Il Senato approva la legge di bilancio 2022 ma non sono mancate le polemiche

Il Senato ha approvato con 215 voti favorevoli la fiducia posta dal Governo sul maxiemendamento alla Legge di Bilancio 2022. I contrari sono stati 16, nessun astenuto; ora il testo passa alla Camera per il via libero definitivo entro il 31 dicembre. La manovra, da 30 miliardi di euro, prevede un indebitamento programmatico rispetto al Pil pari al 5,6% per il 2022, al 3.9% per il 2023 e 3,3% nel 2024, entrate previste per 2,2 miliardi nel 2022 e 0,5 miliardi nel 2023, spese in aumento di 47,8 miliardi nel 2022, di 53 miliardi nel 2023 e 38,1 miliardi nel 2024. 

Confermate tutte le misure principali previste, a partire dal taglio per 8 miliardi di euro dell'Irpef sui lavoratori dipendenti, autonomi, partite Iva e pensionati, per un taglio del cuneo fiscale destinato a favorire in particolare i ceti medi: le aliquote diventano solo quattro, al 23% per redditi fino al 15mila euro, al 25% tra 15mila e 28mila, al 35% tra 28mila e 50mila, al 43% oltre i 50mila; nella terza fascia il taglio arriverà fino a un massimo di mille euro annuo risparmiati in busta paga. Inoltre stop all'Irap per quasi un milione di professionisti. Prorogato il Superbonus 110%, esteso alle villette monofamiliari per le quali salta il tetto Isee. Previsto anche un bonus del 75% per abbattere le barriere architettoniche, per l'installazione di ascensori o montacarichi e interventi di automazione degli impianti degli edifici.

legge di bilancio 2022

Sale il tetto di spesa detraibile del bonus mobili, che passa da 5 a 10mila euro, e viene rifinanziato il bonus televisori per una spesa di 68 milioni. Operai edili e ceramisti potranno andare in pensione tramite Ape sociale con 32 anni di contributi e 63 di età. Per il caro bollette si interviene con altri 1,8 miliardi di euro, oltre ai 2 inizialmente previsti, per un totale di 3,8: sarà inoltre possibile rateizzare in dieci tranches il pagamento delle bollette. Confermato e rifinanziato, infine, il reddito di cittadinanza. Molte critiche sono arrivate, più che nel merito, sul metodo di esame della Manovra: il più duro nelle dichiarazioni di voto finali è stato il leader di Italia Viva Matteo Renzi, uno dei sostenitori principali della maggioranza Draghi: “Noi la fiducia la votiamo ma non è accettabile che il Parlamento sia costantemente ignorato. Le leggi di bilancio non si fanno così. Questo guidato da Draghi è uno dei migliori Governi ma questa è una delle peggiori leggi di bilancio della storia della Repubblica”.

Tensione in Cdm sull’obbligo vaccinale, Draghi rinvia

Dopo numerosi momenti di tensione, Mario Draghi decide di prendere tempo sull'ipotesi di estendere a tutti i dipendenti della Pa l'obbligo di vaccino. Si valuterà nelle prossime settimane se imporre l'obbligo solo ad alcune categorie o a tutti i lavoratori pubblici e privati. In cabina di regia tiene banco la discussione sulle nuove misure per frenare il contagio da Covid nelle festività: Draghi e il ministro della Salute Roberto Speranza si mostrano favorevoli alla proposta di Renato Brunetta, la Lega e il M5S esprimono da subito le loro perplessità ma ci si prende qualche ora per decidere e intanto gli uffici ministeriali vengono messi al lavoro sulla norma. Poi in Cdm il confronto si fa molto acceso, nei contenuti più che nei toni: esprimono dubbi Ministri di ogni partito, inclusi quelli del Pd. Ci sono perplessità sulla scelta di imporre i vaccini solo nella Pa e non ad altre categorie, dubbi sulla praticabilità della misura; Draghi ascolta tutti, poi sceglie di mettere la decisione in stand by e approfondire il tema 

C’è chi ipotizza di individuare i lavoratori più a contatto con il pubblico. Brunetta propone di introdurre l'obbligo di vaccini per tutti i lavoratori, nel pubblico e nel privato. È una giornata di decisioni difficili per il Governo, per l'impennata dei contagi e per i numeri della variante Omicron, che si avvia a diventare prevalente. Ci s’interroga sul da farsi, in vista delle imminenti festività. Si discute di tutti i luoghi della socialità e dopo ore di trattativa in Cdm si decide non solo di vietare il consumo al banco a chi non abbia il Super Green pass (vaccinati o guariti dal Covid) fino a fine marzo, ma anche di chiudere le discoteche fino a fine gennaio. Su questa misura i Ministri leghisti sono contrari: la categoria, osservano, ha già sofferto tantissimo; i titolari dei locali, assicurano fonti leghiste al termine della riunione, riceveranno un ristoro. Intanto, chiedono i leghisti, si ponga un argine al dilagare di virologi ed esperti in tv: lo propone Giancarlo Giorgetti, chiedendo una raccomandazione del Governo che inviti alla cautela, e il Ministro del Turismo Massimo Garavaglia avverte che si sono perse milioni di prenotazioni nelle ultime settimane a causa di informazioni sbagliate. 

