Lunedì la manovra va in Cdm. I margini sono stretti
La guerra in Medio Oriente e il perimetro della manovra. Questi i dossier sul tavolo di Palazzo Chigi durante la riunione di governo e di maggioranza terminata dopo mezzanotte. Le incognite sono tante, legate soprattutto al conflitto tra Israele e Hamas e tra la Russia e l’Ucraina. Nessun dubbio, però, è arrivato nell’incontro sul posizionamento del nostro Paese, che punta a essere al fianco di Netanyahu e di Zelensky. Ma la ferita aperta dopo l’attacco di Hamas porterà delle conseguenze, non solo dal punto di vista economico: il timore è quello di una recrudescenza del terrorismo, pur non essendoci segnali di questo tipo. Per questo motivo i leader hanno concordato sulla necessità di rafforzare la sicurezza ma anche di investire maggiori fondi a sostegno di tutto il comparto. Previsto, dunque, un intervento, si vedrà se inserirlo nella legge di bilancio oppure in un altro provvedimento, anche perché al momento gli spazi sulla manovra sono strettissimi, non solo per la maggioranza. Ogni proposta di modifica dovrà essere a saldi invariati. L’obiettivo, infine, è di stringere i tempi, per non arrivare lunghi dopo Natale. Rinviate, invece, le discussioni sul salario minimo e sul Mes, e anche sulle riforme la ‘road map’ del governo è quella di iniziare il lavoro entro dicembre ma non in tempi brevissimi.
Meloni, Biden, Sunak, Macron e Scholz ribadiscono il fermo sostegno a Israele
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato lunedì a una riunione telefonica con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo ministro britannico Rishi Sunak, il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz dedicata all’esame della grave crisi apertasi dopo l’attacco di sabato scorso perpetrato da Hamas ai danni dello Stato di Israele. I cinque capi di Stato e di governo hanno espresso un fermo sostegno ad Israele e una inequivocabile condanna degli spaventosi atti criminali di Hamas. Si è quindi discusso delle iniziative politiche più urgenti da intraprendere insieme, prima tra tutte la tutela della vita degli ostaggi. La presidente Giorgia Meloni, nel riaffermare il diritto di Israele a difendersi, ha indicato la necessità di operare per evitare un ampliamento della crisi a livello regionale e per tutelare la popolazione civile coinvolta.
In Parlamento salta l’intesa su Israele. Meloni al Ghetto di Roma
Dopo numerose trattative, maggioranza e opposizioni non riescono a trovare l’intesa su Israele e così vengono approvate quattro diverse risoluzioni alla Camera e tre mozioni al Senato: la maggioranza chiede lo stop ai fondi ad Hamas e di “sviluppare un’azione diplomatica” per evitare una “escalation”; Iv-Az e +Europa ne presentano una propria; Avs si astiene da tutte tranne quella controfirmata con Pd e M5S, che viene votata per parti separate; la maggioranza non vuole sottoscrivere che le responsabilità che hanno mandato in frantumi negli anni il processo di pace vadano addebitate non solo ad Hamas ma anche al governo di Benjamin Netanyhau. Giorgia Meloni aveva chiesto la massima convergenza, di dare un segnale di compattezza da parte del Parlamento davanti a quello che, in una visita alla sinagoga di Roma, ha definito come una “dimostrazione di odio verso un intero popolo”. Resta un’ora alla sinagoga, dando forfait ai 70 anni dell’Eni che pure rimane centrale nella strategia dei parternariati “alla pari” con l’Africa e in quella per la diversificazione degli approvvigionamenti energetici. Non c’è “preoccupazione” per le forniture di gas, almeno per il momento, rassicura Palazzo Chigi, ma bisogna muoversi il più possibile uniti di fronte a una minaccia che può arrivare fino “al nostro territorio” per “il rischio di emulazione degli atti criminali da parte di Hamas. Per la maggioranza è fondamentale la condanna di Hamas e l’impegno “per evitare che arrivino fondi” all’organizzazione terroristica.
