C’è l’accordo tra Letta e Calenda: il 70% dei collegi al Pd e il 30% ad Azione e Più Europa
Questa volta l'accordo è messo nero su bianco e porta in calce le firme di Enrico Letta, Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova. Dopo giorni di veti, polemiche e tweet, ai leader di Pd, Azione e Più Europa sono servite due ore di confronto serrato per siglare l'intesa. Nella sala Berlinguer del palazzo dei gruppi di Montecitorio la delegazione dem, composta anche dalle capigruppo Simona Malpezzi e Debora Serracchiani e dal coordinatore della segreteria Marco Meloni, si ritrova intorno alle 11.30 con il leader di Azione e il segretario di più Europa accompagnati da Matteo Richetti, Andrea Mazziotti e Riccardo Magi. La tensione c'è ma si scioglie nel giro di pochi minuti, quelli necessari ai dem a capire che Calenda è venuto per trattare, non per rompere. Si parte dal nodo collegi e la soluzione si trova grazie “al passo indietro di tutti”, come sottolinea il leader dem. Nessun segretario di partito correrà all'uninominale, né, recita il testo, gli ex parlamentari del M5S (a partire da Luigi Di Maio) o quelli che erano all’opposizione del Governo Draghi (come Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli) e gli ex parlamentari di Forza Italia (come Mara Carfagna, Maria Stella Gelmini e Renato Brunetta).
Secondo l’accordo, i collegi verranno suddivisi con un rapporto 70/30: il 70% andrà al Partito democratico e il 30% a +Europa/Azione; dal totale verranno scomputati quelli che saranno attribuiti alle altre liste dell'alleanza elettorale, che potranno magari decidere di candidare nell'uninominale personalità della società civile compatibili con tutti e non divisive; seguirà questa suddivisione anche la presenza sulle reti televisive. Letta e Calenda esultano: “Quello di oggi è un passo importante che rende le elezioni veramente contendibili. Abbiamo guardato più all'interesse generale che a singoli aspetti, ognuno ha fatto la sua parte” ribadisce Enrico Letta; “Siamo pienamente soddisfatti del testo sottoscritto, c'è un richiamo preciso senza infingimenti all'agenda Draghi. Oggi si riapre totalmente la partita” dice Carlo Calenda. Il leader di Azione rassicura gli alleati anche sulla fine delle ostilità: “Da oggi stop alle polemiche”, garantisce.
L’accordo tra Letta e Calenda agita la coalizione di centrosinistra
L'accordo, però, manda in fibrillazione gli altri possibili alleati del Pd. Tra i leader quello che si sarebbe maggiormente irrigidito è Luigi Di Maio che solo ieri aveva presentato, assieme a Bruno Tabacci, la nuova formazione politica di Impegno civico; nel pomeriggio, Enrico Letta lo ha incontrato alla Farnesina: a quanto sembra il Partito Democratico, nell’ambito della propria strategia e per “spirito di conciliazione” avrebbe offerto al Ministro degli esteri ospitalità nelle proprie liste come forma di “diritto di tribuna”; Luigi Di Maio potrebbe così correre, al sicuro, con il Pd e candidare i suoi con Impegno civico, ma il ministro degli Esteri, in ogni caso, non sembra aver gradito l’ipotesi. I due leader torneranno a vedersi oggi, intanto tra i dem provano a stemperare la cosa: “Castelli, Spadafora e gli altri se la giocheranno nel proporzionale, del resto anche se ci fosse stata la possibilità di inserirli negli uninominali, quanti posti volevano? Sarebbero stati 2 o 3 comunque”, ragionano i dem che non sono certo disposti a concedere di più agli ex pentastellati. L’accordo non piace nemmeno a Verdi e Sinistra italiana; i due partiti, che è bene ricordare non hanno dato la fiducia al Governo di Mario Draghi, lamentano alcuni dei contenuti programmatici come il riferimento nell’accordo ai rigassificatori sia pur “nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica sostenibile”: “Il patto non ci convince e non ci riguarda”, tuonano Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che chiedono un incontro a Enrico Letta. Anche in questo caso il segretario risponde nel giro di pochi minuti, fissando a oggi pomeriggio il faccia a faccia.
Chi dell'alleanza sicuramente non farà parte è Matteo Renzi. “Abbiamo voluto Draghi al governo, soli contro tutti. Oggi non ci alleiamo con chi ha votato contro Draghi. Prima della convenienza viene la Politica. Quello che gli altri definiscono solitudine, noi lo chiamiamo coraggio. Pronti, ci siamo”, scrive su Twitter commentando l'incontro il leader di Italia Viva. A sera detta la linea ai suoi: “Noi dobbiamo essere molto tranquilli. Nessun tipo di polemica e fare la battaglia controcorrente con grande entusiasmo. Noi siamo il vero voto utile e non una coalizione che va da Azione a Rifondazione, ci aprono spazi enormi”. Certo la consapevolezza che sia un all-in l'ex premier ce l'ha: “Siamo a un passo dal 3% e a volte anche sopra il 3%. È una partita secca”, dentro o fuori. “Io sono convinto che si possa arrivare al 5%”. Comunque sia, non è sfuggito il particolare che nell’accordo siglato tra Pd, Azione e Più Europa non c’è nessun riferimento a Matteo Renzi, un dato che per molti significa che ancora la partita non è totalmente chiusa. I prossimi giorni ci diranno, quindi, se i partiti a sinistra del Pd saranno della partita e se Italia Viva convergerà nella coalizione. Per ora Enrico Letta cercherà di trovare una quadra e se una proposta a Matteo Renzi arriverà bisognerà probabilmente attendere gli ultimi giorni prima della presentazione delle liste e dei contrassegni fissata tra il 12 e il 14 agosto (leggi lo speciale di Nomos sulla Roadmap del voto).
