria dei Cinque Stelle si ripropone ancora il tema del mancato accordo con il Pd a sostegno di Alessio D'Amato (appoggiato anche dal Terzo polo), anche alla luce dell'intesa raggiunta invece con i dem in Lombardia al fianco di Pierfrancesco Majorino. “Non siamo per la logica del voto utile o del meno peggio, perché non porta da nessuna parte”, sottolinea Conte, “la scelta del Pd è caduta sul nome indicato dal duo Renzi-Calenda. Non abbiamo reagito con ripicca, ma abbiamo badato solo agli interessi dei cittadini. In Lombardia corriamo con il Pd lombardo, perché ha scelto con noi di spegnere inceneritori, di guardare al futuro e di affidare la sanità a competenze e professionalità e non alle scelte dei partiti. Il nostro è stato un percorso chiaro e cristallino”; il Lazio è pronto a respirare “Un'aria nuova con Donatella Bianchi”, continua, citando lo slogan scelto per la campagna elettorale e mandando un messaggio al Nazareno anche in vista di future alleanze. Se il congresso si concludesse con la scelta del “campo largo”, i dem sappiano che il M5S “non può avere nulla a che vedere con il programma di Azione e Italia Viva. Non vorrei che alla fine avessero fatto un Congresso per nulla, perché noi con quella visione non abbiamo nulla a che fare”, spiega l'ex premier.
Sul fronte della Lombardia, invece, sarà un intervento della premier Giorgia Meloni, nel tardo pomeriggio di sabato, a chiudere la due giorni organizzata a Milano da Fratelli d'Italia per presentare i candidati alle Regionali e aprire di fatto la campagna elettorale. All'evento, in programma all'auditorium Testori di Palazzo Lombardia, prenderanno parte il governatore Attilio Fontana, il Ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, la Ministra del Turismo Daniela Santanché, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e il presidente del Senato Ignazio La Russa.