In Cdm la Lega si astiene dal voto sul decreto riaperture 

Mercoledì il Cdm ha approvato il decreto sulle riaperture ma è scontro sul coprifuoco e la Lega si è astenuta dal voto sul provvedimento. Il pressing del Carroccio era iniziato in mattinata, con Matteo Salvini che aveva avvisato: “Votare qualcosa contro l'utilità e il buon senso non mi va, non me l'ha prescritto il dottore”. Così la riunione del Cdm convocata alle 17.00 è slittata di oltre un'ora per discutere ancora, di questa e di altre misure: ma l'unica concessione che è stata fatta è stata quella di anticipare lo svolgimento di fiere in zona gialla al 15 luglio, per il resto tutto, coprifuoco compreso, è rimasto come annunciato la scorsa settimana. Dobbiamo riaprire sì ma con gradualità, ha spiegato il premier, disposto comunque a un tagliando a maggio, dati alla mano. Nessun intervento dai Ministri della Lega, lungamente in silenzio, fino a che al momento del voto il titolare del Mise Giancarlo Giorgetti ha annunciato la decisione del Carroccio di astenersi: il comportamento ha suscitato l'irritazione del premier Mario Draghi che ha fatto notare come la decisione fosse stata presa e condivisa anche dalla Lega nella riunione della cabina di regia di venerdì scorso. 

Il Governo approva il decreto riaperture. L'Italia torna gialla

Il decreto legge sulle riaperture varato mercoledì sera da un Cdm-lampo (dalle 18.15 alle 18.43) non modifica le linee essenziali già trapelate con la prima bozza. Nonostante le tensioni, il calendario per riaprire il paese è ormai deciso; si ripartirà lunedì prossimo e tra i primi a farlo saranno i ristoratori in zona gialla: fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all'aperto e dal primo giugno si mangia nei ristoranti al chiuso solo a pranzo. Contemporaneamente, sempre in area gialla, riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema e spettacoli e i musei. Dal 15 maggio sarà consentita l’attività nelle piscine scoperte. Anche se fin dall'entrata in vigore del decreto saranno possibili gli sport all'aria aperta, sarà permesso frequentare le palestre al chiuso in zona gialla soltanto dal primo giugno, data in cui saranno aperte al pubblico anche le manifestazioni e gli eventi sportivi di interesse nazionale. Ma sarà possibile autorizzare lo svolgimento di eventi sportivi di particolare rilevanza anche prima, con l'eventuale possibilità di una deroga al numero massimo di spettatori, che è fissato a mille per le strutture all'aperto. Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio toccherà a congressi e parchi tematici. Parallelamente, nelle scuole i ragazzi tornano in classe. Fin dal 26 aprile in zona gialla e arancione tutti gli studenti delle medie ed elementari saranno tra i banchi, in quelle superiori la presenza sarà almeno al 70% e fino al 100%. In zona rossa tutti presenti fino alla terza media, mentre alle superiori l’attività in classe si svolgerà almeno al 50%. Riguardo agli spostamenti, l'autocertificazione resta necessaria, laddove è già prevista, ma da subito gli italiani potranno girare più liberamente, anche tra regioni di colori diversi, avendo in tasca il certificato verde.

È tensione tra Regioni e Governo su scuola e coprifuoco ma il dl non cambia

Stop alla richiesta dei governatori di limare le misure del decreto sulle riaperture. Il provvedimento, bollinato, non cambia. Dopo l'astensione dal voto della Lega proseguono le tensioni nel Governo, alle prese con l'ira dei governatori. Le Regioni avevano chiesto di posticipare il coprifuoco alle 23.00 e una deroga ai servizi di ristorazione, affinché fossero permessi sia al chiuso che all'esterno per le ore di pranzo e cena. Ma è sul nodo scuola che si è consumato lo strappo, annunciato dallo stesso presidente della Conferenza Massimiliano Fedriga: “L'aver cambiato in Cdm un accordo siglato da noi con i Comuni e le Province sulla presenza di studenti a scuola è un precedente molto grave” che ha “incrinato la reale collaborazione tra Stato e Regioni”. Palazzo Chigi ha fatto sapere che il Governo darà un chiarimento alle Regioni; l'auspicio dei governatori è quello di poter incassare almeno un tagliando periodico del decreto, se i numeri dei contagi lo permetteranno. 

Nonostante le fibrillazioni politiche, Draghi è pronto per il rush finale sul Pnrr

Mario Draghi porta in Consiglio dei ministri un Piano nazionale di ripresa e resilienza da 221,5 miliardi totali, di cui 191,5 riferibili al Recovery fund e 30 miliardi per finanziare le opere “extra Recovery”; la spinta stimata alla crescita è di 3 punti di Pil nel 2026. L'obiettivo, secondo le slides inviate dal ministro Daniele Franco ai colleghi Ministri, è non solo “riparare i danni della pandemia” ma affrontare anche “debolezze strutturali” dell'economia italiana. Il grosso del piano è definito, con 135 linee di investimento e “non cambierà”, sottolineano dal Governo, di fronte alla mole di richieste che emerge in queste ore dai partiti. Il M5S annuncia battaglia sul Superbonus, il Pd vuole vederci chiaro sulla Rete unica, FI chiede welfare per le famiglie, la Lega annuncia che presenterà in Cdm “altri progetti da aggiungere” al Pnrr. E resta da sciogliere il nodo della governance, che agita i Ministri, in un clima sempre più teso in maggioranza, dopo l'astensione della Lega sul decreto per le aperture. All'indomani del netto stop al tentativo di Matteo Salvini di modificare l'accordo raggiunto nel Governo, Draghi registra un clima costruttivo nella riunione della cabina di regia sul Recovery che ieri mattina ha visto al tavolo tutti i capi delegazione. Il premier, nelle prossime ore, farà la sua informativa in Cdm sul Pnrr e ascolterà le proposte che verranno messe sul tavolo, ma il Piano nell'impianto non è destinato a cambiare. Il via libera arriverà solo dopo un secondo Consiglio dei ministri, che si svolgerà a metà della prossima settimana, dopo l’intervento che il premier svolgerà lunedì e martedì alle Camere. Ci sono per la digitalizzazione 42,5 miliardi; per il Green 57 miliardi (il 30% del totale); per infrastrutture 25,3 mld; per istruzione e ricerca 31,9 mld; per inclusione e coesione 19,1 mld; per la salute 15,6 mld (in totale 19,7 miliardi, sommando altri fondi). 