Il Governo è al lavoro sul Recovery: 24 mld entro marzo e 102 target nel 2022

Obiettivi raggiunti, accordo operativo firmato, e primo assegno da 24,1 miliardi in arrivo, se tutte le verifiche andranno a buon fine, entro marzo: la macchina del Recovery Plan italiano si avvia a lavorare a pieno regime, forte dei 51 target concordati con Bruxelles tutti realizzati grazie a uno sforzo “collettivo” che ora deve continuare “quotidianamente” fino al 2026. Il premier Mario Draghi invita a non abbassare la guardia, a “non adagiarsi”, chiedendo ai Ministri di preparare le amministrazioni a un lavoro che proseguirà e sarà anche più intenso nei prossimi anni, visto che già nel 2022 gli obiettivi raddoppiano: in tutto l'anno ne andranno centrati altri 102, di cui 66 riforme, per incassare i 40 miliardi stabiliti. 

Intanto però la sottoscrizione dell'accordo operativo apre la strada al versamento della prima di dieci rate da parte della Commissione, che ha stabilito le regole d’ingaggio per vagliare i progetti e dare l'ok definitivo al pagamento. Ci vorranno però ancora 2 o 3 mesi per le verifiche e i fondi, al più tardi, dovrebbero arrivare quindi entro marzo. Nel frattempo l'Italia potrà sfruttare le risorse del fondo di rotazione creato appositamente per evitare rallentamenti o intoppi in attesa delle nuove tranche. La prima rata ufficiale (l’Italia ha già avuto un anticipo del 13%, circa 25 miliardi) sarà divisa a metà tra sovvenzioni e prestiti (11,5 miliardi di grant e 12,6 miliardi di loan) e servirà a portare avanti i progetti del primo semestre, 47, che sbloccheranno, una volta superato il check di Bruxelles, la seconda rata da 19 miliardi. Impegnativo il programma di riforme per il prossimo anno, dalle carriere degli insegnanti alla revisione del Codice appalti fino alla legge sulla concorrenza, arrivata in Senato. 

I Ministri, in cabina di regia, hanno illustrato i loro compiti e in diversi hanno ribadito di essersi portati avanti con target e milestone per il 2022. Tra gli altri la ministra della Giustizia Marta Cartabia avrebbe ricordato però che manca ancora, tra le sue riforme, quella del Csm e ha chiesto di recuperare, appena possibile, le misure per le pene alternative al carcere non entrate in legge di Bilancio. Mara Carfagna ha portato a casa un nuovo meccanismo ex ante per la valutazione dei bandi in modo da assicurarsi che le risorse destinate al Sud siano “blindate” e si evitino altri casi come quelli dei primi bandi per gli “asili nido”. Il 2022, ha aggiunto il ministro Renato Brunetta, tra i primi a portare a termine i suoi compiti di riforma della Pa, sarà l'anno della “formazione”, con i dipendenti pubblici che potranno “iscriversi all’università a condizioni agevolate per laurearsi o prendere una seconda laurea o un master” in un percorso di “upskilling” e valorizzazione, accompagnato peraltro dal recente rinnovo del contratto della P.a. Nel frattempo si è andata completando la governance del Pnrr con la firma di Draghi e dei sindacati di un apposito protocollo per l'attivazione di tavoli di settore, da affiancare alle cabine di regia e al tavolo permanente del partenariato sociale, per analizzare le ricadute sociali ed economiche anche in termini di posti di lavoro di riforme e investimenti.

Draghi e Macron rilanciano un nuovo Patto Ue per la crescita

Cambiare le regole per poter sostenere anche con il debito gli investimenti pubblici e la crescita senza aumentare le tasse e tagliare la spesa sociale ma portando avanti riforme strutturali che consentano di ridurre la spesa: questa, in sintesi, la ricetta proposta dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal leader francese Emmanuel Macron per riformare il Patto di stabilità e le altre norme che fino allo scoppio della pandemia hanno regolato la gestione dei conti pubblici nazionali. Draghi e Macron hanno scoperto le carte a pochi giorni dall'avvio della presidenza di turno francese dell'Ue che ha tra le sue priorità proprio la riforma del Patto; lo hanno fatto con una lettera cofirmata e pubblicata sull'edizione online del Financial Times a breve distanza dalla firma del Trattato del Quirinale. Il testo, hanno precisato fonti dell'Eliseo, è stato condiviso con altri leader europei, in primo luogo il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il documento, che qualcuno ha definito una svolta, è destinato a segnare una tappa importante del dibattito sulla riforma delle attuali regole, in parte frutto della stretta decisa all'indomani della crisi del 2008, che nel 2020 sono state sospese per consentire all'Ue e ai suoi Stati membri di affrontare con politiche adeguate la crisi innescata dal Covid. Esse in futuro, sottolineano Draghi e Macron, “non dovranno impedirci di fare tutti gli investimenti necessari” in settori quali la ricerca, le infrastrutture, la digitalizzazione e la difesa. “La capacità di mettere in campo politiche di bilancio per proteggere i nostri cittadini e trasformare le nostre economie è e resta al centro della nostra strategia”. Già prima della pandemia le regole fiscali europee “avevano bisogno di essere riformate” perché “oscure e troppo complesse”: “Non c’è dubbio sulla necessità di ridurre il livello del nostro indebitamento ma non possiamo pensare di farlo attraverso maggiori tasse o tagli insostenibili alla spesa sociale. Piuttosto la nostra strategia è quella di mantenere sotto controllo la spesa pubblica ricorrente attraverso riforme strutturali ragionevoli”.

