Renzi apre la crisi. IV esce dal Governo ma Conte va avanti

Il governo Conte bis è finito. Non basta l'apertura di Giuseppe Conte a un patto di legislatura: Matteo Renzi annuncia le dimissioni delle ministre di IV. Si apre una crisi dagli esiti non ancora chiari, e si apre in modo inatteso, quando sembravano esserci le condizioni per siglare un accordo politico. Mercoledì, ricevendo Conte, Sergio Mattarella aveva chiesto di più: uscire velocemente dall'incertezza politica, per affrontare al meglio la pandemia. A sera Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e l'intero Pd si spendono per l'ultima mediazione. I contatti telefonici per tutto il giorno sono frenetici, Renzi e Conte non si sentono ma i pontieri tessono la tela. L'offerta a Renzi è scrivere il patto di legislatura, ma c’è di più: Conte afferma che si può andare avanti “solo con il sostegno di tutta la maggioranza”. È il modo per sgombrare il campo dall'accusa di Renzi di puntare a un'intesa con i responsabili. Alle 18.00 Renzi in conferenza stampa dichiara a bruciapelo: “Annunciamo le dimissioni delle Ministre e del sottosegretario con una lettera inviata al premier”. Gela tutti. Iv, spiega, si aspettava la formalizzazione del problema politico “nelle sedi istituzionali”: “Il re è nudo, c’è un vulnus democratico”. I renziani si aspettavano che il premier annunciasse di essere pronto a dar vita al Conte ter, un nuovo Governo con piena discontinuità. Renzi esclude il voto, nega (ma non esclude) una spaccatura di Iv con il sostegno di alcuni responsabili a Conte e assicura che non appoggerà mai un governo col solo centrodestra. Mercoledì sera, aprendo il Cdm, il premier annuncia di aver informato il Quirinale e accettato il passo indietro di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti.

Conte è pronto alla sfida: martedì prossimo andrà in Senato

Rimanere al governo senza Matteo Renzi, prendendosi la soddisfazione di far fallire il suo piano, o andare via ma dicendo la verità nelle aule del Parlamento. Tutti, è il ragionamento di Giuseppe Conte, devono sapere chi ha sempre lavorato nell'interesse del Paese e chi ha mandato all'aria tutto, cercando una crisi a tutti i costi. Il premier è convinto di essere nel giusto ed è per questo che spera di attirare dalla sua parte un gruppo solido di costruttori con cui andare avanti da qui fino a fine legislatura, con un patto chiaro e un cronoprogramma ben scandito dal Pnrr messo a punto con tanta fatica, ma non solo. I pontieri sono al lavoro senza sosta, le porte a Matteo Renzi sono ufficialmente chiuse. Conte farà le sue comunicazioni lunedì alla Camera, dove i numeri non preoccupano, e martedì alle 9.30 al Senato. E lì, numeri o meno, il premier si farà trovare pronto alla sua arringa contro il senatore fiorentino così come fece con Matteo Salvini. Giuseppe Conte lo ha ripetuto anche al presidente della Repubblica nell'incontro al Colle, il secondo in 24 ore: si va in Parlamento e a carte scoperte, perché bisogna capire se c'è la forza di andare avanti. 

Il Pd strappa con Renzi e apre ai responsabili

Anche il Pd molla Matteo Renzi, si schiera con Giuseppe Conte e apre ai responsabili. La mossa di Iv ha fatto infuriare anche i democratici, che stavano lavorando per un Conte ter e che erano convinti di avere rimediato nelle ultime ore anche ad alcune mosse di palazzo Chigi giudicate scomposte. Ma la scelta di Renzi di rompere e di farlo con quei toni ha scavato un solco anche tra i democratici e Iv: Nicola Zingaretti chiude la porta all'ex premier dicendo che ormai è “inaffidabile” e sbarra la strada a governi “con la destra sovranista”, anche perché il M5S si è ricompattato sulla linea del mai più con Renzi e lo stesso Conte non vuole più saperne del leader di Iv. Il quadro è delicato e potrebbe scivolare facilmente verso elezioni anticipate, come più volte hanno ripetuto da Zingaretti e Orlando; per questo l'esecutivo Pd che si è riunito giovedì mattina ha deciso una linea di pieno sostegno al premier, con paletti chiari: no a Lega e Fdi, Iv inaffidabile e totale sostegno a Conte. 

