Draghi ha ricevuto la Merkel per l’ultima volta da cancelliera

Mario Draghi ha accolto a palazzo Chigi Angela Merkel al suo ultimo incontro bilaterale a Roma. La sintonia tra i due è totale, la stima reciproca e di vecchia data. “Determinante”, scandisce il premier, il ruolo avuto dalla “ragazza della Germania dell'Est” nel “disegnare il futuro dell'Europa” negli ultimi sedici anni, una “guida”, la sua, caratterizzata da “calma, determinazione e sincero europeismo”. L'ex uomo di Francoforte l'ha sentita vicina anche quando, mentre lui era alla guida dell'Eurotower, la Bce era sotto attacco “per le politiche espansive necessarie per difendere l'integrità della moneta unica”, sostenendone “con grande convinzione l'indipendenza”. E poi ancora “campionessa” del multilateralismo contro gli isolazionisti, paladina dei valori della democrazia anche durante le crisi in Siria o Ucraina, “esempio” per le ragazze e le giovani donne che si avvicinano alla politica. Merkel ricambia i complimenti, definendo Draghi il “garante della moneta unica”. I due leader sono d'accordo anche sui principali dossier internazionali: Italia e Germania devono “coordinare maggiormente le loro posizioni sulla gestione dei dossier ambientali ed energetici”. Avanti, poi, a una settimana dal G20 straordinario, sulla risposta da dare con urgenza alla crisi umanitaria in Afghanistan, mettendo al centro la difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. E avanti, anche, e velocemente, nei processi di costruzione di una politica estera e di una difesa europea

Quanto alle prossime sfide, poi, la più importante è quella del Next generation Eu. Roma vorrebbe diventasse permanente, Berlino, mentre Olaf Scholz tratta per la formazione del nuovo Governo, è a uno snodo cruciale. Draghi sa che molto dipenderà proprio dall'Italia: “Noi siamo quelli che abbiamo avuto la fetta maggiore dei fondi e abbiamo quindi la maggiore responsabilità. Dobbiamo spendere bene e con onestà”, spiega. Quando il piano “si tramuterà, come spero e sono certo, in questo successo cresceremo molto di più e saremo molto più credibili e potremo pensare che questo tipo di sforzo non sia unico”. Merkel rinnova la sua fiducia: per il recovery “Draghi ha presentato un ottimo programma, siamo sicuri che i soldi verranno spesi bene in Italia” assicura. C'è un'ultima cosa, poi, sulla quale entrambi i leader sono d'accordo: non ci saranno passaggi di testimone, Draghi non sarà il sostituto di Merkel. “L'Italia resta l'Italia, non può rappresentare l'Europa o guidare da sola i destini europei come ho visto scrivere in questi giorni”, dice l'uno, “L'Italia non sostituirà la Germania, non saremo rimpiazzati da alcun Paese”, replica l'altra.

Draghi vede Salvini e ricuce lo strappo

Dopo le polemiche, Mario Draghi ha ricevuto per circa un'ora Matteo Salvini. È il primo incontro dopo lo strappo di martedì, quando i ministri leghisti non hanno preso parte al Consiglio dei ministri che ha approvato la delega fiscale per protesta contro la riforma del catasto e la rimodulazione dell'Iva. “Al centro del colloquio, che si è svolto in un clima cordiale e costruttivo, il tema della crescita economica”, fa sapere Palazzo Chigi, “È stato confermato l'impegno del Governo a evitare ogni aumento della pressione fiscale” garantisce poi la presidenza del Consiglio “e a proseguire nel percorso delle riaperture, tenendo conto del miglioramento della situazione epidemiologica”. Niente dichiarazioni al termine dell'incontro; il segretario leghista ha visto nel cortile d'onore di Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia ed Erika Stefani arrivati per il Consiglio dei ministri che approverà il nuovo decreto sulle riaperture. 

“In un clima cordiale e costruttivo, Salvini e Draghi hanno convenuto per il futuro di vedersi almeno una volta alla settimana per fare il punto della situazione”, informa una nota della segreteria leghista. “C'è stata piena condivisione degli obiettivi economici, con un impegno comune affinché non ci siano aumenti di tasse. Il presidente Draghi e il senatore Salvini hanno toccato anche il tema delle riaperture, per allentare il più possibile limiti e restrizioni in caso di dati sanitari confortanti”. A seguire una serie di tweet sulle richieste di Salvini: “Riapertura di attività culturali e sportive: ho chiesto a Draghi di accelerare sulla ripartenza. Discoteche, ripartire con solo il 35% di capienza non è possibile, ho chiesto di riaprire subito con numeri più alti. Ho chiesto al presidente Draghi che la durata dei tamponi salga da 48 a 72 ore, come previsto dagli altri Paesi europei, e l'estensione dell'utilizzo di tamponi rapidi, gratuiti o a basso costo”.  

