Il centrodestra è il vincitore delle elezioni amministrative del 12 giugno
Dopo mesi di tensioni, specie fra i partiti della maggioranza che sostengono il Governo di Mario Draghi, domenica 12 giugno dalle 7.00 alle 23.00 si sono svolte, oltre alle votazioni sui cinque quesiti referendari sulla giustizia, le elezioni amministrative. Nel complesso si è votato in 971 comuni di cui 4 capoluoghi di regione (Genova, Palermo, Catanzaro e L'Aquila) e 22 capoluoghi di provincia (Alessandria, Asti, Barletta, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone, Gorizia, La Spezia, Lodi, Lucca, Messina, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto, Verona e Viterbo). Nonostante fossero chiamati al voto 8.831.743 elettori, l'affluenza di questo primo turno elettorale è stata del 54,7%, nella precedente tornata fu del 60,1%.
I risultati delle amministrative sono abbastanza chiari. Il centrodestra vince al primo turno a Palermo con Roberto Lagalla, a Genova e a L'Aquila rispettivamente con Marco Bucci e Pierluigi Biondi; vince anche a La Spezia con Pierluigi Peracchini, a Oristanocon Massimiliano Sanna, a Pistoia con Alessandro Tomasi, ad Asti con Maurizio Rasero, a Belluno con Oscar De Pellegrin e a Rieti con Daniele Sinibaldi. Il centrosinistra conquista al primo turno Lodi con Andrea Furegato, Padova con la riconferma dell'uscente Sergio Giordani, Taranto con Riccardo Melucci e Messina con l’indipendente Federico Basile.
Tutti gli altri capoluoghi andranno al secondo turno, previsto per domenica 26 giugno dalle 7.00 alle 23.00. Sarà quindi ballottaggio per i comuni di: Catanzaro, Parma, Piacenza, Gorizia, Frosinone, Como, Monza, Alessandria, Cuneo, Barletta, Verona e Lucca. Prima del voto, dei 26 capoluoghi di provincia e regione 18 erano governati dal centrodestra, 7 dal centrosinistra (di cui 2 civiche) e 1 dal centro. Con il voto del 12 giugno, il centrodestra ha conquistato al primo turno 9 capoluoghi, il centrosinistra 3 e i centristi 1. Per quanto riguarda i 13 capoluoghi ai ballottaggi, il centrosinistra è avanti in 7 mentre il centrodestra è avanti in 5. A Viterbo è in vantaggio un civico.
Questa tornata elettorale, che al momento non sembra mettere a rischio il Governo di Mario Draghi, verrà ricordata non tanto per i suoi risultati, che tutto sommato hanno rispettato le previsioni, ma piuttosto per l’impatto nazionale che avrà sulle coalizioni e sui singoli partiti in vista delle elezioni politiche della prossima primavera. Al netto delle singole vittorie e sconfitte nelle diverse città, gli elementi più significativi sono: l’affermazione di Fratelli d’Italia rispetto agli altri partiti del centrodestra ed in particolare nei confronti di una Lega malconcia, il crollo elettorale del M5S in rapporto alla costruzione nel centrosinistra del cosiddetto campo largo e la crescente rilevanza dei partiti di centro come Azione e Italia Viva. (leggi lo speciale di Nomos)
La Meloni è la vera vincitrice di questa tornata elettorale. La Lega va giù
Il risultato elettorale delle amministrative ha chiaramente premiato, almeno per ora, il centrodestra. Quello che è chiaro a tutti i leader dei partiti è che insieme si vince, o almeno, è più facile ottenere un buon risultato. Ne è consapevole la vera vincitrice di questa tornata Giorgia Meloni che, forte dell’ottimo risultato di FdI e della certificazione dell’avvenuto sorpasso nei confronti della Lega, ha rilanciato l’azione della coalizione e invitato anche Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ad uscire dalla maggioranza di governo. Per il leader della Lega i tempi non sono facili, dopo il flop dei referendum sulla giustizia e le polemiche durissime sul viaggio a Mosca, anche le amministrative non hanno portato buoni risultati.
Il Carroccio, pur considerando l’effetto drenante delle liste civiche, ha comunque ottenuto un risultato molto negativo, anche se non così disastroso da mettere in discussione la leadership di Matteo Salvini. I prossimi giorni ci diranno quale sarà la reazione, anche se le prime parole segretario della Lega hanno confermato la permanenza nel Governo Draghi e la volontà di rilanciare l’azione del partito attraverso una serie di richieste politiche a Draghi e Franco sulla crisi economica generata dalla guerra in Ucraina, sul fisco, sulle pensioni, ecc. Forza Italia, sebbene con difficoltà, ha retto il colpo pur perdendo voti. Il partito di Berlusconi è andato molto bene a Todi e a Palermo mentre la decisione di non appoggiare il sindaco uscente di Verona Sboarina e di supportare Tosi non gli ha permesso di raggiungere nemmeno il ballottaggio.
