L’Ue è con Draghi, linea dura per le aziende inadempienti sui vaccini

Al summit dei leader europei passa la linea di Mario Draghi: bisogna accelerare sui vaccini penalizzando le Big Pharma inadempienti sulle forniture. Con l'apertura di Angela Merkel, trovano un primo accordo per il via libera ai passaporti vaccinali, i certificati che potranno consentire a chi ha ricevuto le dosi di muoversi e viaggiare; vanno fatti entro tre mesi, è stato l'impegno politico. Con 51,5 milioni di dosi di vaccini distribuiti complessivamente nell'Unione a fine febbraio, e solo l'8% di europei che hanno ricevuto almeno la prima immunizzazione, i capi di Stato e di Governo hanno chiesto che la Commissione adotti un approccio più rigido nell'applicazione del controllo dell'export per quelle aziende farmaceutiche che non rispettano i patti: “Non sarà un blocco”, ha detto Emmanuel Macron, “perchè questo comporterebbe una frammentazione della produzione mondiale”. D'altra parte le giustificazioni del ceo Pascal Soriot al Parlamento europeo, che ha confermato la distribuzione di solo 40 milioni di dosi entro marzo e la sforbiciata del 60%, hanno inferto un nuovo colpo alla pazienza dei leader; l'obiettivo, come ha ribadito da Ursula Von der Leyen, resta quello di immunizzare il 70% della popolazione adulta, ovvero 255 milioni di persone entro fine estate, ma i grafici sulle dosi previste in consegna nel secondo e nel terzo trimestre, come rilevato da Draghi, non rassicurano.  

Il quadro è ancora piuttosto vago. Invece serve certezza sulla data delle consegne, come messo nero su bianco nella dichiarazione congiunta, che sollecita “un'accelerazione sull'autorizzazione, la produzione, e la distribuzione” dei sieri e fa endorsement al lavoro compiuto dalla task force guidata dal commissario Thierry Breton, che punta ad ampliare il numero d’impianti coinvolti nella filiera, attualmente 41. “I passi avanti si vedono già, con le nuove produzioni di BioNtech in Austria e Germania. In particolare la fabbrica di Marburg potrebbe arrivare alla produzione di un miliardo di dosi per luglio”, ha annunciato Von der Leyen e proprio riguardo alle manifatture, secondo una mappa presentata dalla Presidente, l'Italia potrà giocare un ruolo di primo piano, con due siti per il confezionamento dei prodotti iniettabili. Bisogna correre di più con le immunizzazioni per rallentare il dilagare delle varianti, ha insistito Mario Draghi, e richiamando gli esempi del Regno Unito e degli Stati Uniti, che tengono ben stretti i loro vaccini, ha chiesto perché l'Europa non faccia altrettanto. Su questa scia, pur dando il suo sostegno al Covax, lo strumento per l'accesso globale ai vaccini anti-Covid, il premier italiano ha messo in rilevo il problema di credibilità nei confronti dei cittadini europei. Sul tema del passaporto Covid, come sottolineato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, nonostante restino vari interrogativi la strada è aperta: l'obiettivo è scongiurare “misure unilaterali”, come quelle ventilate dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz e dal greco Kyriakos Mitsotakis; ora serviranno tre mesi per lo sviluppo tecnico di un sistema interoperabile europeo, la base necessaria di un pass per tornare a viaggiare e dare una boccata di ossigeno alle economie che vivono di turismo.  

Si aggrava l’emergenza Covid, il Governo cerca di dare ordine e certezze

È la Pasqua con misure restrittive anti-Covid il primo, vero terreno di scontro per la maggioranza che sostiene il governo Draghi, con Nicola Zingaretti contro Matteo Salvini, mentre zone rosse si profilano da sabato nelle province di Pistoia e Siena e arancione scuro in quella di Bologna. Anche a Brescia la situazione dei contagi resta critica: gli ospedali sono vicini al collasso e stanno mandando alcuni pazienti in altre strutture della regione, come a Bergamo e a Cremona. L'Italia si colora ormai di rosso e arancione scuro a macchia di leopardo, secondo la maggiore incidenza del Covid e soprattutto delle sue varianti; così, è da ieri rossa Cecina, nel Livornese, e lo sono da alcuni giorni quattro Comuni nel Lazio, Colleferro, Carpineto Romano in provincia di Roma, Torrice (Frosinone), Roccagorga (Latina). In Alto Adige è stata superata la soglia critica per le terapie intensive a Trento e Bolzano. In Basilicata sono in aumento i casi e l'Rt, e la Regione rischia di finire arancione. In Sardegna è zona rossa a San Teodoro. In Molise si registra un balzo di positivi: c’è stato un sopralluogo di militari per allestire terapie intensive di emergenza. In Piemonte l'Rt è sopra 1, la Regione va verso l'arancione e l'inasprimento delle misure. A Pescara, dilaga la variante inglese. Ma le polemiche politiche non mancano; nel pomeriggio Matteo Salvini attacca: “Mi rifiuto di pensare ad altre settimane e altri mesi, addirittura di chiusura e di paura. Se ci sono situazioni locali a rischio, s’intervenga a livello locale. Però parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani”. Replica Nicola Zingaretti: “Vedo che sulla pandemia Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l'Italia. Buon senso e coerenza è avere una linea indicata dal Governo e rispettarla. Così si sta in una maggioranza e si danno certezze alle persone”. Insomma, scintille sulla linea del rigore confermata dal nuovo premier, mentre si delineano aperture alle Regioni nel metodo se non nel merito.  

