La presidenza Ue spera ancora che l’Italia ratifichi il Mes
La presidenza belga dell'Ue è tornata a parlare del Mes in vista di un semestre segnato certamente dai dossier economici, a cominciare dal Patto di stabilità. È una riforma che il Belgio vuole chiudere, portando avanti parallelamente l'Unione bancaria e quella dei capitali. In merito al primo tema, il no del Parlamento italiano al Mes potrebbe smuovere le acque. La presidenza al Cmdi, ovvero la riforma della gestione delle crisi bancarie e l'assicurazione dei depositi. La Commissione, ad aprile, ha fatto la sua proposta, ora spetterà al Belgio facilitare i negoziati. “Visto che il backstop del Mes non è disponibile è importante andare avanti”, ha spiegato il ministro delle Finanze Vincent Van Peteghem, per il quale, il rafforzamento della gestione delle crisi bancarie non è un piano B. “La prima opzione, lo scenario preferibile, resta che l'Italia ratifichi il Mes”. “Ho ascoltato le parole del premier Meloni, mi sembra difficile che accada”. Bruxelles, insomma, ci spera ancora. Ma, per l'Ue, il tema del Mes resta comunque separato da quello del Patto di stabilità. Nel corso della Plenaria di gennaio l'Eurocamera approverà la sua posizione negoziale. Poi inizieranno i triloghi tra le istituzioni comunitarie. La presidenza di turno punta a chiudere i negoziati marzo per permettere la ratifica del Patto ad aprile prima della chiusura della legislatura.
Sulla Sardegna è ancora stallo. Meloni vede Salvini e Tajani
Nel centrodestra non c’è ancora la quadra sui candidati per le elezioni regionali. Sulla Sardegna FdI spinge per Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari, la Lega vorrebbe il bis per il presidente uscente Christian Solinas le cui quotazioni sono in discesa. Resta solo da capire come e quando verrà annunciata la decisione e se ci sarà un'eventuale compensazione per la Lega. La tensione resta alta, tanto da generare un piccolo giallo su un presunto confronto fra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani. I tre si vedono in una riunione allargata al Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, organizzata per fare il punto dopo la pausa natalizia sul dossier immigrazione. Poi circola la notizia che si siano di nuovo visti all'ora di pranzo per trovare una quadra sulle regionali: Tajani, uscendo dalla sede del Governo nel primo pomeriggio spiega che “non si è parlato delle regionali” ma “solo dell'attività di Governo, e si è fatto un punto sulla situazione internazionale”. Da Chigi e dal Carroccio smentiscono che ci sia stato un secondo incontro. Intanto, la Lega schiaccia l'acceleratore sul terzo mandato per i governatori: il deputato della Lega Alberto Stefani ha depositato una pdl. Ma quella delle regionali non è l'unica questione aperta, ci sono anche le Europee; Meloni non ha ancora sciolto la riserva su una sua eventuale candidatura, Matteo Salvini si è tirato fuori dalla corsa e Antonio Tajani non potrà prendere una decisione prima del congresso di Fi.
Tensione alla Camera, FdI propone riforma della Corte dei Conti
Il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti ha presentato una pdl di riforma della Corte dei Conti. Immediate le polemiche. La pdl è criticata da Pd, M5S e Avs. Il testo, composto da 5 articoli prevede che, qualora un determinato atto abbia superato il controllo preventivo di legittimità e quindi sia stato vistato e registrato dalla Corte, non sarà più possibile sottoporlo a giudizio per responsabilità erariale da parte degli amministratori che lo hanno adottato. Nel caso in cui si arrivi a una conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale, si esclude poi la responsabilità per colpa grave degli amministratori. E limiti vengono messi anche alle sanzioni. In caso di colpa grave ed escludendo le ipotesi di illecito arricchimento, da 150 euro fino al massimo di 2 annualità per l'amministratore. E le due annualità diventano il massimale della copertura assicurativa.
