Tajani rilancia il partenariato strategico con la Cina
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha svolto una delicata missione in Cina, ha chiarito la strategia italiana nei rapporti con Pechino di fronte alla sempre più probabile uscita dalla Belt and Road Initiative: spingere l'acceleratore sul partenariato strategico firmato nel 2004. I passi sono concreti: “Prima della fine dell'anno sarà qui in Cina il ministro della Ricerca e Università Anna Maria Bernini, nelle prossime settimane il ministro del Turismo Daniela Santanché. Poi naturalmente ci sarà il presidente del Consiglio” Giorgia Meloni, attesa in autunno. E con l'occasione dei 700 anni dalla morte di Marco Polo, “il prossimo anno verrà in Cina il presidente Sergio Mattarella, a suggellare questa forte amicizia e collaborazione su temi concreti”. Quello di Tajani con l'omologo cinese Wang Yi è stato un colloquio improntato alla cordialità, nonostante il nodo della Via della Seta da sciogliere entro la fine dell'anno. Su questo tema Tajani ha esposto “le valutazioni del Governo italiano. Dovremo ascoltare il Parlamento per decidere”.
Dalla missione Tajani porta a casa “un bilancio certamente positivo che vede rafforzarsi le relazioni tra Italia e Cina nel contesto del partenariato strategico”. “L'export rappresenta il 40% del Pil, noi abbiamo il dovere di rafforzarlo” e ora “si aprono nuove opportunità in Cina”, ha evidenziato il Ministro parlando anche di “progressi nell'apertura del mercato cinese ai prodotti di eccellenza del settore agroalimentare italiano”. Attenzione è stata posta alla promozione della diplomazia culturale, il rilancio dell'interscambio turistico e la lotta all'italian sounding. Tuttavia, da Pechino l'auspicio è che anche “la parte italiana possa creare un ambiente di business equo, trasparente, aperto e non discriminatorio verso le imprese cinesi”. Il colloquio tra Wang e Tajani è stato occasione per affrontare il tema della stabilizzazione dell'Africa e dei rapporti con l'Ue, “dove l'Italia è sostenitrice del dialogo con Pechino”, ha sottolineato il vicepremier, “come pure di un confronto franco e aperto su principi e valori”.
Meloni ricompatta la maggioranza su manovra e riforme
Mercoledì Giorgia Meloni ha riunito a Palazzo Chigi i capigruppo di maggioranza, presenti anche i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari; assente giustificato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti perché non si parlava solo di manovra. Il vertice, durato circa due ore, è servito per fare il punto sulle questioni di metodo e non si sarebbe entrati nel merito della prossima legge di bilancio. Prima di parlare dei provvedimenti della manovra si attendono i dati definitivi che arriveranno a fine mese con la presentazione (entro il 27) della Nadef; da chiarire l'ammontare delle coperture della legge manovra sulla quale ancora ci sono alcuni margini di incertezza: dalla classificazione Eurostat delle spese per il superbonus, alla configurazione definitiva della tassa sugli extraprofitti contenuta nel decreto asset all'esame del Senato, alla consistenza della spending review imposta ai ministeri.
Sullo sfondo un Pil che dovrebbe centrare l'obiettivo del Def di aprile, almeno per il +1% atteso nel 2023, e le due rate del Pnrr da 16,5 e 18,5 miliardi che, nel corso del question time alla Camera di mercoledì, il Governo ha confermato saranno incassate tra inizio ottobre e fine anno. Al momento ci sarebbe l’accordo delle forze di maggioranza di intervenire e concentrare le risorse su “salari, sanità, famiglie e pensioni”. Meloni ha ribadito l'invito a ragionare in termini di legislatura, dunque, senza puntare a provvedimenti elettorali. Nessuna frenata sulle altre riforme: la delega fiscale, l'autonomia differenziata, la riforma della Giustizia e la riforma Costituzionale. Quest'ultima, in particolare, si assicura che “nelle prossime settimane arriverà a definizione”. Al termine, il messaggio che viene dato è di una maggioranza compatta con una visione di lungo periodo.
