La riforma della legge elettorale e il referendum agitano la maggioranza 

L'obiettivo resta quello di approvare una nuova legge elettorale entro il 20 settembre in un ramo del Parlamento. Nicola Zingaretti ha avvertito gli alleati e non cambia idea: troppo rischioso, per il Pd, dare il via libera definitivo alla riduzione del numero dei parlamentari con l'approvazione del referendum costituzionale senza prima aver portato a casa i correttivi previsti nell'accordo di maggioranza, dall'ok a un sistema proporzionale fino al superamento della base regionale per l’elezione del Senato, per far fronte ad alcuni problemi di rappresentanza nelle Regioni piccole. Graziano Delrio preme per arrivare a un ok in Commissione e calendarizzare in Aula il nuovo testo alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva e invoca l'intervento di Giuseppe Conte su Iv, che sul proporzionale ha cambiato idea. Il partito del No è in rapida ascesa: i timori messi nero su bianco dal Nazareno hanno permesso di uscire allo scoperto ai tanti che si limitavano a manifestare il proprio malcontento nei corridoi del Transatlantico. 

In realtà un'altra possibile exit strategy potrebbe arrivare il 12 agosto, quando la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi sui ricorsi presentati alla riforma costituzionale di riduzione del numero degli eletti. Due di essi (presentati dal comitato promotore e da +Europa) ritengono illegittimo l'abbinamento della consultazione referendaria con le elezioni Amministrative e Regionali, mentre un altro presentato dalla Basilicata vuole intervenire sul merito, puntando il dito sulla mancata garanzia di rappresentanza per le Regioni più piccole. Non intende cedere a un passo dal traguardo il M5S: “Da qualche giorno a questa parte, infatti, si sta alzando di colpo, da parte delle opposizioni, il coro dei no a questa riforma. Ma ricordo che anche le opposizioni votarono a favore del taglio dei parlamentari” ribadisce Luigi Di Maio; “Dobbiamo rendere il nostro Paese normale e anche la politica deve dare il buon esempio di fronte ai cittadini. E noi ce la stiamo mettendo tutta”, sottolinea, invocando “serietà” nel rispetto degli accordi sulla legge elettorale. Predica ottimismo Andrea Marcucci, che registra positivamente le aperture arrivate sul proporzionale da Iv e Forza Italia e propone agli alleati di “confermare” l'accordo adesso e poi “darsi appuntamento il 22 settembre, dopo le elezioni regionali”, avendo magari “la sorpresa” di avere consensi anche oltre la maggioranza parlamentare. 

Nel M5S è partito il pressing per un rimpasto. Zingaretti frena

Un rimpasto per rafforzare il Governo prima delle elezioni regionali, per anticiparne eventuali contraccolpi. Il suggerimento al premier Giuseppe Conte viene da un pezzo di Movimento 5 stelle, alla vigilia della pausa ferragostana. Raccoglie un pressing che si leva da gruppi parlamentari in ebollizione, come dimostra l'assemblea fiume diventata sfogatoio contro il direttivo della Camera e incrocia voci che si rincorrono da settimane. Da Palazzo Chigi smentiscono che il tema sia in agenda: finora Conte ha sempre negato di voler mettere mano alla sua squadra, anche perché, chiosano fonti parlamentari Dem, un rimpasto “si sa come inizia e non si sa come finisce”. Ma le voci sono tanto insistenti che Nicola Zingaretti alza il telefono per rassicurare il Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: “Piena fiducia, nessun rimpasto, non m’interessano incarichi di Governo”. Comunque sia c’è molta fibrillazione; il caso del ministro Vincenzo Spadafora, con la possibile restituzione della delega allo Sport, viene messo in stand by da un incontro con i vertici M5S e i parlamentari pentastellati che si erano opposti alla sua riforma: il ministro apre con loro un confronto, per cercare una mediazione (anche se resterebbe lo scoglio del no dei parlamentari M5s al rinnovo dell'incarico al presidente del Coni Giovanni Malagò). 

