La Legislatura è finita. Draghi ad un passo dalle dimissioni

Dopo una giornata folle come descritta da Enrico Letta, sembra ormai giunto alle battute finali il governo Draghi, dopo 17 mesi segnati dalla lotta alla pandemia, la corsa per mettere in piedi la campagna vaccinale, le frizioni sulla guerra in Ucraina, l'invio delle armi a Kiev e il contrasto all’inflazione e all’emergenza energetica. FILega e M5S non votano la fiducia facendo cadere nel vuoto quell’appello che il Presidente del Consiglio aveva rivolto all’Aula del Senato: “siete pronti a ricostruire il patto”. In realtà il governo la fiducia la incassa, ma sono appena 95 i voti a favore (Pd, Iv, Leu, Ipf e Italia al Centro) numeri lontani anni luce da quelli che servirebbero per rimettere insieme una maggioranza che si è sfilacciata giorno dopo giorno e che fa i conti con i contraccolpi di una caduta che si annuncia rovinosa. A fine giornata Mario Draghi non sale al Colle, lascia Palazzo Chigi diretto nell'abitazione ai Parioli. C'è incertezza sul passaggio alla Camera, dove ieri il premier ha depositato il suo discorso: la seduta di oggi è convocata, ma è solo un passaggio formale, assicurano fonti di governo, il presidente del Consiglio confermerà le sue dimissioni per salire subito al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il premier arriva in Senato con la consapevolezza che la maggioranza è troppo sfilacciata e chi si aspettava un discorso volto a ricucire resta deluso. Al contrario, il premier sferza le forze di maggioranza: punge sul fisco e il ddl concorrenza, concede ma non troppo sul reddito di cittadinanza. 

Mastica amaro il centrodestra, che rimane spiazzato dalle sue parole sul ddl concorrenza, in particolare lascia il segno la stoccata sulle proteste dei tassisti e sul fisco. Si aprono le prime crepe, da Palazzo Chigi puntualizzano in mattinata che non c'era nessun attacco o sfida ai partiti nell'intervento del premier, solo una roadmap delle riforme da completare, degli impegni da onorare in chiave Pnrr. Il centrodestra di governo si riunisce a Villa Grande, il nervosismo della Lega è palpabile. La palla della crisi sembra finire nella metà campo del centrodestra, mentre dal M5S continua a filtrare incertezza sul da farsi, oltre all'irritazione dei senatori per un discorso che non convince, che non apre, non lascia spazio a grandi spiragli come sperato dai governisti grillini. Del resto per l'ex numero uno della Bce, “all'Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi. Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese”. Se “siamo qui, in quest'Aula”, dice chiaro, è per dare risposte “a tutti gli italiani”. Dal centrodestra arriva la controproposta, avanti con Draghi, ma tenendo fuori i 5 Stelle e rinnovando profondamente il Governo ma da Palazzo Chigi arriva il no categorico ad un Draghi Bis. O si rinnova il patto dell'attuale maggioranza, rinsaldandola, o il governo di unità nazionale finisce la sua corsa.

La Lega tira dritto, presenta una risoluzione che va nella direzione caldeggiata dal centrodestra di governo. Pier Ferdinando Casini presenta la sua, chiedendo la fiducia sulle dichiarazioni di Draghi che il premier mette ai voti spiazzando Lega e Fi. La replica del premier è durissima, non concede sconti. E non scevra di nervosismo quando, rispondendo a Giorgia Meloni, alza la voce replicando all'accusa: “Siete voi che decidete, niente richieste di pieni poteri”. Ma anche al M5S non le manda a dire, quando tuona sul superbonus, misura del governo Conte che da sempre gli è invisa: per Draghi "il problema sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti”. Parole e accuse che sono maldigerite e offrono la sponda alle ali meno governiste di Fi, Lega e del M5S, da lì la decisione di non partecipare al voto e di non sfiduciare apertamente il premier. La legislatura è chiaramente finita ieri al Senato, oggi alla Camera ci saranno i titoli di coda e poi, con ogni probabilità, Sergio Mattarella, ricevute le dimissioni di Mario Draghi, scioglierà le Camere e aprirà la strada del voto anticipato

