Sergio Mattarella è stato rieletto presidente della Repubblica con 759 voti

Dopo quasi una settimana, all’ottavo scrutinio la fumata bianca è arrivata e Sergio Mattarella è stato rieletto Presidente della Repubblica. Al temine dello spoglio i voti sono stati 759, più di quelli ottenuti da Francesco Cossiga nel 1985, da Carlo Azeglio Ciampi nel 1999 e da Giorgio Napolitano bis nel 2013. A seguire Carlo Nordio ha raccolto 90 voti, Nino Di Matteo 37, Silvio Berlusconi 9, Elisabetta Belloni 6, Mario Draghi 5, Pier Ferdinando Casini 5 e  Elisabetta Casellati 4. I presenti e votanti erano 983, nessun astenuto. Le schede bianche sono state 25, le nulle 13 e le disperse 18. Subito dopo la proclamazione alla Camera, il presidente della Camera Roberto Fico e la presidente del Senato Elisabetta Casellati sono saliti al Quirinale per comunicare a Sergio Mattarella l'esito della votazione. In un breve discorso, il presidente Mattarella ha dichiarato: “Desidero ringraziare i parlamentari e i delegati regionali per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l'elezione della presidenza della Repubblica, nei giorni dell'emergenza che stiamo ancora attraversando, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste considerazioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e devono prevalere su considerazioni e prospettive personali”.

Mattarella giura mettendo al centro la dignità. Inizia il suo secondo settennato

Giovedì è stato il giorno del giuramento, davanti al Parlamento in seduta comune, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il discorso del Capo dello Stato è in crescendo, molto diverso dal primo messaggio di sette anni fa. Sobrio, alto, impeccabile, il tredicesimo capo dello Stato si rivolge ai grandi elettori che lo hanno rieletto dopo giorni di tensioni politiche. Sul bis poche parole, dosate: “Una nuova chiamata alla responsabilità alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi”, scandisce. Il Presidente ringrazia le Camere e le Regioni per la “fiducia manifestata chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’unità della Repubblica” ed elogia il Parlamento certificandolo come luogo “più alto della rappresentanza democratica, dove la volontà popolare trova la sua massima espressione”. Mattarella non ha dubbi: le italiane e gli italiani, in particolare “quelli più in sofferenza”, si attendono “dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio”. E il Parlamento ha saputo mettere fine al “prolungarsi di uno stato di profonda incertezza politica e di tensioni” durante la settimana di votazioni alla Camera, conscio delle “conseguenze che avrebbero potuto mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese impegnato a uscire da una condizione di gravi difficoltà”. 

I grandi elettori, secondo Mattarella “hanno avuto questa consapevolezza” quando hanno concluso “i giorni travagliati della scorsa settimana. Travagliati per tutti, anche per me”, chiosa. Da questo punto in poi del messaggio, il Presidente guarda a un futuro tutto da costruire perché l'Italia è “un grande Paese” e può farcela. La sua sarà una guida salda, che avrà come faro la Costituzione, com’è stato per il suo precedente mandato. Questa la strada da seguire, ma sarà realizzabile solo con “lo sforzo comune” di tutti i livelli del sistema Paese. Gli obiettivi sono tanti, ma le emergenze (sociali, sanitarie ed economiche) restano la spinta che ha convinto Mattarella alla rielezione benché avesse altri piani. Ma per far questo è necessaria una Repubblica “capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche”. È qui il passaggio più politico del messaggio quando invoca “l'inveramento della democrazia”, richiamando i partiti “a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali”. Bisogna favorire “una stagione di partecipazione”, con il Parlamento che ha il grande compito di stabilire nuove regole: “Senza partiti coinvolgenti così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica”. E in questo contesto si inserisce “l'indispensabile dialogo collaborativo tra Governo e Parlamento”. 

