Salvini torna a Pontida: governeremo bene e insieme
L'ultima volta a Pontida aveva appena lasciato il Viminale. Tre anni dopo, sullo stesso palco, Matteo Salvini è pronto e fa una promessa “Io, Giorgia e Silvio siamo d'accordo su quasi tutto e per 5 anni governeremo bene e insieme”. E assicura: “Niente scherzi né cambi di casacca. Quello che c'è nel programma è sacro”. E per certificarlo chiede ai suoi ministri e governatori di firmare i 6 punti in cui concentra le priorità del partito. L’impegno “a prendere per mano questo Paese” sottoscritto davanti a 100 mila militanti esclude in ogni caso qualunque sorpresa sui temi, tutti condivisi nel partito: dallo stop al caro bollette al nucleare, da flat tax al 15% e pace fiscale a Quota 41, dal ripristino dei decreti Sicurezza e una giustizia giusta fino all'autonomia regionale. Inoltre, Matteo Salvini lancia un'altra proposta: cancellare il canone Rai dalle bollette della luce e rimarca: “Novanta euro per un pensionato e un disoccupato significa fare la spesa tre volte in più”. Non dedica troppo spazio al rivale, quel Pd che prova a rubargli la scena scendendo in piazza alla stessa ora a Monza con centinaia di sindaci: “A Letta mandiamo un bacione. Ora è nervoso perché sta vedendo 100 mila persone. Ma Enrico, un panino con la salamella c’è anche per te”.
Letta riunisce i Sindaci e attacca la Lega: Pontida ormai provincia dell’Ungheria
Domenica è stata la volta dei sindaci democratici e progressisti in piazza a Monza per tirare la volata al segretario dem Enrico Letta. In 500, secondo gli organizzatori, sono arrivati nel capoluogo per partecipare alla manifestazione “I comuni per l'Italia”, con obiettivo dichiarato contrapporre il “buon governo” degli amministratori Pd alla “propaganda” della Lega come ribadito dal primo cittadino di Pesaro e coordinatore dei sindaci dem Matteo Ricci. Un luogo, quello del tradizionale raduno leghista, “diventato ormai provincia dell'Ungheria” mentre “Monza, oggi, è una grande capitale europea”, questo l'attacco lanciato alla destra da Letta “Non vogliamo che l'Italia segua il messaggio di Pontida, cioè andare verso l'Ungheria, verso una democrazia che si sta perdendo, tanto che il parlamento Ue l'ha sanzionata. Non vogliamo un'Italia che strizza l'occhio a Orban e Putin, vogliamo un'Italia che sia nel cuore dell'Europa e fedele alle sue alleanze”. Quindi l'affondo: “Il partito del Nord contro il Sud non andrà da nessuna parte, perché l'Italia è una e unita” e “noi siamo gli unici in grado di offrire politiche e soluzioni nazionali”.
Letta ottiene l’endorsement dell’Spd: “No ai post-fascisti”
Enrico Letta vola a Berlino, incontra il cancelliere Olaf Scholz e incassa l'endorsement della Spd. Il presidente dei socialdemocratici Lars Klingbeil ammette che “la preoccupazione in vista del voto in Italia c'è”, ma esorta: “Le elezioni si possono vincere anche agli ultimi metri. Sarebbe davvero un segnale importante se vincesse Enrico Letta e non Meloni, che, come partito post-fascista, porterebbe l'Italia in una direzione sbagliata”. Un duro attacco contro la leader di FdI, subito rilanciato dal segretario del Pd: “Se vincessimo noi, le democrazie sarebbero felici. Se vincesse la destra, il primo a essere felice sarebbe Putin”. La missione punta a rilanciare il protagonismo dell'Italia in Europa al fianco della Francia e della Germania e a spingere per una soluzione rapidissima alla crisi energetica in ambito Ue. Dalla Willy Brandt Haus Letta chiede un patto tra Roma e Berlino per affrontare le principali sfide europee, a partire dal gas. Quindi, torna sulle polemiche per il voto sull'Ungheria definendo “gravissimo il fatto che Meloni e Salvini aiutino Orban. L'Europa è la soluzione, non il problema come dicono loro”.
Dopo le contestazioni la Meloni attacca: il Governo consente le provocazioni
Giorgia Meloni alza il tono dello scontro politico attaccando frontalmente il Governo, accusato di consentire “sistematiche provocazioni” contro di lei e il suo partito. Ma denuncia anche la sinistra perché, a suo giudizio, facendo anche riferimento all'incontro di Enrico Letta con la Spd, “sta giocando a mettere in mezzo i poteri internazionali, ormai convinti che non gli serva avere il consenso degli italiani e preferiscono avere la protezione di alcuni poteri stranieri ed esteri”. Insomma, a pochi giorni dal voto, la leader di Fratelli d'Italia non si limita a stigmatizzare le contestazioni subite nei giorni scorsi ma mette al centro di questa campagna elettorale il serio rischio di disordini di piazza. “In nessuna democrazia evoluta l'unica opposizione al Governo è oggetto di sistematici attacchi da parte di Ministri, cariche istituzionali e grandi media. E, soprattutto in nessuna democrazia occidentale il Governo consente scientificamente provocazioni che potrebbero facilmente sfociare in disordini nelle manifestazioni politiche dell'opposizione. Questa gente” è l'affondo di Meloni “parla di Europa, ma il loro modello è il regime di Ceausescu. Non ci facciamo intimidire da chi odia la libertà e la sovranità popolare”.