Diversi parlamentari M5S continuano a spingere per sparigliare le carte: “Si tratterebbe di far entrare al Governo nomi nuovi, una sostituzione interna ai partiti”. Nel mirino ci sarebbero nomi come Nunzia Catalfo, considerata dall'ala più a destra del Movimento troppo vicina ai sindacati, e Lucia Azzolina, che sarebbe però difesa dai parlamentari vicino a Di Maio. Più difficile viene considerato strappare al Pd una casella come il Ministero dei Trasporti. La ministra Paola De Micheli è uno dei nomi che si fanno tra i Dem che più spingono per il rimpasto ma semmai, osservano questi stessi parlamentari, al suo posto andrebbe un altro Dem. Nel partito continua anche a girare l'ipotesi dell'ingresso di Nicola Zingaretti nel Governo: il tema potrebbe porsi, dicono, dopo le regionali, ma il segretario smentisce in tutti i modi. Quanto all'ipotesi di sostituire Luciana Lamorgese al Viminale, i rumors erano cresciuti dopo le uscite di Zingaretti per chiedere al Governo di fare di più sull'immigrazione ma ora sembrano rientrati. Quanto a Iv, è Matteo Renzi stesso a negare di voler aumentare o cambiare le sue caselle nel Governo (dove ha già due ministri), ma tra i pentastellati c’è chi avanza un sospetto: Iv chiederà il rimpasto quando saprà di poter tentare di sostituire il Premier Giuseppe Conte.

Il Governo allargherà la condivisione sul Dl semplificazioni ma i restano nodi

Un percorso parlamentare condiviso nella maggioranza e la riduzione gli emendamenti al decreto semplificazioni. È l'auspicio che sarebbe stato espresso dal Governo nel corso della riunione sul decreto semplificazioni che si è svolta ieri sera a Palazzo Chigi. Nell'incontro sarebbero emerse le divergenze tra i partiti della maggioranza, a partire dalle norme per l'edilizia, su cui Leu sarebbe tornata a ribadire le sue perplessità, sia sui rischi di deregulation, sia sui presidi di legalità per appalti e subappalti. La riunione, presieduta dal premier Giuseppe Conte, è durata circa due ore ed è servita, come spiega il ministro Federico D'Incà, a “concordare insieme la gestione dei lavori da seguire per il decreto semplificazioni”. La riunione, scrive il ministro su Facebook, “è servita a stabilire le tempistiche per i vari passaggi parlamentari del provvedimento e per dare seguito all'appello del premier per un confronto che coinvolga i gruppi parlamentari e che permetta una più larga condivisione dei lavori tra le forze che compongono la maggioranza. Attraverso questo processo di confronto e di dialogo, sono certo che riusciremo a garantire al nostro Paese una riforma che possa finalmente semplificare e far diventare la burocrazia amica dei cittadini”. “L'obiettivo è ambizioso e sono in molti a scommettere contro di noi, ma non ci fermeremo!”, afferma la ministra per l'innovazione Fabiana Dadone sul suo profilo Facebook.

Il Governo consegna i verbali del Comitato tecnico scientifico alla Fondazione Einaudi

Dopo pressioni arrivate da più parti, non ultimo dal Copasir, Palazzo Chigi ha tolto il segreto sui verbali del Comitato tecnico scientifico che ha gestito l'emergenza Covid-19 e ha consegnato la documentazione alla base dei Dpcm alla Fondazione Einaudi che ne aveva fatto richiesta. Il Tar del Lazio aveva dato ragione alla Fondazione, ma il Governo aveva fatto ricorso ottenendo la sospensiva da parte del Consiglio di Stato. La notizia arriva in tarda serata dalla stessa Fondazione che in una nota annuncia come “da pochi minuti” gli avvocati Rocco Todero, Andrea Pruiti ed Enzo Palumbodi hanno ricevuto “dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri la documentazione a suo tempo secretata del Comitato tecnico scientifico posta a base dei Dpcm”. A quanto si apprende gli atti sono arrivati alle 21.14 da Chigi. “È stato così accolto l'appello che il presidente della Fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto ha rivolto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di far prevalere informazione e trasparenza rispetto a elementi di tale rilevanza per la vita dei cittadini italiani”, scrive la Fondazione Einaudi che, nel ringraziare la presidenza del Consiglio dei Ministri per la sensibilità dimostrata, annuncia che “nella giornata di oggi renderà pubbliche tutte le informazioni ottenute attraverso il proprio sito web”. 

