È disgelo tra Italia e Franca: Meloni e Macron si sono sentiti

Dopo mesi di tensione dettata dalla crisi della Ocean Viking, martedì c’è stata la telefonata fra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron. Adesso, anche grazie al ruolo del Quirinale, si cerca di guardare oltre, anche in vista dei tanti dossier europei aperti, dall'immigrazione, “tema urgentissimo” secondo la presidenza svedese della Ue e focus del prossimo Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio, fino alla revisione del Patto di stabilità, passando per gli interventi antinflazione. Palazzo Chigi definisce il colloquio “cordiale”, spiegando che “è stata ribadita la volontà di garantire il pieno sostegno all'Ucraina e l'urgenza di individuare a livello europeo soluzioni efficaci per sostenere la competitività delle imprese europee e per contrastare l'immigrazione illegale attraverso un effettivo controllo delle frontiere esterne dell'Ue”. Fonti dell'Eliseo sottolineano che Meloni e Macron hanno ribadito “la loro determinazione ad andare avanti” nel sostegno a Kiev “fin quando sarà necessario”. Le prossime settimane ci diranno se la tensione fra i due Paesi sia realmente calata o meno.

Meloni plaude all’arresto di Messina Denaro e spegne le polemiche

“L'Italia è fiera di voi”, dice subito Giorgia Meloni al procuratore capo Maurizio De Lucia e all'aggiunto Paolo Guido quando entra nel Palazzo di giustizia di Palermo. Nell'ufficio del procuratore ci sono anche gli uomini del Ros che hanno arrestato il superlatitante di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Prima di raggiungere la sede del Tribunale, la premier ha fatto sosta a Capaci per rendere omaggio a Giovanni Falcone e agli agenti della scorta assassinati dalla mafia nel '92. In serata, dopo aver letto di voci e sospetti sulla possibilità che l'arresto del super boss sia avvenuto attraverso modalità torbide e concordate con lo Stato, la premier attacca: “Ma quale trattativa?”. “Non c'è bisogno di mettersi d'accordo con la mafia per batterla”. 

Basta “autoflagellarsi”. Anche perché, è l'osservazione finale, Matteo Messina Denaro si trova ora al carcere duro grazie al nostro Governo, perché abbiamo salvato il carcere ostativo. Rimane “una giornata storica, un giorno di festa per le persone per bene, per le famiglie delle vittime della mafia, perché il sacrificio di tanti eroi non era vano. Noi siamo abituati a ricordare chi si sacrifica per la lotta alla mafia ma poi ci sono persone che vivono tutta la loro esistenza per raggiungere questi obiettivi: mi piacerebbe immaginare che questa giornata possa essere celebrata per il lavoro di questi uomini e queste donne. È una proposta che farò, è un giorno di festa per noi che possiamo dire ai nostri figli che la mafia si può battere”. 

Nordio parla alla Camera, ma è scontro sulla Giustizia e sulle intercettazioni

Il dibattito sulla giustizia non si esaurisce con l’elezione dell’ultimo membro del Csm. Il Ministro Carlo Nordio in aula alla Camera ha annunciato che la riforma Cartabia “ha creato criticità a cui il Governo cercherà di rimediare con un intervento chirurgico e immediato nel più breve tempo possibile”. Poi è tornato sul tema delle intercettazioni e ha assicurato che “non si è mai inteso toccare minimamente quelle che riguardano il terrorismo, la mafia e ovviamente quei reati che sono, per così dire, satelliti nei confronti di questi due fenomeni perniciosi”. Tuttavia, “se noi non interverremo radicalmente sugli abusi e sugli errori di queste intercettazioni, cadremo veramente in una sorta di democrazia dimezzata, perché la segretezza delle informazioni è l'altra faccia della nostra libertà” e “l'Italia non è fatta di Pubblici ministeri e questo Parlamento non deve essere supino e acquiescente a quelle che sono le associazioni dei Pubblici ministeri”. L'aula di Montecitorio ha poi approvato le risoluzioni di maggioranza e Terzo polo e respinto invece quelle presentate da Pd e M5S, che attaccano: “Messina Denaro non sarebbe stato arrestato senza intercettazioni”, accusa Giuseppe Conte, che parla di “improvvida crociata”. Intanto giovedì, il Cdm ha approvato un disegno di legge a tutela della libertà di determinazione della vittima: in caso di aggravante mafiosa o di terrorismo, la procedibilità è sempre d'ufficio. 

Il Parlamento elegge i membri laici al Csm

L'intesa raggiunta tra maggioranza e opposizione per l'elezione dei dieci membri laici del Csm non regge fino in fondo e porta alla designazione di soli nove componenti. Dopo una lunga riunione del Parlamento in seduta comune a Montecitorio, lo spoglio delle schede fa tramontare quindi l'en-plein, colpa del cambio in corsa di uno dei candidati indicati da Fdi, Giuseppe Valentino, un nome su cui si mettono di traverso prima il M5S e poi il Pd, e che viene infine rimpiazzato dall'avvocato Felice Giuffrè, che però non raggiunge il quorum necessario. Tutto parte dall'accordo tra i partiti perfezionato in mattinata: lo schema prevede sette componenti indicati dalla maggioranza e tre dalle opposizioni, cioè quattro vanno a FdI, due alla Lega, uno a Fi e uno a testa a Pd, M5S e Terzo Polo. 