Le ordinanze del Ministro della Sanità sui colori dei territori in seguito al monitoraggio del venerdì d'ora in poi entreranno in vigore il lunedì e non la domenica: lo promette la Ministra delle Autonomie Mariastella Gelmini in un vertice con gli Enti locali, per evitare il caos e le perdite economiche di ristoranti e bar aperti un giorno su due nel weekend. Nella riunione Gelmini e il Ministro della Salute Roberto Speranza hanno assicurato un'altra novità: la bozza del nuovo Decreto del presidente del Consiglio, in vigore dal 6 marzo, sarà mandata oggi ai governatori, dunque in notevole anticipo sulla scadenza di quello attuale, un gesto di apertura alle Regioni che hanno chiesto a più riprese di evitare decisioni last minute. Per il Ministro Gelmini “Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l'obiettivo principale anche per i prossimi mesi", anche perché, pur prevedendo delle modifiche ai parametri come chiesto dalle Regioni specie per l'Rt, “un modello alternativo a oggi non c'è” e se ne parlerà semmai in un tavolo tecnico. Rinviando al Comitato tecnico scientifico (Cts) il tema spinoso della chiusura delle scuole per vaccinare i docenti, come chiedono quasi tutti i governatori, la Gelmini parla poi di “una graduale riapertura dei luoghi di cultura, con misure di sicurezza adeguate, superato il mese di marzo”. Domani il Cts si pronuncerà sul protocollo del ministro Dario Franceschini, che chiede di riaprire cinema, musei e teatri dal 27 marzo. 

Zingaretti punta alla rigenerazione del Pd ma le polemiche interne non mancano

Il cuore della relazione è ovviamente sul tema all'ordine del giorno: la questione di genere. Ma il Pd è scosso da tensioni quotidiane, con il fronte dei sindaci all'attacco, con veleni di corridoio su uno Zingaretti che sarebbe prossimo alle dimissioni e poi problemi sul territorio come il caso esploso tra i dem in Toscana e da ultimo l'intervista di Andrea Orlando che ha fatto infuriare Base Riformista: insomma di fronte a tutto questo il segretario non ha eluso il tema e ha dedicato alla questione alcuni passaggi della sua relazione in Direzione Nazionale, senza entrare nello specifico dei nodi aperti, di congresso o non congresso, ma neanche del tema alleanze. Zingaretti ha ribadito però che, se si vuole vincere, non si può fare a meno di un sistema di alleanze e ha rinnovato l'appuntamento per l'assemblea nazionale del 13 e 14 marzo come primo passaggio per entrare nel vivo della discussione. E parla di rigenerazione del partito: “Il 13 e il 14 marzo abbiamo deciso di convocare l'assemblea nazionale per aprire una discussione sul futuro dell'Italia, il ruolo del Pd dopo la formazione del governo Draghi e quanto ci aspetta nei prossimi mesi e anni. È il tempo di una rigenerazione del Partito democratico”. In Direzione, a quanto si apprende, gli interventi si sono concentrati sul tema all'odg, l'equilibrio di genere, sebbene qualche accenno ad altro ci sia stato, come conferma Luigi Zanda: “Il Pd ha bisogno di un congresso nel quale si discute sulle idee, gli obiettivi e l'identità del partito”, dopo l'emergenza Covid, ovviamente. Anche Barbara Pollastrini ha affrontato il tema ma non lo ha fatto Base Riformista in Direzione, ma fonti dell'area Guerini-Lotti a sera ribadiscono l'esigenza di “una discussione di livello congressuale” specie dopo l'intervista giovedì di Orlando; per tutto il giorno è stata polemica sulle parole del vicesegretario: “Fastidio per le parole di Orlando di stamattina, una caricatura”, attaccano da Base Riformista