Il Capo dello Stato ringrazia l'esecutivo di Mario Draghi che sta portando il Paese fuori dall'emergenza, ma nello stesso tempo lo avverte: “Il Parlamento sia posto in condizione sempre di poter esaminare” e “valutare con tempi adeguati” gli atti del Governo. “La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi”, richiama. “Costruire un’Italia più moderna è il nostro compito”, è l'incitamento del capo dello Stato, e sarà realizzato se tutto il tessuto della Repubblica viaggerà su un solo binario, quello di difendere l'Unità del paese, rimuovendo gli ostacoli, tra cui le diseguaglianze che segnano la penisola, che non sono il prezzo da pagare alla crescita ma piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita”. Combattere le morti bianche, contrastare la violenza sulle donne, difendere la vita quando ci si interroga sui migranti, lottare contro la tratta degli esseri umani, e tanto altro come costruire un Paese “libero dalle mafie”. Mattarella non si stanca di ripetere la parola “dignità” come “pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile”. E non è un caso che, tra i nomi citati dal capo dello Stato, il suo discorso si è chiuso con un ricordo di David Sassoli, “testimonianza di uomo mite e coraggioso” di cui fra sue le ultime parole dette in pubblico: “La speranza siamo noi”. Ecco, rimarca il nuovo capo dello Stato, “noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica. Viva la Repubblica, viva l’Italia!”

Il Governo lavora per terminare lo stato di emergenza il 31 marzo

Nel Cdm di lunedì il Governo ha rinnovato le misure anti Covid in scadenza ma ha scelto una linea soft, dando un primo segnale del cambio di passo che ci sarà nelle prossime settimane con un graduale allentamento delle restrizioni e un ritorno alla normalità. Dunque fino al 10 febbraio rimarrà l’obbligo di mascherina all’aperto anche nelle zone bianche. La scelta del Governo ha sostanzialmente l'obiettivo di prendere tempo e vedere l'andamento della curva dei contagi, che da giorni mostra una tendenza a calare ma non si è ancora stabilizzata: se i dati si consolideranno, i divieti non verranno prorogati. Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri conferma la linea, spingendosi oltre: “Credo che il 31 marzo lo stato d'emergenza non sarà prorogato e per la fine del mese avremo abbandonato tante di quelle restrizioni che oggi abbiamo” sottolinea ipotizzando anche un “ripensamento” del green pass. 

La Lega si astiene in Cdm sul nuovo decreto Covid 

Il Premier Mario Draghi, aprendo il Consiglio dei ministri di mercoledì, ha annunciato la fine della dad e di ogni tipo di restrizione, anche in zona rossa, per chi ha completato il ciclo di vaccinazione. È l'inizio di un percorso, sottolinea il premier, annunciando “un calendario di superamento delle restrizioni vigenti”. La maggioranza, però, si spacca. I ministri della Lega Massimo Garavaglia ed Erika Stefani decidono di non votare il decreto, ritenendo “discriminatorie” le norme che consentono a chi è immunizzato di restare in classe. Giancarlo Giorgetti, invece, non era presente: il titolare del Mise non partecipa né alla riunione della cabina di regia né al Cdm. Una nota scritta insieme a Garavaglia e Stefani serve a fugare ogni dubbio: “Pur condividendo le misure di apertura contenute nel decreto approvato oggi in Cdm, in coscienza non potevamo approvare la discriminazione tra bambini vaccinati e non vaccinati”. Draghi, in ogni caso, tira dritto. Non la pensano così al Nazareno: per i Dem “quanto accaduto in Cdm è un atto preoccupante che rischia di aumentare l'instabilità e creare nuova confusione nel Paese. Salvini e la Lega hanno a più riprese affermato giustamente di avere a cuore il rafforzamento dell'esecutivo nell'interesse dell'Italia. Confidiamo, quindi, che quello di oggi sia solo un incidente”. 