Il Governo allenta, all’unanimità, la stretta su cinema, teatri, stadi e discoteche

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto che allarga le riaperture per piste da ballo, cinema e teatri e aumenta anche la capienza di pubblico nei palazzetti dello sport. L'esecutivo di Mario Draghi cambia le percentuali suggerite dal Comitato tecnico scientifico (che aveva indicato nell'80 per cento la capienza massima per cinema, teatri e sale al chiuso e al 35 per cento quella per le discoteche) e trova un punto d’incontro con le richieste dei governatori: dall'11 ottobre prossimo infatti in zona bianca posti coperti al 100% in cinema e teatri, 60% per i palazzetti dello sport e 75% negli stadi, 50% per le discoteche al chiuso e 75% per quelle all’aperto. “Finalmente tutta la cultura ricomincia a vivere”, esulta il ministro della Cultura Dario Franceschini ricordando che vige sempre l'obbligo di mascherina e green pass. E per chi violerà le regole, sia per aver sforato la capienza consentita che per il mancato possesso della certificazione verde, verrà applicata “a partire dalla seconda violazione, commessa in giornata diversa, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura da uno a dieci giorni”. Il via libera arriva all'unanimità e mette tutti d'accordo in Cdm. 

A spingere verso un allargamento delle riaperture, come aveva promesso il presidente del Consiglio, sia l'andamento dell'epidemia, a un mese dall’inizio delle scuole, sia le percentuali della campagna vaccinale, che vede immunizzato l'80% della popolazione. Diverse le regole per la zona gialla, che vedrà per teatri e cinema la capienza ferma al 50%. Fatto il decreto è immediatamente scattata la corsa a rivendicare il risultato ottenuto, da parte dei partiti di maggioranza: “Il provvedimento del Governo sulle capienze è una boccata d'ossigeno per l'intero Paese e per tante attività economiche” scandisce il ministro Maria Stella Gelmini; a fargli eco il collega Renato Brunetta: "E il merito è soltanto delle vaccinazioni e del green pass. Noi di Forza Italia ci abbiamo creduto sin dal primo istante. Libertà fa rima con responsabilità, sicurezza fa rima con crescita”. Anche Giuseppe Conte piazza la bandierina: “Per cinema, teatri e spazi culturali saltano i limiti di capienza. Il M5S ha chiesto con forza più coraggio. E così è stato! Artisti, attori, tecnici e maestranze hanno patito a lungo, adesso ripartono anche cultura e spettacolo. Avanti così”. Non commenta invece la Lega: Salvini aveva richiesto di allentate “il più possibile” limiti e restrizioni a fronte di dati confortanti e così è stato; quello che filtra, dopo il confronto tra Salvini e i ministri Giorgetti, Garavaglia e Stefani, è uno spirito propositivo e disteso. 

Difficile che ai ballottaggi il M5S converga sui candidati del Pd di Roma e Torino

In vista dei ballottaggi, Pd e M5S si interrogano sulla giusta posizione da tenere. I rapporti tra Enrico Letta e Giuseppe Conte sono ottimi ma tra i dem nessuno si illude che l'ex premier guiderà per mano il Movimento a sostegno di Roberto Gualtieri a Roma e Stefano Lo Russo a Torino dando indicazione di voto per i candidati Pd. “Ci aspettiamo che Conte, che vota a Roma, dichiarerà il suo voto per Gualtieri ma non c’è alcuna pressione sul M5S, nessuna operazione strutturata anche perché è chiaro che non è più il tempo di elettori pedine di un Risiko”, spiegano ai vertici del Pd. D'altra parte dentro M5S si muove una galassia variegata: a Roma “i voti sono di Virginia Raggi, i 34mila consensi sono un suo successo personale”, chiariscono i fedelissimi della sindaca uscente assicurando che Raggi non darà alcuna indicazione di voto nè tanto meno ha intenzione di mettersi a mercanteggiare. Situazione diversa ma anche più compromessa a Torino dove Stefano Lo Russo è visto dal M5S locale come fumo negli occhi visti i precedenti 5 anni di battaglie dentro e fuori il Consiglio comunale. 

A questo si aggiunga, per spiegare la cautela di Conte, che nei gruppi parlamentari serpeggia malumore per l'impressione di essere tagliati fuori dalle scelte politiche del neoleader M5S: “Dove si è mai discusso un appoggio al Pd?”, chiariscono alcune fonti parlamentari. Conte si è preso qualche giorno di tempo per riflettere sul da farsi ma al Nazareno nessuno si illude. Le amministrative hanno indicato in alcuni casi, dal seggio a Siena alle intese a Bologna e Napoli, che la strada del centrosinistra allargato è l'unica vincente ma il mancato appoggio al ballottaggio da parte di M5S a Roma e Torino non sarà interpretato come un incidente sulla strada dell'alleanza in vista del 2023. Il leader del M5S, raccogliendo gli umori della base, chiarisce però che non accetta un M5S subalterno: “Non ce lo vedo il M5S a fare un ramo dell'Ulivo”. Al momento, però, la dote M5s è un po' magra: dei 118 comuni sopra i 15mila abitanti al primo turno 26 sono stati vinti dal centrosinistra e 25 dal centrodestra, 1 solo da M5S. Per questo, dopo aver segnato il punto al primo turno, per i dem i ballottaggi restano fondamentali per una valutazione complessiva visto che sono in palio la capitale e il capoluogo piemontese. 



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