Il Cdm vara il decreto riaperture post covid. Draghi: “Torniamo alla normalità”
Il Paese è pronto a tornare alla normalità attraverso una serie di misure previste dalla road map tracciata dal nuovo decreto del Governo. Si entra dunque in un'altra fase, per lasciare alle spalle tutte le restrizioni dovute alla pandemia. Il DL, approvato all’unanimità dal Cdm, traccia le linee per un graduale ritorno alla normalità; nell'arco dei prossimi tre mesi sono previsti i cambiamenti più significativi: dal 1° aprile l'Italia non sarà più in stato di emergenza Covid e di conseguenza decadono il Comitato tecnico scientifico e la struttura del Commissario straordinario Francesco Figliuolo; al loro posto dovrebbe essere creata un’unità operativa ad hoc (fino al 31 dicembre) per completare la campagna vaccinale. Anche il sistema dei colori viene definitivamente abrogato. Termina l'obbligo di super green pass sui luoghi di lavoro per gli over 50 e stop al certificato verde sui mezzi di trasporto pubblico locale, dove proseguirà l'obbligo di indossare le mascherine fino al 30 aprile. Dal 1° aprile decade ovunque il limite alle capienze nelle strutture e dunque anche negli stadi sarà possibile occupare il 100% dei posti. Stop anche alle quarantene da contatto. Dal 1° maggio termina l'obbligo del green pass quasi ovunque: fino al 30 aprile per alcune attività come mense, concorsi pubblici e colloqui in carcere, oltre ai trasporti a lunga percorrenza, sarà ancora obbligatorio in versione base; quello rafforzato resterà in vigore fino al 30 aprile per ristorazione al chiuso, centri benessere, sale gioco, discoteche, congressi ed eventi sportivi al chiuso. Sempre dal 1° maggio via l'obbligo delle mascherine in tutti i luoghi al chiuso, anche a scuola. Dal 15 giugno decadono tutti gli obblighi vaccinali per il personale scolastico, militari, agenti di polizia e soccorso pubblico, polizia locale e dipendenti dell'amministrazione penitenziaria; resterà in vigore soltanto l'obbligo del vaccino per il personale sanitario e Rsa. Infine, dal 30 giugno terminano le modalità di smart working nell'ambito privato.
Nel Cdm di venerdì via al decreto taglia prezzi per famiglie e imprese
L'obiettivo fissato dal presidente del Consiglio Mario Draghi è chiaro: “Aiutare famiglie e imprese”. A questo servirà il decreto taglia prezzi, in Cdm venerdì, per contrastare il caro bollette e tagliare i costi di diesel e benzina. Il premier invita alla calma, a non “lanciare allarmi” su rischi alimentari o energetici, ed è netto sullo scostamento di bilancio chiesto a gran voce da diverse forze politiche di maggioranza: “Non ci sarà uno scostamento”, dice, “Vediamo un'Italia che continua a crescere ma c'è un rallentamento”, continua il premier, “Le insufficienze degli approvvigionamenti di alimentari e materie prime devono essere affrontate esattamente come stiamo affrontando le insufficienze in materia di gas. Quindi diversificazione la più rapida possibile, intervento sui prezzi, cercare di aiutare famiglie e imprese”. Per questo si lavora su due fronti, uno nazionale e l'altro europeo. Sul primo versante, le risorse per calmierare le bollette e tagliare il prezzo di benzina e diesel di 15 centesimi al litro dovrebbero arrivare all'extra gettito Iva e da possibili interventi sugli extraprofitti delle imprese di alcuni dei settori interessati; restano poi sul tavolo il fondo per il sostegno al fabbisogno energetico delle attività produttive (circa 800 milioni di euro per il 2022) e uno di garanzia a sostegno delle imprese energivore d’interesse strategico nazionale. Sul versante comunitario, giovedì Mario Draghi è tornato a sottolineare che “è necessario avere un tetto al prezzo del gas”, perché “in Europa è superiore a quello in tutte le altre parti del mondo”. Un ulteriore provvedimento di sostegno alle famiglie e al tessuto produttivo potrebbe arrivare dopo l'approvazione del Documento di economia e finanza.
