Draghi è pronto a una nuova stretta per frenare l’emergenza Covid

Il Governo di Mario Draghi ha pronta la stretta e sarà contenuta in un decreto legge che sarà varato oggi dal Consiglio dei ministri convocato alle 11.30. L'ex Bce abbandona i Dpcm, che hanno segnato il primo anno di pandemia e scandito i tempi dell'esecutivo di Giuseppe Conte, per una formula che sarà messa a disposizione, come aveva chiesto a più riprese il centrodestra, del Parlamento. La pandemia da Coronavirus corre veloce e i dati sono impietosi; il peggioramento dell'indice nazionale e di quello delle regioni infatti impone la richiesta di affrontare nuovi sacrifici. Il piano vaccini che si sta realizzando in modo capillare non può essere vanificato. Draghi, sostenuto dalla sua squadra, non ha altre possibilità che sposare la linea rigorista degli scienziati e quindi il parametro dei 250 casi per 100 mila abitanti che fanno scattare autonomamente la zona rossa.  

Nel provvedimento, che sarà in vigore da lunedì 15 marzo, sarà inoltre prevista una zona rossa nazionale per tutte le festività pasquali. In pratica con la nuova regola, che inasprisce il sistema di passaggio tra le fasce di rischio: le regioni che sono in giallo passeranno in arancione e quelle in arancione in rosso. L'innalzamento della curva dei contagi a causa anche delle varianti è infatti più grave del previsto. Già così la fisionomia della penisola cambierebbe drasticamente: con l'inserimento del nuovo parametro l'aspetto cromatico dovrebbe avere una prevalenza di rosso. Sarà comunque il monitoraggio dell'Istituto superiore di Sanità di oggi a chiarire le criticità nazionali e regionali. In mattinata, intanto, le nuove misure saranno presentate dal Governo a Regioni, Upi e Anci, in una riunione informale, in videoconferenza, cui parteciperanno i Ministri Mariastella Gelmini e Roberto Speranza, accompagnati da Miozzo, Brusaferro e Locatelli; dopo il varo del dl e la firma di Mattarella il ministro della Salute procederà con le nuove ordinanze.  

Mandelli è il nuovo Vice Presidente della Camera. Tensione in FI

Tra i due litiganti alla fine Silvio Berlusconi ha scelto Andrea Mandelli. Il leader azzurro, che aveva invitato Forza Italia all'unità e a non dividersi, a fronte del duello a viso aperto tra Annagrazia Calabria e Simone Baldelli per la poltrona di vicepresidente della Camera, spariglia e ai deputati dà il nome di Andrea Mandelli. Il messaggino arriva all’indomani delle tensioni per la nomina del successore di Mariastella Gelmini a capogruppo. Roberto Occhiuto vince, come annunciato, la partita e con lui Valentino Valentini che ne diventa vice. Valentini entra quindi nel novero dei risultati messi a segno dall'ala moderata, che in questo modo si assicura anche un eventuale dopo Occhiuto. Il neo-capogruppo, infatti, in autunno correrà per le Regionali in Calabria e una sua eventuale vittoria lo porterebbe lontano da Montecitorio, lasciando a Valentini la guida. 

È in questa complicata geografia del partito, ormai diviso tra due anime, che spunta il nome di Mandelli, uomo vicino a Licia Ronzulli, che alla fine si guadagna la candidatura a vicepresidente della Camera per riequilibrare la rappresentanza di entrambe le correnti, non lasciando così il palazzo ai soli antisovranisti.  In questo quadro è tuttavia Annagrazia Calabria a farne le spese. Coordinatrice dei giovani di Forza Italia, la deputata romana aveva raccolto molti consensi, anche tra la Lega e il M5S; alla fine i 120 voti raccolti non sono altro che una attestazione di stima per un nome che era circolato e forse era più condiviso. Mandelli porta a casa 248 preferenze, ma una parte dei 5Stelle e del Pd non lo vota, virando verso Calabria; l'obiettivo viene comunque centrato. Mandelli è il successore di Mara Carfagna, nominata Ministro per il Sud nel governo Draghi, portando tuttavia con sé numerosi mal di pancia: sul piede di guerra oltre a Calabria anche Stefania Prestigiacomo che avrebbe addirittura minacciato di lasciare il gruppo.

Letta oggi scioglierà la riserva sulla segreteria del Pd

Enrico Letta è tornato a Roma evitando qualunque dichiarazione, ma tutto il Pd di fatto lo considera già segretario e persino le minoranze di Base riformista e dei Giovani turchi sembrano essere ormai disposte a votarlo. Letta ha trascorso la giornata a casa, al telefono con i leader del partito ma anche impegnato in videoconferenze e nessuno dubita ormai sulla decisione che verrà annunciata oggi. Intanto, Nicola Zingaretti ha scritto un lungo post su Facebook spiegando di nuovo le ragioni della sua decisione e dando praticamente per scontato il passaggio di testimone: “Tutto il sistema politico italiano sta ridefinendosi. Il Pd con Letta definirà un suo profilo adeguato e competitivo. Sono convinto che la soluzione più forte e autorevole per prendere il testimone della segreteria sia Enrico Letta. La sua forza e autorevolezza sono la migliore garanzia per un rilancio della nostra sfida di grande partito popolare, vicino alle persone e non alle polemiche”. Base riformista annuncerà oggi pomeriggio la propria posizione, dopo l'ufficializzazione della decisione di Letta, ma, nonostante le resistenze di molti, sembra ormai probabile che alla fine anche l'area di Lorenzo Guerini, Luca Lotti e Andrea Marcucci darà il proprio sostegno. 

