Il Cdm vara un nuovo decreto Covid: confermata la linea rigorista
Stop agli spostamenti tra le Regioni e lockdown più duro nelle zone rosse fino al 27 marzo: il primo decreto sull'emergenza Covid del governo di Mario Draghi conferma la linea del rigore e introduce un ulteriore inasprimento rispetto al provvedimento che scadrà il 25 febbraio. Per altri 30 giorni la mobilità sarà interdetta in tutta Italia, ad eccezione degli spostamenti motivati da esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute e per far rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione. La scelta è in linea con quanto sollecitato dagli scienziati che da tempo ripetono l’importanza del blocco degli spostamenti, ma il Cdm è andato oltre, ritenendo anche necessario modificare la norma che consentiva tra le 5 e le 22 la possibilità di andare a trovare amici o parenti in un'abitazione diversa dalla propria. Il testo approvato li vieta nelle zone rosse dove si tornerà a un lockdown come a marzo: da casa si potrà infatti uscire, a parte i motivi di lavoro, salute e necessità, solo per fare attività motoria nei pressi della propria abitazione. Resta infine confermata la misura che consente a chi abita nei Comuni con meno di 5 mila abitanti di poter muoversi anche verso Comuni diversi, ma in un raggio di 30 chilometri e non nei capoluoghi di provincia. La stretta ulteriore conferma i timori del Governo ed è passata nonostante all'interno della maggioranza le posizioni siano tutt'altro che unitarie, con la linea rigorista di Roberto Speranza contrastata apertamente da Matteo Salvini.
Faccia a faccia tra Draghi e Salvini, la situazione è critica: abbassare i toni
Il momento è delicato, la bilancia delle misure anti-Covid, con la variabile delle varianti ormai in Italia, va calibrata con la massima attenzione, e lo stesso equilibrio è opportuno anche nei toni della politica. È sostanzialmente questo il ragionamento che il premier Mario Draghi avrebbe fatto a Matteo Salvini in un faccia a faccia a Palazzo Chigi voluto dallo stesso presidente del Consiglio, al quale il leader leghista ha risposto confermando la serietà dell'approccio del suo partito ai dossier legati all'emergenza Covid, auspicando contestualmente chiarezza da parte del Comitato tecnico scientifico per garantire decisioni bilanciate da parte del Governo. Quella del premier è stata una giornata in gran parte legata all'emergenza Covid: il capo del Governo, in vista della scadenza del Dpcm il 5 marzo, non si discosta dalla linea della prudenza, ed è pronto a una stretta se e laddove necessario.
Il governo non allenta le misure. Il nuovo Dpcm varrà fino a Pasqua
La variante inglese, a maggior diffusione, sarà presto prevalente, l'Rt si appresta a superare la soglia 1, le terapie intensive in 5 regioni sono sopra la soglia critica del 30%: con questi dati, “non ci sono le condizioni per allentare le misure di contrasto alla pandemia” dice chiaramente il Ministro della Salute in Parlamento. E il nuovo Dpcm che entrerà in vigore dal 6 marzo coprirà anche le vacanze di Pasqua, fino a martedì 6 aprile. Per Speranza la linea da seguire è quella della prudenza, in continuità col Conte 2. Per una definizione del Dpcm si attendono i dati del monitoraggio settimanale di oggi. Speranza offre una prospettiva positiva: si vede “finalmente la luce in fondo al tunnel”: il Covid, grazie alla progressione della campagna vaccinale, “può essere arginato” ma, avverte, “in questo ultimo miglio non possiamo assolutamente abbassare la guardia. Non ci sono oggi