Il decreto Covid prevede nuove misure per le scuole e green pass illimitato con booster

Dalla scuola ai colori delle Regioni, la discesa della curva dei contagi fa allentare le misure anti-Covid. Secondo quanto deciso dal Cdm di mercoledì, serviranno 5 casi positivi in una classe di nido o materna per attivare la quarantena di 5 giorni. Anche alla primaria, i ragazzi non vaccinati andranno in dad solo con 5 casi positivi tra i compagni, mentre quelli dotati di green pass rafforzato seguiranno le lezioni a scuola, in regime di auto sorveglianza, indossando mascherine ffp2. Per quanto riguarda la scuola secondaria, andranno in dad solo i non vaccinati, per 5 giorni, a partire dal secondo caso di contagio. Sul fronte green pass, la durata del certificato diventa illimitata dopo la somministrazione della dose booster e, anche nelle regioni in zona di rischio rossa, le limitazioni varranno solo per i non immunizzati. Per quanto riguarda i turisti, a chi arriva in Italia verrà riconosciuto lo status vaccinale del Paese di origine e, solo qualora le norme non siano identiche alle nostre, sarà chiesto un tampone supplementare. 

Letta riapre il dibattito sulla legge elettorale proporzionale con soglia al 5%

L'elezione del Presidente della Repubblica riapre il dibattito sulla legge elettorale, con lo scongelamento di alcune posizioni che rendevano impraticabile il confronto: il fermo no della Lega e di FI al proporzionale, perorato invece dal M5S, bloccava qualsiasi discussione, come anche le ripetute dichiarazioni di Letta in favore del maggioritario, che avevano fatto parlare nei mesi scorsi di un asse con Giorgia Meloni. Ora la richiesta di riaprire il dossier fatta dal segretario del PD e le prime aperture sul proporzionale da parte di FI e perfino nella Lega permettono almeno di riaprire il dibattito. Sullo sfondo c’è il Germanicum, cioè un proporzionale ma con una soglia al 5%, che è la bozza accolta come testo base in Commissione affari costituzionali della Camera, ma ferma da mesi. Domenica Enrico Letta ha inserito la legge elettorale tra le priorità, con l'obiettivo di superare le liste bloccate. Non ha dunque parlato esplicitamente di superamento della parte maggioritaria contenuta nel Rosatellum (il 36% dei seggi), che spinge a coalizioni definite prima del voto. Ma all'ultima Direzione quasi tutte le correnti (Base riformista, AreaDem, la sinistra di Andrea Orlando e i Giovani turchi) hanno sostenuto il proporzionale, e il segretario si è dichiarato pronto al confronto.

IMattarella Bis apre la strada alle riforme. FdI chiede il presidenzialismo

Mentre da Sergio Mattarella arriva l'appello ad aprire una nuova stagione di riforme in Parlamento, i partiti si preparano a darsi battaglia. A insistere sull'elezione diretta è FdI: “Mi auguro sia l'ultimo giuramento di un presidente della Repubblica non scelto dagli italiani ma frutto di veti e inciuci tra i partiti” scrive su Twitter Giorgia Meloni, chiedendo “presidenzialismo subito”. Sempre a fine marzo andrà discussa la proposta di tagliare i grandi elettori delle Regioni, a corredo della riforma sul taglio dei parlamentari. Proprio in vista di questo passaggio occorre procedere con la revisione dei regolamenti parlamentari: alla Camera i due relatori, Emanuele Fiano (PD) e Simone Baldelli (FI), sono pronti a riferire in giunta il lavoro istruttorio svolto fin qui, che punta tra l'altro anche a disincentivare i “cambi di casacca”. Ma rimane aperta la questione delle Commissioni: Palazzo Madama con 200 senatori non potrà reggere le 14 Commissioni permanenti attuali. Intanto le commissioni Affari Costituzionali dovranno stilare un calendario per portare a termine una serie di proposte di legge già avviate. Le riforme costituzionali, con il procedimento di approvazione rafforzato, hanno bisogno di tempo. Alla Camera entro fine mese arriverà l'ok definitivo alla tutela dell’ambiente in Costituzione. Aspetta anche la nuova disciplina del referendum propositivo, la sfiducia costruttiva e le competenze del Parlamento in seduta comune. Ci sono anche le proposte sulla nuova base elettorale del Senato (circoscrizionale anziché regionale) e la riforma del titolo V (per la clausola di supremazia). E ancora la limitazione della decretazione d'urgenza e la legge elettorale.

