Draghi ha incontrato Letta e il Centrodestra. Alle 9.30 parlerà in Senato

Il presidente del Consiglio Mario Draghi ancora non ha sciolto la riserva e sta valutando i segnali che arrivano dalle forze politiche. Il premier ha incontrato Enrico Letta ieri mattina e in serata ha accolto a Palazzo Chigi, dopo una telefonata con Silvio Berlusconi, la delegazione di centrodestra di governo, composta da Matteo SalviniAntonio TajaniMaurizio Lupi e Lorenzo Cesa. Ad un certo punto della giornata era anche circolata la voce di un possibile incontro con Giuseppe Conte, ma il vertice non è poi avvenuto. Non è escluso che un contatto tra i due ci sia, ma avverrà solo dopo il discorso che Draghi terrà al Senato oggi alle 9.30 (segui la diretta), è l'ipotesi. Il termometro della crisi, dunque, è stabile. Il premier è ancora convinto che “la maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più” e benché abbia sfruttato questi giorni per ragionare, verificare, confrontarsi, come gli aveva chiesto Sergio Mattarella, la sua posizione sembra essersi ammorbidita, ma non è cambiata. Draghi non è di certo rimasto insensibile ai tanti appelli venuti dai cittadini, dalle associazioni e del mondo dell'imprenditoria, e anche dalle agenzie di rating e dai leader internazionali. La decisione, tuttavia, non è stata ancora presa e quindi neanche comunicata al Capo dello Stato durante il colloquio di ieri mattina. Il presidente del Consiglio ha fatto il punto sullo stato dei rapporti con le forze politiche che compongono l'esecutivo, per poi informare il Presidente della missione ad Algeri. 

Draghi dunque non sembra aver cambiato ancora idea. E benché le dichiarazioni al vetriolo di Giuseppe Conte dei giorni scorsi non facciano ben sperare, oggi Draghi in Senato tenterà il tutto per tutto. Solo dopo il dibattito che si svolgerà dopo il suo discorso prenderà una decisione definitiva. Un rischio questo che metterebbe in difficoltà il centrodestra di governo che per tutta la giornata da Villa Grande, la residenza romana di Silvio Berlusconi, ha inviato messaggi comuni contro M5SPd e alcuni ministri come Luciana Lamorgese e Roberto Speranza. Prima ribadendo di non avere alcuna intenzione di governare con gli inaffidabili 5 Stelle e poi alzando la posta di una ipotetica trattativa mettendo in fila le richieste: una profonda revisione del reddito di cittadinanza (così da recuperare risorse per l’azzeramento del cuneo fiscale), la pace fiscale e la conseguente rottamazione delle cartelle esattoriali, l’investimento sul nucleare di ultima generazione e un fermo contrasto all’immigrazione clandestina

La posizione che trapela da Palazzo Chigi è quella del “tutti dentro”, seguendo un programma che il premier condividerà con i parlamentari. Un discorso, quello di Draghi, che metterà in fila gli obiettivi raggiunti in 17 mesi, e quelli che invece non potranno arrivare a compimento con la fine dell'esecutivo. Quasi tutti i ministeri avrebbero inviato al premier una lista di cose fatte e di quelle in programma. Draghi insomma non è disposto a piegarsi ad ultimatum, tantomeno a farsi dettare l'agenda di governo. Il sentiero è sempre stretto, ma il segretario del Pd Enrico Letta è fiducioso. E sui rapporti con Conte e il futuro del campo largo avverte: “Gli italiani si aspettano che il governo prenda la fiducia e faccia le cose che servono agli italiani. Poi ragioneremo del resto”, l'avvertimento. Anche Matteo Renzi non ha dubbi: “Conte ha fatto una figuraccia cosmica, qualcuno domani perderà la faccia ma l'Italia non perderà il governo. A me interessa che Draghi resti presidente del Consiglio. Si voterà nel 2023”. Sul fronte del centrodestra i ministri azzurri fanno quadrato. Maria Stella Gelmini lancia un appello alla sua coalizione: “Sostenga il presidente del Consiglio senza se e senza ma”. Mentre Mara Carfagna è tagliente: “Qualcuno dovrà spiegare ai cittadini come un premier autorevole e che ha portato avanti le riforme in Italia dopo 17 mesi viene visto come qualcuno da accompagnare alla porta. Il momento della verità sarà domani e dopo le comunicazioni del premier Draghi e i leader dovranno chiarire le proprie posizioni”. Parole che valgono per tutti, non solo per M5S.

I governisti del M5S in pressing su Conte, in 25 sono pronti a votare la fiducia

Dopo tre giorni di assemblea permanente, ieri per il leader M5S Giuseppe Conte e i parlamentari è stata una giornata di riflessione. Il leader pentastellato non si pronuncia sul voto di oggi, la sua posizione resta quella di lunedì al termine della riunione congiunta di deputati e senatori: “Adesso la decisione spetta a Draghi”. Intanto i parlamentari Cinque Stelle sono pronti a votare la fiducia e al momento sarebbero saliti a 25 quelli che sarebbero orientati a dare l’appoggio a Mario Draghi. Certamente, molto dipenderà dalle aperture sui 9 punti che il premier farà nel suo discorso. La speranza di molti è che il presidente del Consiglio lasci intravedere al M5S uno spiraglio che lo convinca a non uscire dall’esecutivo. I governisti sono in pressing, come conferma il capogruppo alla Camera Davide Crippa, tra i più critici della linea scelta dal leader. “Ascolteremo il discorso di Draghi”. “Trovo chiaro che se aprirà ai principali temi posti all'interno dei nove punti da parte del M5S, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia”. E a chi gli domanda se si profila una nuova scissione nel M5S, Crippa risponde: “L'oggetto è cosa dirà Draghi e come si reagirà alle dichiarazioni di Draghi”. Più categorica la deputata Maria Soave Alemanno: “Se il presidente Draghi chiederà la fiducia alla Camere, io la accorderò senza alcun dubbio”. La frattura resta ma molti vorrebbero evitarla restando nel governo ma senza uscire del Movimento. 