Per Meloni il ritorno ai parametri Ue pre-Covid sarebbe drammatico
La battaglia europea dell'Italia si concentra soprattutto sulla necessità cambiare le regole della governance Ue prima che ritornino i parametri pre-Covid del Patto di stabilità. Ne va anche della prossima legge di Bilancio, come fa capire chiaramente la premier Giorgia Meloni nella conferenza stampa dopo il Cdm di giovedì: “Sarebbe drammatico ritorno a vecchie regole”, dice apertamente, spiegando di essere “convinta che sia di fondamentale importanza riuscire a modificare le regole della governance Ue prima che rientrino i parametri pre-Covid del Patto di stabilità o prorogare le attuali regole”, perché “con il contesto attuale e la politica attuata dalla Bce, aggiungere il ritorno ai parametri pre-Covid produrrebbe una contrazione molto importante delle economie già in sofferenza, non solo l'Italia”. Il nostro Paese “pone il tema degli investimenti. Se l'Ue si dà priorità strategiche come la transizione verde e quella digitale, quindi vara fondi come il Next Generation Eu, e dall'altra parte affronta il tema della difesa con la guerra in Ucraina, le regole che si decide di portare avanti devono tenere conto di queste strategie”.
Salvini attacca Gentiloni: “sembra Commissario straniero”
In vista alle prossime elezioni europee il vicepremier e segretario della Lega, Matteo Salvini ha attaccato Paolo Gentiloni. “Ho avuto l'impressione di avere un Commissario europeo che giocava con la maglietta di un'altra nazionale. Più che dare suggerimenti, elevava lamenti e critiche”, ha detto intervenendo a Roma a un convegno. Una dichiarazione che ha sollevato subito le critiche delle opposizioni. Salvini aveva espresso le sue critiche proprio parlando delle prossime elezioni europee. Secondo il leader della Lega “il voto europeo del prossimo giugno sarà determinante per gli equilibri che mi auguro nuovi in Parlamento e Commissione. Sui temi della casa, del lavoro, dell'auto, della mobilità, della sicurezza, dell'immigrazione, la prossima legislatura europea sarà quella per cui si vive o si sopravvive. Penso a temi demenziali come la plastic tax, fatti contro l'industria italiana, che è una delle più green. Invece di aiutarti, ti tassano. Io spero che Timmermans vinca le elezioni in Olanda e vada a fare danni solo lì e non in tutta Europa”. Di elezioni europee ha parlato anche Paolo Gentiloni, ribadendo che non si candiderà: “Magari mi sbaglio, ma per la prima volta da quando si vota per il Parlamento europeo, può essere che le prossime elezioni siano davvero per l'Europa, e non per testare il consenso nazionale o regionale”.
Renzi si candiderà alle europee: “il Centro siamo noi. E saremo decisivi”
Matteo Renzi scende in campo alle Europee: sarà lui il capolista de “Il Centro” nella circoscrizione Nord Ovest. E per questo l'annuncio arriva da Milano, con una conferenza stampa che delinea la strategia dell'ex premier: essere decisivi all'interno del gruppo di Renew Europe e poi da lì giocare da protagonisti la partita della prossima maggioranza europea. Per Renzi non deve cambiare: “La maggioranza Ursula non ha alternative, la maggioranza Giorgia invece non è una maggioranza, e comunque noi con i Conservatori non ci staremmo”. La scommessa di Renzi è dunque “una maggioranza che vada dal Ppe ai socialisti, senza Afd o gli estremisti di sinistra, senza Vox o i M5S. La stessa maggioranza che c'è stata adesso, portando con la nostra famiglia un contributo che faccia stare l'Europa dalla parte del tavolo e non dalla parte del menu: vogliamo svegliare l'Europa”. Il primo passo sarà superare lo sbarramento del 4%: in quel caso “grazie alle dimensioni dell'Italia eleggeremmo 4 europarlamentari, saremo decisivi nel gruppo di Renew”, assicurano i renziani; per riuscirci, “non saremo soli”, dice Renzi, ma i nomi dei non li ufficializza. Quelli che circolano sono sempre gli stessi: Beppe Fioroni, Cateno De Luca, Letizia Moratti.