Salvini incassa la fiducia della Lega e punta alla federazione. La Meloni dice no

“Il centrodestra si ricostruisce, non c'è problema”. Ne è convinto Matteo Salvini dopo il disastro politico nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica. Il segretario della Lega non fa passi indietro rispetto a quanto avvenuto e anzi, il Consiglio federale gli conferma “piena fiducia”, dandogli mandato di lavorare “per creare, allargare e potenziare un'alleanza alternativa alla sinistra”. Certo, rimettere insieme i cocci stavolta non sarà così facile viste le distanze registrate con Forza Italia e FdI. E anche i rapporti coi centristi di Coraggio Italia sono ai minimi termini, col deputato leghista Edoardo Rixi che ha accusato apertamente Giovanni Toti di tradimento per il mancato sostegno alla candidatura di Elisabetta Casellati. Il segretario della Lega è meno tranchant, “non do del traditore a nessuno, e lavoro per unire”. Al centro della discussione resta il progetto di federazione del centrodestra, sul modello del Partito Repubblicano americano, ipotizzato da Salvini ma rispedito al mittente da Giorgia Meloni. “L'Italia affonda ma i partiti che sostengono questo Governo sono impegnati a dar vita ad alleanze e federazioni del tutto innaturali pur di sopravvivere”, l'affondo social della presidente di FdI che guarda sempre alle elezioni: “Ridiamo la parola al popolo italiano che in democrazia è sovrano”. Comunque le distanze per ora rimangono, servirà tempo, anche se di tempo ce ne è poco visto che fra qualche mese ci sono le elezioni amministrative.

I parlamentari del M5S chiedono a Conte e Di Maio un chiarimento in assemblea

La battaglia interna al M5S tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio non si ferma dopo le accuse reciproche di tradimento arrivate dopo l’elezione di Mattarella. Il pomo della discordia restano le modalità del confronto. I vertici pentastellati restano convinti di portare il Ministro degli Esteri al voto degli iscritti, ma alcuni organismi sono incompleti. Così l’ex premier inizia a tirare il freno: “Voto online? Non anticipo nulla, sono cose delicate”, dice a La7. In Parlamento, intanto, cresce il fronte di chi chiede che il faccia a faccia si svolga in un’assemblea congiunta. Il primo passo lo hanno mosso i senatori durante la riunione settimanale del gruppo di Palazzo Madama: diversi gli interventi per chiedere di virare verso questo tipo di soluzione; chi ha preso parte all’assemblea, però, rimarca la forte contrarietà dell’ala vicina a Conte. Nel frattempo anche nelle truppe Cinque Stelle di stanza a Montecitorio si fa largo l’idea che questa sia l’unica strada percorribile, se non si vuole provocare un’implosione del M5S. 

Diversi deputati chiedono a gran voce che sia anche l’ex premier a dare spiegazioni sulle trattative condotte per l’elezione del presidente della Repubblica; l’affaire Belloni è argomento che scotta ancora. “Scissione? Il Movimento è la casa di Di Maio. Però Conte deve spiegare seriamente, stavolta non può finire a tarallucci e vino”, dice il presidente della Commissione per le Politiche Ue della Camera Sergio Battelli al Corriere della SeraGiuseppe Conte, da par suo, prova a deviare le polemiche: “Non è una questione riservata fra me e il ministro Di Maio: non potrei accettare che fosse messa in questi termini”. Sottolinea che “chiarimento pubbliconon vuol dire che siamo alle gogne. Una comunità deve poter riflettere al suo interno con tutte le sue componenti, gruppi parlamentari e iscritti”. Beppe Grillo la sua l’ha già detta, anche se i dubbi sull’interpretazione del post sul “Cupio dissolvi”, se sia un endorsement per Conte o un tentativo di mediazione, restano tutti in piedi e nessuno se la sente davvero di dare un solo significato all’uscita dell’Elevato. 



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