Grillo difende il figlio scatenando un polverone politico

Non è il solito Beppe Grillo quello che irrompe sui social per difendere il figlio Ciro dall’accusa di stupro, insieme ad altri tre ragazzi, ai danni di una studentessa. L’intervento del fondatore del M5S è a tutto campo e immediatamente scatena una durissima reazione politica. Grillo si chiede: “Perché non li avete arrestati subito? Perché vi siete resi conto che non è vero che c’è stato lo stupro”; quindi, la chiosa disperata, urlata: “Se dovete arrestare mio figlio perché non ha fatto niente, allora arrestate anche me, perché ci vado io in galera”. Concluse le indagini, la Procura sta per tirare le fila dell'inchiesta, a breve trasmetterà gli atti al Gup e si conoscerà la sua scelta: richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione. Tra i primi a commentare la vicenda c’è la Lega di Matteo Salvini: “Garantismo a giorni alterni. Il sabato Salvini è colpevole, il lunedì suo figlio è innocente”. Da Iv la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi non usa mezzi termini: “Che Grillo usi il suo potere mediatico e politico per assolvere il figlio è vergognoso”. Nel Pd, intervengono un po' tutti, tra cui la presidente Valentina Cuppi e la capogruppo in Senato Simona Malpezzi.  

Scontro tra Macina e Bongiorno, la Lega ne chiede le dimissioni

Il caso Grillo piomba come un macigno sugli equilibri già precari della maggioranza. A far scoppiare la polemica è un'intervista della sottosegretaria M5S alla Giustizia Anna Macina che pur comprendendo “l'urlo di dolore di un papà”, non lesina bacchettate al garante della sua forza politica. Ma è un altro passaggio a colpire: per la Macina, infatti, “non si capisce se Bongiorno parla da difensore, o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito di cui è anche difensore”, facendo leva sul doppio ruolo di legale della giovane accusatrice di Ciro Grillo, e di senatrice della Lega di Matteo Salvini. La reazione dell'ex ministra della Pa arriva quasi in tempo reale: “Il sottosegretario alla Giustizia lede gravemente la mia immagine di essere umano, prima ancora che di avvocato, nel provare a insinuare che io abbia reso noti a chicchessia atti del processo” e “dovrà rispondere di queste affermazioni farneticanti in sede giudiziaria”. In poche ore la situazione diventa caldissima, al punto che il Carroccio chiede “dimissioni immediate” della Macina. Nel tardo pomeriggio, poi, arriva l'incontro tra la ministra Cartabia e la sua sottosegretaria, un faccia a faccia breve ma intenso. Da fonti via Arenula trapela che la Guardasigilli abbia ricordato all'esponente pentastellata che “una posizione istituzionale richiede il massimo riserbo sulle vicende giudiziarie aperte”. 

Sul ddl Zan la Lega fa muro. Iv si dice disponibile a modificare il testo

Ancora stallo sul disegno di legge Zan contro l’omofobia, la transfobia e l’abilismo. A palazzo Madama non basta la riunione dei capigruppo di maggioranza richiesta dal presidente leghista della Commissione Giustizia Andrea Ostellari per superare l’impasse. Resta il muro della Lega, che non intende votare a favore della calendarizzazione del provvedimento. Pd, M5S, Iv e Leu, però, non ci stanno anche se  Italia Viva vuole “avanzare proposte di modifica al provvedimento”. La volontà di cambiare il testo manifestata dai renziani spiazza gli alleati: “Alla Camera era stata Iv a volerlo così, hanno deciso di affossare la legge?”, ma poi Faraone precisa: “Obiettivo di Italia Viva è portare a casa la legge sull'omofobia ed uscire dallo stallo”, mette in chiaro, “Nessun tentativo di sabotaggio”, assicurano i vertici renziani. Dopo il nulla di fatto nella riunione di maggioranza con il ministro Federico D’Incà la palla tornerà alla Commissione Giustizia. La settimana prossima, con ogni probabilità, si arriverà a un voto sul calendario e l’ex maggioranza che sosteneva il Governo Conte 2 dovrebbe avere i numeri per portare a casa una data di inizio lavori. 

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini crolla di quasi un punto attestandosi al 21,2%. Discorso diverso per il Movimento 5 Stelle. Il consenso del partito guidato da Giuseppe Conte cresce fino al 18,4%. La Lega resta il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 2,1 punti, mentre il gap rispetto al M5S si attesta a 2,8 punti.

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (1,9%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,8% e all’1,7%. Nell’area centrista, +Europa rimane all’1,7%, così come Italia Viva che si ferma al 2,1%. In risalita Azione al 3,7%. Non fa registrare grossi cambiamenti il Partito Democratico che si attesta al 19,1%. Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia torna prepotentemente alla ribalta (18%), Forza Italia rallenta (6,4%) e Cambiamo!, si ferma all’1,1%.

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 77,3% nelle intenzioni di voto, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 39,2%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 46,7%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta al 7,5% dei consensi. 



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