le condizioni epidemiologiche per allentare le misure di contrasto”. Sottovalutare i rischi porterebbe a “una nuova diffusione incontrollata del contagio, che metterebbe nuovamente in crisi i nostri ospedali e renderebbe più difficile la nostra campagna di vaccinazione”. Ecco perché, osserva, “sarebbe un grave errore se all'improvviso, senza una chiara evidenza scientifica”, ci fosse un cedimento delle misure adottate. La strada è invece quella di continuare a differenziare le misure sul piano regionale, agendo in modo proporzionale alla situazione di contagio di ciascun territorio. (Speciale Coronavirus)
Dopo le tensioni il Cdm trova la quadra sui sottosegretari
Dopo giorni di tensione fra i partiti, mercoledì sera è stata completata la squadra di Ministri e Sottosegretari del primo Governo Draghi. Alla fine delle trattative il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alla nomina dei 39 sottosegretari, quasi tutti politici. Fra questi 11 sono andati al Movimento 5 stelle, 9 alla Lega, 6 al Partito Democratico, 6 a Forza Italia, 2 ad Italia Viva, uno a Liberi e Uguali, uno a Noi con l'Italia, uno a +Europa, uno al Centro democratico. Fra i tecnici, spicca il nome di Franco Gabrielli, che lascia il posto di Capo della Polizia per diventare la nuova Autorità delegata ai servizi segreti. Dei 39 componenti del sottogoverno 19 sono donne, così come auspicato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. Ora l’esecutivo dell’ex numero uno della Bce è completo così da poter affrontare le difficili sfide del suo mandato. (Speciale Ministri e Sottosegretari Governo Draghi)
L’Ue è con Draghi, linea dura per le aziende inadempienti sui vaccini
Al summit dei leader europei passa la linea di Mario Draghi: bisogna accelerare sui vaccini penalizzando le Big Pharma inadempienti sulle forniture. Con l'apertura di Angela Merkel, è stato trovato un primo accordo per il via libera ai passaporti vaccinali, i certificati che potranno consentire a chi ha ricevuto le dosi di muoversi e viaggiare; vanno fatti entro tre mesi, è stato questo l'impegno politico. Con 51,5 milioni di dosi di vaccini distribuiti complessivamente nell'Unione a fine febbraio, e solo l'8% di europei che hanno ricevuto almeno la prima immunizzazione, i capi di Stato e di Governo hanno chiesto che la Commissione adotti un approccio più rigido nell'applicazione del controllo dell'export per quelle aziende farmaceutiche che non rispettano i patti: “Non sarà un blocco”, ha detto Emmanuel Macron, “perché questo comporterebbe una frammentazione della produzione mondiale”. Ma la strada è quella di penalizzare chi non rispetta le consegne. L'obiettivo, come ribadito da Ursula Von der Leyen, resta quello di immunizzare il 70% della popolazione adulta, ovvero 255 milioni di persone entro fine estate, ma i grafici sulle dosi previste in consegna nel secondo e nel terzo trimestre, come rilevato da Draghi, non rassicurano. Il quadro è ancora piuttosto vago. Invece serve certezza sulla data delle consegne. Sul tema del passaporto Covid, come sottolineato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, nonostante restino vari interrogativi la strada è aperta: l'obiettivo è scongiurare “misure unilaterali”, come quelle ventilate dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz e dal greco Kyriakos Mitsotakis; ora serviranno tre mesi per lo sviluppo tecnico di un sistema interoperabile europeo, la base necessaria di un pass per tornare a viaggiare e dare una boccata di ossigeno alle economie che vivono di turismo.
