Il Consiglio Europeo trova l’accordo sull’embargo del petrolio russo

Dopo quasi un mese dall'annuncio del sesto pacchetto sanzioni, i leader europei riuniti in Consiglio straordinario hanno trovato l'accordo sull'embargo al petrolio russo. Confermato dunque l'approccio in due fasi: prima lo stop al petrolio via mare e poi a quello via terra con un'eccezione significativa, l'oleodotto dell'Amicizia (Druzbha) che rifornisce l'Ungheria ma anche Polonia e Germania. Chiara è la conferma che, nonostante la non piena convinzione di alcuni Stati, “Il Consiglio europeo continuerà ad aiutare l'Ucraina con i suoi bisogni immediati di liquidità, insieme al G7. Ed è pronto a concedere a Kiev 9 miliardi di euro, supporto forte e concreto alla ricostruzione dell'Ucraina”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Per quest’ultimo l’accordo permetterà di ridurre di più di 2/3 le importazioni di greggio dalla Russa aumentando la pressione su Mosca. Sono passati 52 giorni dall'approvazione dell'ultimo pacchetto di sanzioni, nel frattempo il conflitto si è intensificato e nel Donbass la situazione è “molto critica”, ha fatto notare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervenuto da remoto al vertice. Non ha incolpato nessuno, ma ha comunque sollecitato a fare presto. 

Draghi: “È essenziale che Putin non vinca questa guerra”

Intanto il premier Mario Draghi, che ha avuto un trilaterale con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, si è detto “scettico sull'utilità” delle telefonate con il capo del Cremlino, che “dimostrano che è Putin a non volere la pace”. Ma ha ribadito che “il confronto con Putin è necessario per risolvere il problema del grano, della sicurezza alimentare” perché “il rischio di una catastrofe alimentare è reale: se non ci sarà una soluzione, dovrà essere chiaro che la colpa è di Putin”. L'Ue inoltre continuerà a sostenere Kiev con supporto finanziario e militare, perché, per dirla con Draghi “è essenziale che Putin non vinca questa guerra”. Il tema del cessate il fuoco, che l'Italia voleva far inserire nelle conclusioni, sembra accantonato per ora, per far posto al messaggio che è Kiev a decidere i tempi e i modi per arrivare alla pace. 

Deve essere l'Ucraina a decidere che pace vuole. Se l'Ucraina non è d'accordo sui termini, la pace non può essere sostenibile”, ha affermato il premier davanti ai leader europei. Sul tavolo del vertice anche il dossier energia, con il riferimento anche al price cap, su cui il premier olandese Mark Rutte ha già preannunciato battaglia, mentre il suo Paese rischia nelle prossime ore di vedersi tagliate le forniture di gas da parte di Gazprom in seguito al rifiuto di adeguarsi alla richiesta russa di pagare su due conti, in euro e in rubli. E non poteva essere più chiaro Mario Draghi, secondo cui “non possiamo immaginare che dopo il conflitto la nostra politica energetica tornerà come prima”, perché “quello che è successo è troppo brutale e dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo”. 

Le Camere voteranno sulle comunicazioni di Draghi con l’incognita M5S

Il 21 giugno le camere voteranno sulle comunicazioni di Mario Draghi che 48 ore dopo si recherà a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo sull'Ucraina. In molti attendono al varco i 5 stelle che da settimane stanno chiedendo questo voto per bloccare le forniture di armi e si prevedono scintille, anche se al riguardo il Movimento sembra diviso al suo interno, tanto che Matteo Renziconsiglia di tenere d'occhio la data del 21 giugno: “Non prendete impegni. È il giorno in cui i grillini tenteranno l'assalto contro Draghi in Senato”. Ma per i 5 Stelle è tutto il mese di giugno il periodo da cerchiare di rosso per possibili terremoti interni: ci sono i risultati delle amministrative, c’è la sentenza del Tribunale di Napoli e c’è il voto sul termovalorizzatore. Non ci sono quindi solo le comunicazioni del premier, su cui il M5S vuole arrivare a un voto per mettere nero su bianco il no categorico a nuovi invii di armi per favorire la ricerca della pace; i 5 Stelle sono già al lavoro per “dettare” le condizioni che il documento dovrà contenere per avere il loro voto, anche se Giuseppe Conte sta già ammorbidendo la postura di attacco: “Daremo il nostro contributo affinché nella risoluzione espressa dal Parlamento ci sia la nostra posizione” dice il Presidente penta stellato, il quale, rispetto alla permanenza nella maggioranza, precisa: “Io posso garantire che il M5S continuerà a far politica in questo quadro esprimendo posizioni politiche. Ma dobbiamo essere ascoltati”. 

