Draghi riferirà alle Camere giovedì prossimo. Tensione fra i partiti
Dopo la missione negli Usa, Mario Draghi è tornato a Palazzo Chigi e si prepara all'informativa in Parlamento sulla guerra in Ucraina. Giuseppe Conte ha già messo in chiaro la posizione del M5S sostenendo che “di fronte ad uno scenario imprevisto” come quello del conflitto, il Governo “non ha un mandato politico” per “andare avanti da sé” e che serve “un aggiornamento sullo stato della guerra”. Il premier, nel corso del Cdm convocato appena atterrato a Roma, parla ai Ministri della missione a Washington soffermandosi sulla necessità di dialogo. In questa fase l'obiettivo è che in particolare Usa e Russia si siedano a un tavolo in cui l'Ucraina sia l'attore principale e che Joe Biden debba chiamare Vladimir Putin. L'informativa del premier alla Camera e al Senato, già in programma giovedì 19 maggio, dovrebbe riguardare principalmente l'andamento del conflitto e il ruolo dell'Italia per agevolare la pace, ma potrebbe toccare anche gli esiti del viaggio a Washington, la strategia energetica europea e l'ultima proposta avanzata dal premier negli Usa di un piano Marshall per la ricostruzione dell'Ucraina. I partiti sono già in fibrillazione: il M5S resta sulle barricate per la questione delle armi a Kiev, Matteo Salvini ha già chiesto un incontro al presidente del Consiglio dopo il faccia a faccia con Joe Biden, e LeU ribadisce che “un'informativa non basta. Sono necessarie le comunicazioni del premier affinché le Camere possano riesprimersi con un voto sull'invio delle armi”.
Salvo nuovi cambi di cornice per il discorso del premier, ai parlamentari l'occasione per votare potrebbe arrivare dalle sue possibili comunicazioni in vista del consiglio europeo straordinario di fine maggio, un passaggio non obbligato ma dato quasi per scontato. Dopo le critiche per il mancato passaggio di Draghi in Parlamento prima della missione a Washington, Giuseppe Conte ribadisce la necessità che l’Italia spinga “fortemente per un negoziato e una soluzione politica”. Enrico Letta ha chiarito che “ascolteremo Draghi in Parlamento e sulla base di questo decideremo i passaggi successivi. Io non mi sento di dire che sono cambiate le cose, gli Ucraini continuano a essere uccisi e massacrati”. Draghi dagli Usa, se da un lato ha ribadito il supporto all'Ucraina anche con l'invio di armi, dall'altro ha sottolineato che la prima cosa da fare in Europa è razionalizzare le spese militari prima di qualsiasi altro ragionamento di aumenti, un concetto non nuovo per il presidente del Consiglio ma che è stato letto come una mano tesa al fronte pacifista. Non solo, nel discorso al Cdm il premier ha insistito molto sul concetto di pace: ai fini dei negoziati i contatti devono essere riavviati, intensificati a tutti i livelli. Al momento, però, non s’intravede la fine della guerra e il Cdm proroga lo stato di emergenza per “continuare a garantire le attività di soccorso e assistenza alla popolazione” ucraina, “nell'ambito del meccanismo di protezione civile dell'Ue”.
La Russia riduce il gas, la Commissione UE pronta a lanciare il piano RePowerEu
La guerra del gas tra Europa e Russia è entrata nel vivo. Dopo lo stop ai flussi al punto d’ingresso di Sokhranivka, in Ucraina, questa volta è proprio Gazprom ad annunciare la cessazione dell'utilizzo del gasdotto Yamal-Europe, che dalla Russia porta le forniture attraverso la Polonia. E nelle prossime ore, come ritorsione alla sua ormai certa adesione alla Nato, la Finlandia potrebbe vedersi azzerati i flussi di gas da Mosca. La morsa si stringe e i prezzi, in Borsa, volano alle stelle. L'aumento dei costi è una delle pedine della partita a scacchi tra Bruxelles e il Cremlino. La prossima settimana la Commissione Europea renderà pubblico il piano RePowerEu che ha l'obiettivo di sganciarsi dalla stretta russa accelerando la transizione energetica. Le bozze preannunciano un pacchetto corposo. La Commissione prevede l'introduzione del price cap al gas solo in seguito ad “un’interruzione improvvisa, su larga scala o totale, delle forniture di gas russo”.
Lo scetticismo sulla misura cara a diversi Governi europei, Italia in testa, resta, tanto che l'esecutivo Ue ne raccomanda un utilizzo solo temporaneo. Palazzo Chigi, sulla base delle bozze diffuse in queste ore, non interviene direttamente sulla questione; nessun commento quindi dal Governo, ma a Roma si spiega che l'argomento sarà approfondito al Consiglio Europeo straordinario di fine maggio. Fino ad allora il quadro non potrà essere chiarissimo, ma quello che è certo è che l’Europa si sta preparando al perdurare dell’aumento dei prezzi e a un inverno non facile. Se sul gas l'Europa naviga a vista, sul petrolio non riesce ad aggirare la strategia ungherese: i contatti con Budapest continuano ma l'ok all'embargo del greggio resta lontano e Viktor Orban ha stimato a 700 milioni di euro la spesa da mettere in campo per ritarare le raffinerie su petrolio non russo e re-direzionare, non più verso Est, gli oleodotti magiari.