Una condizione di travaglio e incertezza in cui si inserisce il grande ex Luigi Di Maio, che riunisce la nutrita pattuglia di parlamentari di Insieme per il futuro e sottolinea la spaccatura tra i cinque stelle: “Il partito di Conte ha già deciso di non votare la fiducia al governo Draghi”, ma “il direttivo della Camera del gruppo M5S, oggi partito di Conte, ha espresso la volontà di votare la fiducia, al di là della volontà dei vertici”, afferma, dicendosi dispiaciuto “per la caccia alle streghe contro i nostri ex colleghi. Sappiamo cosa si prova, lo hanno già fatto anche con noi. Li incoraggiamo ad andare fino in fondo”. Parole che provocano la reazione del gruppo pentastellato a Montecitorio: “Quanto riferito dal ministro Di Maio in riunione col suo gruppo parlamentare, a proposito di una volontà precostituita da parte dei componenti del direttivo del gruppo M5S Camera, non risponde al vero”. Una smentita che in Ipf leggono come una conferma: “Finalmente chiarezza, la linea del partito di Conte ormai è consolidata: diranno no al governo Draghi”. Nel dibattito interviene anche un altro grande ex M5S, Alessandro Di Battista, che la fa breve: “Entrare nel governo Draghi è stato un suicidio. Lo dissi subito a tutti”. 

Al Senato

L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.30 per le Comunicazioni sulla crisi di Governo del Presidente del Consiglio Mario Draghi. Al termine dell’intervento, intorno alle 10.30, il premier si recherà alla Camera per la consegna del suo discorso per poi tornare a Palazzo Madama per l’inizio della discussione generale. Alle 17.00 è prevista la replica e successivamente le dichiarazioni di voto e il voto di fiducia. (Leggi lo speciale di Nomos)

Per quanto riguarda le Commissioni, la Lavori Pubblici esaminerà il decreto per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Tutte le atre commissioni non si riuniranno.

Alla Camera

L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 10.30 per la consegna da parte del Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi del testo di sue comunicazioni sulla crisi di Governo. L’Aula di palazzo Montecitorio avvierà la discussione sulle comunicazioni del Premier domani a partire dalle 9.00 e voterà la fiducia dalle 13.45. Oggi tutte le Commissioni non si riuniranno.

Oggi la Commissione UE presenterà il Piano comune per ridurre i consumi di Gas

La Commissione europea presenterà oggi a Bruxelles il suo atteso piano d'emergenza per preparare l'Ue a una eventuale interruzione totale delle forniture di gas dalla Russia. Il Piano, chiamato “Risparmiare gas per un inverno sicuro”, sarà presentato dopo la riunione del collegio dei commissari che si svolge in mattinata, in una conferenza stampa nel primo pomeriggio a cui parteciperanno la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il vicepresidente esecutivo responsabile del Green Deal Frans Timmermans, il commissario all'Industria e Mercato unico Thierry Breton e la commissaria all'Energia Cadri Simson. La bozza del Piano prevede la possibilità che la Commissione dichiari lo stato di emergenza nell'Ue, se c'è un rischio significativo di carenza delle forniture di gas, per esempio nel caso, non improbabile, di una interruzione totale dei flussi dalla Russia. Lo stato d'emergenza Ue, secondo l'ultima bozza, potrebbe scattare anche se almeno due Stati membri dichiarassero lo stato d'emergenza nazionale. Ma questo elemento è potenzialmente controverso. Una volta attivata l'emergenza, tutti gli Stati membri dovranno ridurre il proprio consumo di gas di una percentuale, non ancora definita, ma uguale per tutti. Il Piano sarà attuato attraverso un regolamento del Consiglio Ue, da adottare a maggioranza qualificata dei ventisette, e senza la partecipazione in co-decisione del Parlamento europeo. Questo rende l'iter di approvazione molto rapido. 

Ci saranno almeno due riunioni del Coreper per preparare la riunione straordinaria del Consiglio dei ministri dell'Energia di martedì 26 luglio, convocato per cercare di conseguire l'approvazione finale. Un elemento di flessibilità nel Piano sarà dato dal fatto che gli Stati membri saranno liberi di scegliere dove e come effettuare il taglio dei consumi, distribuendo l'onere della riduzione differenziats a seconda dei settori. L'onere potrà dunque essere più leggero per i settori tutelati (famiglie o strutture sanitarie) e per Pmi e industrie ad alto consumo energetico (come vetro, ceramica, carta), e più pesante per quelli che hanno un rapporto più favorevole fra valore della produzione finale e consumo di energia. Ma gli Stati membri potrebbero chiedere ancora più flessibilità, negli obiettivi, nei tempi di realizzazione o nei settori coinvolti. L'Italia cercherà di far valere il fatto che il Paese ha già effettuato forti risparmi dei consumi e rafforzato molto l'efficienza energetica in passato. Se non si tiene conto di questa circostanza, la riduzione uguale per tutti e calcolata solo sulla base del consumo medio degli ultimi cinque anni potrebbe rivelarsi più costosa e penalizzante rispetto ai paesi rimasti più indietro, che non hanno ancora raggiunto lo stesso livello di efficienza energetica. 



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