Il centrodestra di governo esulta: trovato l’accordo sul fisco. Ironia di Letta

Dopo mesi di tensioni sembra che l’intesa sulla delega fiscale sia arrivata, così almeno assicurano il leader della Lega Matteo Salvinie la delegazione del centrodestra di governo dopo l'incontro con il premier Mario Draghi in cui si sarebbe raggiunto l’accordo. “No a nuove tasse su risparmi e casa”, esultano, annunciando che dalla delega fiscale salta il sistema duale e i riferimenti ai valori di mercato nella riforma del catasto. Un'esultanza che il segretario Pd Enrico Letta bolla con ironia: “Noi già lo sapevamo mesi fa, che non ci saranno nuove tasse. Salvini lo ha scoperto oggi”. Matteo Salvini arriva a Palazzo Chigi dopo aver incontrato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e partecipato a una riunione del centrodestra di governo proprio su catasto e delega fiscale, per mettere a punto la proposta da portare a Draghi. Proposta che a quanto pare è stata accolta, visto che il leader del Carroccio uscendo rivela: “Abbiamo probabilmente trovato la soluzione per evitare aumenti di tasse sulla casa, sui risparmi e sugli affitti. Una delega fiscale che conferma la flat tax e che non prevede nuove tasse è quello che la Lega e il centrodestra chiedevano”. I contorni dell'accordo vengono poi chiariti da una nota del centrodestra di governo: è stata raggiunta “un'intesa con Palazzo Chigi per rivedere gli articoli 2 e 6 della delega fiscale”. 

In concreto “viene eliminato ogni riferimento al sistema duale” di tassazione, “preservando i regimi cedolari esistenti e garantendo una armonizzazione del sistema fiscale”. Sul catasto “viene eliminato ogni riferimento ai valori patrimoniali degli immobili, consentendo l'aggiornamento delle rendite secondo la normativa attualmente in vigore e senza alcuna innovazione di carattere patrimoniale”. Da Facebook arriva anche il plauso di Silvio Berlusconi: “Ci siamo opposti stavolta, come negli ultimi 25 anni, a una proposta di riforma del catasto che minacciava di colpire famiglie e risparmio. Oggi possiamo finalmente dire che non ci saranno nuove tasse sulla casa e sui risparmi degli italiani: battaglia lunga e dura, ma vinta!”. In realtà, fonti di Governo fanno notare che nella riforma non ci sono mai stati riferimenti a interventi patrimoniali o a un aumento di tasse sulle abitazioni, che comunque ora l'intenzione è di arrivare a chiudere presto in Parlamento sia la delega fiscale che il Dl concorrenza. Ora spetterà alla commissione Finanze della Camera organizzare i lavori e per rispettare l'ok parlamentare entro il 30 giugno si dovrà correre. Non si esclude infatti, filtra dalla maggioranza, che il Governo possa porre la fiducia

Il Cdm ha aggiornato il decreto aiuti

Sono ritocchi ma significativi quelli che una nuova riunione del Consiglio dei ministri ha apportato al decreto aiuti. Non cambia la distribuzione dei 14 miliardi stanziati per sostenere famiglie e aziende alle prese con i contraccolpi della guerra in Ucraina, ma cambiano alcune misure chiave come il bonus da 200 euro per lavoratori, pensionati e disoccupati che ora si allarga anche a chi percepisce il reddito di cittadinanza, ai lavoratori stagionali, agli autonomi e ai collaboratori domestici, esclusi nella prima stesura. Arriva poi il buono per i trasporti pubblici e vengono in parte riattivate le cessioni multiple di crediti. Ci sono poi i fondi per le imprese danneggiate dalla guerra che salgono a 150 milioni complessivi, perché ai 130 del Mise si aggiunge un fondo da 20 milioni per le imprese agricole. Sul fronte lavoro resta in sospeso il tema dei salari, che secondo il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti va affrontato trovando un “un punto di approccio comune” tra forze politiche e forze sociali, datori di lavoro e sindacati. 