Lega e Fi dicono no ad abbassare lo sbarramento al 3% in vista delle europee
L'ipotesi di un abbassamento della soglia di sbarramento dal 4 al 3% per le elezioni europee tramonta ancor prima di essere messa nero su bianco. A chiamare l'alt, dopo l'apertura arrivata da FdI, sono Lega e FI. La modifica della legge elettorale non è una priorità, ma soprattutto è giusto che gli Italiani scelgano i propri rappresentanti senza che ci siano aiutini: chi ha i voti, ottiene il seggio, si legge in una nota. Non solo. In teoria sarebbe più ragionevole alzare la soglia: consentirebbe di limitare la frammentazione politica che rende il Paese più debole. A stretto giro arriva la presa di posizione, pressoché identica, di FI. “Matteo Renzi aveva il 40% e Palazzo Chigi. Ora arranca, pietisce la riduzione del quorum per entrare al Parlamento europeo dal 4 al 3% che non otterrà.
Non sarà rivista la soglia di accesso, semmai bisognerebbe portarla al 5%” dice chiaro Maurizio Gasparri; “Se Renzi non ha voti nel paese, si rassegni e faccia più conferenze in Arabia Saudita”. “La soglia di sbarramento per le elezioni europee è al 4% e per FI non si deve toccare, siamo totalmente contrari a modificarla, soprattutto al ribasso”, gli fa eco il portavoce nazionale azzurro Raffaele Nevi. La maggioranza, quindi, appare ancora una volta divisa. È però il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan a chiarire la posizione del suo partito: FdI non ha detto no, ma questo non vuol dire che abbia detto sì. FdI non ha assunto una posizione anche perché non è stata formalizzata alcuna proposta di legge e ovviamente si parla innanzitutto con gli alleati; non è questa, insomma, la priorità del momento.
Renzi contro tutti: attacca il Pd, M5S e il Governo Meloni
Matteo Renzi torna a parlare e ad attaccare il Pd e il M5S. In attesa che si concretizzi la sua recente idea di Centro, l'ex premier prende le distanze dal “populismo di sinistra di Conte e Schlein” e dal “sovranismo di destra di Meloni e Salvini, che fanno populismo e un decreto legge su ogni fatto di cronaca”. Il Centro che immagina Renzi “è inteso come spazio di riformismo e valori che non sono di chi dice facciamo affogare i migranti”. Ma sono ancora i dem e i 5 stelle a irritarlo: “Trovo abbastanza sconvolgente che in questo ultimo mese il Pd abbia sostenuto le misure del Governo, ad esempio sulle banche. Il M5S sostiene il Governo sulle questioni della Rai, noi abbiamo fatto un'opposizione a questo Governo durissima”.
Sull’abbassamento al 3% della soglia di sbarramento per le elezioni europee, Renzi rassicura che la legge non va cambiata: “Il Governo Meloni ha fatto aumentare la benzina, l'inflazione picchia durissimo, sta per ripartire la scuola con costi superiori e davanti a questo caos vogliamo metterci a parlare della soglia di sbarramento?” Quanto ai consensi, il leader di Iv conta su chi ha votato Terzo polo, su un pezzo di Pd “che non può accettare la deriva a sinistra della Schlein” e su una parte di FI “che votava per Berlusconi e ora non può votare Salvini e Meloni, perché quando c'era Berlusconi era FI ma ora, con tutto il rispetto, con Tajani è forse Italia”. A Giorgia Meloni suggerisce che sul patto di stabilità “deve avere il sostegno di tutti, dovrebbe fare alleanze in Europa, con Macron, con Scholz, non deve muoversi da sola, altrimenti perde. La bussola è l'intervento di Mario Draghi sull'Economist”.
