Luigi Di Maio lascia il M5S. Con lui 62 parlamentari
Luigi Di Maio è uscito dal Movimento 5 Stelle, una scissione annunciata maturata in questi mesi e resa imprescindibile dopo i profondi attriti con Giuseppe Conte sul posizionamento del Movimento nei confronti della guerra in Ucraina. Dopo giorni di polemiche, accuse e botta e risposta, la decisione è stata di creare un nuovo gruppo che si chiamerà Insieme per il futuro. Ai due gruppi parlamentari avrebbero aderito, per ora, 51 deputati e 11 senatori, in tutto 62, ma nelle prossime ore il numero è destinato a salire ancora. La nuova formazione guidata dal Ministero degli Esteri potrà contare su una folta truppa di esponenti del Governo: oltre a lui stesso c'è l'adesione del viceministro all’economia Laura Castelli, del sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano e di quelli del Sud Dalila Nesci, della Salute Pierpaolo Sileri e della Giustizia Anna Macina. I nuovi capigruppo sono Iolanda Di Stasio per la Camera e Primo Di Nicola per il Senato mentre la carica di coordinatore politico è affidata a Vincenzo Spadafora.
Insieme per il futuro sostiene il Governo e si posiziona al centro
In una breve conferenza stampa, Luigi Di Maio ha spiegato le motivazioni dell’uscita dal Movimento 5 Stelle. “Da oggi inizia un nuovo percorso. Per fare progredire l'Italia da Nord a Sud verso le sfide globali abbiamo bisogno di aggregare i migliori talenti e le migliori capacità, perché uno non vale l'altro”. L’“operazione verità” di Di Maio parte dalla “ambiguità in politica estera” del M5S, da quel “bivio” in cui lui e i suoi hanno deciso di stare “dalla parte giusta della storia perché picconare la stabilità del Governo, solo per ragioni legate alla crisi di consenso, è da irresponsabili”. L’obiettivo primario è dunque chiaro: “Rafforziamo la stabilità del Governo”, dice il ministro degli Esteri con un partito che “non è personale ma un percorso di ascolto dei territori”. Per quanto riguarda le possibili alleanze, è Spadafora a chiarire: “C'è uno come Beppe Sala con cui ci piacerebbe dialogare”, rivela, escludendo invece alleanze con Matteo Renzi, Carlo Calenda e Giovanni Toti. Intanto, per quanto riguarda il simbolo Insieme per il futuro, quasi certamente Bruno Tabacci accetterà di cedere il simbolo di Centro democratico per consentire al gruppo dei dimaiani di costituirsi autonomamente a Palazzo Madama.
Beppe Sala guarda con attenzione a Di Maio e ai centristi
Dopo giorni di indiscrezioni Beppe Sala rompe il silenzio. Il sindaco di Milano ha deciso di parlare dopo che più volte è stato accostato alla nascita del nuovo centro al fianco di quello di Luigi Di Maio: “I centristi per governare dovrebbero comunque stare con altri, da una parte o dall'altra. Per quanto mi riguarda non potrei stare con la destra. Non potrei stare con i populisti, ma solo con chi ha veramente un animo popolare”. Sala ribadisce poi ancora una volta di voler restare a palazzo Marino fino a fine mandato, ma tra le righe c'è già traccia di quello che potrebbe essere l'orizzonte: “La politica ora è la mia vita e lo sarà certamente anche in futuro. Per questo parlo con tutti e sono interessato al futuro del mio Paese. Da tempo mi dedico alla questione ambientale e seguiterò ad impegnarmi in questo senso. Con il realismo che orienta la mia azione a Milano”, precisa.
Conte conferma l’appoggio a Draghi ma è pronto il ritorno di Di Battista
Dopo la scissione Di Luigi Di Maio è tornato a parlare Giuseppe Conte: “Non va trascurato il rilievo politico di un nuovo gruppo, ma rimaniamo forti con i nostri valori e ideali e il nostro progetto politico. Le ragioni per cui i cittadini hanno votato M5S non sono venute meno e porteremo avanti quel mandato fino alla fine”. Conferma che non chiederà le dimissioni del titolare della Farnesina e che “il sostegno a Draghi non è messo in discussione” anche se diverse fonti raccontano dell’insofferenza che serpeggia tra i Cinque Stelle per la permanenza nel Governo. Afferma di non accettare “lezioni su atlantismo ed europeismo” e soprattutto che non vede alcun motivo per lasciare la guida dei Cinque Stelle; anzi, anche se non sarà più la prima forza politica in Parlamento. Un assist per il Movimento arriva dal grande ex Alessandro Di Battista: “Potrei riavvicinarmi al Movimento ma a una condizione, che è l'unica accettabile per i tanti delusi, me per primo, di queste ore: uscissero dal Governo e facessero opposizione.
Letta punta ancora sul campo largo
Nervi saldi. È la parola d'ordine che circola nel Pd dopo la scissione che ha terremotato il M5S. La svolta non ha sorpreso Enrico Letta, che era consapevole da tempo delle tensioni fra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Ad ogni modo, tutto ciò non intacca le ambizioni e gli obiettivi del Pd: al Nazareno c’è la consapevolezza che l'ultima cosa da fare sarebbe entrare nel derby Conte-Di Maio e che è un bene che entrambi considerino centrale il dialogo con il Pd e nel centrosinistra. Dopo i ballottaggi di domenica, inizierà la lunga marcia verso le politiche del 2023 e Letta, al momento, non cambia l'idea di puntare sul campo largo, bocciato però quotidianamente da Matteo Renzi e Carlo Calenda nonostante sia fondato sull’appoggio incondizionato al Governo Draghi. Proprio su questo punto si potrebbe consumare lo strappo con Giuseppe Conte nel caso in cui decidesse di uscire dalla maggioranza.
