Conte e Salvini si sono incontrati per parlare di Quirinale e Governo
Mancano pochi giorni all'inizio delle votazioni per il nuovo Capo dello Stato. Anche i contatti tra i leader diventano sempre più frequenti, e a volte sorprendono, come quello tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini, all'inizio della legislatura nel governo del cambiamento, poi nemici e ora di nuovo insieme nell'esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. Divisi, ma uniti dalla necessità di eleggere un nuovo presidente della Repubblica: così Conte e Salvini si sono ritrovati, faccia a faccia, da soli, per un'ora. Le quotazioni danno Mario Draghi in ascesa, ma dalle parti del Carroccio preferirebbero lasciarlo a Palazzo Chigi; anche Conte ha lasciato intendere che la sua preferenza sarebbe far continuare l'esperienza di governo al suo successore, nonostante da una parte dei gruppi parlamentari siano arrivate indicazioni diverse, soprattutto per un Mattarella bis, eventualità che il diretto interessato, però, ha sempre escluso. Ecco perché, non appena si diffonde la notizia del vis à vis scattano le prime indiscrezioni: Conte nega di aver parlato di nomi con Salvini, mentre dalla Lega parlano di un “incontro cordiale” dopo pranzo, in centro, a Roma, durante il quale "hanno parlato di Quirinale e di Governo, chiarendo i propri punti di vista”. L’unica certezza, ribadita da Salvini a Conte è che il centrodestra è e resterà compatto in tutte le votazioni.
Da fonti del M5S, poi, trapela che l'incontro rientra a pieno titolo nel tentativo che Conte prova a mettere in atto per “trovare un nome condiviso” per il Quirinale, intenzione di cui l'ex premier ha parlato mercoledì mattina nel vertice con gli alleati Enrico Lettae Roberto Speranza, espressa poi nei tweet-fotocopia pubblicati dai tre al termine del confronto. Conte cerca un'ampia convergenza soprattutto per “evitare una crisi di governo”, ma è comunque consapevole che l'operazione non è facile. Lo stesso leader Cinque Stelle, poi, intercettato dai cronisti spiega che “non si è parlato di nomi, piuttosto di schemi politici”. L'obiettivo è "allargare lo spettro del confronto, perché abbiamo bisogno di un presidente autorevole che sia più possibile rappresentativo di uno schieramento delle forze in Parlamento”. In poche parole: “Non possiamo eleggere un Presidente di parte o rappresentativo di una sola parte politica”. E quando gli viene chiesto se il segretario del Carroccio gli abbia detto qualcosa sulla candidatura del Cavaliere al Colle, risponde senza esitazioni: “Mi risulta che il centrodestra abbia in programma un incontro dove si confronteranno. A me su Berlusconinon ha detto niente”. L'impressione è che l'incontro non abbia prodotto i risultati sperati, ma il tempo scorre e da lunedì si vota.
Nel M5S c’è chi apre per il Quirinale alla carta Draghi
I deputati del M5S aprono all'ipotesi Mario Draghi al Quirinale. Stando a quanto si apprende, i deputati Stefano Buffagni, Gianluca Vacca e Sergio Battelli sono intervenuti durante l'assemblea del gruppo sottolineando l'alto profilo rappresentato dal presidente Draghi: “Dobbiamo avere l’onestà di dire che quello di Draghi non si può non considerare un profilo di altissimo livello. Può rappresentare una garanzia importante per il Paese”, avrebbe detto Buffagni nel corso della riunione per poi aggiungere: “Ci sono nomi in campo che non voterò mai. Bisogna mantenere la massima unione. Draghi ha un profilo alto, che può servire al Paese. Ma serve dare priorità al Governo e ai fondi del PNRR e serve garantire che sia efficace con un accordo di governo sul proporzionale”. Sulla stessa lunghezza d'onda Battelli: “Per essere determinanti è il momento di mettere meno veti possibili, ovvio che Berlusconi per noi è zero. Su Draghi credo che sia giusto non mettere veti”, poi avverte: “Non dialogare con Renzi potrebbe essere un déjà vu dei costruttori, io lo dissi già tempo addietro. Perché quando si dice che il centrodestra non ha i voti è falso, perché'alla quarta chiama Renzi, che è stato escluso dal tris di tweet, ovviamente andrà a trattare con Salvini e Berlusconi. Ecco, il mio invito è pensare che Renzi esiste e non è scomparso dai radar”.