Il Pd ribolle ma il punto di caduta delle tensioni che attraversano i dem non è ancora definito. Anche chi parla esplicitamente di congresso, sa che non è pensabile convocarlo ora tra la pandemia. Insomma, se un chiarimento sembra necessario dentro un Pd in fibrillazione, i tempi però su quando confrontarsi non sembrano immediati. con il rischio di un avvitamento delle tensioni. Le critiche sulla gestione della crisi, sull'appiattimento sui 5 Stelle, sul “o Conte o morte” si rincorrono nelle dichiarazioni degli ultimi giorni: Zingaretti c'è tornato e ha ricordato a tutti che ogni passaggio di quei giorni è stato condiviso in riunioni e tutti i livelli, comprese 4 Direzioni tutte “concluse sempre con un voto all'unanimità”. Per il Segretario “La linea politica scelta è stata condivisa insieme e tutto ha avuto una bussola, un'ispirazione: quella di assecondare, perché condiviso, l'appello del presidente Mattarella di evitare le elezioni anticipate ad ogni costo e ora l'Italia è in buone mani”. Ma, avverte il segretario, la fase che si apre con il governo Draghi non sarà semplice: “Nei prossimi mesi sarà tutto molto più complesso dei mesi passati anche perché la nostra rappresentanza al Governo ora è tornata ad essere proporzionale alla nostra forza in Parlamento”, una forza esigua “per la terribile sconfitta del 2018 e le scissioni. Da 23 siamo passati a 9” nella squadra di Governo “ma se dovremo combattere, lo faremo ed ora l'unità nel pluralismo è 100 volte più necessaria per evitare di implodere e allontanarci dalla vita delle persone”. E sulla contrazione di posti nel governo, nel Pd è esploso il malessere dell'ex area Martina per il fatto che i dem siano stati costretti a cedere sul Viminale con Matteo Mauri che non è stato riconfermato: “Se provassimo ogni tanto, per sbaglio, a non polemizzare su tutto”, osserva Zingaretti “ma a riuscire a guardare le cose concrete, tutto sarebbe più semplice e ci farebbe capire qual è il Pd che serve: una forza riformista, con contenuti chiari a vocazione maggioritaria e che non vuole essere una forza solo di testimonianza ma che attorno a una propria visione costruisce le alleanze e i numeri per vincere”.

Di Maio lancia la svolta liberale. Dessì esce dal M5S, Spadafora e Buffagni restano 

I cambiamenti non sono mai indolori. Lo stanno imparando sulla propria pelle anche i Cinque Stelle, che vivono la fase di transizione più intensa della loro storia, con una scissione di fatto, una battaglia di carte bollate alle porte e la necessità di ripensare il futuro. Il primo a lanciare l’idea è Luigi Di Maio che parlando alla base ribadisce “questo Governo rappresenta il punto di arrivo di un’evoluzione in cui i Cinque Stelle mantengono i propri valori, ma scelgono di essere finalmente e completamente una forza moderata, liberale, attenta alle imprese, ai diritti e che incentra la sua missione sull’ecologia”. Parlando di “evoluzione” da completare “con l’ingresso di Giuseppe Conte”, l’ex capo politico apre le porte della casa all’ex premier, anche se non è chiaro con che ruolo, Di Maio bada alla sostanza: “Se si sta parlando di far entrare Conte, significa che a un anno da quando ne ho lasciato la guida, il Movimento ha realizzato che senza una leadership forte non si va da nessuna parte”. La svolta suggerita Di Maio alimenta il dibattito tra governisti e ortodossi. Max Bugani, uno che il M5S l’ha visto nascere dall’Emilia-Romagna, e attuale capo staff della sindaca di Roma Virginia Raggi è tranchant: “Quindici anni di battaglie per diventare una costola di Berlusconi? Un trionfo. Gianroberto Casaleggio in piazza ci fece scandire il nome di Berlinguer, non quello di Luigi De Mita'”. Il rovescio della medaglia è altrettanto convincente, però: “Voglio un Movimento che sappia superare retaggi del passato, protagonista, capace di contare e che non finisca per incartarsi in uno sterile conteggio di like”, tuona Sergio Battelli, bollando Rousseau come “zavorra tecnica e politica più che un valido supporto all'attività” e lanciando un appello: “È il momento dell’evoluzione”. 

Evoluzione è il termine che usa anche Stefano Buffagni, escluso dalla lista dei sottosegretari, ma ancora dentro al progetto M5S: “Abbiamo sofferto alcuni passaggi politici, ma abbiamo anche l’obbligo di crescere. Lo dissi anche agli stati generali: o ci evolviamo o ci estinguiamo”. Prima, però, c’è da tamponare le perdite, perché un altro senatore ha detto addio: si tratta di Emanuele Dessì, molto vicino a Paola Taverna nel mirino dei probiviri per non aver partecipato al voto di fiducia al governo Draghi. “Ho aderito a L’alternativa c’è”, il gruppo parlamentare creato dai Cinque Stelle espulsi, “Ho aspettato tutto quello che c’era da aspettare, ma non c’è margine. È un Governo che non mi appartiene”. Restano al loro posto, invece, l’ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e i deputati Giorgio Trizzino e Roberto Cataldi, che i rumors davano invece in uscita verso il soggetto centrista che vuole creare l’ex pentastellato Emilio Carelli. Le smentite arrivano a stretto giro di posta, qualcuna più convinta, altre meno ma tant’è, per ora il gruppo Camera resiste alle sirene; l’ex direttore di SkyTg24 precisa che “sono in corso decine di interlocuzioni con altrettanti colleghi del M5S e non, ma nulla è stato deciso”. Ergo, la guardia deve restare alta: soprattutto dopo la lista dei nuovi sottosegretari e vice ministri, anche diversi mal di pancia della vigilia sembrano tutto sommato guaribili. 



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social