La maggioranza dà il via libera a scostamento e Nadef. Critiche le opposizioni
La risoluzione sullo scostamento di bilancio passa, a maggioranza assoluta, sia alla Camera che al Senato e anche la Nota di aggiornamento al Def viene approvata senza particolari problemi: sono 224 i voti favorevoli alla Camera (127 contrari) e 111 voti favorevoli al Senato (69 contrari). La maggioranza vota compatta e difende il Governo su quanto fatto finora, senza gli inciampi che ad aprile scorso avevano mandato sotto la maggioranza costringendo l’esecutivo ad approvare un nuovo scostamento. Giancarlo Giorgetti ribadisce in più occasioni il contesto internazionale in cui si trova l’Italia: “La guerra in Ucraina non l’ha fatta il Governo italiano ma l’ha fatta Putin, e le conseguenze economiche e finanziarie le vedete tutti”, aggiunge, guardando già al prossimo passaggio della manovra: sugli emendamenti della maggioranza “non do alcun tipo d’indicazione”. Il tour de force sarà accompagnato dalle critiche delle opposizioni. “Avevamo chiesto al governo degli impegni precisi per la difesa della sanità pubblica e non abbiamo avuto risposte”, accusa la segretaria del Pd Elly Schlein. Il leader del M5S Giuseppe Conte commenta dicendo che nella manovra non c’è “nulla di nulla che possa mettere al riparo il Paese”. Insiste sull’incostituzionalità dello scostamento il segretario di Azione Carlo Calenda: “Gli scostamenti di bilancio si fanno in situazioni emergenziali, e dunque qui c’è un problema di costituzionalità.”
Meloni ha incontrato il presidente di Cop28 Sultan Al Jaber
La Premier Giorgia Meloni ha incontrato il Presidente designato della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop28) Sultan Al Jaber. Hanno concordato su come i cambiamenti climatici rappresentino una sfida importante per il nostro pianeta e per l’umanità e contrastarli richieda un’azione forte e ambiziosa da parte di tutti i Paesi, per rafforzare i rispettivi Contributi determinati a livello nazionale per il 2030 (Ndc’S) a un ritmo molto più rapido per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi. La Presidente Meloni ha condiviso con Al Jaber l’importanza di accelerare gli sforzi globali per guidare progressi rapidi su tutti gli elementi dell’agenda sul cambiamento climatico, riconoscendo l’importanza di portare avanti gli sforzi di decarbonizzazione, con una giusta transizione, affrontando la sua dimensione sociale ed economica e garantendo la creazione di posti di lavoro di qualità. Meloni ha poi espresso il suo apprezzamento per il lavoro portato avanti dagli Emirati Arabi Uniti sotto la guida di Al Jaber e per i suoi sforzi per un processo che ha come obiettivo quello di concordare una tabella di marcia per accelerare i progressi attraverso una transizione energetica globale, un approccio “che non lasci indietro nessuno” e un’azione inclusiva per il clima. La Cop 28 si terrà all’Expo City di Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre.
Meloni va in Africa ma la crisi in Medio Oriente fa slittare il Piano Mattei
Poche righe della Farnesina per annunciare che la Conferenza Italia-Africa, fortemente voluta dal governo Meloni, è stata spostata all’inizio dell’anno che verrà. La conferenza era in calendario a novembre, ma gli ultimi sviluppi geopolitici, in particolare la guerra che sta sconvolgendo il Medio Oriente con ricadute inevitabili a livello energetico, hanno consigliato all’Italia e ai partner africani di procrastinare l’appuntamento che avrebbe inaugurato ufficialmente il Piano Mattei. Lo slittamento della Conferenza non ha impedito alla presidente del Consiglio di volare in Congo e Mozambico, dove Eni ha una sfera di operatività ai massimi livelli, e di portare avanti discorsi energetici intavolati da più di un anno. Ad accompagnare Meloni è stato proprio Claudio Descalzi, Ad di Eni che ha totale conoscenza del territorio. Il progetto di trasformare l’Italia in hub Mediterraneo del gas subirà un forte rallentamento: se la guerra Russa-Ucraina ha spinto fortemente verso il Piano Mattei, il conflitto che ha coinvolto Israele sta scombussolando le strategie, non tanto perché Israele sia un fornitore diretto dell’Italia, quanto per la situazione di instabilità che si è venuta a creare nell’area mediorientale, per la posizione assunta dall’Algeria pro Gaza e per la necessità di Tel Aviv di cercare altre forme di carburanti alternative. La summa di queste anomalie non può che allarmare e la premier si è detta preoccupata per uno shock energetico destinato a rendere ancora più delicata la gestione dei prezzi di gas e petrolio. Evidentemente, però, alle porte dell’inverno le priorità sono altre. Rimane un punto, che rientra nel Piano ma che - alla bisogna - può anche essere ‘estratto’ dal Piano stesso. Sono i giacimenti di gas che ci sono in Italia, ancora non trivellati, bloccati da molti vincoli non solo ambientali.
