L'Italia è pronta per tornare gialla e per le nuove riaperture

Dopo oltre cinque mesi l'Italia torna tutta in zona gialla: è l'effetto sulla diffusione del virus di due fattori concomitanti, le restrizioni e le chiusure delle settimane scorse e l'avanzamento della campagna vaccinale. I dati settimanali, che saranno validati dalla cabina di regia nelle prossime ore, confermano il progressivo miglioramento della situazione epidemiologica, con l'Rt a livello nazionale che rimane stabile (tra 0.8 e 0.9) e un calo in tutte le Regioni dell'incidenza dei ricoveri, sia nelle terapie intensive che nei reparti ordinari. In un mese, dice il Gimbe, i pazienti nelle rianimazioni sono scesi del 45,1% (da 3.743 a 2.056) e quelli nelle aree mediche del 49,1%. Per questo tutto il Paese dovrebbe essere giallo, con una sola regione che ancora è in bilico, la Valle d'Aosta. Ma il monitoraggio di questa settimana sarà importante anche per due altre ragioni: se dovessero esserci alcune Regioni con un'incidenza sotto i 50 casi ogni 100mila abitanti ciò potrebbe portare nel giro di tre settimane al ritorno delle zone bianche; la seconda ragione è che con i dati di questa settimana si cominceranno a vedere gli effetti delle prime aperture del 26 aprile. Saranno quindi fondamentali le decisioni che il Governo prenderà nella cabina di regia politica convocata lunedì dal presidente del Consiglio Mario Draghi, il quale però ha già fatto capire chiaramente che il coprifuoco rimarrà e che la linea da seguire è quella della gradualità. La posizione ferma del premier un primo effetto l'ha prodotto: la mozione al Senato con cui il centrodestra chiedeva, tra l'altro, proprio di cancellare il coprifuoco, è stata ritirata ed è stata sostituita da un ordine del giorno firmato da tutta la maggioranza con il quale si impegna il Governo a “potenziare e velocizzare le operazioni per il rilascio del green pass” e a “prevedere ogni azione utile a superare progressivamente il regime del cosiddetto coprifuoco”. 

Progressivamente, non più da subito: “È una misura che verrà tolta” conferma il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. Lunedì dunque la cabina di regia dovrebbe fissare al 24 maggio l'orario di rientro alle 23.00 e definire la data della ripartenza del settore wedding (probabilmente attorno al 15 giugno) e dei centri commerciali nel fine settimana (l'ipotesi è che possano riaprire già dal 22). Queste scelte dovrebbero essere tradotte in un decreto dal Consiglio dei Ministri che si dovrebbe tenere mercoledì al ritorno del premier da Parigi; per il resto, dovrebbe essere confermata la ripartenza di ristoranti al chiuso e palestre il 1 giugno, delle fiere il 15 e dei parchi tematici il 1 luglio, assieme a congressi e convegni. Ma la novità principale potrebbe arrivare dalla modifica dei parametri che definiscono la colorazione delle regioni, ridimensionando l'importanza dell'indice di diffusione del contagio (Rt) e dando invece spazio all'Rt ospedaliero e all'incidenza: il Governo punta a renderlo operativo già per il monitoraggio di venerdì 21 maggio ma allo stesso tempo, sottolineano fonti ministeriali, non verrà cancellato il sistema d'allerta messo in piedi per garantire la possibilità di intervenire tempestivamente con misure locali. 

Draghi è pronto ad aprire la partita del rinnovo dei vertici delle partecipate

Il rinnovo dei vertici di Cdp e Ferrovie segna la grande tornata di nomine di questa primavera. Il dossier, che coinvolge circa 500 cariche in scadenza, dovrebbe entrare nel vivo, anche con una consultazione informale dei partiti, la prossima settimana. Ma nella maggioranza già rimbalzano rumors e ipotesi, a partire dalla convinzione diffusa che il premier Mario Draghi deciderà in piena autonomia con il ministro dell'Economia Daniele Franco le figure di vertice delle principali partecipate. Secondo l'ipotesi più accreditata nelle ultime ore, per Fs dovrebbe arrivare un nuovo Amministratore delegato ed è possibile una staffetta anche alla guida di Cdp. La partita della Cassa viene considerata ancora molto aperta: l’AD uscente Fabrizio Palermo godrebbe di stima nel Governo e tra i partiti, a partire dal M5S, ma secondo le indiscrezioni delle ultime ore potrebbe essere destinato alla guida di un'altra società, per lasciare il posto a Dario Scannapieco, che con Draghi lavorò al Tesoro e ora siede alla Bei. Dopo la nomina, isolata, di Elisabetta Belloni al Dis, le scelte per le grandi partecipate potrebbero arrivare in un'unica tornata e includere anche la Rai, su cui altissima è l'attenzione dei partiti. La scadenza di riferimento è quella del 27 maggio, quando è programmata in seconda convocazione l'assemblea di Cdp mentre per la guida di viale Mazzini c’è tempo fino alla metà di giugno, ma l'intero pacchetto dovrebbe essere definito insieme. A tenere il filo ci sono le due grandi partecipate, centrali anche in vista dell'attuazione del Recovery fund: la sola Ferrovie si troverà a gestire una cifra che supera i 28 miliardi, ecco perché fonti di maggioranza indicano tra i possibili un manager di esperienza come Paolo Scaroni ma non è escluso che si sposi la linea della continuità. 

