Conte accerchiato su fondi. Strappo M5S-Dem sul Mes in UE
Appena Giuseppe Conte si chiude a Palazzo Chigi per lavorare sul Recovery Plan non tarda ad arrivare l'accerchiamento al premier per la gestione delle risorse europee. Il pressing dei partiti, dal Pd a FI, cresce di ora in ora e sembra convergere sulla necessità di istituire una Commissione bicamerale per il Recovery Fund. L'ipotesi vede concorde anche il presidente della Camera ma, forse, con una sfumatura diversa: se per Roberto Fico la Commissione deve avere un ruolo d’indirizzo, il sospetto, soprattutto nel M5S, è che nella strategia del Pd l'organismo sia un modo non solo per aumentare l'influenza su Conte ma arrivare al Mes. La spaccatura che potrebbe registrarsi in Parlamento vede un’anticipazione a Strasburgo, in occasione del voto su un emendamento sull'uso del fondo Mes: il M5S vota no, assieme a Lega e Fdi, mentre Pd, Iv e FI votano favorevole. In queste ore Giuseppe Conte si sta muovendo su un doppio binario: quello del Recovery Plan, che sarà presentato solo dopo la pausa estiva, e quello del decreto agosto che prevede uno scostamento di bilancio di 25 miliardi, sul quale a fine luglio le Camere si esprimeranno. Proprio al Senato, la maggioranza assoluta necessaria per il sì al nuovo extra-deficit è tutt'altro che scontata; nei corridoi parlamentari non tira aria di ribaltone ma i numeri sono stretti: Pd, M5S, Leu e Iv necessitano dell'aiuto di una parte dei componenti del Misto e dei senatori a vita. E non è detto che basti.
Per questo, “silenziosamente”, il Governo cerca il supporto di FI, l'opposizione “dialogante” più volte citata da Conte. Ma gli azzurri, per ora, alzano la posta: “Il nostro soccorso non è scontato, servono garanzie su come e dove verrà speso l'ulteriore debito”, sottolinea la capogruppo Anna Maria Bernini. Ancor più lontana la sponda di Lega e Fdi: “O proposte nero su bianco o non voteremo lo scostamento”, avverte Giorgia Meloni, “Lo voteremo solo se saranno accolte le nostre proposte”, alza l'asticella Matteo Salvini. Ma all'indomani del successo italiano a Bruxelles è un po' tutto l'arco parlamentare a ribollire. La task force annunciata da Conte continua a non convincere gli alleati. Di fatto il tema non è stato ancora ufficialmente messo sul tavolo del Governo ma il gruppo Pd passa già all'attacco presentando una mozione in Senato per l'istituzione di una commissione Bicamerale sul Recovery, posizione sulla quale Dem, Renziani e Fi sono pienamente allineati; la proposta nel M5S viene accolta nel silenzio. Il pressing dei gruppi è destinato a crescere, con effetti ignoti sulla stabilità di Governo. Il Pd sale in cattedra mentre il Movimento sembra compattarsi sulla trincea anti-Mes, eppure è il ministro della Sanità Roberto Speranza a portare a galla l’opportunità del sì al fondo: “Per la sanità sono necessari almeno 20 miliardi. Va bene anche il Mes o qualunque altro strumento, l'importante è avere risorse”. Ormai, sembra che Conte sia chiamato a decidere prima della pausa estiva, per evitare la spaccatura tra Pd e M5S, e di Mes, probabilmente, il M5S parlerà a Milano nel weekend targato Villaggio Rousseau.