Per Vacca, poi, “Draghi può rappresentare la carta migliore per che il Paese ha”. In apertura dei lavori, il capogruppo Davide Crippaha esortato i colleghi a sostenere il tentativo avviato da Giuseppe Conte: “È importante tenere aperti i vari fronti, siamo d'accordo con Giuseppe: bisogna capire come convergere su percorsi comuni partendo da profili alti per arrivare a un quorum opportuno. Credo che Conte stia mediando molto bene tra i due fronti, centrodestra e centrosinistra per vedere come alcuni profili possano essere apprezzati in ambienti nei quali non sono nati”, ha spiegato Crippa che poi si è lasciato andare a uno sfogo contro chi avanza nomi senza averne mandato. Critico sull'azione intrapresa da Giuseppe Conte nei confronti di Matteo Salvini sarebbe il deputato del M5S Diego De Lorenzis; secondo quanto viene riferito, sarebbe intervenuto durante la riunione degli eletti M5s alla Camera per domandare: “Dice di volere fare asse con il centrosinistra e poi incontra Salvini. Ora incontrerà anche Berlusconi?”.
Letta dice no a candidati del centrodestra. C’è timore per la tenuta del M5S
Alla fine di un'altra giornata intensa dal Pd arriva un avvertimento a Fi, Lega e Fdi: i dem non sono disposti a votare candidati di centrodestra per il Quirinale. Un avvertimento che potrebbe essere esteso anche agli alleati del M5S.
L'incontro tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini era stato concordato tra il leader di M5S, Pd e Leu. Resta il fatto che ieri si sono seduti al tavolo i due leader che più di tutti in questi giorni hanno frenato sull'ipotesi di eleggere Mario Draghi al Quirinale, proprio una delle soluzioni che invece Enrico Letta prende in considerazione; da giorni in tanti, sia nel Pd che dentro Leu, ripetono che la vera incognita è la tenuta dei gruppi parlamentari del Movimento. Uno degli spauracchi che agitano Pd e Leu è Elisabetta Casellati, un nome di centrodestra che, come quello di Letizia Moratti, potrebbe rientrare nella rosa di Salvini. Diverso sarebbe se alla fine si puntasse su Pierferdinando Casini in quel caso la disponibilità dei dem sarebbe sicuramente più probabile. Il vero timore in casa democratica è la tenuta del M5S al momento del voto. Il rischio per molti è la tenuta interna del partito guidato da Giuseppe Conte.
Enrico Letta, da tempo, ripete che gli schemi possibili per eleggere il presidente e salvaguardare il governo sono tre: un nome “alla Mattarella” non politico e super partes, votato a larghissima maggioranza; la promozione di Mario Draghi, accompagnata da un accordo sul nuovo presidente del consiglio: fuori da questi parametri, per Letta il quadro non tiene. Ma, appunto, la condizione è che il centrosinistra resti unito. All’incontro tra i giallorossi il segretario del Pd è riuscito a smussare gli stop di Conte e M5S su Draghi, tanto che il leader M5S alla fine ha fatto un'intervista ai Tg per dire che “Non ci sono veti” sul premier. Ma in serata ha dovuto incassare il no di Pier Luigi Bersani. Oggi, appunto, è il giorno dei sospetti tra i parlamentari Pd e Leu sul colloquio tra Conte e Salvini. Letta, come detto, rassicura: eravamo al corrente. Però ripete il concetto: “Non voteremo un nome di centrodestra. La speranza è che tutto il fronte giallorosso faccia lo stesso”.