Il M5S entra nella giunta Zingaretti della Regione Lazio

In Regione Lazio la maggioranza di centrosinistra “ci ha proposto di entrare a far parte della Giunta Zingaretti dando così ulteriore seguito e istituzionalizzando quell'esperimento di collaborazione sui temi avviato proprio nel Consiglio regionale del Lazio sin dall'inizio di questa legislatura, nell'aprile 2018, concretizzatosi poi a livello nazionale, dall'agosto 2019, prima con l'alleanza Pd-M5S del governo Conte II e poi con l'attuale governo Draghi, rafforzata di recente al Senato con la costituzione dell'intergruppo Pd-M5s-Leu”. È quanto si legge in una nota dei consiglieri regionali M5s del Lazio: “Anche se il centrosinistra ha la maggioranza numerica in Consiglio regionale, e quindi non avrebbe bisogno dei nostri voti, ha voluto offrirci la possibilità di impegnarci in prima persona nell'attuazione di quei punti programmatici che abbiamo già inserito insieme in quei documenti di programmazione affrontati negli ultimi mesi”. 

I consiglieri del M5S Lazio sottolineano che “in linea con quanto realizzato a livello nazionale con il governo Draghi, verrà istituito il nuovo Assessorato regionale alla transizione ecologica e alla trasformazione digitale, che è stato proposto a Roberta Lombardi. Un secondo Assessorato, che avrà la delega al Turismo è stato proposto alla consigliera Valentina Corrado, vice presidente in commissione Bilancio e già responsabile enti locali del M5S. Purtroppo per il momento non è stato possibile far votare i nostri iscritti ma, visto che questo percorso di condivisione sui temi oltre a trovare una rispondenza nell'assetto nazionale già dal Conte II è stato anche condiviso e approvato dal cofondatore e Garante del Movimento Beppe Grillo e dal reggente del M5S Vito Crimi, abbiamo deciso di proseguirlo e potenziarlo accettando la proposta di entrare nella Giunta Zingaretti. Ci auguriamo che questo passaggio inauguri una più ampia stagione di collaborazione”, concludono i 5stelle.

Nonostante i tentativi di mediazione, rimane la distanza tra M5S e Rousseau

Potrebbe slittare ancora la tregua fra il M5S e l'Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio. Su un possibile compromesso lavora il Comitato di garanzia presieduto dal capo politico reggente Vito Crimi con Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, con il supporto dei legali del Movimento e la discreta supervisione di Beppe Grillo. Ma si tratta anche con la “controparte”, cioè con Casaleggio. Il guru della “democrazia digitale” della rete ha ancora un rapporto diretto con Grillo, che ha cercato in questi mesi di mediare fra la ex “casa madre” milanese e i vertici del M5S. Ma con l'avvento del governo Draghi, lo scontro sul quesito da presentare sulla piattaforma Rousseau (poi approvato dal 60% degli iscritti), le espulsioni di alcuni big e di molti parlamentari, l'abbandono di Alessandro Di Battista, lo scontro è diventato una frattura apparentemente insanabile.  

Casaleggio rivendica ad ogni piè sospinto le spese sostenute da Rousseau: la richiesta di partenza è il saldo di circa 450mila euro di arretrati. E anche Giuseppe Conte, per andare avanti con il mandato di riprogettare il M5S affidatogli da Grillo, potrebbe aver bisogno di una votazione on line su Rousseau per cambiare lo statuto. Votazione che però Casaleggio ha il potere di bloccare. La presentazione del Manifesto Controvento è stata interpretata come un aperto atto di ostilità dal ponte di comando del M5S. Il capo di Rousseau ha cercato di smarcarsi dalle accuse di voler fare un suo partito: “È un manifesto sul metodo”, ha rivendicato. Ma di quel “metodo” rivendicato nel Manifesto fanno parte, per dirne una, le regole sul limite dei mandati elettivi, che negli ambienti parlamentari stellati in molti considerano inevitabile superare. Nessuno immagina che Luigi Di Maio vada a casa a legislatura finita, dopo essere stato in questi anni vicepresidente della Camera, capo politico e tre volte ministro. 

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini rimane stabile nei sondaggi (23,5%). Discorso diverso invece per il Movimento 5 Stelle. Il consenso dei pentastellati, spinto dalla ritrovata centralità di Giuseppe Conte, cresce di un punto e mezzo (17,2%). La Lega resta il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (M5S) di 6,3 punti, mentre il gap rispetto a FdI, la terza forza politica italiana, si attesta a 6,7 punti.

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,1%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 3% e al 2,1%. Nell’area centrista, +Europa cresce (2,3%), a differenza di Italia Viva (2,5%) e Azione che si ferma al 3,7%. In decisa caduta il Partito Democratico che sconta i problemi dovuti alle dimissioni di Zingaretti perdendo quasi due punti (16,6%). Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia rimane la terza forza politica nazionale (16,8%) mentre Forza Italia non fa registrare grossi cambiamenti (7%).

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 77% nelle intenzioni di voto, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 35,9%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 47,3%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta all’8,5% dei consensi.

 

 



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