Renzi attacca Conte sui numeri della maggioranza

“Non mi pare che abbia i numeri. Ma se li avrà, auguri. È la democrazia. E la democrazia è sacra. Resta un fatto, però: se non prende 161 voti, tocca a un governo senza Conte”. Lo afferma il leader di Italia Viva Matteo Renzi in un'intervista a La Stampa in cui annuncia che martedì prossimo al Senato non voterà contro Conte ma si asterrà. Sulla possibilità che diversi di IV possano invece lasciare il gruppo e sostenere il governo afferma: “Non sarei così sicuro. Forse qualcuno lascerà, ma se fossi nel Governo, almeno per scaramanzia, aspetterei martedì per vedere come va a finire. Magari avranno la vittoria numerica ma io ho scelto una strada politica, Conte ha scelto l'azzardo. Governare mettendo assieme Mastella e la De Petris di Leu non sarà facile”. Sulla possibilità poi che IV torni in maggioranza con un governo Cartabia, Renzi spiega che “Torneremmo in maggioranza se ci fosse il Mes, se si sbloccassero i cantieri, se si aumentassero i soldi per sanità e scuola, se si accelerasse sull'alta velocità”.

Il nodo dei responsabili agita il centrodestra

Al vertice del centrodestra ci sono tutti, anche Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi e Giovanni Toti, un modo per provare a dire che nessuno abbandonerà il centrodestra per soccorrere Giuseppe Conte. Ma la certezza che il premier non riesca a ricostruire una maggioranza non si può avere, anzi: “Più tempo gli si dà per venire in Aula, più chance ha”, è stato il ragionamento fatto al tavolo con Matteo SalviniGiorgia Meloni e Antonio Tajani. La posizione concordata in un centrodestra meno compatto di quello che vuol far sembrare è dunque quella di chiedere l'immediata parlamentarizzazione della crisi, per vedere poi se si aprirà davvero oppure se Conte potrà proseguire la sua esperienza. Tutti i presenti hanno giurato sulla tenuta dei propri gruppi parlamentari, e lo ha fatto anche Silvio Berlusconi nella telefonata con Salvini. Ma nessuno esclude che seppure “con numeri raccogliticci” il premier riesca a farcela. Diverso scenario nel caso la crisi si aprisse davvero. Matteo Salvini ha rilanciato ancora la possibilità che la responsabilità di formare un esecutivo venga affidata al centrodestra, anche per offrire una prospettiva diversa dal governo Conte ai parlamentari che temono il voto. La prospettiva non entusiasma Giorgia Meloni che insiste sul voto immediato: “Noi riteniamo che a essere irresponsabile sia un Governo raccogliticcio e litigioso. L'Italia ha bisogno di un governo coeso e con i numeri, che può uscire solo dalle elezioni”, dicono da FdI. Invece Forza Italia continua a vedere questo esito con preoccupazione e l'area di Mara Carfagna esplicitamente invoca le larghe intese

Il Governo vara il nuovo dl Covid e proroga lo stato d'emergenza fino al 30 aprile

Il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo decreto legge che introduce ulteriori disposizioni per il contenimento della diffusione del COVID-19. Il testo proroga al 30 aprile 2021 lo stato di emergenza e conferma, fino al 15 febbraio 2021, il divieto già in vigore di ogni spostamento tra Regioni o Province autonome, con l'eccezione di quelli motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Il decreto istituisce la cosiddetta zona bianca, nella quale si collocano le Regioni con uno scenario di tipo 1, un livello di rischio basso e un’incidenza dei contagi, per tre settimane consecutive, inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti. Nell’area bianca non si applicheranno le misure restrittive previste dai DPCM per le aree gialle, arancioni e rosse ma le attività si svolgeranno secondo specifici protocolli. In considerazione della necessità di agevolare l'attuazione del piano vaccinale il decreto istituisce una piattaforma informativa idonea ad agevolare le attività di distribuzione sul territorio nazionale delle dosi vaccinali, dei dispositivi e degli altri materiali di supporto alla somministrazione, e il relativo tracciamento. 