Parlamento dà ok alla risoluzione sulle Comunicazioni di Draghi per il Consiglio
L’accordo di maggioranza sul testo della risoluzione alle comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi in vista del Consiglio europeo è arrivato quasi allo scadere e solamente dopo che il Premier aveva terminato il suo discorso in Senato. Le divisioni tra i partiti sul conflitto ucraino e l'annuncio della scissione interna al M5S hanno, per forza di cose, ritardato l'intesa e tenuto il Governo sul filo fino all'ultimo. Al termine di una trattativa finale di circa 12 ore, si arriva al testo che l'Aula di Palazzo Madama approva con 219 voti favorevoli, 20 contrari e 21 astenuti. Situazione molto più facile alla Camera dove il via libera è arrivato senza patemi. Nel suo intervento ha ricevuto numerosi applausi, in particolare quando, in un vibrante intervento fuori programma, ha spiegato l'importanza di supportare con armi e sanzioni la difesa dell’Ucraina, affinché non sia sottomessa. Parole forti con cui il premier, rafforzato dall'addio di Luigi Di Maio ai 5 stelle, prende di petto un argomento delicato per la sua maggioranza, quello degli aiuti militari, per chiarire, una volta per tutte, da che parte sta l'Italia e perché.
Il Consiglio Europeo riconosce lo status di candidato a Ucraina e Moldavia
È una giornata storica per l'Unione Europea: il Consiglio Europeo ha dato il via libera alla concessione dello status di paese candidato all'Ucraina e alla Moldavia e al riconoscimento della prospettiva europea della Georgia, una decisione presa alla luce del contesto geopolitico e che “rafforza tutti, l'Ucraina, la Moldavia e la Georgia di fronte all'aggressione russa e l'Unione Europea perché mostra ancora una volta al mondo che è unita e forte di fronte alle minacce esterne”, ha rimarcato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. I paesi candidati diventano ora ufficialmente sette, mentre rientrano sotto la voce di potenziali candidati la Bosnia-Erzegovina e in un certo senso la Georgia, su cui “il Consiglio europeo è pronto a concedere lo status di paese candidato una volta che saranno state affrontate le priorità specificate nel parere della Commissione”, si legge nelle conclusioni del vertice. “Naturalmente, tutti i paesi devono fare i compiti prima di passare alla fase successiva del processo di adesione”, ha rimarcato von der Leyen.
Ballottaggi, Berlusconi e Salvini rilanciano l’unità del centrodestra
“Il centrodestra ha bisogno di essere unito, senza perdersi in questioni sterili come la discussione sulla futura leadership. Dove siamo riusciti a farlo, come a Palermo, abbiamo dimostrato di rappresentare la maggioranza naturale degli italiani. Dove ci siamo divisi, dove sono prevalsi, mai per nostra iniziativa, motivi di contrasto locali, abbiamo fatto un regalo insperato alla sinistra”. Lo ha detto Silvio Berlusconi intervenendo telefonicamente a un'iniziativa organizzata da Forza Italia Sicilia per festeggiare l'elezione di Roberto Lagalla, nuovo sindaco di Palermo.
Sulla stessa linea anche Matteo Salvini che continua a sostenere di essere al lavoro per una coalizione “compatta e più allargata e coerente possibile” in vista delle politiche ma appare piuttosto freddo nel commentare le parole di Nello Musumeci che ha annunciato un passo di lato nella corsa alla ricandidatura da presidente di Regione in attesa che i partiti trovino l’intesa. “Per la Sicilia decideranno i siciliani. E tanti che conosco si aspettano qualcosa di nuovo. L'importante è che ci sia un centrodestra unito”. La questione della ricandidatura di Musumeci, comunque, come avevano chiesto più volte nelle scorse settimane Lega e Forza Italia, sarà affrontata dopo i ballottaggi.
In Parlamento i centristi si muovono in ordine sparso
Intanto, i contatti e i movimenti tra i centristi in Parlamento sono frequenti. Dopo l'addio e il passaggio a Ipf di Simona Vietina e Antonio Lombardo, Coraggio Italia non è più un gruppo parlamentare della Camera. L'ufficializzazione data dal presidente Roberto Fico dà il via a una nuova metamorfosi della geografia parlamentare. Tra i 18 deputati rimasti è pronta a consumarsi una nuova scissione: 10-11 parlamentari di Coraggio Italia sarebbero pronti a fondersi in una nuova componente del gruppo Misto, federando Italia al centro, drappello guidato da Giovanni Toti e Gaetano Quagliariello, e Vinciamo Italia, guidato dall'ex capogruppo CI Marco Marin. Gli altri 7 deputati secondo diversi rumors “alla fine approderanno in Insieme per il futuro”, ma è Emilio Carelli a chiamare l'alt: “Abbiamo incontrato questa mattina Luigi Brugnaro e gli abbiamo ribadito la volontà di restare in Coraggio Italia e di rilanciare il progetto anche sul territorio”.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano con il 23,1%, sopravanzando di quasi due punti il Partito Democratico (21,3%). Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 8 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,2%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,6% e al 2,4%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa torna a crescere (5,4%) mentre Italia Viva rimane ferma (2,6%). In discesa il consenso del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che si attesta al 12,5% prima della scissione di Luigi Di Maio. Nell’area del centrodestra, la Lega non fa registrare cambiamenti rispetto all’ultima rilevazione (15,1%) così come Forza Italia che si ferma al 7,4%. Italexit di Gianluigi Paragone, infine, si attesta al 2,4%.
Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 66,7%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 36,2%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 45,6%; infine, il rassemblement dei partiti di centro (Azione Più Europa e IV) si attesta all’8% dei consensi.