Altra grande modifica inserita nel decreto aiuti riguarda la cessione dei crediti da bonus edilizi: le banche potranno superare il limite numerico di cessioni fissato dalle varie strette, purché il credito venga venduto a clienti professionali che hanno un conto presso la banca stessa, oppure venga passato all'Istituto capogruppo. Un allentamento dei vincoli che il mondo dell'edilizia chiedeva da tempo per rimettere in moto il meccanismo degli incentivi che negli ultimi mesi è andato a singhiozzo, visto che molte banche hanno raggiunto la capienza massima di crediti che sono in grado di assorbire. Per incentivare l'uso dei mezzi pubblici e mitigare gli effetti del caro energia sulle famiglie, il decreto istituisce poi un buono per studenti e lavoratori, con reddito sotto i 35mila euro, che viaggiano sui mezzi pubblici locali, regionali, interregionali e sui treni. Il buono, che può essere utilizzato per un solo acquisto, copre fino al 100% della spesa per gli abbonamenti e comunque non può superare i 60 euro. Infine, nel nuovo testo si aggiunge il sostegno alle aziende agricole che devono far fronte ai danni economici causati dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia: viene istituito un fondo da 20 milioni di euro presso il Mipaf, che erogherà contributi a fondo perduto alle imprese piccole e medie che hanno subito un calo del fatturato a causa della contrazione della domanda, dell'interruzione di contratti e della crisi delle catene di approvvigionamento.

Letta in pressing per una missione dei leader Ue in Ucraina

L'agenda di Mario Draghi, con la missione a Washington e gli appuntamenti europei, fotografa bene l'impegno a tutto campo del premier sul fronte internazionale. “L'Ucraina merita tutto il supporto che possiamo. L'Italia continuerà a fare la sua parte”, promette il presidente del Consiglio annunciando l'aumento dei fondi a sostegno dei profughi a oltre 800 milioni. Intanto, Enrico Letta rivela che i presidenti o primi ministri di cinque Paesi europei (Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia) starebbero valutando una missione comune a Kiev, “un segno di leadership” e “la dimostrazione che non c’è alcuna subalternità agli Stati Uniti”, afferma il dem in un'intervista. Palazzo Chigi mette le mani avanti e chiarisce che l'unica tappa all'orizzonte, al momento, è quella del 10 maggio negli Usa e che per ora non esiste altro. L'eventuale missione a Kiev, su cui c’è sempre stato il più stretto riserbo, è in stand by. La missione cui si guarda ora è quella della prossima settimana alla Casa Bianca, dove il capo del Governo verrà ricevuto dal presidente Joe Biden

L'incontro a Washington, attesissimo, arriva in un momento di forte pressing interno dei partiti sul posizionamento internazionale dell'Italia, con il M5S sulle barricate per le armi a Kiev e la Lega che chiede a Draghi di farsi promotore di un riavvicinamento tra Usa e Russia. Matteo Salvini, al termine di un incontro con il premier, dice di aver parlato con lui “di pace, non di armi e non di bombe. Le variabili in campo sono molteplici, gli attacchi missilistici nucleari simulati da Mosca nell'enclave di Kaliningrad, al confine con l'Ue, non fanno che arroventare il clima. In Ucraina, nel frattempo, è arrivata una delegazione di parlamentari provenienti da 7 Paesi europei e dal Canada con l'obiettivo di portare la solidarietà internazionale a Kiev e accendere un faro sui crimini di guerra. Per l'Italia ci sono il radicale Riccardo Magi e la dem Lia Quartapelle

M5S e Lega alzano lo scontro sulla linea del Governo sulla guerra in Ucraina

La richiesta sempre più pressante da parte del M5S ma anche della Lega è che Draghi vada in Aula per illustrare la posizione del governo sul conflitto in Ucraina. Il premier Mario Draghi il 10 maggio sarà negli Stati Uniti a consulto con il presidente americano Joe Biden e lo stesso Salvini si dice convinto che verrà in Aula subito dopo. Fonti parlamentari della maggioranza ipotizzano la data del 18 maggio ma il quadro normativo nel quale si muove l'esecutivo sarà già definito con il varo dei due decreti sull'Ucraina. Sta di fatto che la tensione sulla linea del Governo e della maggioranza sulla guerra in Ucraina è sempre più alta. Una delle cartine di tornasole di quello che succederà in Parlamento è il caso Petrocelli: è vero che le forze politiche che sostengono l'esecutivo hanno fatto sapere (IV, FI, Pd, FdI e Aut) che non indicheranno nuovi nomi in sostituzione dei componenti dimissionari della commissione Esteri, ma l'interrogativo è anche su chi sarà chiamato a prendere il posto dell'ex pentastellato. Il caso è nelle mani della Giunta per il Regolamento e il capitolo sul prossimo presidente della Commissione è ancora da scrivere. 