Con la pdl si introduce anche l'obbligo di assicurazione per chi gestisca risorse pubbliche. Possibile un periodo di sospensione, da 6 mesi a 3 anni, dalla gestione di risorse pubbliche e si potrà essere destinati a incarichi di studio o ricerca. In caso di comportamento doloso, la Corte potrà destituire il dirigente o il funzionario pubblico. Sugli appalti Pnrr, i magistrati avranno tempi ridotti per i controlli, che dovranno avvenire al momento dell'aggiudicazione invece che alla stipula del contratto. Se la Corte non risponde tempestivamente o non effettua il controllo preventivo nei termini, c’è l'esclusione della colpa grave.
La maggioranza e Iv cancellano il reato di abuso d'ufficio
La Commissione Giustizia del Senato ha cancellato il reato di abuso d'ufficio. È solo un primo passo quello che si compie approvando l'articolo 1 del ddl Nordio, ma l'accordo raggiunto in maggioranza sembra ormai blindato. A spiegarlo è la presidente della Commissione Giulia Bongiorno, che si dichiara soddisfatta per essere riuscita a strappare agli alleati l'impegno di dar vita a un tavolo per “rivedere tutti i reati contro la PA”. L'aver voluto cancellare l'abuso d'ufficio, anziché riformarlo, infatti, aveva sottolineato qualche tempo fa la stessa Bongiorno - che è anche responsabile Giustizia della Lega - comporta il rischio per l'amministratore pubblico di vedersi contestati reati ben più gravi, come la corruzione, e pertanto si renderebbe necessario un riesame complessivo della materia. Ad approvare l'articolo 1 del testo e a respingere tutti gli emendamenti del centrosinistra sono la maggioranza e IV. Lo stop al reato è una “bella notizia” per la sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento Matilde Siracusano (FI), così come per il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi. Ma il più soddisfatto di tutti è ovviamente il Ministro Nordio secondo il quale “l'abrogazione di questo reato evanescente”, chiesta “da tutti gli amministratori di ogni parte politica”. Critiche il resto delle opposizioni ed eccezione di Azione e IV.
La Camera ha approvato definitivamente il decreto sul Piano Mattei
Il decreto sul Piano Mattei è stato approvato definitivamente dalla Camera con 169 voti favorevoli, 119 contrari e 3 astenuti. Per il Governo il provvedimento sarebbe un modello di governance per gestire i progetti per e con l'Africa. L'obiettivo è la collaborazione dell'Italia con Stati del Continente africano” per garantire la costruzione di un nuovo partenariato volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza. Il decreto istituisce innanzitutto una cabina di regia presieduta dalla premier Giorgia Meloni con il Ministro degli Esteri Antonio Tajani come vicepresidente e composta dagli altri Ministri e da una serie di altri soggetti (Regioni, Ice, Cdp, Sace, Simest). Della cabina di regia fanno parte i rappresentanti di: partecipate, università e ricerca, della società civile e del terzo settore, enti pubblici o privati, esperti, individuati con Dpcm.
La struttura deve coordinare le attività di collaborazione tra Italia e Stati del Continente africano svolte; ma anche finalizzare, monitorare e aggiornare il Piano e approvare la relazione annuale al Parlamento. Viene inoltre istituita presso la Presidenza del Consiglio una struttura di missione con un proprio coordinatore individuato tra gli appartenenti alla carriera diplomatica. Entro il 30 giugno di ciascun anno, il Governo trasmette alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del Piano. Il Piano vero e proprio, con il dettaglio delle priorità d'azione, dovrà essere varato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Alla conferenza stampa di fine anno, Meloni ha annunciato la volontà di presentarlo alla Conferenza Italia-Africa del 28-29 gennaio.
Il Parlamento rinnova gli aiuti all’Ucraina. Tensione nel Pd
Il Parlamento dice sì alla proroga dell'invio di aiuti e armi all’Ucraina, ma non mancano le polemiche. Il Ministro della Difesa Guido Crosetto si presenta alla Camera per le sue comunicazioni e ribadisce la linea. Il Cdm del 19 dicembre scorso ha approvato il decreto che, previo Atto d’indirizzo del Parlamento, autorizza le forniture all'Ucraina fino al 31 dicembre 2024: “L'Italia supporta dall'inizio e con determinazione ogni azione per favorire l'apertura di un confronto diplomatico e arrivare quanto prima a una soluzione negoziale che non sia disgiunta da una pace giusta. Senza che ciò venga erroneamente interpretato come una volontà di disimpegnarsi dal nostro sostegno al fianco dell'Ucraina, che resta forte e totalmente inalterato”. La maggioranza applaude compatta e presenta una risoluzione unitaria. Anche Azione, IV e Più Europa firmano un testo comune che ribadisce questo impegno e lo stesso fa il Pd.