Mattarella esprime vicinanza all’Ucraina
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto sul conflitto in Ucraina e ribadisce due punti fermi. Primo: l'obiettivo è “arginare” e “battere” la “guerra aperta dalla Federazione Russa al centro dell'Europa”; secondo: italiani ed europei sono chiamati alla “solidarietà e all'aiuto nei confronti delle popolazioni terribilmente colpite” e ad impegnarsi “perché si fermino i combattimenti, si ritirino le forze di occupazione e venga ripristinato il diritto internazionale”. Mentre l'invio delle armi in Ucraina accende qualche fuoco di polemica, il Capo dello Stato invita tutti a guardare più in là: bisogna “riflettere sull'importanza della libertà, della democrazia, sul valore dei diritti dell'uomo” dice celebrando i 161 anni dell’Unità nazionale.
La Camera approva il decreto Ucraina
La Camera ha approvato il decreto Ucraina con 367 voti favorevoli, ma fra i 25 contrari e i 5 astenuti ci sono anche alcuni esponenti di maggioranza. Malgrado questo, col via libera, il Parlamento lancia un messaggio chiaro e lo ribadisce con un appuntamento significativo: martedì prossimo il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky parlerà in videoconferenza con i deputati e i senatori italiani che saranno riuniti nelle tribune e nell'emiciclo di Montecitorio. Col leader ucraino interverrà anche il presidente del Consiglio Mario Draghi, che ribadirà la vicinanza dell'Italia all'Ucraina, l'impegno all'accoglienza dei profughi e l'appoggio della resistenza alla Russia. L'incontro sarà introdotto dal presidente della Camera Roberto Fico e dalla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. Il decreto approvato dalla Camera contiene le prime mosse post avvio della guerra, come il via libera all'invio di armi per la resistenza degli ucraini contro la Russia. Proprio quello è il passaggio più combattuto: quattro deputati della maggioranza hanno votato contro, Matteo Dell'Osso e Veronica Giannone entrambi di FI e Gabriele Lorenzoni ed Enrica Segneri del M5S; cinque gli astenuti fra le forze che sostengono il governo: Nicola Grimaldi e Davide Serritella del M5S, Gianfranco Librandi di IV, Stefano Fassina di LeU e il neo arrivato al PD Erasmo Palazzotto. Fra i dem, anche Laura Boldrini, che ha votato sì, ha voluto marcare una distanza.
Il Presidente spagnolo Sanchez attacca Salvini sull’Ucraina, ira della Lega
Dopo l'affronto a sorpresa del sindaco polacco di Przemyśl, è il premier spagnolo Pedro Sanchez ad attaccare Matteo Salviniassociandolo agli altri leader sovranisti europei: “Se in Italia governasse Salvini, in Francia Le Pen e Vox avesse qualche responsabilità di governo in Spagna, sarebbe la morte dell'Unione europea”. La frase è rilanciata su Twitter da Enrico Letta, un combinato disposto che scatena l'ira della Lega con una replica a tono parlando di parole “vergognose”. Sanchez parla in Parlamento rivolgendosi a Vox, il partito estremista di destra di casa e alleato di Fratelli d'Italia in Europa; spinge il messaggio fuori da Madrid e l’occasione non sfugge a Enrico Letta, che ritwitta il video di Sanchez e aggiunge: “Con quello che sta succedendo, con l'invasione russa, cosa sarebbe dell'Unione europea oggi se Salvini, Le Pen e Abascal fossero a capo dei governi?”. La Lega è in affanno per gli ultimi sondaggi e il capitano sembra a rischio isolamento dopo la “sortita” al confine con l'Ucraina l'8 marzo: con quella maglietta con l'immagine di Putin sventolata dal sindaco Bakun. La difesa di Matteo Salvini arriva da Strasburgo: “Con la guerra nel cuore dell'Europa, crisi energetica e conseguenze di due anni di pandemia, la priorità di Sanchez, Letta e della sinistra oggi è fare vergognose polemiche elettorali”, denunciano gli europarlamentari Zanni e Campomenosi. Tace invece il leader della Lega, concentrato sull'accoglienza agli ucraini in fuga.
