Meloni e Berlusconi si chiariscono: centrodestra unito al Quirinale

Un colloquio strettamente riservato di poco più di un'ora, necessario per chiarirsi, ricucire lo strappo maturato per il mancato sostegno di Forza Italia al momento del voto per l'elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato: l'incontro tra Giorgia Meloni Silvio Berlusconi si chiude con una foto pubblicata via social in cui la leader dei conservatori, scesa ad accogliere il Cav al momento del suo arrivo nella sede nazionale di Fdi, mostra un sorriso ben più marcato di quello sfoggiato dal Cavaliere. “Ora guardiamo avanti”, sono le parole che avrebbe pronunciato Meloni per chiudere l'incidente di percorso. Il faccia a faccia, assicurano fonti di entrambi i partiti, fila via “in un clima di unità d’intenti e di massima cordialità e collaborazione”, insomma, una ritrovata sintonia che fa sparire dal tavolo anche la possibilità di vedere Berlusconi salire da solo al Colle dal presidente Sergio Mattarella

Fratelli d'Italia e Forza Italia, infatti, “si presenteranno uniti, con le altre forze della coalizione, alle prossime consultazioni con il Presidente della Repubblica” e sono al lavoro “per dare il più presto possibile all'Italia un Governo forte, coeso e di alto profilo che si metta subito al lavoro per affrontare le urgenze”. Meloni e Berlusconi nel corso del colloquio ne approfittano per fare “il punto sui dossier economici più urgenti, a partire dal caro energia, tema che, tra l'altro, sarà al centro del prossimo Consiglio europeo”. Soprattutto, tornano a dialogare sulla prossima squadra di governo

La squadra di governo di Giorgia Meloni è quasi pronta

Grazie alla ritrovata intesa tra la Meloni e Berlusconi è ripreso il dialogo sul Governo. Ecco quindi che, secondo quanto filtra, un'intesa di massima si sarebbe raggiunta su un numero di dicasteri, cinque, in quota Forza Italia. Sparita dal tavolo la candidatura di Licia Ronzulli, ecco tornare i nomi di Antonio Tajani (Esteri), Gilberto Pichetto Fratin (Transizione ecologica), Elisabetta Casellati (Riforme), Annamaria Bernini (Università) e Alessandro Cattaneo (Pubblica amministrazione). Si ragiona invece ancora in Fdi sulla possibilità di avere in squadra la figura del vicepremier, ruolo che, in caso, andrebbero a ricoprire Tajani e Matteo Salvini; per il segretario leghista pronto anche il dicastero delle Infrastrutture. 

In quota Lega, inoltre, ci sarebbero Giancarlo Giorgetti (Mef), Roberto Calderoli agli Affari regionali in chiave autonomia, Gian Marco Centinaio all’Agricoltura, Disabilità per Simona Baldassare o Erika Stefani. Profili tecnici invece all’Interno con Matteo Piantedosi, Salute Francesco Rocca o Guido Bertolaso ma non si esclude l'ipotesi Letizia Moratti, Lavoro  con Maria Elvira Calderone. Per Fratelli d'Italia, infine, oltre alla strategica casella del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, ci sarebbero alla Difesa Adolfo Urso, alla Giustizia Carlo Nordio, agli Affari Ue Raffaele Fitto, al Mise Guido Crosetto. Al ministero per il Sud per ora è dato Nello Musumeci anche se sarebbe in ballo con Gianfranco Miccichè.

Dentro Fi è scontro totale per i capigruppo di Camera e Senato

Ristabiliti i rapporti con Giorgia Meloni oggi Silvio Berlusconi si dovrà dedicare a un'altra partita molto delicata in casa Forza Italia, quella dei capigruppo, legata a quella dei ministri, che rispecchia l'attuale dicotomia interna al partito tra governisti filo-Tajani e ronzulliani, e potrebbe trasformarsi in una sorta di resa dei conti dagli esiti imprevedibili. Il principale nodo da sciogliere, infatti, è quale sarà la contropartita per Licia Ronzulli, esclusa dal governo per le forti perplessità di FdI: se fino a 24 ore fa in tanti erano pronti a giurare che sarebbe diventata capogruppo al Senato prevalendo sugli altri contendenti Maurizio Gasparri e Gianfranco Miccichè, adesso la sua nomina al posto di Annamaria Bernini non sarebbe così scontata, perché, raccontano, peserebbe su di lei il giudizio della famiglia del Cav cui non sarebbe affatto piaciuto l'attivismo della fedelissima di Arcore (anche grazie al supporto di Marta Fascina) per ottenere l'upgrade governativo. 

Ora, riferiscono, bisognerà vedere quanta forza avrà la Ronzulli per approdare alla guida dei senatori azzurri. Allo stato, stando alle indiscrezioni, la responsabile nazionale di Fi per i rapporti con gli alleati sarebbe in campo e potrebbe contare su Alessandro Cattaneo, considerato a lei vicino, se quest'ultimo dovesse ottenere un posto nella squadra di Palazzo Chigi. Si preannuncia battaglia anche per il ruolo di capogruppo a Montecitorio, dove i ronzulliani proveranno con un loro nome (nei giorni scorsi si era parlato di Giorgio Mulè e dello stesso Cattaneo se dovesse restare fuori dai giochi ministeriali) a dare filo da torcere ai tajaniani che proveranno a confermare come presidente dei deputati Paolo Barelli, nome gradito ai meloniani. In gioco, insomma, c'è il futuro assetto di Forza Italia anche se l'ultima parola spetterà a Silvio Berlusconi.