Ma fonti parlamentari della maggioranza raccontano che il presidente M5S Giuseppe Conte vorrebbe l'ex capogruppo del M5S Ettore Licheri, mentre l'ala governista vicina a Luigi Di Maio punterebbe su Simona Nocerino. Tra i dem c’è il convincimento che nel Movimento la linea Petrocelli sia molto più diffusa di quanto appaia. Lo testimonia anche l'alzata di scudi di Giuseppe Conte nei confronti del Ministro della Difesa Lorenzo Guerini che ieri in audizione ha chiarito che verranno inviati “anche dispositivi in grado di neutralizzare le postazioni dalle quali la Russia bombarda indiscriminatamente le città e la popolazione civile”, “dichiarazioni giudicate allarmanti” per il M5S. Non è solo il tema delle armi a provocare una continua agitazione all'interno delle forze politiche della maggioranza. Per il M5S e la Lega Mario Draghi si sta facendo troppo poco per aprire una nuova fase tra Kiev e Mosca. E se Salvini si augura che il premier lavori per un riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia, perché “spero che nessuno abbia interesse a trascinare una guerra”, nel Movimento 5 stelle l'affondo è ancora più marcato: “Il Governo deve chiarire se stiamo lavorando a un'escalation militare o a un'escalation diplomatica orientata a fermare la guerra”, dicono i pentastellati. “Ma il ministro degli Esteri è del M5S oppure no?”, controbattono dal Pd. 

Per la Meloni non c’è un piano B ma solo il centrodestra. Presto ci sarà il vertice 

La presenza di Giorgia Meloni in Lombardia aveva fatto pensare alla possibilità che si potesse aprire uno spiraglio per l'incontro chiarificatore tra la leader di Fdi e quello della Lega, ma c'è ancora da aspettare. “Incontrare Berlusconi e Meloni? Anche subito, io sono a disposizione”, ha dichiarato Matteo Salvini a Roma uscito da Palazzo Chigi. Secondo la presidente di Fratelli d'Italia, invece, per un faccia a faccia fra i leader “è questione di giorni, non di ore. Stiamo cercando di incastrare le agende, presumo che ci vedremo, ci sono state anche un po' di vicende che ci hanno reso difficile incastrare il vertice, come la nostra convention di settimana scorsa, ma ci stiamo lavorando”. Il clima resta ancora teso e le distanze rimangono. 

Sta di fatto che la Meloni non vuol sentir parlare di “interessi di partito” e le parole del leader della Lega Matteo Salvini dopo la conferenza programmatica di FdI a Milano la spingono a dire: “Se c'è una cosa chiara, è che io non faccio gli interessi di Fratelli d'Italia, altrimenti sarebbe stato facile per me andare al governo per avere maggiore agibilità di quella che ha un partito all'opposizione”. E ancora: “Rimango convinta del fatto che non puoi pensare di cambiare le cose alleandoti con i tuoi avversari. Abbiamo avuto su questo una lettura diversa, ma non dico che per questo gli altri abbiano fatto gli interessi di partito, così come pretendo che non lo si dica di me”. Comunque sia per la leader di Fratelli d'Italia, “Noi non abbiamo piani B, c'è solo il centrodestra per FdI: magari gli altri altre ipotesi le prendono in considerazione, io no”. 

Il fronte più caldo e contingente è quello delle amministrative. Dopo la schiarita su Palermo, con l'appoggio di Forza Italia e Lega a Roberto Lagalla, il nodo più grande da sciogliere resta la ricandidatura del governatore della Sicilia Nello Musumeci. “Parto dal presupposto che Musumeci non salti. Su di lui sono fiduciosa, perché ritengo che sia stato ottimo governatore e non vedo la ragione per la quale un governatore uscente che ha lavorato bene e che nei sondaggi è dato in testa non debba essere ricandidato per nervosismi locali o per ripicche a livello nazionale. Mi sembrerebbe una scelta davvero sbagliata” ribadisce la Meloni.



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