Meloni riunisce la maggioranza e chiede prudenza sulla manovra
La Premier Giorgia Meloni incontra i leader della maggioranza in una riunione che poi si allarga ai capigruppo di Camera e Senato per tracciare le linee della legge di bilancio che arriverà in Cdm lunedì. La premier non nasconde che il momento sia delicato e che il conflitto in Israele possa avere ripercussioni sulle forniture di gas. Meglio, quindi, non farsi trovare impreparati, mantenere la linea della “prudenza” sulla manovra anche nel passaggio parlamentare, riducendo al minimo gli emendamenti. Il clima, come dice una nota di Palazzo Chigi, è “collaborativo” e mostra una maggioranza “determinata” a portare avanti gli obiettivi chiave. Il conflitto in Medio Oriente e le sue potenziali conseguenze ha occupato buona parte della riunione: le risorse a disposizione per la manovra erano già scarse, ora il rischio che i margini si riducano c’è e meglio sarebbe ridurre al minimo la presentazione degli emendamenti, un risultato che Meloni sarebbe sicura di poter ottenere da FdI, con invito agli alleati di fare altrettanto. Con la manovra, lunedì verrà esaminato anche il decreto fiscale, che tra le misure conta anche l’introduzione in Italia della global minimum tax: la nuova imposta per i gruppi multinazionali di imprese potrebbe garantire un gettito stimato intorno ai 2-3 miliardi. Previsti anche 3,2 miliardi, liberati in deficit per quest’anno dalla Nadef, da destinare al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per le pensioni 2024, a misure per il personale della Pa e alla gestione dei flussi migratori. Smentite le ipotesi di sanatorie fiscali o edilizie, col decreto fiscale potrebbe invece arrivare la rateizzazione dell’acconto di novembre per autonomi e partite Iva.
L’Italia ottiene dall’Ue i 18,5 miliardi della terza rata del Pnrr
Arriva all’Italia il pagamento della terza rata del Pnrr da 18,5 miliardi di euro. Il via libera, ha annunciato la Commissione Ue, segue il raggiungimento delle 54 tappe fondamentali e degli obiettivi previsti dal Recovery italiano. È “un passo importante per un’Italia che torna finalmente a credere nelle sue capacità”, ha rivendicato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio. Con i fondi del Pnrr è stato incassato a oggi “circa il 44% dell’intero ammontare delle risorse del NextGeneration Eu. Meloni ha sottolineato come il pagamento sia “dimostrazione di un lavoro proficuo che abbiamo portato avanti con la Commissione Ue, che ci porta a discutere per una valutazione positiva sulla quarta rata e sulla revisione complessiva del Piano, compreso il capitolo del Repower Eu.” In settimana si è riunita la Cabina di regia, con all’ordine del giorno la rimodulazione del piano, il monitoraggio degli obiettivi della quinta rata e la verifica sul conseguimento degli obiettivi della quarta rata da 16,5 miliardi, richiesta dall’Italia il 22 settembre. Il Pnrr dell’Italia vale in totale 191,6 miliardi.
