Giuseppe Conte ottiene la fiducia alla Camera
L'esecutivo giallorosso incassa la fiducia sulle comunicazioni del presidente del Consiglio chiamato a riferire sulla crisi di Governo. Il risultato, non scontato, vede ben 321 voti favorevoli (6 voti oltre la maggioranza assoluta fissata a 315), 259 contrari, 27 astenuti; quest'ultimo dato è interessante: il gruppo di Italia Viva conta 29 deputati, ne mancano quindi all'appello 2, quello di Michela Rostan e Vito De Filippo. In soccorso al governo arrivano gli ex 5stelle del gruppo Misto non iscritti a nessuna componente e sono ben 7: Piera Aiello, Nadia Aprile, Silvia Benedetti, Alessandra Ermellino, Lorenzo Fioramonti, Carmelo Lo Monte e Raffaele Trano. A fare rumore il sì alla fiducia di Renata Polverini, deputata di Fi, una decisione che preannuncia la sua uscita dal gruppo azzurro, già ampiamente annunciata per le critiche avanzate all'ala sovranista del partito di Silvio Berlusconi. Il discorso di Conte, di quasi un'ora, è stato interrotto da 14 applausi, tutti provenienti dai settori di PD, M5S e Leu; il più importante quello che dai banchi dem si è alzato quando il premier ha citato Joe Biden. Un calumet della pace per il Nazareno che non aveva apprezzato la mancata condanna di Donald Trump dopo i fatti di Capitol Hill. Non si stringono attorno al presidente del Consiglio, ovviamente, gli esponenti del centrodestra; durissima Giorgia Meloni: “Avvocato Conte, stamattina mi sono vergognata per lei, e non solo per quell'aiutateci ma per il mercimonio che ha inscenato in quest'aula. Si vola alto con la Mastella Airlines”.
Conte ottiene una maggioranza risicata al Senato
Il governo Conte si salva al Senato e incassa una fiducia stretta con 156 voti favorevoli: non raggiunge la maggioranza assoluta di 161 per 5 voti. La strada è tanto stretta che lo stesso Giuseppe Conte, su Twitter, annota che “il Governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l'obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza. L'Italia non ha un minuto da perdere”. Un applauso liberatorio dei giallorossi accoglie il risultato a tarda serata, dopo 13 ore di dibattito e dichiarazioni, un tour de force dall'esito incerto fino all'ultimo, con tanto di caos negli ultimi minuti, a causa della riammissione al voto dell'ex M5s Lello Ciampolillo e del Psi Riccardo Nencini, che alla seconda chiama e al fotofinish votano sì alla fiducia, portando i voti a favore a quota 156. Non mancano le sorprese: due senatori di Forza Italia, Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi (storica fedelissima di Silvio Berlusconi) votano a favore del Conte II. Ma in soccorso del Governo sono arrivati anche i voti degli ex M5S, anche se non tutti quelli sperati: votano la fiducia Lello Ciampolillo, Gregorio De Falco, Luigi Di Marzio, oltre a Maurizio Buccarella passato al Maie, a Tommaso Cerno, che fa rientro nel Pd, e a Sandra Lonardo. Votano sì i tre senatori a vita Liliana Segre, Mario Monti e Elena Cattaneo. Il premier Giuseppe Conte non convince, invece, gli altri ex MMS Michele Giarrusso, Tiziana Drago, Carlo Martelli, Marinella Pacifico e Gianluigi Paragone. I voti contrari sono 140. Italia viva regge: su 17 senatori presenti (Mauro Marino assente per Covid), in 16 seguono la linea indicata da Matteo Renzi e si astengono, vota sì, invece, Riccardo Nencini, che spiega di essere stato convinto dalle parole del premier, ma assicura che non toglierà il simbolo al gruppo renziano.