Di diverso segno la risoluzione presentata dal M5S. Giuseppe Conte e compagni chiedono al Governo di “interrompere immediatamente la fornitura” di armi a Kiev. Alla fine, passa la risoluzione di maggioranza, anche con i voti di Azione, Iv e Più Europa; il Pd si astiene, il M5S e Avs votano contro; vengono approvati anche i testi dell’ex Terzo polo e dei dem. All'interno del Pd emergono delle differenze: l'ex Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, infatti, ha votato a favore dei punti delle risoluzioni presentate dal centrodestra e da Azione, Iv e Più Europa che prevedono la proroga di invio di armi e mezzi a Kiev, nonostante l'astensione dei suoi. Il presidente del Copasir, poi, ha votato contro, a fronte dell'astensione dei dem, sulla diminuzione delle spese militari chiesta dal M5S. Come lui Lia Quartapelle e Marianna Madia. In Senato: sono Dario Parrini, Filippo Sensi, Pier Ferdinando Casini, Simona Malpezzi, Valeria Valente e Tatjana Rojc a votare gli impegni su Kiev, mentre Susanna Camusso non vota il testo Pd. In ogni caso non sono mancate le polemiche interne al Pd rivolte alla posizione del partito guidato da Elly Schlein.
Le opposizioni salgono sulle barricate dopo la manifestazione di Acca Larentia
Il video della manifestazione di estrema destra a Roma in ricordo dei fatti di Acca Larentia ha spinto tutte le opposizioni sulla stessa barricata. Al Senato e alla Camera il Pd ha presentato interrogazioni al Governo: “Meloni non ha niente da dire?”, ha chiesto la segretaria Elly Schlein sui social. Il M5S ha imboccato anche le vie legali, annunciando un esposto in Procura. Sulla manifestazione le opposizioni hanno mostrato compattezza: i 5 stelle si uniranno alla richiesta del Pd di un intervento in Parlamento del Governo. Matteo Renzi ha parlato di “scene inaccettabili”. La richiesta delle opposizioni a Giorgia Meloni è che “Condanni e prenda le distanze”. Intanto lo ha fatto il vicepresidente della Camera di FdI Fabio Rampelli: “FdI non c'entra nulla”. In una nota, il partito di FdI ha parlato di “ipocrisia della sinistra” perché “è dal '78 che si commemorano, anche con il rito del presente, dei ragazzi uccisi da un commando terroristico di estrema sinistra” e “finora, anche sotto i governi Pd, si è reputato di non intervenire”. Nessuna presa di posizione dalla Lega, mentre Antonio Tajani ha ricordato la legge contro “l'apologia di fascismo. Chi ha avuto un comportamento del genere deve essere condannato”.
La maggioranza si compatta sul premierato. Solo emendamenti condivisi
Dopo il vertice di Palazzo Madama sul premierato, la maggioranza è compatta sulla necessità di mantenere il punto fermo dell'elezione diretta del premier, ma apre all'ipotesi di modifiche sui due nodi che ancora restano da sciogliere, ovvero la soglia del premio di maggioranza e il cosiddetto “premier di riserva”. Gli emendamenti al ddl vanno presentati in Commissione Affari costituzionali entro il 29 gennaio: “La volontà è di andare avanti in questa riforma è centrale per il programma del Governo” sottolinea il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Gli fa eco il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri che spiega come l'intenzione sia quella di “agire congiuntamente su eventuali ritocchi”. Dal canto suo, la ministra Elisabetta Casellati, dopo il vertice nel quale “si è respirata un'ampia armonia”, ribadisce che “l'unico punto irrinunciabile è l'elezione diretta del presidente del Consiglio. C'è stata un'ampia condivisione del testo presentato in Commissione. Si farà un approfondimento e se ci saranno dei correttivi, e sottolineo se, saranno correttivi ed emendamenti sottoscritti da tutta la maggioranza”.
