Lunedì pomeriggio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto i leader della maggioranza giallo-verde Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Nonostante l’ottimismo, i due capi partito sono saliti al Colle solamente per aggiornare il Capo dello Stato sugli sviluppi delle trattive e per chiedere del tempo in più per concludere il contratto di Governo e per trovare un’intesa sul nome del premier. Il Presidente, ben consapevole della fragilità dell’accordo, ha evitato di farsi mettere nell'angolo e ha concesso tutto il tempo necessario chiesto da M5S e Lega.

I lavori sul contratto di governo sono proseguiti per tutta la settimana. A tenere banco sono stati i temi più divisivi come l'atteggiamento da tenere nei confronti dell'UE sui migranti, i vincoli sul deficit, il piano di realizzazione di Grandi opere come Tav e Tap o il mantenimento dell’irreversibilità dell'euro. Un punto, quest'ultimo, che secondo una bozza diffusa a metà settimana dall'Huffington Post, sarebbe stato definito inserendo l'obiettivo di arrivare a procedure specifiche che permettano agli Stati di “recuperare la propria sovranità monetaria” e quindi l’uscita dall’Euro.

Anticipazioni che hanno scatenato l’immediata reazione di alcuni membri della Commissione Europea. Il Commissario europeo alla migrazione Dimitris Avramopoulos, si è augurato non ci siano cambiamenti nella linea politica italiana sulla gestione dei flussi migratori, mentre il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen ha avvisato: “Niente eccezioni sul Patto di stabilità”. La risposta di Di Maio e Salvini: “le istituzioni comunitarie devono cambiare, ma soprattutto non mettano becco negli affari di casa nostra”.

Giovedì pomeriggio il tavolo tecnico sul contratto di Governo ha concluso i propri lavoro ed in serata Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno sciolto gli ultimi nodi rimasti in sospeso. Adesso il testo sarà votato sulla piattaforma Rousseau e nel weekend sarà sottoposto agli elettori nei gazebo allestiti da pentastellati e Carroccio.

Ma il vero nodo rimane uno e uno solo e cioè il nome del premier. Le trattive proseguono a ritmi serrati.  Secondo le ultime dichiarazioni, lo stallo potrebbe essere risolto con un doppio passo indietro: ovvero sia Matteo Salvini sia Luigi Di Maio rinuncerebbero alla poltrona di presidente del Consiglio ma sarebbero dentro con ministeri di peso. L’ipotesi vedrebbe il leader del Carroccio al Viminale e il capo politico del M5S alla guida del Ministero del lavoro o dello sviluppo economico. L’idea comunque sembra essere quella di un premier politico. I nomi che girano sono quelli di Giancarlo Giorgetti, Alfonso Bonafede, Vito Crimi, Riccardo Fraccaro ed Emilio Carelli.

Per il momento la tabella di marcia è ancora incerta, ma quello che è sicuro è che, giorno dopo giorno, la possibilità di un ritorno al voto nel mese di luglio si fa sempre più lontana. Tecnicamente, si farebbe ancora in tempo il 29, qualora fallisse la trattativa tra Di Maio e Salvini. Un’ipotesi, che sebbene si faccia di giorno in giorno più improbabile, potrebbe spingere Mattarella a giocare la carta del Governo del Presidente. In ogni caso la deadline stabilita dal Capo dello Stato è stata fissata per lunedì prossimo.

A complicare una partita già di per sé estremamente complessa pesa anche il fatto che Silvio Berlusconi, grazie a una decisione del Tribunale di Milano, è tornato prima del tempo di nuovo candidabile e sarebbe pronto a far pesare il proprio ruolo all'interno della coalizione di centrodestra cui Salvini resta ancorato. Per l’ex Cavaliere si prospetta un ritorno in Parlamento grazie alle elezioni suppletive che scatterebbero nel caso un parlamentare, eletto in collegio uninominale, cessasse dalla propria carica. 

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Settimana Politica 12 - 18 maggio 2018

 



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