Crolla il M5S, PD primo partito e centristi all’attacco sulle alleanze
Queste elezioni amministrative hanno rappresentato per il centrosinistra l’ennesimo tentativo di dare vita al campo largo. Questa operazione ha fatto perno, per ovvie ragioni di rappresentatività elettorale, sul Partito Democratico, ma ha visto un’aggregazione degli altri partiti (M5S, Azione, Verdi, IV e Sinistre) a geometrie variabili. In nessun comune capoluogo hanno fatto parte della coalizione tutti partiti, in quasi tutte le città il Movimento 5 Stelle ha scelto di allearsi con il PD mentre i centristi si sono schierati ufficialmente solo in assenza dei pentastellati. Questo primo dato fa emergere quanto la costruzione del campo largo sia ancora indietro. A complicare questo quadro ci sono poi i risultati del voto dei singoli partiti.
Le urne hanno certificato la crisi di consenso del Movimento 5 Stelle. Nonostante la storica difficoltà ad ottenere buoni risultati a livello locale, il partito ha ottenuto percentuali di voto molto basse e mai a due cifre. In conferenza stampa, Giuseppe Conte ha ammesso la sconfitta e ha rilanciato sulla necessità di ricostituire i comitati territoriali per cercare di tamponare la moria di voti. Quello che è certo è che un risultato così deludente dei pentastellati mette in discussione la strategia campo largo. Per Enrico Letta l’obiettivo è di costruire un'ampia alleanza progressista, che vada oltre l'intesa PD-M5S e apra ad Azione e Italia Viva. Una strategia che secondo il segretario del PD sarebbe l’unico modo per sperare di battere il centrodestra alle prossime politiche, ma che si scontra con l’indisponibilità di Carlo Calenda e Matteo Renzi di allearsi con il M5S. Un fattore, per il momento non superabile, che potrebbe mettere in discussione, per ovvie opportunità politiche, la tenuta dell’alleanza tra PD e M5S. Se così dovesse essere il Partito Democratico dovrebbe decidere con chi allearsi alle prossime elezioni politiche, se con il M5S o se con i centristi.
Salvini invoca la crisi e poi si corregge. Fedriga e Zaia prendono le distanze
Dopo i risultati delle amministrative, nella Lega in tanti s’interrogano sull’opportunità di rimanere nel Governo. Un cambio in corsa rischia di mettere in crisi i rapporti interni al Carroccio e quelli del centrodestra di governo. Mentre Silvio Berlusconi ribadisce il sostegno di Forza Italia al Governo fino al termine della legislatura, Matteo Salvini paventa una possibile uscita dall'esecutivo, strada questa suggerita peraltro da Giorgia Meloni agli alleati. “Non mi sono pentito di essere andato al governo. Non contavo di guadagnare voti e non ne ho guadagnati”, confessa Salvini, aggiungendo che la situazione oggi è diversa, e quindi “o questo è un Governo che taglia tasse mettendo qualcosa nelle tasche degli italiani oppure alla lunga è complicato starci”. Che il leader leghista però decida davvero di seguire Fdi all'opposizione è tutto da vedere, anche perché se da un lato mette in guardia l'esecutivo chiedendo un cambio di passo, dall'altro non si sbilancia sulla dead-line. Prima infatti afferma di attendere risposte entro il 18 settembre, quando la Lega tornerà a Pontida; poi innesca una parziale retromarcia assicurando che non c'è nessun ultimatum. Intanto però i governatori Massimiliano Fedriga e Luca Zaia hanno ribadito la vicinanza al Governo Draghi.
In Senato la Lega attacca sul Csm ma la maggioranza tiene
La Lega cerca di uscire dall’angolo e lo fa attaccando il Governo sulla tormentata riforma del Csm in Aula al Senato, presentando una serie di emendamenti e soprattutto chiedendo il voto segreto. Ma il tentativo non passa e il provvedimento viene poi approvato. È stata comunque una mossa non gradita al Governo che in queste ore è al lavoro su diversi dossier parlamentari che segneranno i prossimi giorni toccando il livello massimo di pericolosità il 21 giugno, quando il premier Mario Draghi farà le sue comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio europeo. Tornando alla riforma del Csm, a segnalare l'innalzamento della tensione in maggioranza è il Pd, che rimarca come la richiesta del voto segreto sia una tattica parlamentare che usa l'opposizione e non una forza politica che sostiene l'esecutivo, ha accusato il segretario Enrico Letta. Alla fine, il tentativo leghista non trova alleati nella maggioranza e si traduce in un sostanziale nulla di fatto.
