Il caso Cesa frena il dialogo Conte-Udc. Per il M5S no al governo con i condannati
Per Giuseppe Conte la partita sembrava chiusa, con la fase due del piano già impostata: entro lunedì sarebbe dovuto avvenire lo stacco dell’Udc da Forza Italia, per dar vita a quel contenitore politico di centro in cui tenere insieme socialisti, liberali e democristiani, in attesa di sfilare altri parlamentari a Italia viva, riducendo di fatto l'opposizione di Matteo Renzi e il rischio di andare sotto coi numeri in Senato. Da lì, poi, sarebbe nato il suo partito prossimo venturo, con tanto di sondaggi già veleggianti verso la forchetta del 16-18%. Tant'è vero che dopo due anni ha ceduto la delega ai Servizi affidando a Pietro Benassi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, la delega all'intelligence. L'iscrizione di Lorenzo Cesa nel registro degli indagati, per associazione a delinquere in un'inchiesta della Dda di Catanzaro sulla Ndrangheta rischia di bloccare di colpo la trattativa perché i CinqueStelle già di malavoglia avevano accolto l'idea di far entrare ex Dc e Psi in maggioranza, ma addirittura lasciar correre su principi fondamentali, questo proprio no. Sul punto Luigi Di Maio è stato chiarissimo: “Mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi”. Lorenzo Cesa nel frattempo si è dimesso subito dalla carica di segretario nazionale, mossa necessaria per sgomberare il campo e permettere a Paola Binetti, Antonio Saccone e Antonio De Poli di continuare la trattativa, che non si è mai interrotta, in effetti, nonostante il ministro degli Esteri abbia dichiarato pubblicamente che “questo consolidamento del Governo non potrà avvenire a scapito della questione morale, dei valori che abbiamo sempre difeso e che sono fondanti del progetto 5 Stelle”.
Per aggirare l'ostacolo a Conte resta ancora la carta Pd. Anche ieri il vice segretario Andrea Orlando ha fatto un passaggio a Palazzo Chigi per aggiornare il premier: il partito di Nicola Zingaretti, infatti, sta incessantemente corteggiando i senatori di Italia viva e non a caso lo stesso Matteo Renzi lancia appelli per riaprire il dialogo: “Siamo ancora in tempo per fermarci. Il mio appello è: anziché andare a fare un compro-baratto-vendo sui singoli parlamentari, tornate alla politica”. Il senatore toscano sogna lo sgambetto in aula, già mercoledì prossimo, quando il Guardasigilli Alfonso Bonafede porterà la sua relazione sulla giustizia: mandare sotto il Governo colpendo il capodelegazione dei Cinque Stelle porterebbe Conte dritto al Quirinale. Ma, a dispetto dai segnali di compattezza che filtrano da Iv, il rischio è che Renzi si ritrovi con il gruppo spaccato e un flop molto pesante da gestire, perciò ribadisce: “Smettiamola di fare le polemiche, se volete contrattiamo, nelle sedi istituzionali, noi vi abbiamo scritto e detto le nostre idee. Non ci prenderete mai come dei Ciampolillo qualsiasi”. Il fine settimana, dunque, si preannuncia di grandi manovre.
Mattarella riceve il centrodestra e attende le mosse di Conte
Interlocutorio: è il termine che si attaglia agli incontri al Quirinale di Sergio Mattarella mercoledì con il premier Giuseppe Conte e ieri con la delegazione di centrodestra, incontro quest'ultimo sollecitato da Giorgia Meloni e Matteo Salvini come a voler rimarcare il diritto di poter parlare con il Colle, da opposizione, dopo la salita di Conte e il suo “naufragio politico”. Il sistema politico è evidentemente in evoluzione e si attendono le mosse del presidente del Consiglio dopo i voti di fiducia a Camera e Senato, numericamente vincenti ma non assoluti e tali probabilmente da non consentire di gestire un’attività parlamentare produttiva. Rimane per il Colle una situazione del tutto interlocutoria, in attesa di quanto potrà emergere dal confronto parlamentare, con da un lato la maggioranza M5s-Pd-Leu e dall'altro Lega-FdI-Fi a cui si aggiunge l'incognita di Iv. Il ruolo di Sergio Mattarella è comunque quello di garanzia per chiunque, a partire dalle opposizioni, una neutralità istituzionale dovuta e nelle corde di questo presidente. Ecco allora che il definire “interlocutoria” questa fase indica l'impegno, l'urgenza di capire e risolvere, in un modo o nell'altro, l'impasse politico. Al Quirinale i leader di centrodestra hanno sottolineato come l’unica strada sia andare al voto; Mattarella ha preso atto delle sollecitazioni del centrodestra, come ha registrato le valutazione di Conte sul voto parlamentare di fiducia al governo. Ora il capo dello Stato attende i prossimi giorni. Ma non aspetterà troppo.
Il centrodestra si compatta contro Conte ma è tensione sulle elezioni
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani sono saliti al Quirinale. Un'ora di colloquio in cui Sergio Mattarella avrebbe ascoltato molto e parlato poco e in cui i tre esponenti dell'opposizione avrebbero rappresentato la realtà di un Parlamento che ormai, numeri alla mano, è destinato alla paralisi. Al termine dell'incontro, il comunicato congiunto è di poche righe: si sottolinea “la grande preoccupazione per la condizione dell'Italia” visto che “mentre emergenza sanitaria ed economica si abbattono su famiglie e imprese, il voto di martedì ha certificato l'inconsistenza della maggioranza. È convinzione del centrodestra che con questo Parlamento sia impossibile lavorare”. Poi la conclusione in cui ci si affida alla saggezza del capo dello Stato. Nessun riferimento allo scenario che il centrodestra ritiene a questo punto auspicabile, nessun accenno all'alternativa al governo Conte messa sul piatto. Più esplicito, poco dopo, è Matteo Salvini: “Meglio investire due mesi di tempo dando la parola agli italiani per poi lavorare tranquilli per i prossimi cinque anni”; il leader della Lega, a differenza di quanto aveva fatto appena pochi giorni fa, non parla più di un centrodestra pronto a fare la sua parte, l'unico percorso che traccia è quello che porta alle elezioni. In realtà, dentro il Carroccio non è questa l'unica linea: notoriamente Giancarlo Giorgetti ritiene che il miglior sbocco nella situazione data sia un governo di unità nazionale, un'idea che anche Salvini non scarta e che forse proverebbe anche a perseguire se non ci fosse il problema di non lasciare a Fratelli d'Italia, che da quello schema si è sempre chiamata fuori, praterie di voti.