Un'incognita è Leonardo, dal momento che il cda scadrà nel 2023, ma c’è chi non esclude che, dopo la condanna non definitiva, in primo grado, per la vicenda Mps dell'ad Alessandro Profumo, il Governo decida di anticipare il rinnovo, ad oggi considerato poco probabile. Quanto alla Rai, i partiti chiedono di poter dire la loro; l’ipotesi più quotata nelle ultime ore è che la scelta di Draghi e Franco ricada su una personalità esterna come amministratore delegato: si fanno i nomi di Elisabetta Ripa di OpenFiber, Laura Cioli già in Rcs, ma c’è chi non esclude, che nel difficile equilibrio tra i partiti di una maggioranza litigiosa ma la cui compattezza è cruciale per andare avanti spediti in Parlamento sul Recovery plan, si opti per un nome interno come Marcello Ciannamea, che sarebbe molto gradito in particolare alla Lega. Per la presidenza si fanno nomi come quello di Francesca Bria, presidente di Cdp Venture Capital, stimata dal Pd (si fa il suo nome anche come membro del cda indicato dai Dem, insieme a quelli di Daniela Tagliafico o Silvia Costa), e di Mauro Masi, ex dg gradito a Fi. Ma dopo la nomina di Belloni alla guida del Dis, tra i partiti in queste ore gira anche un'altra convinzione: Draghi aprirà il dossier delle partecipate la prossima settimana e le sue scelte finali potrebbero riservare diverse sorprese.  

Il Pd rilancia sulla riforma della giustizia Cartabia. Tensione nella maggioranza

Il Pd dà il suo appoggio alla riforma della giustizia cui sta lavorando la ministra Marta Cartabia, ma nella maggioranza si aprono le prime crepe. Se Forza Italia si ritiene “soddisfatta”, il Movimento Cinque Stelle storce la bocca, specie sul tema prescrizione: “La nostra sensibilità è molto diversa”, ha fatto sapere il deputato ed ex sottosegretario pentastellato Vittorio Ferraresi. I dem hanno messo sul piatto una serie di proposte su processo civile e penale chiedendo che vengano accolte ma, garantisce Enrico Letta, il presupposto è che “il Pd sostiene la Ministra in questa coraggiosa riforma”, che è “una grande opportunità per superare giustizialismo e impunitismo e per andare verso una giustizia efficiente e con tempi certi”. C’è poi il tema Csm: “L'immagine uscita dalle ultime scandalose notizie è uno stimolo in più per riformarlo”, dice il segretario Pd. La riforma Cartabia dovrà prendere corpo in una serie di emendamenti e il Ministro ne ha già tracciato la fisionomia a inizio settimana, in una riunione con i capigruppo nella commissione Giustizia che, alla Camera, sta esaminando il ddl. I punti di partenza della riforma sono il ridimensionamento delle possibilità di ricorrere in appello e le nuove regole per la prescrizione; specie quest'ultimo punto incontra le resistenze del M5S, che è legato allo “Spazzacorrotti”, con la prescrizione che si ferma dopo il processo in primo grado, una norma che il Pd vuole invece archiviare o almeno correggere con un meccanismo di prescrizione per fasi che parta dall'eliminazione della distinzione tra assolti e condannati. 

“Sono 30 anni che il confronto politico ha bloccato le riforme” ha detto Enrico Letta illustrando le proposte Pd, “Ora bisogna superare la logica della fazione. Dico che con Draghi e la Cartabia abbiamo un'occasione unica”. Il passaggio non è piaciuto ai Cinque Stelle: “La riforma è in campo da tempo” ha sottolineato il presidente della Commissione Giustizia della Camera Mario Perantoni, “per correttezza di cronaca ricordo che è partita grazie al lavoro di Giuseppe Conte che l'attuale presidente Draghi ha ereditato”. Se col M5S la sintonia c’è e non c’è, con la Lega non c’è: Letta non ha nominato Salvini, ma ha attaccato la sua proposta di referendum sulla separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati, un'idea che invece piace a Matteo Renzi: “Il referendum mette pepe. Credo sia un’iniziativa molto utile”. A illustrare nel dettaglio le proposte del Pd è stata la responsabile Giustizia del partito Anna Rossomando: c’è la richiesta di “tempi certi per sapere se dopo la chiusura delle indagini c’è un'archiviazione o un rinvio a giudizio”, c’è per la riforma del Csm lo stop alla spettacolarizzazione delle inchieste, una modifica della legge elettorale che limiti il correntismo e una valutazione del Pubblico ministero anche sulla base del "dato percentuale di smentite processuali delle ipotesi accusatorie”.  

