Oggi iniziano le votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica

Dopo mesi di attesa e di tensioni politiche fra i partiti, oggi a partire dalle 15.00 inizieranno le votazioni che porteranno all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. La peculiarità della procedura per l’elezione del nuovo Capo dello Stato non risiede tanto nelle modalità di voto quanto nel corpus elettorale: ai 315 senatori, cui si aggiungono i 6 senatori a vita e ai 630 deputati vanno sommati 58 delegati regionali per un totale di 1.009 grandi elettori. La Costituzione prevede che, per essere eletto, il nuovo presidente della Repubblica debba raggiungere nei primi tre scrutini il quorum dei due terzi dei componenti dell’Assemblea (673 voti), mentre dal quarto scrutinio in poi basterà raggiungere la maggioranza assoluta dei votanti (505 voti). 

Alla luce di queste considerazioni, la situazione rimane ancora molto ingarbugliata per il fatto che nessuno schieramento ha i numeri per eleggere un proprio candidato in autonomia. Questo stallo potrebbe rendere i primi tre scrutini meramente interlocutori e darà la possibilità, dopo il passo indietro di Berlusconi, che emergano candidati trasversali. Il più accreditato sembra proprio quella del Presidente del Consiglio Mario Draghi, con la diretta conseguenza che i partiti di maggioranza, per scongiurare lo spettro delle elezioni anticipate, debbano ragionare anche su un eventuale nuovo nome da mandare a Palazzo Chigi. Sembra invece escluso, nonostante il pressing di alcune forze politiche, un secondo mandato per Sergio Mattarella che non vorrebbe far diventare una prassi ciò che è accaduto a Giorgio Napolitano nel 2013. (vedi gli speciali di Nomos: Regole e numeri per l'elezione del Presidente della Repubblica e Le mosse dei partiti per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica).  

Per quanto riguarda i lavori parlamentari, questa settimana le Assemblee di Camera e Senato e le rispettive Commissioni non si riuniranno per le loro attività ordinarie per consentire il pieno svolgimento dell’elezione del nuovo Capo dello Stato.

Manca ancora l’intesa; per il primo scrutinio tante saranno le schede bianche

Con ogni probabilità, il primo scrutinio per l'elezione del Capo dello Stato si terrà senza intesa tra i partiti e con l'unica certezza, salvo sorprese, che nelle urne finiranno molte schede bianche. La domenica di vigilia si consuma tra mosse tattiche, incontri, telefonate e veti incrociati. A smuovere le acque ci pensa però il segretario del Pd Enrico Letta che nell'incontro di oggi con Matteo Salvini chiederà una presa di posizione chiara su Mario Draghi.

Dopo l'uscita di scena di Silvio Berlusconi il centrodestra naviga a vista. La rosa di nomi annunciata da Matteo Salvini ancora non c’è anche se l'ex ministro fa sapere, dopo aver informato il Cavaliere, di essere al lavoro per candidature sulla cui “levatura difficilmente qualcuno potrà porre veti”. Le carte sono ancora coperte ma Salvini su due punti appare irremovibile: “Togliere Draghi da palazzo Chigi è pericoloso” e poi “Pier Ferdinando Casini non è un candidato del centrodestra”, un doppio messaggio che il leader della Lega recapita al premier e al resto delle forze politiche che sul nome dell'ex presidente della Camera sembrano aver aperto qualche spiraglio. In attesa delle proposte del centrodestra, Pd-M5s e Leu si sono ritrovati a conclave per mettere a punto la strategia; un nuovo incontro è in programma questa mattina ma LettaConte e Speranza formalizzano intanto una proposta: un tavolo con tutte le forze politiche per arrivare a un candidato condiviso. Nessun nome viene reso noto anche se il Pd individua nel fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi “il profilo di presidente ideale”. 