Tajani vede Al Sisi: la priorità è la de-escalation e salvare gli ostaggi
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani è volato in Egitto e trasforma quella che doveva essere una missione prettamente bilaterale in un endorsement alle iniziative dei Paesi arabi per evitare che la guerra tra Israele e Hamas si estenda a macchia d’olio in tutto il Medio Oriente. Intanto continuano a rincorrersi le indiscrezioni di una possibile mediazione del Cairo e del Qatar che possa portare a una liberazione dei prigionieri dei miliziani palestinesi, tra cui si teme ci siano tre italo-israeliani. La missione lampo del titolare della Farnesina è iniziata con un incontro con il segretario della Lega Araba Ahmed Abdoul Gheit poche ore prima una riunione tra i ministri degli Esteri del blocco al Cairo. Secondo il Ministro, l’incontro col segretario della Lega araba “è un riconoscimento dell’Italia” come “interlocutore” e “che vuole la pace e la de-escalation”. Poi si sono svolti gli incontri col presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi e l’omologo Sameh Shoukry: l’Egitto “ha un ruolo importante per la de-escalation e sosterremo tutte le iniziative per potrà svolgere per una soluzione positiva degli ostaggi”, ha sottolineato Tajani. Nella dichiarazione finale, i due Paesi si impegnano a “rafforzare ulteriormente il dialogo e la cooperazione sulle questioni migratorie anche promuovendo percorsi legali e combattendo la migrazione irregolare” e rinnovano il loro appello ad “aumentare il sostegno finanziario per l’Egitto, per alleviare l’onere di ospitare un numero crescente di migranti e rifugiati, potenziando il rimpatrio volontario e la reintegrazione”.
Israele, Tajani: evitare una frattura tra Occidente e mondo arabo
Il pericolo maggiore, più imminente, “è quello di un allargamento del conflitto in Libano”, ma guardando più in là, nel lungo periodo, “si deve soprattutto evitare una frattura tra l’Occidente e il mondo arabo”. Lo sottolinea in una intervista il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che spiega come questa divisione “è esattamente quel che vuole Hamas. Vuole proseguire questa guerra per tagliare i ponti che si stavano costruendo tra il mondo arabo moderato e Israele.” Per Tajani occorre “isolare i terroristi. Dobbiamo far capire che c’è un popolo arabo diverso, che non ha niente a che fare con loro” e “si deve tornare a lavorare alla soluzione dei ‘due popoli, due Stati’”. Quanto ai rapporti con l’Algeria, principale fornitore di gas per l’Italia e vicino ad Hamas, Tajani chiarisce: “Ho parlato con il ministro algerino e continuiamo ad avere buoni rapporti. Dobbiamo far sì che non si creino divisioni tra l’Occidente e il mondo arabo. Conto molto, in questo senso, sul lavoro diplomatico che possono fare Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Marocco, Emirati Arabi, Turchia, Qatar”. Queste dichiarazioni fanno da preludio alla visita del ministro in Israele che si aggiungerà a quelle già programmate da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, della ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock e dell’omologa canadese, Melanie Joly.
Il Cnel affossa il salario minimo. Spaccatura tra i sindacati
Il Cnel affossa il salario minimo la cui assemblea ha approvato a maggioranza il documento finale, che arriva entro i 60 giorni indicati dalla premier Giorgia Meloni. Contro hanno votato Cgil, Uil e Usb; Legacoop si è astenuta. In particolare, 62 (su 64) i componenti presenti: 39 i sì, 15 i no, mentre 8 consiglieri non hanno partecipato al voto. E intanto l’opposizione insorge. Dall’analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. La contrattazione collettiva, al netto dei comparti del lavoro agricolo e domestico, copre infatti oltre il 95% dei lavoratori del settore privato. Da ciò si evince che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni”. Nel testo si valorizza la contrattazione collettiva e si sostiene che “la mera introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale. E la premier Meloni spiega come “occorra piuttosto programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici”.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 9 ottobre, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 28,7%, davanti al PD (19,8%). Due punti percentuali in meno per il Movimento 5 Stelle al 16,5%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 8,9 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,3%, mentre Unione Popolare all’1,6%. Nell’area centrista, Azione è data al 3,7%, mentre Italia Viva al 2,5%. Nella coalizione del centrodestra, Lega (10,3%) prende cinque punti percentuali e Forza Italia rimane pressoché stabile al 6,4%. Italexit di Paragone scende all’1,7%.
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) è stabile al 45,4%, come per il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra al 25,2%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, scende al 6,7% e infine, fuori da ogni alleanza, il M5S scende al 16,5%.