Nella giornata di oggi l’Assemblea e le Commissioni di Camera e Senato non si riuniranno. Al di là del brusco stop della legge elettorale, sul quale comunque torneremo a parlare, va ricordato che domenica 11 giugno si svolgeranno elezioni amministrative che chiameranno al voto quasi 10 milioni d'italiani e coinvolgeranno 1.010 comuni, tra cui sono quattro capoluoghi di regione (Palermo, Genova, L’Aquila e Catanzaro), ma anche 21 città politicamente molto rilevanti come Parma, Verona, Taranto e Padova.

Di queste città, il Centro Sinistra governa la gran parte dei capoluoghi di regione e di provincia. Nello specifico amministra tutti e quattro i capoluoghi di regione (anche se il Pd non fa parte della colazione che appoggia il sindaco di Palermo Orlando). Dei 21 comuni capoluogo di provincia, il Centro Sinistra ne amministra 13, il Centro Destra 5. Il Movimento 5 Stelle governava a Parma prima che il sindaco Pizzarotti venisse espulso. Va poi ricordato che il Comune di Lodi e quello di Padova al momento sono commissariati a seguito di alcune inchieste giudiziarie che hanno portato allo scioglimento delle giunte.

Quello che è ormai certo è che da diversi anni le elezioni amministrative hanno assunto un valore politico nazionale e quest’anno costituiscono anche il preludio alle ormai prossime elezioni politiche, sia che si vada anticipatamente o a scadenza naturale della legislatura.

Complice il delicatissimo o quanto mail complesso dibattito sulla legge elettorale, tutte le aree politiche, i partiti e i movimenti sono alla ricerca di un punto di equilibrio capace di coniugare le esigenze nazionali, che sembrano orientarsi verso un sistema e logiche proporzionali, con quelle locali.

Il test elettorale sarà quindi l’occasione, in particolare per i partiti di Centro Sinistra e di Centro Destra, per testare l’attrattività dei rispettivi schieramenti e soprattutto per verificare i rapporti di forza in vista di possibili coalizioni elettorali o di Governo.

Per il Partito Democratico queste elezioni rappresentano un vero e proprio test dopo il ritorno di Matteo Renzi alla segreteria del partito e soprattutto per la preparazione delle prossime elezioni politiche. L’appuntamento elettorale potrebbe essere l’occasione per un rilancio su territori di rilievo nazionale anche se non si prevedono risultati sorprendenti, specie al primo turno. Nella stragrande maggioranza dei Comuni al voto, il Centro Sinistra si presenta unito anche se MDP, Sinistra Italiana Possibile hanno scelto di apparentarsi con delle liste civiche. Quello che è certo però è che i risultati permetteranno sia di misurare la forza elettorale delle altre forze di sinistra sia di spostare gli equilibri interni allo stesso PD per le prossime scelte sulle candidature.

Per il Movimento 5 Stelle queste elezioni sono un banco di prova del suo radicamento territoriale, ma rappresentano soprattutto un test nazionale sulla credibilità come forza di Governo dopo le forti difficoltà al Comune di Roma guidato da Virginia Raggi. Anche per queste elezioni, il M5S si presenta non coalizzato in tutti i Comuni al voto, una scelta che, nella maggioranza dei casi, rischia di compromettere la vittoria del Movimento e anche l’accesso a un eventuale ballottaggio. Di particolare rilievo risultano essere le elezioni di Parma e Genova: nella città ducale appare certa la riconferma del sindaco Pizzarotti, espulso dal movimento, mentre nel capoluogo ligure, città di Grillo, ancora fa rumore il caso Cassimatis con i relativi strascichi giudiziari e politici.

Anche per i partiti del Centro Destra, ovvero Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia, queste elezioni saranno un banco di prova per misurare le rispettive forze elettorali. Ormai da mesi l’intera area è scossa da una durissima lotta interna per la leadership, con Matteo Salvini, appoggiato da Giorgia Meloni, intenzionato a rubare lo scettro a Silvio Berlusconi. Le tensioni però non hanno impedito al Centro Destra di presentarsi unito nella maggior parte dei Comuni al voto, ad eccezione di Palermo, una scelta che consentirà non solo di accedere a eventuali ballottaggi ma anche di ambire alla vittoria in un Comune importante come quello di Genova.