La caduta del Governo scatena le reazioni dei partiti

Sono numerose le reazioni politiche a quanto successo al Senato. Il ministro della Salute ed esponente di rilievo di Liberi e uguali Roberto Speranza attacca “gli interessi di parte hanno prevalso su quelli dell'Italia in un momento molto delicato per la vita delle persone. Quando questo accade il prezzo lo pagano sempre i più deboli”. Per il fondatore di Italia viva Matteo Renzi “nulla sarà più come prima. Ma oggi c’è da dire solo grazie a Mario Draghi. Orgogliosi di averlo voluto contro tutto e contro tutti. Orgogliosi di averlo sostenuto anche oggi”. “Una pagina nera per l'Italia. La politica ha fallito, davanti a un'emergenza la risposta è stata quella di non sapersi assumere la responsabilità di governare. Si è giocato con il futuro degli italiani. Gli effetti di questa tragica scelta rimarranno nella storia”, la posizione del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, e leader di Insieme per il futuro, Luigi Di Maio. “La fine indegna di una legislatura disastrosa. Cialtroni populisti hanno mandato a casa l'italiano più illustre. La prima cosa che diciamo è grazie a Draghi. Combatteremo per portare avanti la sua agenda e il suo modo di fare politica. L'Italia seria scenda in campo” è il commento del leader di Azione Carlo Calenda.

Il presidente del M5S Giuseppe Conte accusa: “Abbiamo visto da parte del premier Draghi non solo indicazioni generiche su alcune misure, ma anche un atteggiamento sprezzante che ci dispiace molto”. Il premier e l'Italia “sono state vittime, da giorni, della follia dei Cinque stelle e dei giochini di potere del Pd. L'intero centrodestra era disponibile a proseguire senza i grillini, con Draghi a Palazzo Chigi e con un governo nuovo e più forte. Il Pd ha fatto saltare tutto. Speriamo che questo sia l'ultimo Parlamento dove centinaia di persone cambiano casacca e poltrona”, osserva dal canto suo il leader della Lega, Matteo Salvini, aprendo la riunione con i parlamentari del partito alla Camera. La presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni commenta: “Crediamo che questa legislatura debba dichiararsi conclusa e se tutto va bene si dovrebbe votare tra due mesi. Noi siamo pronti, Fratelli d'Italia è pronta, mi sembra che anche il centrodestra sia abbastanza pronto”. 

Il Partito Democratico accusa duramente e rompe con Conte e il M5S

Dopo il disastro di ieri, il Pd è pronto a voltare pagina, il partito della mediazione lascia il posto a quello in modalità “campagna elettorale” e a questo punto vengono messe da parte anche le cautele verso i 5 stelle che Enrico Letta aveva imposto a tutti in questi giorni. La fine del governo Draghi scava un solco tra Pd e M5S, e adesso i democratici sembrano intenzionati a sfilarsi i guanti e a rinfacciare la responsabilità della crisi, con tutte le conseguenze che avrà in termini economici e sociali, anche ai 5 stelle. Dopo l'estremo tentativo di riportare a bordo Giuseppe Conte e i 5 stelle, la scelta di non votare di nuovo la fiducia segna un punto di non ritorno. Proprio Letta, al Tg1, fa capire che l'aria è cambiata: “Una decisione folle, assurda, una giornata di follia. Tre grandi partiti di questa maggioranza, in forme diverse, hanno deciso di mettere fine a questa esperienza. In particolare, oggi Berlusconi, Salvini, che hanno seguito la scelta di M5S di una settimana fa di aprire di fatto la crisi”. 

Far cadere il governo Draghi significa essere contro l'Italia e gli italiani”. Ogni ipotesi di campo largo è morta con la fine del Governo e della legislatura. Ora il Partito Democratico, che è profondamente scosso, dovrà ricalibrare tutta la sua strategia in vista del voto del prossimo 2 ottobre. Il tempo non è molto e di certo non sarà facile ricucire con Italia Viva e Azione e più in generale con quella galassia di partiti e partiti di centro che fino a ieri si chiamavano fuori da una alleanza nella quale ci fosse il M5S. Da oggi parte la rincorsa e ricostruzione lampo del centrosinistra.