Allo stato, quindi, nessun aut-aut, anche se un politico navigato come Renzi già prevede il peggio: “Ricordatevi che questo inizio dell'estate segnerà l'inizio di un lungo inverno per Conte & company. Chi vivrà, vedrà”. La tentazione di uscire dal governo, o almeno di tentare un appoggio esterno, potrebbe infatti essere una delle opzioni sul tavolo del M5S se le elezioni amministrative dovessero dare risultati peggiori del previsto. È quello che teme una parte dei parlamentari pentastellati, poco attratta dall'ipotesi di seguire il leader se mai si dovesse prospettare uno strappo. Ma non c’è solo questo tra i timori che serpeggiano nel Movimento: nel caso in cui il Tribunale di Napoli dovesse decidere una nuova sospensione dello Statuto e quindi dei vertici pentastellati, il rischio di una scissione interna potrebbe essere uno degli esiti. Per provare a tenere insieme il Movimento Conte potrebbe decidere di avviare subito la nomina dei referenti territoriali o addirittura affrontare di petto la questione del terzo mandato, per decidere criteri o direttamente nomi dei parlamentari che potranno ricandidarsi per la terza legislatura in Parlamento o alle Regionali. Ma in molti, all’interno del Movimento, dubitano che possa bastare.

Alta tensione nella Lega, Giorgetti richiama Salvini. Il Pd attacca

“Sono delle proposte suggestive, però bisogna muoversi di concerto col Governo”: Giancarlo Giorgetti bolla così l'idea di Matteo Salvini di andare in Russia, parole che certificano lo scontro interno alla Lega tra i salviniani e cosiddetti “draghini”, come i fedeli al segretario definiscono i leghisti che cercano di indebolire la sua leadership, e più in generale l’ala governista del partito. Rimane il fatto che Giorgetti sull’ipotesi che Salvini si rechi in Russia è netto: “Sono questioni di portata mondiale, quindi ciascuno deve dare il suo contributo, ma all'interno di percorsi che sono molto molto complicati”, dice a margine dell'assemblea degli industriali di Parma. Il Ministro dello Sviluppo Economico non nasconde che “in certe situazioni il senso di scoramento pervade. Dopo di che c’è un senso di responsabilità che fa sì che Mario Draghi si faccia carico di prendere la croce e la porti avanti fino in fondo”: è una situazione di cui forse anche il presidente del Consiglio, secondo il Ministro, “ne ha piene le scatole” perché, d'altronde il “periodo è complicatissimo”.

Intanto, il Pd, tramite Lia Quartapelle e Enrico Borghi, attacca Matteo Salvini sul suo proposito di offrirsi come mediatore con la Russia per la pace e prova a metterlo davanti alle sue responsabilità: “Chiarisca al Presidente del Consiglio, al Parlamento e agli italiani la natura della propria iniziativa”. I dem bocciano senza appello i propositi del leader della Lega, coadiuvato dall’ex parlamentare di Forza Italia Antonio Capuano che presta consulenza all'ambasciata russa. Enrico Letta è quasi basito da questo particolare “fuori da qualunque regola” e detta la parola fine a una qualsiasi riedizione di una maggioranza così tanto allargata: “Non andremo mai più al governo con le destre” chiarisce il segretario del Pd. Immediata la risposta dei capigruppo di Camera e Senato della Lega Riccardo Molinari Massimiliano Romeo: “Se a cercare la via del dialogo e della pace è Matteo Salvini, si solleva un caso nazionale. Se invece il Pd parla di inviare armi su armi in Ucraina, cala un silenzio-assenso inaccettabile come se fare la guerra all'infinito fosse la soluzione. Questo non è un videogioco dove vince chi ha più munizioni. C'è gente che muore ogni giorno e ci sono ripercussioni economiche che pagheremo per anni. La pace non può e non deve avere colore politico, Letta e il Pd se lo mettano in testa”.