Il centrodestra attacca l’accordo tra Letta e Calenda e lavora sui collegi
Dopo il tavolo sul programma di governo il centrodestra ha dato il via anche a quello sulla spartizione dei candidati nei collegi uninominali, mettendo però nel mirino il patto elettorale siglato tra Pd, Azione e Più Eruopa. Per la presidente di FdI Giorgia Meloni l'alleanza tra Enrico Letta e Carlo Calenda “fa chiarezza sulle forze in campo alle prossime elezioni”: “A misurarsi con il centrodestra e FdI ci sarà la solita sinistra. Il Pd, la sinistra estrema e Azione, la costola del Pd presieduta dall'europarlamentare eletto nel Pd Carlo Calenda. Finisce la storiella di Azione partito moderato, alternativo alla sinistra tutta tasse, assistenzialismo e nemica del ceto produttivo”. Non meno duro il commento di Antonio Tajani secondo il quale Azione “getta la maschera. È la quinta colonna del Pd e della sinistra. Come avevamo detto la storia del centro, del terzo polo, era tutto un bluff. È svanito qualsiasi progetto, i centrini sono destinati a scomparire”. Matteo Salvini dopo aver fatto tappa in Veneto si accinge a spostarsi al Sud, tra Puglia, Calabria, e Lampedusa senza però smettere di insistere con gli alleati sulla necessità di presentare prima del voto una lista di ministri “perché è giusto presentarsi agli italiani con almeno una parte della squadra che governerà questo Paese. Chiederò a Meloni e Berlusconi che alcuni ministri importanti, dell'Economia, degli Esteri e della Giustizia, siano presentati con nome e cognome agli italiani”. Ragionamento sul quale Antonio Tajani non ha posto veti: “Se tutti i leader saranno d'accordo si potranno pure presentare. Si vedrà”.
Di certo, Silvio Berlusconi ha già fatto sapere di voler rispolverare un dicastero del passato. “Torneremo a istituire, come esisteva nei miei governi, il Ministero per gli Italiani nel mondo”, ha annunciato presentando sui social anche il logo della lista unitaria del centrodestra all'estero che porta i nomi dei tre leader. Sul fronte dei collegi intanto la prima riunione andata in scena alla Camera è servita a confermare il metodo utilizzato nelle elezioni del 2018. Gli sherpa dei partiti stanno procedendo alla divisione dei collegi in fasce di contendibilità, successivamente si lavorerà all'applicazione, in ciascuna fascia, della spartizione concordata nel corso del vertice dei leader. Secondo quanto si apprende, i tecnici torneranno a riunirsi questa mattina e nel pomeriggio ci sarà una nuova riunione politica. L'algoritmo concordato è stato calcolato in base alla media dei consensi registrati dai singoli partiti prima della caduta del governo Draghi e prevede questa suddivisione: 98 collegi a FdI, 70 a Lega, 42 a FI, 11 ai centristi. “Bisogna lavorare per valutare i diversi collegi per avere un equilibrio nell'assegnazione” sono state le parole di Tajani, che ha aperto le porte all'Udc: “Noi abbiamo detto che se i centristi vanno con le loro liste avranno il numero di collegi che è stato loro assegnato, se invece l'Udc non presenterà liste e vorrà correre con FI ci faremo noi carico di trovare la giusta rappresentatività come abbiamo sempre fatto”. In settimana intanto è atteso nella Capitale il governatore ligure e leader di Italia al Centro Giovanni Toti per riaprire il dialogo con la coalizione.
Al Senato
L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 10.00 per l’esame del rendiconto delle entrate e delle spese del Senato per l'anno finanziario 2021 e del progetto di bilancio interno del Senato per l'anno finanziario 2022.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Giustizia con la Finanze esaminerà, in sede redigente, il disegno di legge per la riforma del processo tributario. La Bilancio si confronterà sul rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2021 e sulle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2022. Infine, la Politiche dell’Ue si confronterà sull’atto europeo sulla prestazione energetica nell'edilizia. Tutte le altre Commissioni, invece, non si riuniranno.
Alla Camera
L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per esaminare il decreto-legge per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il cosiddetto decreto Mims.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Difesa dibatterà su diversi schemi di decreto ministeriale per l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma e la Attività Produttive esaminerà la proposta di nomina dell'ing. Gilberto Dialuce a Presidente dell'ENEA. Tutte le altre Commissioni, invece, non si riuniranno.