Schlein rilancia l’azione del Pd su lavoro e sanità per compattare opposizioni
Lavoro e sanità pubblica: partono da qui le battaglie del Pd di Elly Schlein. La segretaria è tornata alla festa nazionale dell'Unità a Ravenna da dove, domenica, nell'intervento di chiusura, traccerà le linee su cui schiererà il partito per costruire un fronte comune con le altre opposizioni, a partire da M5S e Azione: un dettaglio non di poco conto, soprattutto traguardando i tantissimi appuntamenti elettorali locali (regionali e comunali) che, insieme alle Europee, caratterizzeranno il prossimo anno. Schlein è tornata a Ravenna per una giornata interamente dedicata al lavoro: dal salario minimo alla lotta alla precarietà, alla sicurezza.
Insieme all'ex ministro Andrea Orlando, a Yolanda Diaz, vicepremier spagnola e principale protagonista della legislazione lavoristica spagnola alla quale il Pd si vuole ispirare, don Luigi Ciotti e soprattutto il Maurizio Landini. Fra Pd e Cgil resta qualche divergenza, ma prevale la sintonia, come ha fatto notare Orlando. Anche la lotta alla precarietà è un tema sul quale si fanno prove di sponda fra Pd e Cgil. Elly Schlein ha ricordato come la precarietà sul lavoro sia nemica anche della sicurezza, mentre Landini ha rilanciato anche l'ipotesi di raccogliere le firme per convocare referendum che tentino di abrogare alcune leggi che causano la precarietà. E poi c'è la sanità: per la segretaria “Non basta difendere la sanità pubblica, dobbiamo migliorarla. Il Pd ha tra le priorità, di qui alla manovra, la difesa della sanità pubblica universalistica e anche le altre opposizioni concordano su questa battaglia da fare”.
Il Governo vara il decreto Mezzogiorno: fondi per Lampedusa
Intanto, in attesa della legge di bilancio il Mezzogiorno torna a essere in primo piano. Il Governo, infatti, vara il decreto che istituisce la Zes unica, con un credito d’imposta per le aziende, escluse quelle dell'industria che produce o distribuisce energia. Non solo, tra le varie misure approvate in Cdm, c'è anche quella che finanzia progetti di riqualificazione di Lampedusa e Linosa per 45 milioni di euro: “L’attenzione del Governo verso le isole minori trova la sua prima concreta attuazione nel decreto legge in favore di Lampedusa, un lembo di terra europea di grande interesse strategico”, commenta a caldo il Ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci.
Entrando nel dettaglio, il provvedimento “al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola” predispone “un piano degli interventi finalizzati alla realizzazione e alle manutenzione straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria, alla realizzazione di impianti di depurazione e gestione delle acque reflue, alla realizzazione di nuovi edifici pubblici nonché d’interventi di riqualificazione ed efficientamento energetico di quelli esistenti”. Le risorse provengono dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, nel periodo di programmazione 2021-2027” e Invitalia svolgerà funzioni di “stazione appaltante”. È “una prima misura compensativa di fronte alle problematiche e ai disagi sofferti dall’Isola per il fenomeno migratorio”. Anche il Mimit rivendica l'importanza del via libera al decreto per il Sud, che al suo interno contiene le nuove norme per Lampedusa.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG il 4 settembre, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 28,2%, davanti al PD (20,1%). Sei punti percentuali in più per il Movimento 5 Stelle al 16,9%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 8,1 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,3%, mentre Unione Popolare all’1,9%. Nell’area centrista, Azione è data al 3,5%, mentre Italia Viva al 2,8%. Nella coalizione del centrodestra, Lega (9,4%) e Forza Italia (6,4%) perdono qualche punto percentuale, rispettivamente 3% e 8%. Italexit di Paragone resta stabile al 2,2%.
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) scende al 44,0%; sale di sei punti percentuali il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra al 26,0%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, sale al 6,3% e infine, fuori da ogni alleanza, il M5S sale al 16,9%.