Le opposizioni incalzano Nordio sul caso Pozzolo e sulle dimissioni di Delmastro
Il caso Pozzolo arriva in Senato. L'episodio del colpo di pistola partito la notte di Capodanno da un'arma di proprietà del deputato FdI Emanuele Pozzolo a una festa nel Biellese in cui era presente anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, ferendo il genero di un uomo della scorta dello stesso Delmastro, è stato al centro d’interrogazioni di Iv e Pd al Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Le opposizioni chiedono le dimissioni di Delmastro e di fare chiarezza sull’accaduto e sul ruolo della scorta. Nordio replica che “sono in corso indagini e sarebbe improprio, se non delittuoso, se io rivelassi delle cose, ammesso che le sapessi e non le so perché fortunatamente il segreto istruttorio è stato doverosamente tutelato”. Ma sull'opportunità di farsi accompagnare dalla scorta, Nordio spiega: “Non vi è nulla di scandaloso se a una manifestazione conviviale partecipano anche le persone che devono tutelare chi vi partecipa”. Le opposizioni non sono soddisfatte della risposta del Ministro e continuano ad attaccare.
Sui balneari il Governo lavora a una lettera per l’Ue. Avanti con la mappatura
Nessuna richiesta di proroga delle concessioni: proseguirà il lavoro di mappatura delle spiagge, saranno necessari tutti i passaggi per completare l'iter dell'operato del tavolo tecnico, tra questi anche quello alla conferenza Stato-Regioni: è questa in sintesi la traccia della lettera sui balneari che i tecnici dell'esecutivo stanno preparando e che sarà inviata a Bruxelles entro il 16 gennaio, giorno in cui scadono i due mesi per rispondere alla missiva di avvio della procedura d’infrazione inviata dalla Commissione Ue. Il Governo comunicherà la prossima settimana i dati emersi dopo l'analisi del tavolo tecnico, con l'obiettivo di aprire un confronto nel merito con Bruxelles. Dovrebbe essere una risposta interlocutoria, nella quale si sottolineerà che è necessario ancora del tempo per completare il lavoro in corso e per trovare una soluzione. Fermo restando che non si chiederà una proroga delle concessioni, spiegano fonti informate. Ieri a largo Chigi c'è stata una riunione dei tecnici dei ministeri interessati al dossier. Per la maggioranza l'obiettivo resta sempre quello di rimarcare che non c'è scarsità di risorse e di tutelare le imprese.
Sull’ex Ilva il Governo spinge per un divorzio consensuale da Arcelor Mittal
Le condizioni poste da Arcelor Mittal per rimanere in Acciaierie d’Italia sono inaccettabili e impercorribili; per traghettare Taranto fuori dalla crisi produttiva in cui versa e garantire l’occupazione di un bacino che conta 20mila lavoratori tra diretti e indiretti, serve un intervento drastico. Dopo mesi di trattative andate a vuoto tra il governo e il colosso franco-indiano, il Ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso nell’informativa in Senato sull’ex Ilva annuncia un cambio di rotta, che potrebbe concretizzarsi in un “divorzio consensuale”. È questa, infatti, la strada che l’esecutivo ha prospettato ai leader di Fiom, Fim, Uilm, Uglm e Usb nel corso dell’incontro a Chigi. Il Governo ha assicurato di lavorare “in modo serrato per definire il confronto con ArcelorMittal e procedere alacremente per individuare il percorso sul futuro dello stabilimento all’interno di un quadro chiaro e definito che ha come primo obiettivo la continuità produttiva dell’azienda”, si legge in una nota licenziata da Chigi poco dopo il confronto.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG l’8 gennaio, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 29,2%, davanti al PD (19,1%). Quattro punti percentuali in meno per il Movimento 5 Stelle al 16,4%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 10,1 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,2%, mentre Unione Popolare all’1,3%. Nell’area centrista, Azione è data al 4,0%, mentre Italia Viva al 3,5%. Nella coalizione del centrodestra, Lega scende al 9,1%, Forza Italia rimane stabile al 7,3%. Per l’Italia scende all’1,4%
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) sale al 46,1%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, scende al 24,5%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, sale al 7,5%;fuori da ogni alleanza, il M5S scende al 16,4%.