L’Italia ha firmato un accordo sul gas con la Repubblica del Congo

Dopo l'Angola arriva l’accordo sul gas anche con la Repubblica del Congo. Questa ennesima tappa del “tour del gas africano” del Governo è terminata a Brazzaville con la firma, tra gli applausi, di un'importante intesa. Le cifre sono rilevanti: si è deciso, in primis, lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto (Gnl) con avvio previsto nel 2023 e capacità a regime di oltre 3 milioni di tonnellate all'anno (oltre 4,5 miliardi di metri cubi/anno). L'export di Gnl permetterà inoltre di valorizzare la produzione di gas eccedente la domanda interna congolese. Dopo la firma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dichiarato: “Con questa firma si conclude una missione molto importante per il Governo italiano in questa regione. L'aggressione russa ha portato l'Italia a diversificare le proprie fonti. Ora l'obiettivo prioritario è ridurre la nostra dipendenza dal gas russo. Con questi accordi puntiamo a mitigare i costi energetici per le famiglie. Al riguardo c’è già un piano di sicurezza energetica”. In particolare, nella capitale congolese sono stati sottoscritti due testi: una dichiarazione d'intenti siglata dai Ministri italiani e dal Ministro congolese per gli idrocarburi Bruno Jean Richard Itoua, e un accordo in ambito energetico stipulato dall'Ad di Eni Claudio Descalzi e dallo stesso Ministro congolese. 

Queste intese rilanciano la possibilità di ampliare il partenariato tra Italia e Congo, come aveva preannunciato il premier Mario Draghi in una telefonata al presidente Dénis Sassou N'Guesso qualche giorno fa. Il gas è anche uno strumento per allargare il campo degli interventi a favore della transizione ecologica: “Con l'accordo di oggi”, ha sottolineato da parte sua il Ministro Roberto Cingolani, “abbiamo raggiunto un grande potenziamento della cooperazione a favore della transizione ecologica, anche grazie al grande lavoro fatto da Eni in questi anni: c’è un programma di grandissimi investimenti in Congo”. Ora però, com’è noto, l'Europa già al prossimo Consiglio di maggio è chiamata a dare risposte immediate sul problema del caro energia; l'Italia ha una proposta chiara, quella di stabilire un tetto al prezzo del gas ma non tutti la pensano allo stesso modo. Su questo passaggio, Di Maio da Brazzaville ha detto: “Sia Draghi sia Cingolani, sin dal primo giorno della crisi, stanno lavorando al tetto massimo del prezzo del gas come strumento per evitare speculazioni: questa deve essere una priorità dell'Ue”. 

Le norme per l’election day sono pronte per il cdm della prossima settimana

Domenica 12 giugno si voterà per le amministrative e per i referendum sulla giustizia, un election day molto atteso, su cui però incombono gli effetti di pandemia e guerra in Ucraina. La bozza del decreto che disciplina l'appuntamento elettorale da un lato detta le norme anti-Covid per consentire il voto in sicurezza, dall'altro, “in considerazione della situazione politica internazionale” e dei “rischi connessi alla cybersicurezza”, fa slittare la sperimentazione del voto elettronico al 2023. Il coronavirus è ancora molto presente e il prossimo appuntamento alle urne non può che tenerne conto: così, vengono stanziati circa 38 milioni per sanificare i seggi in concomitanza con gli appuntamenti elettorali del 2022 e si prevedono sezioni ospedaliere nelle strutture con reparti Covid. Chi è in isolamento potrà votare nel suo Comune, nei seggi ospedalieri o speciali, dopo aver inviato richiesta di voto domiciliare al sindaco tra i 10 e i 5 giorni prima delle elezioni. Solo per le comunali e circoscrizionali le sottoscrizioni richieste per la presentazione di liste e candidature saranno ridotte a un terzo. 

Lo scrutinio inizierà dai referendum, mentre quello delle amministrative partirà alle 14.00 di lunedì 13 giugno. Il decreto, atteso in Cdm, alla fine è stato rinviato alla prossima seduta, a causa dell'assenza della Ministra competente Luciana Lamorgese: la titolare del Viminale avrebbe dovuto partecipare ai lavori in videoconferenza ma non è riuscita a connettersi. A presiedere da remoto è stato il premier Mario Draghi, in quarantena per Covid. Intanto, le coordinate del decreto sull'election day, salvo aggiustamenti dell'ultimo minuto, sono già nero su bianco e suscitano polemiche: la guerra in Ucraina farà slittare di un anno l'avvio del voto digitale, una previsione che fa scattare il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Giuseppe Brescia (M5S). Il pentastellato, promotore dell'emendamento alla legge di bilancio 2020 che ha istituito il fondo da 1 milione di euro per la sperimentazione, ora spera in un ripensamento dell'esecutivo ma, in caso contrario, non esita ad annunciare che “la norma che stoppa la sperimentazione del voto elettronico e azzera un lavoro lungo più di due anni” sarà “cancellata in Parlamento”. 