Il Copasir chiederà indagine interna a Draghi sul caso Renzi-Mancini 

L'incontro tra il senatore Matteo Renzi e il capocentro del Dis Marco Mancini in un autogrill deve essere oggetto di un’ispezione interna ai servizi. Il Copasir, guidato, almeno per ora, dal leghista Raffaele Volpi, vuole saperne di più e nella prossima seduta del Comitato porrà all'attenzione dei Commissari la richiesta al premier Mario Draghi di attivare una inchiesta nel Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Nulla di deciso insomma, la proposta del presidente verrà infatti vagliata la prossima settimana, ma quello che trapela è che è proprio quel colloquio a suscitare l'allarme. Quello che intende capire Volpi è se i contenuti della conversazione rispettano i presupposti di riservatezza cui un componente dell'intelligence deve attenersi. Il Dis, che ha visto l'arrivo di un nuovo capo, Elisabetta Belloni in sostituzione di Gennaro Vecchione, è l'unico che su autorizzazione del premier o autorità delegata possa portare avanti inchieste interne. Le relazioni conclusive delle inchieste interne, prevede sempre la legge, sono poi trasmesse integralmente al Copasir. 

Il caso, secondo fonti vicine al dossier, potrebbe non essere l'unico e comunque ha aperto diversi interrogativi ai vertici degli 007. Il sottosegretario delegato ai Servizi Franco Gabrielli, proprio a fronte del clamore mediatico avuto dall'incontro Renzo-Mancini, ha richiamato i direttori del Dis, dell'Aise e dell'Aisi al principio che gli appartenenti all'intelligence possono incontrare parlamentari, giornalisti, magistrati e altre categorie sensibili solo per motivi di servizio e con la preventiva autorizzazione del vertice dell'Agenzia cui appartengono, regola che esisteva già, ma faceva parte solo del codice non scritto dei servizi. Il faccia a faccia tra Renzi e Mancini è avvenuto il 23 dicembre scorso ed è stato poi trasmesso in esclusiva dalla trasmissione Report: si trattava di un periodo sensibile per il governo Conte-2 vicino alla crisi e contestato proprio dal leader di Italia Viva per aver mantenuto la nomina ai servizi, e proprio mentre si discutevano le nomine dei vicedirettori dell'intelligence e Mancini aspirava a un incarico che poi non ha avuto. 

Il centrodestra si ricompatta sulle comunali: pressing su Bertolaso e Albertini

Gabriele Albertini scioglierà la riserva sabato per Milano, Guido Bertolaso sembra orientato sul no a Roma nonostante il pressing sia continuo: sono queste due le partite più calde nell'ambito del centrodestra in vista delle elezioni Amministrative del prossimo autunno. Se su Torino è già stato trovato l'accordo su Paolo Damilano e su Napoli si punta forte su Catello Maresca in attesa di trovare una quadra definitiva, resta ancora l'incognita Bologna nelle grandi città al voto: “La chiudiamo in fretta e uniti dappertutto. Sto lavorando per unire”, è la lettura del leader della Lega Matteo Salvini, “Sono contento che, finalmente, il tavolo del centrodestra abbia unitariamente condiviso questa ipotesi. La settimana prossima ci rivediamo e spero che si possa chiudere”. Mercoledì, infatti, tornerà a riunirsi il tavolo della coalizione attorno a cui, dopo i nuvoloni degli ultimi giorni, sembra essere tornato il sereno. Certo è che per conoscere lo sfidante di Giuseppe Sala bisognerà aspettare solo un paio di giorni: “Stamattina ho parlato con l'onorevole Meloni che ho ringraziato per la sua adesione convinta, generosa e anche coraggiosa, perché ha dovuto un po' penare con Salvini per trovare il modo giusto di farlo, e ho convenuto ancora con lei che mi prendo ancora fino a sabato. Sabato mattina chiudo senza rinvii, dubbi e ripensamenti l'argomento”, dice Albertini. 

L'ex due volte Sindaco di Milano ha sentito più volte anche Silvio Berlusconi, tre volte negli ultimi giorni. La data del 15 maggio non è casuale:“È la ricorrenza del mio primo giuramento da sindaco davanti al prefetto, nel 1997, e quindi è una specie di ciclo che si chiude, si riapre, quello che è”. L'ex europarlamentare centrista, intanto, incassa anche l'appoggio di Attilio Fontana e Letizia Moratti, dopo aver convinto i leader del centrodestra. Nel frattempo, l'addio di Alessandro Sallusti alla direzione de Il Giornale, dopo 11 anni, fa pensare a un'eventuale altra carta da mettere sul tavolo che sembra lontana dalla realtà per tempi e modi; d'altronde, in politica, tutto è possibile. Passando da Milano alla Capitale, Guido Bertolaso resta il nome più caldo, anche se il responsabile Enti locali di Forza Italia Maurizio Gasparri lancia una provocazione: “A Roma serve una candidatura di Serie A per il centrodestra, se mettiamo un candidato di grande livello possiamo vincere. Oltre a Bertolaso, ad esempio, anche Antonio Tajani sarebbe un bel candidato”.  



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