Macron e Mattarella rilanciano l’unità Eu e il sostegno all’Ucraina
Cresce la sintonia fra Italia e Francia sui principali dossier di politica europea e, soprattutto, la comune volontà di far marciare l'UE compatta sulla guerra in Ucraina. Ieri c’è stata una lunga telefonata tra Emmanuel Macron e il presidente Sergio Mattarella durante la quale il capo dello Stato italiano ha ascoltato con attenzione la proposta del presidente francese per la creazione di una “Comunità politica europea” che potrebbe agganciare velocemente l'Ucraina all'Europa. Naturalmente l'idea di Macron è in valutazione da parte del Governo italiano e delle altre cancellerie europee: si tratta, in sostanza, di provare a definire e istituzionalizzare una nuova aggregazione con gli attuali Paesi membri dell'Unione europea, ma anche con altre nazioni del vecchio continente. Non sarebbe quindi assolutamente una nuova Unione, ma uno spazio comune di valori, di sicurezza e di cooperazionenei campi dell'energia, delle infrastrutture e della circolazione delle persone.
L'Eliseo ha fatto sapere che Mattarella e Macron si sono detti d'accordo “a continuare ad accrescere il sostegno europeo all'Ucraina” e che nella telefonata “è stato affrontato il tema della guerra in Ucraina sottolineando l'importanza di mantenere l’unità e lo stretto coordinamento che prevalgono fra partner europei dall'inizio del conflitto”. Dopo la firma, nello scorso novembre, del trattato di cooperazione fra Italia e Francia che sancisce una cooperazione rafforzata tra i due Paesi, le relazioni italo-francesi sono sempre più positive e interconnesse. Nella conversazione si è anche parlato della necessità di velocizzare il processo di adesione dei Balcani occidentali all'Unione e della possibile crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina; naturalmente è stato rinnovato l'impegno per una indipendenza energetica dell'Unione europea.
Il Copasir sente Fuortes sui condizionamenti russi sull’informazione
Nessuna volontà di fare processi a programmi, liste di proscrizione di conduttori o imporre bavagli ma di far crescere la consapevolezza di come agisce la “macchina della disinformazione russa” per condizionare il dibattito e l'opinione pubblica in Paesi come l'Italia. Ieri il Copasir ha illustrato, nel corso dell'audizione dell'amministratore delegato Rai Carlo Fuortes, la ratio del suo approfondimento che, dopo l'incontro di ieri e quelli dei giorni scorsi con i direttori di Aisi e Aise, coinvolgerà mercoledì prossimo il presidente dell'Agcom Giacomo Lasorella. Fuortes, da parte sua, ha preso atto del tema sollevato ed ha ragionato sulla necessità di rivedere il format dei talk, specie su temi complessi quali quello della guerra in Ucraina, evitando le contrapposizioni per lasciare più spazio agli approfondimenti. L'audizione, secondo fonti del Comitato, si è svolta in un clima “costruttivo e partecipato” e l'incontro è stato “utile” perché alla fine è emerso “un atteggiamento consapevole e unitario” sui rischi di ingerenza e disinformazione, con l'obiettivo comune di “migliorare la tutela del nostro sistema informativo”. Per il presidente Adolfo Urso il confronto ha fornito “utili indicazioni al fine di preservare la libertà, l'autonomia editoriale e informativa e il pluralismo da qualsiasi forma di condizionamento e di accrescere il livello di resilienza dell'intero sistema Paese”.
La tensione fa slittare ancora il vertice tra Salvini, Meloni e Berlusconi
Il tanto atteso vertice del centrodestra non c'è ancora stato. A nulla sono valsi i numerosi appelli della leader di Fdi, tanto meno il tentativo di mediazione che Silvio Berlusconi ha messo in campo parlando singolarmente sia con Giorgia Meloni che con Matteo Salvini. Le distanze sembrano incolmabili e la situazione non sembra in via di miglioramento. Ormai sembra certo che i tre leader della coalizione non riescano a incontrarsi prima della presentazione delle liste (prevista per sabato 14 maggio alle 12.00); ciò nonostante alle prossime amministrative correrà unita nella maggior parte dei comuni capoluoghi, dove la coalizione sarà formalmente unita ma politicamente divisa. La battaglia interna per la leadership del centrodestra sarà senza campo e il dualismo tra Lega e Fratelli d’Italia è destinato ad avere effetti sull’andamento delle elezioni. Per questo avanza il timore che il vertice del centrodestra si trasformi in una conta e che si tenga solo dopo il 12 giugno per mettere sulla bilancia il peso di ciascuna forza politica e decidere quale piega dovrà prendere la coalizione in vista del voto delle politiche.
Nessuna conferma arriva dai rispettivi staff, anzi, l'auspicio è che Salvini, Meloni e Berlusconi riescano a vedersi poco prima dell'apertura delle urne per dare l'immagine di una squadra compatta e unita, pronta a vincere. Lo spettro della scorsa tornata elettorale di ottobre, tuttavia, aleggia anche su questa chiamata al voto, con effetti che potrebbero essere a livello nazionale. I risultati delle amministrative potrebbero, non solo nel centrodestra, decidere sulle sorti della legge elettorale. Giorgia Meloni sul tema ha auspicato compattezza contro ogni ipotesi di revisione in senso proporzionale delle regole di voto. I contatti tra Lega e M5S su questo fronte sono solo sussurrati, e c'è chi tra i corridoi di Palazzo Madama non esclude che, nel caso di uno stacco importante di Meloni su Salvini, il leader del Carroccio viri o quantomeno non alzi le barricate contro un’eventuale modifica della legge elettorale, ipotesi che segnerebbe la fine della colazione di centrodestra almeno prima delle urne.