Conte incontra Grillo a Genova e rilancia un M5S contro tutti
Giuseppe Conte non fa che ripetere: “Tutte le coalizioni, che poi sono cartelli elettorali, volevano e vogliono fuori il M5S. Questo riguarda tutto l'orizzonte politico, dal Pd fino alla Meloni. Ma siamo così scomodi?”, si chiede, credendo evidentemente che la strategia della corsa solitaria paghi. Ammiccando all'elettorato progressista, brandendo i temi cari del reddito di cittadinanza e della transizione ecologica, battendo soprattutto i territori del sud, dove si concentra la campagna elettorale dei cinque stelle, ma senza disdegnare qualche sortita al Nord. Come quella di ieri a Genova, dove il leader del M5S fa visita a Beppe Grillo, rilancia l'ennesima battaglia ambientalista contro il completamento della Gronda e intona Bella Ciao tra i banchi del mercato. “Siamo fiduciosi, c'è un rinnovato interesse e un rinnovato entusiasmo”, ammette Conte rispetto al risultato atteso dal voto. Ma nell'incontro con il garante del M5S Beppe Grillo non parla di sondaggi e aspettative: “Ero a Genova per un confronto con i cittadini e i commercianti liguri e poi prima di partire ho avuto un rapido saluto con Beppe Grillo. Ci siamo aggiornati sulla campagna elettorale. In realtà parliamo spesso al telefono. Lui è un grande esperto di comunicazione, appassionato e antesignano sui temi dell'ecologia, parliamo molto di questi temi e contenuti”.
La Meloni fa un endorsement alla destra spagnola. Pioggia di critiche
Il centrodestra, guidato da Fratelli d'Italia, che vince le elezioni in Italia e fa da apripista a un'esperienza simile anche in Spagna. È l'auspicio di Giorgia Meloni che, in un'intervista all'Efe, spiega i rapporti con Vox: “Ho avuto una lunga telefonata con Santiago Abascal, come spesso accade. Siamo uniti dal rispetto reciproco, dall'amicizia e dalla lealtà. Ci diverte il fatto che in Italia la sinistra usi Vox per attaccare FdI e viceversa in Spagna”. Le sue parole arroventano il clima nell'ultimo scorcio di campagna elettorale: “Vox è veramente un partito neofascista” punta il dito Carlo Calenda. “Io non ho mai evocato l'allarme democratico ma se la Meloni si mette a dire che vuole Vox al governo, che domani la Le Pen, Orban, magari l'AFD, attenzione perché lì c’è gente che è fascista dichiarata”. Per Meloni “la concretezza e il pragmatismo dei conservatori sono molto più efficaci delle ricette ideologiche della sinistra” e sono in grado di garantire al Paese “un forte cambiamento” affrontando “la priorità assoluta” di “sostenere le famiglie e le aziende in questa terribile fase di aumento dei prezzi e dell'energia”. Dal Pd piovono accuse. “Spero che Vox non abbia successo in Spagna, sarebbe un pessimo segnale per l'Europa”, ma “non mi sorprendono le parole della Meloni, conosco il suo rapporto con Vox”, taglia corto il segretario Enrico Letta.
Nel centrodestra è di nuovo scontro su scostamento di bilancio e flat tax
Nonostante un programma comune, le prospettive di vittoria alle elezioni e 15 Regioni in cui governano già insieme, la coalizione di centrodestra si divide sui conti pubblici. La distanza maggiore tra Lega, FdI e Fi è e resta sullo scostamento di bilancio: lo invoca e non si rassegna Matteo Salvini, insiste che “non è la soluzione” Giorgia Meloni, media Silvio Berlusconi, convinto che sarebbe meglio evitarlo, altrimenti “lo concordiamo con l'Europa”. Un solco li separa pure sulla flat tax, non solo sulle diverse aliquote della tassa piatta ma soprattutto sulla fattibilità della misura. A fotografare le differenze è la Meloni: “Noi oggi partiamo da una flat tax incrementale al 15% su tutto il reddito in più che si dichiara rispetto all'anno precedente, la Lega la propone al 15% e Forza Italia se non sbaglio al 23. Ma la nostra è un'introduzione più graduale, visti i saldi di bilancio e le casse dello Stato che non stanno benissimo”. È proprio lo stato dei conti pubblici a preoccupare di più FdI e frenare le promesse elettorali. Ancora più esplicitamente la leader, in un'intervista al Sole 24 ore, ammette: “Siamo consapevoli che potremmo salire su una nave malridotta che punta dritta verso la tempesta”.