Per Gentiloni l’Italia dovrebbe prendere i fondi del Mes
“I fondi arriveranno nella seconda metà del 2021, l'Italia prenda il Mes, conviene”. È l'indicazione che arriva dal Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni. In un’intervista a Repubblica Gentiloni sottolinea che “c'è grande soddisfazione per un risultato arrivato dopo mesi straordinari iniziati con le prime modifiche delle regole europee e sfociati nella decisione del Consiglio europeo sul Recovery Fund. Io non dimentico gli anni '10 dell'Unione, con una crisi finanziaria affrontata in ordine sparso, con la Brexit e con l'incapacità di gestire i flussi migratori. Ora, di fronte alla peggiore delle crisi, di fronte alle vittime e alle ferite sociali devastanti, siamo passati dal rifiuto della condivisione dei rischi alla solidarietà”, sottolinea. “Le erogazioni del Recovery inizieranno nella seconda parte del 2021 ad eccezione di un 10% che verrà anticipato con l'approvazione del Piano. Prima dobbiamo aspettare il percorso di ratifica dei Parlamenti, quindi dovremo riuscire a rispettare il calendario con l'approvazione dei Piani di riforme dei singoli Paesi entro aprile e andare sui mercati con titoli europei comuni”.
“C'è una terza sfida decisiva, anche se successiva: dovremo essere in grado di approvare nuove risorse proprie dell'Unione, come la digital tax e la tassa sulle emissioni di CO2, per rimborsare il debito comune tra il 2026 e il 2056. In caso contrario, i singoli Paesi si ritroveranno a dover restituire i soldi perché l'Europa non è stata capace di rimborsare il debito comune”. E, in attesa dei fondi, sulla possibilità e sul consiglio al governo italiano di accedere ai 36 miliardi del Mes Gentiloni precisa: “Il pacchetto è composto da 390 miliardi del Recovery di aiuti a fondo perso e da 360 miliardi di prestiti e poi dai crediti agevolati del Mes e di Sure, rispettivamente fino a 240 e 100 miliardi. In tutto 700 miliardi di prestiti. Se c'è un Paese in Europa che può trarre vantaggio da questi prestiti è l'Italia e all'interno di questo pacchetto uno strumento è già disponibile, ovvero il Mes. Abbiamo eliminato dalle sue linee di credito le vecchie condizionalità macroeconomiche e ora è chiaramente vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani. Ma la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles”.
Conte riferirà alle camere sull’ipotesi dello stato d’emergenza al 31 ottobre
Sarà il premier Giuseppe Conte la prossima settimana in Parlamento (martedì in Senato e mercoledì alla Camera) a spiegare perché il governo ha intenzione di prolungare fino al 31 ottobre lo Stato di emergenza legato al Coronavirus. La decisione verrà formalizzata in CdM solo dopo il passaggio del capo del Governo nelle aule parlamentari. Se nella maggioranza non sembrano esserci dubbi circa la necessità di proseguire con le misure in scadenza a fine luglio, l'opposizione non si mostra della stessa opinione e, seppur con sfumature diverse, alza le barricate. Sul piede di guerra è il leader della Lega Matteo Salvini: “Ci restino loro chiusi in Aula, gli italiani hanno bisogno di libertà”. L'ex ministro non usa mezzi termini e bolla come “nemico dell'Italia” chi ha intenzione di voler prolungare lo Stato d'emergenza; non solo ha una sua personale teoria che lega l'arrivo dei migranti alla volontà di proseguire con le misure restrittive: “Il governo importa infetti forse per una strategia per continuare con lo Stato d'emergenza”. I toni sono diversi ma di fatto anche Forza Italia nutre dei dubbi: per Anna Maria Bernini si tratta infatti di una “scelta forzata. Se l'intenzione è quella di imporre al Paese lo Stato d'emergenza fino a quando i focolai saranno azzerati, allora il Governo ha il dovere di bloccare subito il flusso dei migranti che sta provocando nuovi, continui focolai danneggiando regioni che erano da settimane Covid free”.
A chiarire quali siano le reali intenzioni del Governo ci prova il vice ministro della Salute Pierpaolo Sileri: “Prolungare lo Stato di emergenza non significa lockdown, non significa nulla di drammatico”, premette l'esponente pentastellato che aggiunge: “Non cambia nulla rispetto a quello che stiamo facendo oggi, cioè una ripresa della normalità quasi totale”. Ma in attesa di capire se all'orizzonte ci saranno nuove misure restrittive, su quelle vecchie si alza invece il velo della segretezza: il Tar del Lazio ha infatti accolto il ricorso presentato dalla Fondazione Einaudi contro il diniego da parte del Governo a fornire i verbali del Comitato Tecnico Scientifico alla base di tutti i Dpcm emanati nel corso dell'emergenza coronavirus. Grazie a questa sentenza, spiegano i giuristi che hanno vinto il ricorso, gli italiani potranno “conoscere le vere motivazioni per le quali durante l'epidemia sono stati costretti in casa, anche in quelle regioni o in quei territori dove non si sono registrati casi d’infezione”.