Letta rilancia: nuove regole europee e più tempo per il Pnrr
Più tempo per il Pnrr. A chiederlo è Enrico Letta preoccupato per le ricadute che la crisi in Ucraina potrebbero avere sulla messa a terra dei progetti del Next Generation Eu. “Lancio una proposta di buon senso, che a livello europeo è il momento di porre. Cioè spostare di un anno l'esercizio di bilancio europeo e nazionale del Pnrr, al 2027”. Passa anche da qui quel processo d'integrazione vera che il segretario dem spera possa scaturire dalla convergenza di più crisi: quella sanitaria con il Covid, quella militare e diplomatica in Ucraina, e la doppia crisi economica che esse si sono trascinate dietro. “Se dalla mattanza della Prima Guerra Mondiale nacque la Società delle Nazioni, se da quella della Seconda Guerra mondiale nacquero le Nazioni Unite, una nuova occasione può essere rappresentata anche dalla tragedia della guerra in Ucraina”. Da qui muove il segretario quando chiede una riforma dei trattati europei nel senso di un superamento dei meccanismi di veto e unanimità. Il segretario del PD ne ha parlato anche nel corso dell'incontro avuto giovedì con i leader socialdemocratici europei proprio sul tema della crisi Ucraina. All'incontro, coordinato dal Presidente Pse Sergei Stanišev, hanno partecipato anche il nuovo leader della Spd Lars Klingbeil e i Commissari europei Johansson, Gentiloni e Schmit.
Sono tanti i provvedimenti che dividono la maggioranza
L’obiettivo è chiaro: evitare che sui provvedimenti in dirittura d'arrivo ci sia una riedizione del braccio di ferro sulla riforma del catasto, che la scorsa settimana ha spaccato la maggioranza. Il Governo è al lavoro per sminare il terreno dalle fibrillazioni ma il clima tra le forze politiche resta teso. Sulla delega fiscale l'esecutivo ha aperto al confronto ma, al di là dell'articolo 6, ci sono divisioni sulla flat tax, su cui punta forte il centrodestra, e sul cashback. La Lega nei prossimi giorni rilancerà la proposta di estendere la no tax area per chi percepisce un reddito sotto i 12 mila euro. Ad agitare la maggioranza è anche la riforma del Csm: i partiti restano distanti, sul testo all'esame della Commissione Giustizia della Camera pesano circa 700 emendamenti, di cui oltre la metà sul pacchetto Cartabia, con Lega e Forza Italia che insistono sul sorteggio temperato e mirano a una stretta sulle porte girevoli. Già in due diverse occasioni il PD ha messo in guardia gli alleati di Governo: il testo non va stravolto o l'intera riforma, legata alle risorse del Pnrr, rischia di saltare. Il Guardasigilli dovrebbe promuovere un incontro politico per cercare una convergenza innanzitutto sul metodo. Nella maggioranza non si esclude che alla fine l'esecutivo di fronte alla pioggia di proposte di modifica scelga la strada della fiducia. Dunque, sulla giustizia al momento è nuovamente muro contro muro.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano con il 21,9%, sopravanzando di un’incollatura il Partito Democratico (21,3%). Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 5,7 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi guadagnano terreno (2%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,1% e al 2,5%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa cresce (5,2%) mentre Italia Viva rimane ferma (2,5%). In ripresa invece il consenso del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che si attesta al 13%. Nell’area del centrodestra, la Legarallenta vistosamente (16,2%) mentre Forza Italia rimane stabile (8%). Italexit di Gianluigi Paragone, infine, si attesta al 2,2%.
Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 70,7%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 36,8%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 46,1%; invece il rassemblement dei partiti di centro(Azione Più Europa e IV) si attesta al 7,7% dei consensi.