Il centrodestra è unito: Berlusconi, Salvini e Meloni di nuovo insieme sul palco
Dopo quasi mille giorni Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini si ritrovano uniti a piazza del Popolo, a Roma, per l'evento conclusivo della campagna elettorale del centrodestra. Di certo, la manifestazione conferma che ormai i rapporti di forza all'interno della coalizione sono cambiati. Il Berlusconi e Salvini sembrano fare da spalla alla Meloni. La photo opportunity, con tutti i leader della coalizione, arriva subito, a inizio manifestazione (che comincia con oltre un'ora di ritardo) anche perché dopo gli interventi di ciascuno rimane sul palco solo Giorgia Meloni che chiude il suo intervento sulle note di Su di noi di Pupo.
È stato Silvio Berlusconi a rompere il ghiaccio “Siamo in tanti e sventolano tutte insieme le nostre bandiere, con quelle del nostro grande paese, l'Italia. Sono qui perché siamo uniti, siamo la maggioranza vera del paese” assicura il Cav, sottolineando che “l'Italia non vuole essere governata dalla sinistra. Abbiamo un grande futuro da realizzare insieme, in cui l'Italia possa riprendere la strada della crescita e del benessere”. Anche Matteo Salvini batte sul tasto dell'unità della coalizione “Siamo qui per prendere l'impegno a governare bene e insieme per cinque anni”, dichiara prima di mettere nel mirino le cancellerie europee che non vedono di buon occhio un governo italiano di centrodestra: “Non cambieremo collocazione internazionale. Siamo e rimarremo nella famiglia dei paesi liberi, democratici. Non siamo al soldo di nessuno, ma voglio governare un'Italia che venga rispettata, che vada nel mondo a testa alta senza prendere ordini da nessuno. Andiamo a vincere e per cinque anni governiamo insieme”.
Giorgia Meloni occupa la scena per oltre mezz'ora mandando un messaggio chiaro al centrosinistra: “Gli unici che hanno paura sono loro perché hanno capito che sta per finire il loto sistema di potere. Noi siamo pronti e lo vedrete il 25 settembre, domenica, fino all'ultimo voto”. “Costruiremo un governo saldo, coeso, con un forte mandato popolare che durerà per 5 anni, piaccia o no alla sinistra”, attacca e avvisa: “Faremo una riforma in senso presidenziale delle istituzioni italiane, e saremo felici se la sinistra vorrà darci una mano. Ma se gli italiani ci daranno i numeri lo faremo comunque”. Quello che non faranno, invece, è ricalcare la linea tenuta dai precedenti governi in tema di pandemia: “Se tornerà non accetteremo più che l'Italia sia l'esperimento dell'applicazione del modello cinese a un paese occidentale. Il modello Speranza ci ha regalato una nazione che aveva le più grandi restrizioni e allo stesso tempo i più alti dati di contagio e di mortalità. Non piegheremo più le nostre libertà fondamentali a questi apprendisti stregoni!”. La Meloni, infine, boccia “l'idea di democrazia” secondo la quale “se vinci le elezioni ma non sei del Pd non hai diritto di governare, se perdi le elezioni e sei del Pd allora devi governare. Ma quell'Italia sta per finire e finisce domenica”. “La loro tesi è: non abbiamo niente da dire, però siccome la Meloni è pericolosa voi turatevi il naso e votate a sinistra. Ma questa nazione si è già turata il naso troppe volte e forse è arrivato il momento di respirare a pieni polmoni, perché l'aria che si respira qua intorno è aria di libertà”.
I partiti scelgono Roma per la chiusura della campagna elettorale
Ultimi giorni di campagna elettorale, ultime ore a disposizione dei partiti per marcare il territorio e tentare la volata; del resto, è proprio nei giorni che precedono il voto che si spostano o riposizionano gli indecisi. Da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, da Enrico Letta a Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Matteo Renzi, tutti i big stanno battendo palmo a palmo la penisola. Ma per le tradizionali chiusure i leader preferiscono la Capitale. Ieri è toccato al centrodestra piazza del Popolo e oggi alle 18.00 sarà la volta del centrosinistra sempre nella stessa piazza. Ieri hanno chiuso anche l'Alleanza Verdi Sinistra ai Fori Imperiali e Italexit in Piazza Campo de Fiori. Roma è la sede prescelta anche dal Movimento 5 Stelle, che però chiuderà la campagna elettorale in una location meno capiente rispetto Piazza del Popolo: Giuseppe Conte salirà sul palco allestito in piazza santi Apostoli, luogo storico della sinistra ai tempi delle vittorie di Romano Prodi, che lì insediò il suo quartier generale; l'appuntamento è alle 18.00. La Capitale è stata scelta anche dal Terzo polo per il comizio finale: Carlo Calenda e Matteo Renzi a partire dalle 18.00 saranno al Gianicolo.