La Gelmini accusa e lascia FI: scelta grave che fa male all'Italia

Maria Stella Gelmini, ministro per gli affari regionali non condivide lo strappo di Forza Italia e lascia il partito e attacca “Non posso riconoscermi in questa scelta che ci mette sullo stesso piano del M5S. Credo personalmente che non sia attribuibile direttamente al presidente Berlusconi. Sono convinta che se il presidente Berlusconi avesse potuto non essere spettatore ma poter valutare l'operato del governo Draghi e al tempo stesso la crisi da Roma in presenza durante queste giornate, credo che l'esito della crisi sarebbe stato diverso”. Gli ha parlato? “No, non gli ho parlato, anche perché devo dire che sono stati fatti incontri tardivi con i gruppi parlamentari, solo oggi, e francamente i ministri non sono mai stati coinvolti nelle riunioni di partito. Quindi ho preso atto di questa esclusione dalle scelte. Ma sono scelte che riguardano tutti, che ricadono sulle famiglie, sui cittadini, sulle imprese, sui ceti produttivi che tanto si sono battuti in questi giorni per chiedere a Draghi di rimanere e chiedere alla politica un sussulto di responsabilità. Tutto questo FI non lo ha considerato e io credo che in quel momento ha tranciato il suo rapporto non solo con la sottoscritta, che conta poco, ma credo con tanti cittadini e tanti elettori che chiederanno conto di questa scelta scellerata, che lascia i cittadini più deboli e che lascia l'Italia nell'instabilità”. 

La Meloni esulta: la storia ci ha dato ragione

Giorgia Meloni risponde con soddisfazione a chi le chiede se la fine del Governo di Mario Draghi sia anche una vittoria di Fratelli d'Italia. Sono le 20.00 ed è appena arrivata alla festa organizzata dalla federazione romana del partito, prima di lei sono già intervenuti il capogruppo a Montecitorio Francesco Lollobrigida e il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. La Meloni non si sbilancia con i cronisti, il suo breve intervento dal palco è in linea con le uscite degli ultimi giorni, non canta vittoria, ma la soddisfazione è palpabile. La sua battaglia al Governo la combatte fuori dall'aula di Palazzo Madama, picconando direttamente il premier: “Arriva in Parlamento e di fatto pretende pieni poteri, sostenendo che glielo hanno chiesto gli italiani”, scrive su Facebook. 

Poi, mentre a Villa Grande l'alta rappresentanza del centrodestra di governo decide di staccare la spina, sparisce per qualche ora e lascia ai suoi in Senato il compito di portare avanti il confronto parlamentare. Con gli alleati di centrodestra parla a distanza e rimane aggiornata. Al termine del voto arriva la telefonata con Silvio Berlusconi. Quando sale sul palco della festa di FdI la prima cosa che dice è che è stata “una giornata complessa”, ma poi attacca: “Nelle democrazie occidentali la volontà dei cittadini si manifesta con un voto libero e segreto, le parate le fanno nei regimi”, lanciando un'altra stoccata a Draghi. Oggi per lei si apre una nuova fase, che potrebbe riportarla al Governo: “Io ho le mie idee su come vada governata questa nazione”. “La storia ci ha dato ragione”.

Al Senato

Nella giornata di oggi l’Assemblea del Senato non si riunirà. L’Aula di Palazzo Madama tornerà è convocata per martedì 26 luglio alle 16.30 per le comunicazioni della Presidente Elisabetta Casellati

Alla Camera

L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.00 per la discussione sulle Comunicazioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi sulla crisi di Governo. Il passaggio del Premier sarà solamente formale, giusto il tempo per confermare all’Aula di Montecitorio la volontà di dimettersi per poi salire subito al Quirinale dal Capo dello Stato. Nella giornata di oggi nessuna Commissione terrà seduta.



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