Scontro nel governo sui licenziamenti, alt perentorio dei sindacati

La proroga del blocco dei licenziamenti sta provocando una spaccatura nella maggioranza e mette alla prova la tenuta dei partiti. Ad accendere la miccia sono stati i segretari di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri, che hanno minacciato di trasformare in sciopero generale una manifestazione già organizzata per il 18 settembre, due giorni prima delle Regionali, se il Governo non stopperà i licenziamenti fino alla fine del 2020. L'uscita dei sindacati ha messo il dito nella piaga e ha fatto irruzione in una serie di riunioni fiume di ministri e maggioranza sul decreto Agosto. Gli alleati sono divisi fra chi vorrebbe che il blocco, finora previsto fino al 17 agosto, venisse prolungato solo fino al 15 ottobre, e chi invece vuole che duri fino al 31 dicembre. Se ieri sembrava prevalere la prima ipotesi, dopo l'uscita di Cgil, Cisl e Uil il vento pare sia cambiato; a metà giornata è spuntata anche una mediazione, far finire il blocco il 15 ottobre facendolo però proseguire fino alla fine dell'anno per quelle aziende che stanno utilizzando gli ammortizzatori sociali, ma la proposta pare sia morta lì. Le posizioni sono dinamiche: la segreteria del Pd è per il 31 dicembre, però nel partito ci sono sensibilità diverse. E pure il M5S non è granitico, anche se la pentastellata ministro del Lavoro Nunzia Catalfo è per la proroga a fine anno. 

Più definite le idee in Italia Viva, che punta alla scadenza breve, e in Leu, che invece vuole fortemente quella lunga. “Preoccupano le notizie che vorrebbero limitare il blocco dei licenziamenti solo fino alla metà di ottobre”, ha detto il deputato di LeU Guglielmo Epifani. Nel gioco delle posizioni entra Confindustria: “Se l'esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante”, ha fatto sapere, perché la misura “pietrifica l'intera economia allo stato del lockdown”. Il nodo è così intrigato che, malgrado palazzo Chigi si sia lavorato tutto il giorno per varare il decreto agosto oggi, il Consiglio dei ministri sembra destinato a slittare e c’è chi non esclude che si possa tenere sabato o, addirittura, la prossima settimana. A rendere intricata la situazione non è solo la questione licenziamenti, c’è il problema delle coperture: il dl agosto contiene interventi disparati, dagli incentivi per le auto agli stimoli al consumo ai fondi per la sanità, e far tornare i conti non è facile. E c’è il pressing del ministro Giuseppe Provenzano per inserire la fiscalità di vantaggio per il Sud. E poi c’è il tema dei contratti a tempo determinato. Nell'esecutivo c’è chi propende per un rinnovo fino alla fine dell'anno, con la sospensione delle causali e dei vincoli previsti dal decreto dignità che, invece, il M5S vorrebbe reinserire. 

L’Aula del Senato

L’assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.00 per l’esame del decreto legge sulla parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.  A seguire ascolterà l’informativa del Ministro della salute Roberto Speranza sul contenuto dei provvedimenti di attuazione delle misure di contenimento per evitare la diffusione del virus COVID-19.

Le Commissioni del Senato

Per quanto riguarda le Commissioni, la Difesa proseguirà con il ciclo di audizioni sull’affare assegnato sui profili della sicurezza cibernetica attinenti alla difesa nazionale. L’Istruzione esaminerà il disegno di legge sull’educazione motoria nella scuola primaria. La Commissione Industria ascolterà i rappresentanti di Kyoto Club, del Centro Studi Promotor e dell’Automotive News Europe nell'ambito dell'affare assegnato sul settore dell'automotive italiano e le implicazioni in termini di competitività conseguenti alla transizione alla propulsione elettrica. Infine la Politiche dell’UE proseguirà il confronto sulla legge di delegazione europea.  

Alla Camera

Nella giornata di oggi l’Aula della Camera non si riunirà. I lavori sono rinviati domani alle 9.30 per lo svolgimento delle interpellanze urgenti. 

Per quanto riguarda le Commissioni, l’Esteri proseguirà il ciclo di audizioni sull’indagine conoscitiva sulle eventuali interferenze straniere sul sistema di relazioni internazionali della Repubblica italiana. Tutte le altre Commissioni invece non si riuniranno.



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