Il Senato approva il ddl concorrenza. Scintille fra Lega e FdI

Il via libera del Senato alla riforma, che il premier considera essenziale per l'attuazione del Pnrr, arriva con 180 voti favorevoli, 26 contrari e un solo astenuto, ma viene preceduto dalle scintille in aula tra Lega e Fratelli d'Italia, alleati di coalizione ma su sponde opposte rispetto al governo Draghi. Al momento di votare gli emendamenti, il capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo confessa di “non comprendere” il comportamento di Fdi sul tema balneari: “Visto che sono contro tutto il lavoro che è stato fatto, perché non è stato presentato un emendamento soppressivo per l'Aula? Io ho bisogno di capirlo, sennò viene il sospetto che politicamente fuori si vada a raccontare una storia e poi nella sostanza si approvi l'accordo che il Governo ha fatto. Una volta per tutte bisogna essere chiari davanti ai cittadini italiani”. A replicare è il capogruppo di FdI Luca Ciriani, che ricorda che “i nostri emendamenti sono stati tutti puntualmente depositati in Commissione, tutti puntualmente bocciati da chi adesso forse ha qualche crisi di coscienza e vuole imputare a noi errori che non ci appartengono. La verità fa male”. 

A chiudere ci prova il senatore di Forza Italia Stefano Mallegni che vota il provvedimento ma annuncia che “qualora il centrodestra vincesse, come ci auguriamo, le elezioni nel 2023, ci impegniamo solennemente a modificare la norma che oggi verrà approvata dal Senato” sui balneari. Ma non c'è solo la questione balneari. Il testo si compone di 36 articoli e si occupa di disciplinare tanti altri temi, dalle concessioni dei porti a quelle per il gas e idroelettriche (con la scelta della Golden power per cercare di salvaguardare gli asset strategici), dai servizi pubblici locali al contrasto all'abuso di dipendenza economica esteso anche alle piattaforme digitali. Alcune norme riguardano anche i trasporti e, in particolare, quello pubblico non di linea, ovvero taxi e ncc. Ed è proprio questa disposizione che rischia di aprire un fronte caldo; i tassisti sono pronti allo scontro duro: il Governo “sceglie la strada di una delega in bianco verso la quale non c'è altra soluzione che la mobilitazione. Che sarà messa in campo per difendere i principi della legge e del servizio pubblico”, dice Nicola Di Giacobbe, segretario nazionale di Unica Cgil Taxi, riferendosi all'articolo 8 che delega l'Esecutivo a una riforma complessiva del settore. La sua minaccia è chiara: “Siamo in grado di difendere il servizio pubblico scendendo in piazza e bloccando le città”.

Al Senato

Dopo che ieri è stato approvato, in prima lettura, la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, nella giornata di oggi l’Assemblea del Senato non si riunirà. I lavori di palazzo Madama riprenderanno martedì 14 giugno con la discussione della legge delega al Governo in materia di contratti pubblici. I lavori sono sospesi anche per le Commissioni.

L’Aula della Camera

Dopo che ieri è stata approvata, in prima lettura, la pdl per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, nella giornata di oggi l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per esaminare la pdl relativa alla disciplina del volo da diporto o sportivo. Alle 14.00 svolgerà le interpellanze e interrogazioni.

Le Commissioni della Camera

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali esaminerà il decreto per lo svolgimento contestuale delle elezioni amministrative e dei cinque referendum sulla giustizia previsti per il prossimo giugno, le pdl sull’ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica e le pdl sulla cittadinanza. La Giustizia svolgerà delle audizioni sulle pdl contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti. Alle 13.00, la Cultura, con la Lavoro, ascolterà la Ministra dell'Università e della ricerca Maria Cristina Messa sulla pdl sul tirocinio curricolare. La Trasporti alle 13.30 ascolterà l'Amministratore delegato e Direttore generale di TIM Spa dott. Pietro Labriola sulla situazione di TIM e sui suoi riflessi sulla realizzazione dell'infrastruttura nazionale di rete in fibra. 



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