Di Maio lancia l’offensiva contro Conte: “Basta attacchi al governo”
Luigi Di Maio ha atteso i risultati delle amministrative, ha pesato la risposta del Presidente del M5S e, prima che si aprisse una nuova frattura interna nei pentastellati sulla risoluzione sul Consiglio europeo, è partito con il suo altolà alle “ambiguità” del Movimento: “Non credo che possiamo stare nel Governo e poi, per imitare Salvini, un giorno sì e uno no, lo si va ad attaccare” dice il Ministro rivendicando le ragioni del collocamento euroatlantico dell'Italia. Ma non è solo sulla posizione della maggioranza del M5S che Di Maio ha da ridire: dopo mesi in silenzio, è sceso in campo anche per criticare la gestione del Movimento e il risultato del voto che “non è mai andato così male” come sotto la guida di Conte. La replica di Giuseppe Conte non si fa attendere: “Quando era leader Luigi Di Maio come organismo del M5S c'era solo il capo politico: che ci faccia lezioni lui oggi fa sorridere”. Poi rivendica l'assunzione di “responsabilità” sul risultato delle comunali e definisce una “stupidaggine” il riferimento sull'anti-atlantismo del M5S sostenuto da Di Maio. Ma soprattutto Conte punta l'indice sulla questione del doppio mandato. Intanto, nell’attesa di atti che formalizzino la frattura è partita la conta: i parlamentari vicini a Di Maio sono usciti allo scoperto per sostenere la battaglia governista del Ministro e i contiani hanno fatto altrettanto. I prossimi giorni ci diranno che forma prederà lo scontro, quello che però sembra certo che la crisi del M5S da qualche giorno è ancora più profonda.
Pd e M5S si accordano sulle primarie in Sicilia
Pd e M5S hanno dato il via libera alle primarie per la scelta del candidato governatore in Sicilia, trasformando l'isola nel campo di prova dell'alleanza in vista delle elezioni politiche del 2023. L'accordo locale sulla consultazione è arrivato nel pieno del botta e risposta tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Nello scontro fra i due c’è in ballo il futuro del Movimento, ma anche quello del campo largo, cioè dell'alleanza cui sta lavorando Enrico Letta per unire le forze che vanno da Leu ad Azione e Iv. Si tratterebbe, quindi, di una coalizione più larga di quella che ha detto sì alle primarie siciliane, cui partecipano solo Pd, M5S e Sinistra perché Matteo Renzi e Carlo Calenda non vogliono allearsi con i pentastellati. Se gli equilibri 5 stelle cambiassero, però, nell'area centrista qualche valutazione potrebbe cambiare per ovvie opportunità politiche.
Il Tribunale di Napoli respinge la sospensiva. Conte: ora avanti tutta
Dopo giorni di attesa, il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di sospensiva delle nuove delibere assembleari del M5S che lo scorso marzo avevano determinato l’elezione di Giuseppe Conte a leader del partito. “Andiamo avanti, con forza e determinazione per il rilancio del nuovo corso” promette Conte commentando quello che valuta un verdetto del Giudice sulle “democratiche scelte dei nostri iscritti sul futuro del M5S”. Non è la parola fine della diatriba legale che va avanti da un anno e che è stata intentata da un gruppo di attivisti rappresentati dall'avvocato Lorenzo Borrè; i ricorrenti, infatti, hanno la possibilità di presentare reclamo contro il provvedimento di rigetto e decideranno se farlo a stretto giro. Conte ha davanti a sé un percorso legale ancora lungo anche se gli avvocati del M5S sono fiduciosi.
Caos centrodestra a Verona: Sboarina dice no a Tosi. Fi e Lega contro la Meloni
Il sindaco uscente di Verona Federico Sboarina rifiuta l'apparentamento con Flavio Tosi e il centrodestra va nel caos, tra accuse e veleni che arrivano anche a Roma. La mossa ha esacerbato il clima già pesante all'interno della coalizione, con Lega e Forza Italia irritatissimi con Giorgia Meloni, accusata, prima, di aver imposto agli alleati un suo uomo, malgrado il dissenso del resto dell'alleanza, e ora, dopo che è arrivato secondo, di non essere stata in grado di convincere un suo sindaco uscente ad agire per il bene dell'alleanza, rischiando seriamente di regalare la città agli avversari. E dire che la leader di FdI ha fatto di tutto per convincere il primo cittadino scaligero a trovare un accordo. Poco prima della conferenza stampa in cui Sboarina ha sancito la rottura, FdI aveva diffuso, senza successo, una nota contenente un accorato appello: “I vertici nazionali del partito hanno dato mandato a tutta la classe dirigente di Fdi veronese e veneta di adoperarsi in ogni modo affinché si determini nella migliore forma possibile la sostanziale unità delle forze politiche di centrodestra”.