Davanti a Mattarella, viene riferito, l'ipotesi di un ritorno alle urne sarebbe stata sostenuta da tutti e tre i leader dell'opposizione. E, tuttavia, al Colle non c'erano i componenti della colazione più piccoli, Cambiamo, l'Udc e Noi con l'Italia, che su questo punto sono in disaccordo. Giovanni Toti glielo ha spiegato chiaramente: “Ho detto a Matteo che ritengo molto difficile votare; secondo me se Conte, come pare, non riuscirà a trovare i numeri necessari dovremo pensare ad altri tipi di governo e penso che il centrodestra non possa sottrarsi alla responsabilità di dare un proprio contributo”. C'è poi l'incognita Forza Italia; la linea tenuta ufficialmente da Antonio Tajani è in sintonia con quella degli altri alleati ma il partito è una polveriera pronta a esplodere: alle faide interne tra governisti e filo-leghisti si è aggiunto il miraggio di una legge proporzionale e l'ipotesi di una lista Conte, quanto basta per rendere sempre più nervoso un partito ancora scosso dalle defezioni di Renata Polverini e Maria Rosaria Rossi e oggetto di un pressing costante da parte degli esponenti di Governo a caccia di responsabili. Silvio Berlusconi continua a rassicurare gli alleati sulla compattezza del suo movimento, ma Meloni e Salvini conoscono bene la sua capacità di giocare su più tavoli e si chiedono, quindi, a nome di chi Gianni Letta parli così spesso con palazzo Chigi.
Il Governo cerca sponde sul Recovery e intanto lavora sul decreto ristori
Affinare il Recovery Plan, coinvolgendo il Paese dalle parti sociali agli enti locali, e nel frattempo mettere in campo i 32 miliardi di scostamento appena approvati dalle Camere per sostenere l'economia ancora provata dalla crisi Covid. Mentre cerca di assestarsi dopo l'addio di Italia Viva, il Governo mostra di procedere spedito sui dossier più urgenti, dal piano per i fondi Ue al nuovo decreto Ristori che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana. Giuseppe Conte chiama tutti: s’inizia con i sindacati, poi imprese, commercianti e artigiani lunedì, e martedì sindaci e governatori, tra i più attivi nelle ultime ore nell'avanzare suggerimenti ma anche richieste, come quella di stanziare 4 miliardi e mezzo per gli aiuti a sci e montagna. Non a caso il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, nella lettera in cui spiega ai commissari Valdis Dombrovsis e Paolo Gentiloni le ragioni della nuova deviazione sui conti pubblici, solo per il 2021, chiarisce che un intervento così corposo è stato pensato proprio per avere fieno sufficiente in cascina se la stretta anti-Covid, che al momento è prevista fino a metà febbraio, si dovesse protrarre anche in primavera: è un’eventualità che “non si può escludere”, mette nero su bianco il titolare di via XX Settembre, che nello stilare l'elenco delle misure cita anche nuovi fondi per la scuola e per il Reddito di cittadinanza e la possibilità di prolungare la cassa Covid “fino all'autunno se necessario”. L'ipotesi sul tavolo è quella di altre 26 settimane di cassa gratuita ma selettiva, per i settori più in difficoltà dei servizi, mentre per le altre attività ci potrebbe essere una proroga breve. Insieme alla Cig arriverà il rifinanziamento anche per le indennità degli stagionali e per i congedi parentali. Non è un tema, almeno per il momento, quello del cashback, sollevato da Italia Viva e dalle opposizioni, che punterebbero a spostare sui ristori i 4,75 miliardi dei rimborsi per chi paga con carte e bancomat.
Il meccanismo dei ristori invece, è ancora oggetto di approfondimenti ma i nuovi aiuti, precisa Gualtieri, “consisteranno principalmente in crediti di imposta”. Il tema sarà oggetto di confronto con le parti sociali, anche se la convocazione ufficiale è sul Recovery: la versione aggiornata del PNRR è all'esame delle Commissioni ma non entrerà nel vivo prima di febbraio. Solo verso la fine della prossima settimana dovrebbe ricominciare un ricco ciclo di audizioni sia alla Camera sia al Senato, poi tutte le Commissioni esprimeranno i loro pareri che saranno riassunti in una relazione delle Bilancio (insieme alle Politiche Ue al Senato) e poi avviate, al termine di questo percorso, all'attenzione dell'Aula. Proprio il Parlamento potrebbe dare qualche indicazione sulla governance, stralciata per ora dal Piano ma che va definita prima di inviarlo a Bruxelles. Andranno peraltro dettagliate meglio, avvisa Gentiloni, sia le riforme, “con un messaggio chiaro” in linea con le raccomandazioni Ue 2019, sia “tempi e obiettivi dei progetti”, che erano stati messi a punto per la prima versione del piano, quella con cabina di regia a tre e capi missione, poi bocciata dai partiti.