Occorre quindi, per Italia e Francia, avere più “spazio di manovra e margini di spesa sufficienti per prepararci al futuro”. “Il debito per finanziare tali investimenti dovrà essere favorito dalle regole di bilancio” poiché così si sosterranno le future generazioni e la crescita, e si contribuirà anche “alla sostenibilità del debito”. Per Roma e Parigi, l'Ue deve “rilanciare lo spirito che ha guidato le sue azioni all'inizio della pandemia” per affrontare le sfide geopolitiche, militari e demografiche che, al di là della crisi del Covid, l'attendono sul lungo termine. Per Draghi e Macron “Il programma Next Generation EU è stato un successo per i meccanismi che ha introdotto per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento” e “offre un utile modello per il futuro”. Ora la parola passa ora agli altri leader europei per sviluppare una “discussione approfondita” che Draghi e Macron auspicano non sia “offuscata da ideologie” così da arrivare ad un accordo entro la fine del 2022.

Il centrodestra si ricompatta: Berlusconi sarà il candidato della coalizione

Silvio Berlusconi ha deciso: nei primi 10 giorni dell'anno, quando il confronto sul Quirinale entrerà nel vivo, ufficializzerà la sua candidatura. Lo ha annunciato durante il vertice dei leader del centrodestra a Villa Grande, incontro che ha sancito, almeno in questa fase, l'assoluta unità della coalizione. Il Cavaliere si sarebbe detto sicuro di avere numeri certi in Parlamento: sul suo nome, è il suo ragionamento, ci sarebbero addirittura 150 voti di grandi elettori in più di quelli che ha già il centrodestra. E anche i franchi tiratori, avrebbe assicurato Berlusconi, non avranno alcuna rilevanza. Gli alleati non avrebbero posto alcuna obiezione, né si sarebbe parlato di eventuali piani B o C. Nei giorni scorsi, lo stesso Berlusconi avrebbe ipotizzato, in caso di un’impossibilità a procedere con la sua candidatura, l'idea di mettere in pista Giuliano Amato, ma ieri ha tirato diritto, senza offrire alcuna subordinata alla sua ennesima discesa in campo, raccogliendo, almeno a parole, la piena adesione degli alleati. Il protagonismo è confermato anche dalla scelta di presentarsi davanti alle telecamere dopo mesi lontani dai riflettori.

Via libera da Matteo Salvini, che con questo vertice, poche ore dopo il suo colloquio con Mario Draghi, può rivendicare il ruolo di leader e federatore di tutta la coalizione: “Sono pronto a impegnarmi e a mediare affinché si arrivi a un voto rapido e il più possibile condiviso, fermo restando che si dovrà fare i conti con una proposta di centrodestra che è maggioranza nel Paese e in Parlamento”. Poi, diretto al Cavaliere, ha aggiunto: “Se deciderai di candidarti, ti appoggeremo”. Stesso discorso per Fratelli d'Italia che, tuttavia, avrebbe chiesto a Fi e Lega di avere una consultazione permanente su ogni passaggio. Quindi hanno chiesto di spiegare il loro comportamento ove mai Draghi decidesse veramente di correre per il Colle. “Noi siamo tranquilli nell'appoggiare Berlusconi, semmai a essere in difficoltà è chi appoggia anche Mario Draghi, se volesse candidarsi sul serio o, peggio per loro, se volesse lasciare il Governo. Prima o poi ci dovranno dare delle risposte”, confida un alto dirigente di FdI. Ma alla fine tanti parlano di un pranzo cordiale, seppure di lavoro, più che di una vera riunione politica. Comunque un incontro interlocutorio, visto che le decisioni verranno prese in una nuova riunione attorno al 10 gennaio. Intanto è stato utile, soprattutto all'esterno, per rilanciare l'immagine di una coalizione divisa sul Governo ma unità più che mai di fronte alle prossime sfide politiche, a partire da quella per l'elezione del Presidente della Repubblica



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