Fdi sceglie tre donne su quattro: Isabella BertoliniDaniela BianchiniRosanna Natoli e Giuseppe Valentino. La Lega punta sugli avvocati Claudia Eccher e Fabio Pinelli, mentre FI indica Enrico Aimi. Per le opposizioni: il Pd sceglie Roberto Romboli, il M5S indica Michele PapaErnesto Carbone è il candidato di Azione-Iv. Grazie alla pressione del Quirinale, giovedì il Parlamento ha poi eletto il decimo e ultimo membro laico dell'organo di autogoverno dei giudici. È l'avvocato e docente universitario Felice Giuffrè, indicato da FdI, che con 420 voti è andato ben oltre la soglia dei 364 necessari. 

Il Governo è compatto: presto l’autonomia in Cdm 

C’è l’intesa nel Governo per il via libera preliminare al disegno di legge sull'autonomia differenziata “nelle prossime riunioni del Consiglio dei ministri”. L'approvazione dovrebbe arrivare al termine di un percorso che prevede riunioni tecniche, la prima in programma martedì prossimo, e approdare in Cdm entro il 12-13 febbraio, data delle Regionali in Lombardia, dove la Lega dal 2017 lavora al progetto. In sede di esecutivo si tratta di un voto preliminare che dovrebbe, ha spiegato nei giorni scorsi Roberto Calderoli, essere sottoposto al parere della Conferenza delle Regioni e poi tornare in Cdm per l'approvazione definitiva prima di approdare in Parlamento. L'intesa è arrivata durante una riunione tra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, e i ministri Roberto CalderoliElisabetta CasellatiRaffaele Fitto e Francesco Lollobrigida a Palazzo Chigi. Durante l'incontro si è registrata “grande sintonia, in linea con gli impegni assunti con gli italiani e definiti nel programma di coalizione”, ha sottolineato Palazzo Chigi, in una nota. “Al tavolo si è stabilito, inoltre, di definire il cronoprogramma sullo status di Roma Capitale e sulla riforma in senso presidenziale dello Stato”, si è aggiunto citando le due riforme care a FdI. 

Le opposizioni attaccano sulle riforme: no a presidenzialismo e autonomia

La riforma del presidenzialismo, su cui da un mese lavora la ministra Elisabetta Casellati, si confronta per la prima volta con le opposizioni e registra il primo e secco no. A dirlo è il Terzo polo che boccia quel modello, mentre rilancia il premierato e insiste perché si parli di riforme a 360 gradi (comprendendo ad esempio il monocameralismo e il federalismo) e senza tabù. “Non puoi discutere di presidenzialismo e poi avere il ministro Calderoli che va avanti con l'autonomia e poi magari la legge elettorale. Così diventa un macello” attacca Carlo Calenda. L'ex presidente del Senato continua le sue consultazioni e la prossima settimana conta di chiudere il cerchio incontrando il PdM5S e le Autonomie. Manca all'appello il gruppo di Verdi e Sinistra italiana, mai invitati al tavolo. Intanto la Casellati guarda avanti e annuncia: “Finiti gli incontri con tutti, farò una riflessione sulle osservazioni emerse”, parole che sembrano confermare il cronoprogramma avviato sul presidenzialismo e garantito dal Governo nel vertice sulle riforme convocato dalla premier Giorgia Meloni

Il manifesto dei valori del Pd è quasi pronto per l’Assemblea Nazionale

La bozza del nuovo Manifesto dei valori e dei principi del PD c'è, ma la strada per la sua approvazione resta in salita. Il Comitato costituente si è riunito mercoledì al Nazareno con il segretario Enrico Letta per quello doveva essere l'ultimo esame del documento. Ma il testo definitivo che sabato approderà in Assemblea nazionale non sembra ancora chiuso. Al Nazareno, però, c'è già chi dice che Enrico Letta Roberto Speranza avranno ancora margine per arrivare a un esito unitario; c'è ancora tempo, dunque, per limare gli ultimi dettagli. Alcuni presenti alla riunione parlano di un “lavoro evidentemente ancora in fieri, che continuerà senz'altro fino a sabato”. 

Il Comitato ha commentato e suggerito integrazioni, ma saranno Letta e Speranza ad assumersi la responsabilità delle ultime modifiche, compito che si aggiungerà a quello di trovare con i candidati in corsa per le primarie una strategia condivisa per affrontare la questione in Assemblea nazionale. Restano da decidere, infatti, le modalità di voto del testo. Intanto, però, la bozza comincia a circolare; il capitolo “Filo Rosso”, che condensa i valori e i principi del Manifesto, si apre così: “Noi crediamo che la forza di un Paese stia nella forza dei suoi legami sociali. Questa è per noi la democrazia: un orizzonte di emancipazione e di libertà. Una promessa di giustizia sociale, inclusione e uguaglianza da realizzare attraverso un impegno collettivo”. Si prosegue poi con difesa della Costituzione e valorizzazione della cultura dell'antifascismo

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG il 16 gennaio, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 31,3%, davanti al Movimento 5 Stelle (17,6%). Sembra arrestarsi la caduta libera del Partito Democratico che arriva al 14,2%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (M5S) sia pari a 13,7 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,7%, mentre Unione Popolare all’1,8%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e Italia Viva si attesta al 7,8%Nella coalizione del centrodestra, la Lega è stimata all’8,3%, mentre Forza Italia subisce una lieve battuta d’arresto, fermandosi al 6,4%. Italexit di Paragone, infine, rimane pressoché stabile al 2,3%.

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La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) rallenta leggermente passando dal 46,7% della scorsa settimana al 46,0% mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra arriva al 20,9%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, appare in lieve crescita al 7,8%. Fuori da ogni alleanza il M5S che si attesta al 17,6%.

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