Ad un mese esatto dal voto, mercoledì 4 aprile al Quirinale sono iniziate le consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Com’era prevedibile, si è trattato di una fumata nera. Al termine di due giorni fittissimi durante i quali il Capo dello Stato ha incontrato, oltre alle alte cariche dello Stato, tutti i gruppi parlamentari, Sergio Mattarella ha potuto solamente rilevare che “non è emersa nessuna maggioranza politica e nessuno schieramento ha i voti necessari per formare un governo”.

Vista la situazione, il Capo dello Stato ha deciso di rimandare tutto alla prossima settimana. Ci sarà quindi un secondo giro di colloqui che sarà affrontato dopo una pausa di riflessione. Un modo per ricordare ai partiti le loro responsabilità: non un paio di giorni quindi, ma cinque per “valutare la situazione, le convergenze programmatiche e le possibili soluzioni per dar vita a un governo”.

I colloqui dovrebbero iniziare mercoledì e molto probabilmente si terranno in una sola giornata, visto che al Colle non saliranno di nuovo i presidenti di Camera e Senato, né il presidente emerito Giorgio Napolitano. Qualora non si arrivi ad una svolta, Sergio Mattarella non darà una terza chance alle forze politiche: a quel punto è plausibile pensare che darà un incarico esplorativo a una personalità istituzionale.

L'incrocio di veti paralizza il dialogo tra le principali forze politiche potenzialmente in grado di esprimere un esecutivo. La questione è piuttosto complessa vista l’indisponibilità del M5S a supportare un accordo con Matteo Salvini che includa Fi e quindi Silvio Berlusconi, ed è nota l’assoluta contrarietà del leader del Carroccio a far saltare la coalizione di centrodestra per un’alleanza con i Cinque stelle. A complicare il quadro c’è anche l’insistenza di Fi per un coinvolgimento del Pd, una possibilità alla quale la Lega è nettamente contraria e che a sua volta si scontra contro la volontà dei Dem di rimanere all’opposizione.

Davanti al Capo dello Stato, il leader del M5S Luigi di Maio ha formalizzato la sua proposta di contratto alla tedesca da sottoscrivere in alternativa con la Lega o con il Pd. In casa Pd in molti dubitano sulla reale apertura dei pentastellati: in questo frangente le parole di Di Maio sembrano solamente strumentali a mettere pressione al partito di Matteo Salvini.

L’orientamento a cercare una sponda con la Lega per la nascita del prossimo esecutivo in casa Cinque Stelle sembra chiaro ma ciò non toglie che i veri nodi siano ancora tutti da sciogliere. Il No ad ogni possibile accordo con il partito di Silvio Berlusconi imporrebbe al leader del Carroccio di rompere la coalizione, una possibilità che al momento non sembra ancora percorribile: la rottura indebolirebbe la Lega non solo in Parlamento ma anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali come le regionali in Friuli-Venezia Giulia

In casa Pd la tensione è alle stelle. Per il momento, la decisione assunta in direzione nazionale di rimanere all’opposizione ha retto al primo giro di consultazioni. Il segretario reggente Maurizio Martina intanto ha annunciato l’intenzione di candidarsi alla guida del partito mentre Matteo Renzi ha riunito in segreto i suoi fedelissimi. Un incontro per fare il punto sul posizionamento dei renziani e per pianificare i passi da compiere in vista dell’assemblea nazionale del 21 aprile.

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Settimana Politica 31 marzo - 7 aprile 2018



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