Alla finestra c’è Matteo Renzi. Il leader di Iv invita alla calma (“adesso siamo al tatticismo esasperato”), ma non esclude dalla corsa né Mario Draghi né l'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini a differenza di Riccardi che a suo giudizio “non ha chance”. Sul capo del governo però Renzi è netto: “Al Quirinale non si va contro i partiti. Penso che la candidatura di Draghi, ammesso che abbia una propria strategia, possa stare in piedi solo che abbia questo elemento politico. Al Quirinale ci vai soltanto con un'iniziativa politica”. 

L'ipotesi di Draghi al Colle fa discutere anche il Movimento 5 Stelle; dopo i dubbi all'idea che il capo del governo traslochi al Quirinale fatti trapelare ieri dalla riunione della cabina di regia presieduta da Conte, a riavvolgere il nastro è proprio l'ex premier: “Noi facciamo proposte, non poniamo veti” ma un confronto tra i 5s più approfondito sul tema è previsto nel corso dell'assemblea congiunta. Chi sembra avere le idee chiare è il leader di Azione Carlo Calenda che insiste sulla candidatura di Marta Cartabia: “PD-5S ragionano su Riccardi; Renzi ragiona su Casini; la destra, dopo il ritiro di Berlusconi, non ragiona. Eppure c’è una figura perfetta per il ruolo di Presidente della Repubblica. È stata Presidente della Corte ed è Ministro della giustizia; è persona equilibrata e sopra le parti: Marta Cartabia”. 

Letta rilancia su Draghi. Oggi incontrerà Salvini

Ieri sera, mentre Giuseppe Conte dice ai grandi elettori grillini che i 5 Stelle non hanno preclusioni su un nome di centrodestra a differenza di Pd e Leu, Enrico Letta imprime un'accelerazione alla partita sul Quirinale. Parlando in tv da Fabio Fazio, il segretario dem pone in chiaro il tema della candidatura di Mario Draghi al Quirinale; annuncia che oggi vedrà Matteo Salvini e che metterà al primo punto del colloquio un chiarimento proprio sulla figura del premier: “Voglio capire se le dichiarazioni fatte”, il no a Draghi al Colle, “siano ultimative oppure no”. E sul tavolo mette anche un altro punto all'odg: il Mattarella bis. “Per noi sarebbe l'ideale, parleremo anche di questo”. 

Letta prende l'iniziativa e si prepara all'incontro, forse decisivo, con Salvini mettendo pubblicamente sul tavolo le opzioni in grado di poter salvaguardare legislatura e Governo. Per il segretario dem: “L'unica maggioranza che c'è, è quella che esprime il governo Draghi”. E solo da un accordo su un nome condiviso all'interno della maggioranza passa la possibilità di non far saltare tutto. Il no di Salvini a Pier Ferdinando Casini è stato letto come un possibile passo avanti verso Draghi da alcuni tra i dem: “Ieri è stata una giornata complessa per il centrodestra e capisco che ci sia bisogno di un'evoluzione” ma, dice Letta, “sono ottimista che troveremo nell'arco di 48 ore, massimo 72 ore una soluzione”. Intanto tra i parlamentari dem c'è forte il timore il centrodestra avanzi un nome insidioso che possa mettere a rischio la tenuta dei 5 Stelle, vera incognita di questa tornata.

Per Letta appare chiaro che “noi diciamo al centrodestra non candidate uno di voi, noi non candidiamo uno di noi: c'è bisogno di una candidatura super partes”. Quindi annuncia l'incontro con Salvini: “Draghi è una delle ipotesi sul tavolo. Sono rimasto abbastanza stupito nel vedere la dichiarazione ieri di Berlusconi in cui ha detto no a Draghi presidente della Repubblica che oggi Salvini ha confermato. Sono temi di cui parleremo con i rappresentanti del centrodestra, con i nostri alleati e cercheremo di capire, rispetto a Draghi, quali sia la posizione vera". Per Letta, Draghi è una “risorsa da preservare” e non si può “assolutamente” correre il rischio di perderlo sia al Governo che al Quirinale: “per questo il mio impegno, il nostro come Pd ma vale anche per i nostri alleati, è non soltanto a proteggere la risorsa Mario Draghi e a trovare la migliore soluzione”. 



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