Tensione nel centrodestra per la decisione di Berlusconi. Salvini per il piano B
L'annuncio di Silvio Berlusconi dovrebbe arrivare tra sabato e domenica. Il leader di Fi sembra orientato a sciogliere la riserva sulla sua candidatura prima dell'inizio delle votazioni, come del resto gli chiedono da giorni anche i suoi alleati: potrebbe farlo al vertice del centrodestra, sempre se verrà convocato, ma in ogni caso sembra arrivato il momento della decisione. Del resto, Matteo Salvinie Giorgia Meloni spingono; Ignazio La Russa, conversando con Gianni Letta, ha ribadito che i leader di Fdi e Lega sarebbero “irritati” dall'incertezza in cui li tiene il Cavaliere, perché temono che lui punti a sfilarsi all'ultimo momento, ponendosi come “king maker” su “un altro nome” non concordato con gli alleati. Lo scenario è proposto anche da Vittorio Sgarbi: “Berlusconi proporrà un nome e io so quale sarà”. Ma Matteo Salvini non intende aspettare rimanendo fermo: il leader della Lega ha oggi incontrato Giuseppe Conte e poi ha visto Maurizio Lupi. L'intenzione è quella di preparare il terreno proprio per evitare di essere scavalcato nel momento in cui il Cavaliere dovesse annunciare il passo indietro. Il problema è capire quale sia lo schema su cui punta il leader della Lega. In queste ore è tornato a girare molto il nome di Elisabetta Casellati. A Porta a porta, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari ha ripetuto che se Berlusconi farà un passo indietro ci sarà una “rosa di nomi di centrodestra”. L'ipotesi di eleggere un presidente “di centrodestra”, però, finora si è scontrata con il no netto di Pd e Leu, e, anche se Matteo Renzi ha detto che, Berlusconi a parte, non ci sarebbe nessuno veto di Iv, sono in tanti nel centrosinistra a pensare che l'ex premier non voterebbe soluzioni tipo la Casellati o Marcello Pera, per il semplice motivo che di fatto sarebbe la fine della maggioranza di governo e, realisticamente, della legislatura. Giorgia Meloni ha chiesto formalmente un “candidato patriota” e “presidenzialista”, ma non è un mistero che veda molto bene l'ipotesi di promuovere Draghi, nella convinzione che potrebbe accelerare il ritorno alle urne. Anche la leader Fdi vuole che il centrodestra esca dallo stallo della candidatura Berlusconi e chiede che si convochi il vertice: “Deve essere ancora convocato, per come la vedo io è inevitabile che si svolga prima della fine della settimana. Spero sia calendarizzato nelle prossime ore, altrimenti lo chiederò ufficialmente”. Oggi ad Arcore Berlusconi dovrebbe riunirsi con Antonio Tajani, Licia Ronzulli e Fedele Confalonieri per fare il punto della situazione. Poi, appunto, tra sabato e domenica l'annuncio e finalmente si capirà se davvero il centrodestra si muoverà compatto o se qualcuno dei leader riuscirà a ritagliarsi il ruolo di regista.
Il Governo porta in Cdm il decreto bollette e ristori
Mentre i partiti cercano un’intesa sul nuovo presidente della Repubblica, Mario Draghi non ferma l’attività del Governo: chiama il presidente di Confindustria Carlo Bonomi a Palazzo Chigi per discutere delle misure per calmierare i rincari dell'energia, vede il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, prepara la cabina di regia che precederà questa mattina il Consiglio dei ministri per il varo del decreto da 6 miliardi su bollette e ristori. I nuovi interventi per arginare gli aumenti di luce e gas sono i più complessi da preparare: i tecnici lavorano per mettere a punto le norme ma non si trova ancora, salvo novità dell'ultima ora, una soluzione a prova di costituzionalità per chiedere un contributo alle società energetiche che hanno incassato extra-profitti in questo periodo, come più volte auspicato dallo stesso Draghi. Ci saranno, però, il rinnovo del meccanismo delle aste per l'emissione di CO2, da destinare a ridurre i rincari anziché il debito pubblico, e anche il taglio attraverso la cartolarizzazione di parte degli oneri di sistema. Si tratterebbe di circa 4 miliardi (1,5 dalle aste Ets e 2,5 dalle cartolarizzazioni) che si aggiungono ai 3,8 già stanziati per far fronte ai super-rincari di luce e gas nel primo trimestre.
Se le misure della manovra guardavano soprattutto alle famiglie, questa volta l'intervento dovrebbe dare una mano anche alle imprese e agli enti locali. Gli industriali si dicono soddisfatti dopo l'incontro con Draghi a Palazzo Chigi: il premier ha ascoltato le richieste di Bonomi e spiega le linee d’intervento, garantendo attenzione all'industria che è ripartita di slancio dopo lo stop della pandemia e ora rischia di fermarsi proprio a causa del caro-energia. Sul tema tutti i partiti sono in pressing da settimane: Matteo Salvini ormai non passa giorno senza elencare nel dettaglio le difficoltà di un settore specifico ma anche Enrico Letta ha chiesto “un intervento più strutturale e meno una tantum per evitare che le imprese chiudano. La maggioranza avrebbe voluto di più, mettendo mano al deficit con un nuovo scostamento di bilancio, ma l'elezione del Capo dello Stato tra 4 giorni ha imposto di muoversi intanto con quello che si è recuperato tra nuove misure e le pieghe del bilancio. Le risorse anti-Covid, poco più di un miliardo, andranno a discoteche, impianti sportivi, mondo dello spettacolo e della cultura, oltre al turismo, e sono recuperate da fondi già a disposizione dei ministeri che verranno reindirizzati verso le attività in crisi (tra le misure, 200 milioni andranno a quelle più impattate dal Covid, mentre 160 milioni andranno al tessile).