Draghi, Macron e Scholz hanno incontrato Zelensky: vogliamo Kiev nell’Ue
Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz sono andati a Kiev. Arrivati in Ucraina i tre visitano la devastazione di Irpin. “Il mondo sta dalla vostra parte”, assicura Mario Draghi alle autorità locali, “Molto di ciò che mi hanno detto riguarda la ricostruzione. Parole di dolore ma anche di speranza e di ciò che vorranno fare in futuro. Ricostruiremo tutto”, è l'impegno. Nel pomeriggio, mentre su Twitter Dmitry Medvedev li deride riferendosi a loro come “mangia rane, salsicce di fegato e spaghetti”, i grandi d'Europa hanno incontrato Volodymyr Zelensky: “Oggi è una giornata storica per l'Europa. Siamo venuti per offrire il nostro sostegno incondizionato al Presidente Zelensky e al popolo ucraino. Un popolo che si è fatto esercito per respingere l'aggressione della Russia, per vivere in libertà”.
Mario Draghi ha ribadito che “L'Italia vuole l'Ucraina nell'Unione europea. E vuole che l'Ucraina abbia lo status di candidato e sosterrà questa posizione nel prossimo Consiglio europeo”. Lo stesso faranno anche Macron e Scholz. Draghi è in campo per evitare una catastrofe alimentare: “Dobbiamo sbloccare i milioni di tonnellate di grano che sono bloccati nei porti del Mar Nero”. Per il presidente del Consiglio la strada da percorrere resta quella di una risoluzione Onu, ma dopo il primo no di Mosca l'impasse resta. L'ex numero uno della Bce non vede ancora spiragli di pace: “La condizione che l'Ucraina pone è l'integrità territoriale, questa è la premessa”. E se tanto Scholz quanto Macron assicurano a Zelensky l'invio di altro materiale militare, Draghi resta più cauto.
Gentiloni critica le spinte anti-Ue: sono un danno per l’Italia
Le divisioni del governo Draghi, che fanno temere per la stabilità politica dell'Italia, non sono il vero problema a livello europeo, visto che ormai situazioni instabili di questo tipo si presentano ovunque nell'Ue; il vero problema viene dalle spinte anti-Ue, che mettono in discussione la stabilità delle scelte del Paese negli scorsi decenni in Europa e comportano una sua perdita di reputazione economica sui mercati. L’ha detto il Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni parlando all'evento di presentazione, all'Ambasciata d'Italia a Bruxelles, del libro-biografia di Romano Prodi Strana vita, la mia. Per il Commissario Ue le tendenze populistiche esistono dappertutto nelle democrazie” e “I problemi della politica italiana non sono unici nell'Ue, ma noi abbiamo un debito molto alto, il più alto dell'Unione dopo la Grecia, e dobbiamo tenerne conto. E questo non solo in omaggio alle regole dell'Ue”, quelle del Patto di Stabilità “che comunque per ora abbiamo sospeso”, ma anche perché “è importante per la sostenibilità del debito, per la reputazione del Paese, per i mercati finanziari. Ci vuole grande cautela nell'aumentare la spesa pubblica corrente. E questo non vuol dire predicare austerità: abbiamo uno spazio molto largo, fino al 2026, per gli investimenti del Pnrr” nell'ambiente, nelle infrastrutture, nella transizione energetica.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano con il 22,8%, sopravanzando di più di un punto e mezzo il Partito Democratico (21,2%). Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 7,8 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,4%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,3% e al 2,5%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa rimane costante (5,1%), così come Italia Viva (2,5%). Stabile anche il consenso del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che si attesta al 12,9%. Nell’area del centrodestra, la Lega fa registrare una frenata rispetto all’ultima rilevazione (15%) così come Forza Italia che si ferma al 7,6%. Italexit di Gianluigi Paragone, infine, si attesta al 2,4%, mentre gli ex grillini di Alternativa sono stimati all’1%.
Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 66,8%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 36,6%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 45,4%; infine, il rassemblement dei partiti di centro(Azione Più Europa e IV) si attesta al 7,6% dei consensi.