Zingaretti punta alla rigenerazione del Pd ma le polemiche interne non mancano
Il cuore della relazione è ovviamente sul tema all'ordine del giorno: la questione di genere. Ma il Pd è scosso da tensioni quotidiane, con il fronte dei sindaci all'attacco, con veleni di corridoio su uno Zingaretti che sarebbe prossimo alle dimissioni e poi problemi sul territorio come il caso esploso tra i dem in Toscana e da ultimo l'intervista di Andrea Orlando che ha fatto infuriare Base Riformista: insomma di fronte a tutto questo il segretario non ha eluso il tema e ha dedicato alla questione alcuni passaggi della sua relazione in Direzione Nazionale, senza entrare nello specifico dei nodi aperti, di congresso o non congresso, ma neanche del tema alleanze. Zingaretti ha ribadito però che, se si vuole vincere, non si può fare a meno di un sistema di alleanze e ha rinnovato l'appuntamento per l'assemblea nazionale del 13 e 14 marzo come primo passaggio per entrare nel vivo della discussione. E parla di rigenerazione del partito: “Il 13 e il 14 marzo abbiamo deciso di convocare l'assemblea nazionale per aprire una discussione sul futuro dell'Italia, il ruolo del Pd dopo la formazione del governo Draghi e quanto ci aspetta nei prossimi mesi e anni. È il tempo di una rigenerazione del Partito Democratico”. Il Pd ribolle ma il punto di caduta delle tensioni che attraversano i dem non è ancora definito. Anche chi parla esplicitamente di congresso, sa che non è pensabile convocarlo ora in piena pandemia. Insomma, se un chiarimento sembra necessario dentro un Pd in fibrillazione, i tempi però su quando confrontarsi non sembrano immediati, con il rischio di un avvitamento delle tensioni.
Di Maio lancia la svolta liberale
I cambiamenti non sono mai indolori. Lo stanno imparando sulla propria pelle anche i Cinque Stelle, che vivono la fase di transizione più intensa della loro storia, con una scissione di fatto, una battaglia di carte bollate alle porte e la necessità di ripensare il futuro. Il primo a lanciare l’idea è Luigi Di Maio, che parlando alla base ribadisce “questo Governo rappresenta il punto di arrivo di un’evoluzione in cui i Cinque Stelle mantengono i propri valori, ma scelgono di essere finalmente e completamente una forza moderata, liberale, attenta alle imprese, ai diritti e che incentra la sua missione sull’ecologia”. Parlando di “evoluzione” da completare “con l’ingresso di Giuseppe Conte”, l’ex capo politico apre le porte della casa all’ex premier, anche se non è chiaro con che ruolo, Di Maio bada alla sostanza: “Se si sta parlando di far entrare Conte, significa che a un anno da quando ne ho lasciato la guida, il Movimento ha realizzato che senza una leadership forte non si va da nessuna parte”. La svolta suggerita da Di Maio alimenta il dibattito tra governisti e ortodossi. Max Bugani, uno che il M5S l’ha visto nascere dall’Emilia-Romagna, e attuale capo staff della sindaca di Roma Virginia Raggi, è tranchant: “Quindici anni di battaglie per diventare una costola di Berlusconi? Un trionfo. Gianroberto Casaleggio in piazza ci fece scandire il nome di Berlinguer, non quello di Luigi De Mita'”.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini rallenta di quasi mezzo punto rispetto alla scorsa rilevazione (23,1%). Discorso simile anche per il Movimento 5 Stelle. Il consenso dei pentastellati non fa registrare cambiamenti rispetto alla precedente rilevazione (15,4%). La Lega resta comunque il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 4,8 punti, mentre il gap rispetto a FdI, la terza forza politica italiana, si attesta a 5,6 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (1,8%) mentre Sinistra Italiana-MDP Articolo Uno riprende quota (4,3%). Nell’area centrista, +Europa rimane pressoché stabile (1,9%), così come Italia Viva che perde mezzo punto (2,6%). Discorso differente, invece, per Azione che perde quota (3,9%). In difficoltà anche il Partito Democratico che si attesta al 18,3%. Nell’area del centrodestra, in ottima salute Fratelli d’Italia che si conferma come la terza forza politica nazionale (17,5%) mentre Forza Italia trae giovamento dalla rinnovata centralità politica (7,5%).
Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 78,8% nelle intenzioni di voto, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e LeU raggiunge il 38%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 48,1%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta all’8,4% dei consensi.