Il Governo è al lavoro sul nuovo Dpcm: tutta Italia in zona arancione

Quasi tutta Italia in zona arancione e il divieto di spostarsi tra le regioni fino al 15 febbraio, con Lombardia e Sicilia che da domenica potrebbero essere le prime zone rosse del 2021. Entrerà in vigore nelle prossime ore la nuova stretta per evitare che anche l'Italia finisca nella stessa situazione di Gran Bretagna e Germania, costringendo il Governo all’unica soluzione possibile in quel caso: un nuovo lockdown nazionale. Le ultime modifiche al Dpcm valido dal 16 gennaio sono state illustrate dall'esecutivo nella riunione con le Regioni, i Comuni e le Province, precedute da una premessa del ministro della Salute Roberto Speranza: “La situazione non può essere sottovalutata, lavoriamo insieme tempestivamente ad anticipare le restrizioni per evitare una nuova, forte ondata” del virus. Nessun passo indietro, dunque, con il rinnovo di tutte le misure già in vigore a partire dal coprifuoco dalle 22.00 alle 5.00, le scuole superiori in didattica a distanza al 50% da lunedì e l'inasprimento delle soglie per accedere alle zone con restrizioni introdotte con il decreto approvato mercoledì. In base all'ultimo monitoraggio, con le modifiche introdotte dal decreto, solo 6 regioni rimarrebbero gialle: Abruzzo, Basilicata, Campania, Sardegna, Toscana e Valle d'Aosta; tutte le altre rischiano l'arancione, con la Lombardia e la Sicilia molto probabilmente in zona rossa. Se però a mandare in rosso la Lombardia sono i numeri, a far scattare le restrizioni più dure in Sicilia è la richiesta del presidente Nello Musumeci, che sarà accolta da Speranza. Qualche modifica rispetto alle bozze il Governo però l'ha fatta: il divieto di spostamento tra le regioni, comprese quelle gialle, sarà in vigore fino al 15 febbraio e non più al 5 marzo. Il Governo ha poi confermato il divieto della vendita da asporto per i bar dalle 18.00, provvedimento fortemente criticato dalle Regioni. 

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini perde più di mezzo punto rispetto alla scorsa rilevazione (23,2%). Discorso diverso invece per il Movimento 5 Stelle. Il consenso dei pentastellati non fa registrare grossi cambiamenti (14,7%). La Lega resta comunque il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 3,8 punti percentuali, mentre il gap rispetto a FdI, la terza forza politica italiana, si attesta a punti.

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Nell’area delle sinistre, i Verdi arrivano al 2,4% mentre Sinistra Italiana-MDP Articolo Uno fa registrare un discreto balzo in avanti (3,8%). Nell’area centrista, +Europa rimane stabile (2,1%), mentre Italia Viva perde qualcosa (2,9%) e Azione cresce quasi di mezzo punto (4,1%). Il Partito Democratico frena bruscamente rispetto alle ultime rilevazioni (19,4%). Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia si conferma ampiamente come la terza forza politica nazionale (17,2%). Nessuna variazione degna di nota per Forza Italia (5,9%) e Cambiamo!, il partito di Giovanni Toti (1%).

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Ad oggi, l’area di Governo (compresa Italia Viva) raccoglie il 40,8% delle preferenze di voto. La coalizione di centrodestra il 47,3%, quella di centrosinistra il 28,2%. Il Movimento 5 Stelle è dato al 14,7%.



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