La legge sulla concorrenza sarà modificata da entrambi i rami del Parlamento

Sulla legge per la concorrenza i partiti potranno modificare il testo sia al Senato che alla Camera e il via libera al provvedimento, previsto per giugno, slitta a fine luglio. Dopo tensioni e diverse riunioni coordinate dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà le forze politiche hanno raggiunto un compromesso sul metodo da utilizzare. L’esame del provvedimento verrà spacchettato: al Senato si cercherà di trovare un'intesa sul tema delle concessioni balneari, dell'idroelettrico e dei servizi pubblici locali; alla Camera si tenterà un accordo sulla questione del trasporto locale e dei taxi. Ma al momento nel merito del provvedimento licenziato a dicembre dal Cdm non c’è stato ancora un confronto con l'esecutivo né tantomeno un voto. Resta in stand by anche il dossier sulla legge delega fiscale: sul sistema duale si registrano passi avanti ma sulla riforma del catasto il centrodestra attende risposte dal Mef e da palazzo Chigi. Intanto però l’accordo sulla doppia lettura del concorrenza viene comunque considerata un passo significativo dai partiti che attendono ora le nuove misure cui sta lavorando il Governo per venire incontro al caro bollette e alle conseguenze economiche della crisi in Ucraina. 

Orban vede Salvini ma non la Meloni; tensione nel centrodestra

Nella prima visita in Italia di Viktor Orban dalla sua rielezione che l'ha consacrato premier dell'Ungheria per la quarta volta, c’è stato un incontro con Matteo Salvini ma non con Giorgia Meloni. Nell'agenda della Presidente dei conservatori europei, che insieme al leader leghista è stata l'unica italiana a complimentarsi con Orban per la vittoria del 3 aprile, non ce n’è traccia, segno implicito che l'asse sovranista Orban-Salvini è sempre più alternativo a quello che lega Fratelli d'Italia e i polacchi in Europa e parallelamente a Forza Italia che è dentro quel Partito popolare da cui Fidesz, lo schieramento di Orban, è stato estromesso. Ma è anche il segno che la politica estera continua a dividere il centrodestra. A tracciare il solco è inevitabilmente il sostegno alla Russia di Vladimir Putin, di cui Orban, in Europa, è uno degli ultimi sostenitori: non è un mistero la sua posizione più morbida sulle sanzioni a Mosca e più dura sul no al riarmo degli ucraini. Agli antipodi, quindi, con FdI che sulla crisi ucraina ha sposato al 100% la linea del governo Draghinonostante sia all'opposizione. Idem per FI, che non a caso non c’è nell'agenda romana di Orban. 

Da qui i dubbi sull’opportunità del faccia a faccia con Matteo Salvini in questo momento. I due leader si sono dati appuntamento all'Accademia d'Ungheria in centro a Roma per circa un’ora. All’incontro sembra non dare peso nemmeno Antonio Tajani che osserva: “Orban è un capo di Governo che ha vinto le elezioni e Salvini ha fatto una scelta, è un leader politico”. Per ora, non si esprime Giorgia Meloni, assente al ricevimento organizzato in serata all'ambasciata ungherese; per FdI hanno partecipato il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, il presidente del Copasir, Adolfo Urso e altri tre parlamentari. Quello che è certo è che questo incontro ha certificato la sintonia fra Salvini e Orban e il suo partito, con cui condivide l'adesione al gruppo europeo di Identità e democrazia oltre ai temi forti del sovranismo: dalla lotta all'immigrazione irregolare al progetto di un “centrodestra europeochiaramente alternativo ai socialisti, per difendere i valori e le radici dell'Occidente”. 

Grillo e Conte cercano un’intesa sulla comunicazione del M5S

Beppe Grillo è a Roma per una fitta agenda di incontri con tutti leader del Movimento, primi tra tutti il Presidente Giuseppe Conte e il Presidente della Camera Roberto Fico che sono andati da lui appena arrivato, poi a seguire Ministri a partire da Luigi Di Maio, capigruppo, vicepresidenti e responsabili dei vari organismi, come la ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Con tutti, oltre a confrontarsi sui temi di stretta attualità politica, dove si registrano nuove tensioni al Senato sulla guerra in Ucraina, si è soffermato a raccogliere pareri sull'ipotesi di un suo maggiore coinvolgimento nella comunicazione del Movimento. O meglio, nella divulgazione delle idee del Movimento sul suo blog, un marchio che per la base continua a essere un punto di riferimento imprescindibile. Il tema della comunicazione del M5S è centrale per orientarsi nella bussola delle relazioni tra il vecchio e il nuovo Movimento. 

Arrivare a un gentleman agreement in questo campo sarebbe un segnale rilevante non solo in termini di un nuovo feeling tra Conte e Grillo ma anche di una ritrovata compattezza del gruppo, anche dal punto di vista economico. Un'intesa tra Grillo e Conte sulla possibilità di usare beppegrillo.it potrebbe risultare conveniente per entrambi anche se non manca tra i parlamentari chi teme che i costi dell'integrazione possano ricadere sulle loro spalle. Soprattutto perché in prospettiva potrebbe esserci un responsabile della comunicazione ad hoc (ed è girato anche il nome di Nina Monti, la spin doctor di Grillo), ipotesi per cui si dovrebbero convincere i parlamentari a mettere in busta paga del Movimento un altro responsabile della comunicazione. La questione è rilevante anche sotto il profilo del messaggio politico: “Che si fa se Grillo non concorda sul post da pubblicare?” si chiedono nel M5S. È vero che la nuova direzione di Conte si è andata facendo più battagliera ma è anche noto il diverso approccio di Conte e Grillo su diverse questioni rilevanti per il Movimento. Il tema è talmente cruciale che Grillo ha voluto testare di persona cosa ne pensano i maggiorenti pentastellati sapendo anche che la vicenda avrà bisogno di tempo e del via libera di tutto il gruppo parlamentare. 



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