Tutto da rifare per la legge elettorale. Il patto granitico di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega Nord è di saltato definitivamente e a quanto pare irrimediabilmente. Al terzo voto segreto nell'aula della Camera, il sistema tedesco in versione italiana viene rispedito in Commissione Affari costituzionali. L'alleanza dell'80 per cento del Parlamento non ha retto; già mercoledì c’erano state le prime avvisaglie quando i franchi tiratori avevano dato diversi avvertimenti in due diverse votazioni a scrutinio segreto.

Lo strappo si è verificato alla prima occasione utile, un voto segreto su un emendamento a prima firma Micaela Biancofiore, che mirava ad applicare il proporzionale alla tedesca, frutto dell'accordo Pd, M5S, FI e Lega, anche in Trentino Alto Adige, dove vige ancora il Mattarellum. La proposta era stata bocciata in Commissione, grazie anche ai voti di M5S, ma nonostante questo la modifica è stata approvata con 270 voti a favore e 256 contrari.

Sono seguiti al voto momenti di fortissima confusione e accuse reciproche, con in più il problema tecnico sul tabellone dei risultati, che ha reso visibile a tutti la responsabilità dei voti a causa di cui la maggioranza è andata sotto. Sull'immagine che fotografa per sbaglio (la votazione doveva essere segreta) il sì e il no dei diversi partiti sull'emendamento Biancofiore appare chiaro il doppio gioco del Movimento 5 Stelle: il partito di Grillo infatti vota compattamente a favore della proposta di modifica diventando così l’accusato numero uno, ma, conti alla mano, alla fine sono 59 i franchi tiratori tra i deputati di Pd, Fi, Lega e Svp.

Il Partito Democratico, prima con Rosato poi con Fiano, certifica la morte della legge elettorale e si scaglia duramente contro l’inaffidabilità del M5S. Al contempo si riunisce la Lega Nord che poi tornerà a chiedere di andare subito alle urne; Silvio Berlusconi ha convocato lo stato maggiore di Forza Italia a palazzo Grazioli. Al Nazareno anche Matteo Renzi tira le somme di quanto accaduto a Montecitorio.

Intanto lo scambio di accuse prosegue dentro e fuori l'aula, con toni infuocati. Ettore Rosato, chiedendo il ritorno del testo all'esame della Commissione, accusa i pentastellati: “Abbiamo subito un tradimento e anche tra avversari non si tradisce. Chi ha organizzato una trappola parlamentare in maniera scientifica aveva assunto degli impegni e lo ha fatto su un punto che per noi era importante perché faceva parte del nostro impegno politico”. Immediata la replica di Toninelli: “Se in quest'aula ci sono traditori, dei vigliacchi e degli irresponsabili, questi appartengono al Pd”.

Dopo un lungo dibattito l'aula della Camera ha approvato il ritorno in Commissione Affari costituzionali della legge elettorale. Se ne riparlerà martedì 13 giugno con una capigruppo ad hoc che dovrà ridisegnare il calendario d'aula per permettere alla commissione guidata da Andrea Mazziotti di ripartire. La palla a questo punto torna nelle mani del Partito Democratico che dovrà indicare da dove.

Sulla legge elettorale in molti sostengono che ormai l’unica strada possibile sia quella di un adeguamento dell’italicum così come modificato dalla Corte Costituzionale esteso al Senato ma le incognite come immaginabile sono ancora moltissime e dopo ieri tutto sembra possibile. Di certo però sembra molto meno probabile che si possa andare ad elezioni anticipate.

Il quadro al termine della giornata è desolante. L’accordo sulla legge elettorale sembra saltato definitivamente, il dibattito di questi giorni sulla soglia di sbarramento al 5% ha di fatto mandato in frantumi la maggioranza viste le fortissime tensioni fra Matteo Renzi e Angelino Alfano. Al contempo al Senato c’è ancora da approvare la manovra correttiva e come noto Mdp si è sfilata dall’appoggio al Governo e sicuramente farà pesare i suoi moltissimi senatori al momento della fiducia.

 



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