Conte apre la fase 2: subito nuovi gruppi parlamentari e poi via al rimpasto
Prima allargare la maggioranza con un nuovo gruppo parlamentare, poi il patto di legislatura e il rimpasto: è questa la road map concordata da Giuseppe Conte con i vertici di Pd, M5S e Leu. L’indomani del voto al Senato, il premier ha riunito Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Alfonso Bonafede, Vito Crimi e Roberto Speranza, poi è salito al Quirinale per un colloquio interlocutorio con Sergio Mattarella di quasi un'ora. Per ora niente dimissioni: il tentativo è far nascere il Conte 2-bis, senza Matteo Renzi. Il leader di Italia viva attacca e cerca di mantenere compatti i suoi, ma dalla maggioranza confidano di riportare “a casa” alcuni deputati e senatori di Iv che non ci stanno ad accomodarsi all'opposizione e di far nascere un nuovo gruppo di maggioranza a Palazzo Madama anche con nuovi arrivi da Fi e Udc. I numeri sono fragili, il sentiero è stretto, i timori restano. La nascita della quarta gamba della maggioranza è una priorità e l'obiettivo è fare presto; c’è infatti una data segnata in rosso sul calendario: il 27 gennaio, salvo rinvii, si voterà in Parlamento la relazione sulla giustizia del Ministro e capo delegazione M5s Alfonso Bonafede. Renzi ha già schierato Iv per il No e il centrodestra spera di saldare al Senato i suoi 140 voti ai 16 di Iv per battere il Governo.
I partiti di governo solo al lavoro per allargare la maggioranza
La priorità è trasformare la minoranza in maggioranza e l'orizzonte è di due, massimo tre settimane, con un primo passo avanti e la nascita dei gruppi al più presto. Alla Camera ci lavora Bruno Tabacci, che avrebbe già 11 o 12 potenziali aderenti, al Senato il nuovo gruppo potrebbe nascere sotto le insegne del Maie (9 i senatori potenziali attuali, cui potrebbe aggiungersi Lonardo) o di quelle dell'Udc, che continua a non chiudere la porta. Anche da Fi potrebbero venire altre sorprese: girano i nomi di Minuto, Vitali e Tiraboschi. Non aderirebbero al nuovo gruppo ma al Pd, comunque aumentando i numeri di maggioranza rendendo meno determinante Iv, Comincini e con lui Marino, Grimaldi e Carbone. Evitato il “salto nel buio”, bisogna “correre” per dare “identità alla maggioranza”, dice Nicola Zingaretti. Senza Iv non ci saranno più rallentamenti, dicono fonti M5S. Al ritorno di Renzi chiude con nettezza non solo Palazzo Chigi ma anche il Pd con Goffredo Bettini: il dirigente Dem immagina un percorso in due fasi, con la possibile assegnazione del ministero dell'Agricoltura subito (al momento si parla si parla di Nencini o un ex M5S) e poi un rimpasto più ampio. Una parte dei Dem e del M5S insiste per il Conte ter, ma la via preferita da Conte resta quella di non passare dalle dimissioni: il rimpasto potrebbe avvenire attraverso l'assegnazione dei ministeri di Iv e lo spacchettamento di alcuni ministeri come Trasporti e Infrastrutture, e Cultura e Turismo.
Mattarella attende le mosse di Conte e riceve il centrodestra
Interlocutorio è il termine che si adatta meglio agli incontri al Quirinale di Sergio Mattarella mercoledì con il premier Giuseppe Conte e giovedì con la delegazione di centrodestra, incontro quest'ultimo voluto da Giorgia Meloni e Matteo Salvini come a voler rimarcare il diritto di poter parlare con il Colle, da opposizione, dopo la salita di Conte e il suo “naufragio politico”. Il sistema politico è evidentemente in evoluzione e si attendono le mosse del presidente del Consiglio dopo i voti di fiducia a Camera e Senato, numericamente vincenti ma non assoluti e tali probabilmente da non consentire di gestire un’attività parlamentare produttiva. Rimane per il Colle una situazione del tutto interlocutoria, in attesa di quanto potrà emergere dal confronto parlamentare, con da un lato la maggioranza M5s-Pd-Leu e dall'altro Lega-FdI-Fi a cui si aggiunge l'incognita di Iv. Il ruolo di Sergio Mattarella è comunque quello di garanzia per chiunque, a partire dalle opposizioni, una neutralità istituzionale dovuta e nelle corde di questo presidente. Ecco allora che il definire “interlocutoria” questa fase indica l'impegno, l'urgenza di capire e risolvere, in un modo o nell'altro, l'impasse politico. Al Quirinale i leader di centrodestra hanno sottolineato come l’unica strada sia andare al voto; Mattarella ha preso atto delle sollecitazioni del centrodestra. Ora il capo dello Stato attende i prossimi giorni. Ma non aspetterà troppo.