È caos sulla legge elettorale. Tutto rinviato. Tensione tra Pd e IV
La maggioranza non c'è sulla legge elettorale. Il Partito democratico, dopo lo stop and go di questi giorni, è tornato all'attacco in Commissione Affari costituzionali e ha chiesto tempi certi sull'iter del Brescellum, raccogliendo ancora un nulla di fatto. Il tutto si è consumato nella sala Mappamondo di Montecitorio, con Italia viva che, insieme alle opposizioni, ha posto il suo veto sulla richiesta del capogruppo Dem Stefano Ceccanti di votare il testo base lunedì 27 luglio. La motivazione è squisitamente tecnica: la riunione della Conferenza dei capigruppo, svoltasi prima dell'Ufficio di presidenza, non ha infatti trattato il tema, cancellando dal calendario dei lavori di Aula, almeno per luglio, la proposta di cambiamento del sistema elettorale. Dal Pd si alza un coro di accuse contro i renziani, rei di aver “tradito il patto” con gli alleati di Governo: “Mi dispiace ma Iv ha tradito un patto. Per noi e il Governo non cambia nulla ma i confini della maggioranza per questo testo di legge non esistono più, discuteremo con tutti perché dobbiamo cambiare una pessima legge” tuona Nicola Zingaretti. Da Italia Viva la replica alle accuse è sempre la stessa: “Noi vogliamo pensare alle cittadine e ai cittadini che sono in affanno, spiace invece che di fronte a una crisi senza precedenti ci sia chi pensa ai seggi e arrivi a mettere in discussione Governo e maggioranza in nome d’indecifrabili alchimie politiche”, dice Roberto Giachetti.
Ora si attende la nuova riunione della Capigruppo fissata per martedì alle 20.30, nella quale, probabilmente, stilando il calendario di agosto si deciderà di calendarizzare anche la legge elettorale. Qualora fosse così nell'Ufficio di presidenza della Commissione di mercoledì dovrebbe essere avanzata la stessa proposta. Dovrebbe, perché soprattutto qui il condizionale è d'obbligo: assodato che sul tema la maggioranza non ha una linea comune e quindi non ha i numeri per poter incardinare neanche il testo base, alla Camera in molti si chiedono quale sarà la prossima mossa del Pd. Avendo stanato Italia viva e messo in evidenza da che parte sta, di certo non si può correre il rischio di ritrovarsi in minoranza con i soli gruppi di M5S e Leu. La strategia è ancora tutta da definire e i dubbi sono molti. Le voci che si rincorrono a palazzo vorrebbero Zingaretti pronto ad affossare il proporzionale, facendo bocciare il testo base, per poi trovare una soluzione che possa essere condivisa anche col centrodestra. Si rumoreggia su un sistema spagnolo, che potrebbe piacere alle Lega, una strada indolore, che porterebbe alla stesura di un nuovo testo onorando quel “discuteremo con tutti” annunciato dal segretario Dem. Fantapolitica, commentano dal Nazareno, “il proporzionale resta la strada maestra, è una questione di accordi e vanno rispettati” insistono. Intanto i leader del centrodestra Salvini, Meloni e Berlusconi stanno ragionando su una proposta che a breve verrà presentata. Sul tavolo ci sono due ipotesi: una, quella di Fratelli d'Italia, tutta orientata al maggioritario, l'altra è una correzione del Rosatellum; entrambe favoriscono la coalizione con il premio di maggioranza, con sbarramento al 5% per chi viaggia da solo e il 2 per chi invece sceglie di allearsi.