Letta cerca una difficile quadra sui capigruppo e uffici di presidenza

Bisognerà aspettare fino al pomeriggio di oggi per capire come il Pd gestirà la vicenda dell'elezione dei capigruppo e degli uffici di presidenza delle Camere. Il nodo è lo stesso da settimane: confermare le due presidenti di gruppo uscenti, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, e limitarsi a rinnovare vice-presidenti delle Camere e questori, o procedere a un azzeramento complessivo? Enrico Letta vuole sicuramente due donne alla guida dei gruppi parlamentari e in questi giorni sono stati fatti i nomi di Valeria Valente per il Senato e di Anna Ascani per la Camera. Ma sono in tanti a non essere convinti dell'operazione, perché c'è un Congresso alle porte che si concluderà a marzo e perché l'equilibrio tra i posti va trovato tenendo anche conto delle Commissioni di garanzia, in particolare il Copasir, che però eleggeranno i propri presidenti solo tra qualche settimana.

Il rischio, secondo alcune voci, è che nei gruppi parlamentari alla fine si possa andare a una conta e non a una indicazione all'unanimità come di solito avviene. Lo schema che gira prevederebbe Nicola Zingaretti vice-presidente alla Camera, Anna Rossomando (area Orlando) al Senato e Bruno Astorre (area Franceschini) questore a palazzo Madama. Per Base riformista, poi, ci sarebbe il Copasir, da affidare a Lorenzo Guerini, ma per il Comitato di controllo sui servizi segreti è in pista anche Enrico Borghi. Infine, Dario Franceschini potrebbe guidare la Giunta per le elezioni e il regolamento. A fine giornata tutti assicurano che non ci sono ancora decisioni definitive. L'unico dato certo è che “Enrico domani farà una proposta complessiva ai gruppi”, studiata appunto per trovare un equilibrio che soddisfi tutte le anime del partito, ma si tratta di una missione molto complicata, non è detto che riesca e il rischio di andare alla conta sembra ancora molto concreto.

Terzo Polo sulle barricate per il voto sulle vicepresidenze

Eletti i presidenti di Camera e Senato, oggi i gruppi parlamentari eleggeranno i capigruppo e domani ci saranno le votazioni di vicepresidenti, questori e segretari d'aula, ed è su questi che c’è scontro tra i partiti d’opposizione. Matteo Renzi e Carlo Calenda vanno all'attacco: “Se Pd e M5S ci tenessero fuori sarebbe un atto di gravità inaudita, atto che dovremmo immediatamente porre all’attenzione del Presidente della Repubblica”, avverte in mattinata il leader di Iv nella sua enews. Poco dopo arriva il tweet sibillino dell'alleato: “Se Pd e M5S, come sembra, faranno l'accordo per spartirsi tutte le vicepresidenze di Camera e Senato destinate all'opposizione, noi non parteciperemo al voto. Se questo accordo si materializzerà, la scelta del Pd in termini di alleanze sarà evidente”, scrive. Francesco Boccia rimanda al mittente le accuse: “Scorretto” tirare in ballo Sergio Mattarella, quella di Renzi è “una falsificazione della realtà, i regolamenti garantiscono le rappresentanze di ogni partito”. Anche dal Nazareno la replica è netta: “Nessuna pregiudiziale, nessuna conventio ad excludendum. Contano solo le regole. In tutti i Parlamenti, a partire da quello UE, vige un criterio basilare: la rappresentanza è direttamente proporzionale al peso politico, anche per ciò che riguarda le opposizioni”, assicurano i dem. Il tema comunque è delicato e come al solito al centro c’è il Pd e la sua non decisione sulle alleanze (Terzo Polo vs M5S).

I giochi sembrano fatti, invece, in casa M5S. Mariolina Castellone sarebbe la candidata alla vicepresidenza del Senato e Barbara Floridia nuova capogruppo a palazzo Madama; alla Camera si andrebbe invece verso la conferma dell'uscente Francesco Silvestri. Qualora anche a Montecitorio si trovasse l'accordo per un ruolo di vicepresidente da assegnare al Movimento (sempre che nel confronto tra i partiti non torni in gioco l'ipotesi di cedere uno 'slot' al terzo polo), potrebbe andare all'ex ministro Sergio Costa, spiegano dal Movimento, non escludendo altre candidature come quella di Chiara Appendino o Alessandra Todde. Se il quadro fosse questo, viene spiegato, per l'ex ministro Stefano Patuanelli potrebbe aprirsi la strada della presidenza di una delle Commissioni parlamentari spettanti all'opposizione e l'ambizione dei cinque stelle sarebbe quella di ottenere la Vigilanza Rai



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