Il centrodestra si compatta contro Conte ma è tensione sulle elezioni
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani sono saliti al Quirinale. Un'ora di colloquio in cui Sergio Mattarella avrebbe ascoltato molto e parlato poco e in cui i tre esponenti dell'opposizione avrebbero rappresentato la realtà di un Parlamento che ormai, numeri alla mano, è destinato alla paralisi. Al termine dell'incontro, il comunicato congiunto è di poche righe: si sottolinea “la grande preoccupazione per la condizione dell'Italia”. “È convinzione del centrodestra che con questo Parlamento sia impossibile lavorare”. Poi la conclusione in cui ci si affida alla saggezza del capo dello Stato. Nessun riferimento allo scenario che il centrodestra ritiene a questo punto auspicabile, nessun accenno all'alternativa al governo Conte messa sul piatto. Più esplicito, poco dopo, è Matteo Salvini: “Meglio investire due mesi di tempo dando la parola agli italiani per poi lavorare tranquilli per i prossimi cinque anni”; il leader della Lega non parla più di un centrodestra pronto a fare la sua parte, l'unico percorso che traccia è quello che porta alle elezioni. Davanti a Mattarella l'ipotesi di un ritorno alle urne sarebbe stata sostenuta da tutti e tre i leader dell'opposizione. E, tuttavia, al Colle non c'erano i componenti della coalizione più piccoli, Cambiamo, l'Udc e Noi con l'Italia, che su questo punto sono in disaccordo. Giovanni Toti glielo ha spiegato chiaramente: “Ho detto a Matteo che ritengo molto difficile votare”. C'è poi l'incognita Forza Italia; la linea di Antonio Tajani è in sintonia con quella degli altri alleati ma il partito è una polveriera: alle faide interne tra governisti e filo-leghisti si è aggiunto il miraggio di una legge proporzionale e l'ipotesi di una lista Conte, quanto basta per rendere sempre più nervoso un partito ancora scosso dalle defezioni di Renata Polverini e Maria Rosaria Rossi e oggetto di un pressing costante da parte degli esponenti di Governo a caccia di responsabili.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini perde quasi un punto rispetto alla scorsa rilevazione (22,3%). Discorso diverso invece per il Movimento 5 Stelle. Il consenso dei pentastellati riprende quota in modo deciso (15,8%). La Lega resta comunque il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 2,2 punti percentuali, mentre il gap rispetto a FdI, la terza forza politica italiana, si attesta a 5,8 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi si arenano al 2% mentre Sinistra Italiana-MDP Articolo Uno non fa registrare grossi scostamenti (4%). Nell’area centrista, +Europa rimane stabile (2,2%), mentre Italia Viva perde qualche decimale (2,7%) a differenza di Azione (4,3%). Il Partito Democratico aumenta il proprio consenso rispetto alle ultime rilevazioni (20,1%). Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia si conferma come la terza forza politica nazionale seppur con un rallentamento rispetto a sette giorni fa (16,5%) mentre cresce di mezzo punto Forza Italia (6,4%)
Ad oggi, l’area di Governo orfana di IV raccoglie il 39,9% delle preferenze di voto. La coalizione di centrodestra il 45,2%, quella di centrosinistra, formata da PD e forze di sinistra, il 28,2%. Il Movimento 5 Stelle è dato al 14,7% mentre i partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attestano al 9,2% dei consensi.