Domenica 10 giugno si sono tenute le elezioni amministrative che hanno portato al voto 760 comuni, di cui 109 sopra i 15.000 abitanti. L’affluenza si è fermata al 61,2% dei votanti, in leggera flessione rispetto al 67,2% di cinque anni fa. Il voto ha certificato il buonissimo stato di salute del centrodestra che elegge, nei capoluoghi di provincia, 14 sindaci al primo turno e va al ballottaggio in 57 comuni, soprattutto grazie all’exploit della Lega. Il centrosinistra non crolla in modo fragoroso rispetto alle scorse comunali, cosa che non è riuscita al M5S che non vince nessun comune al primo turno e finisce solo in otto al ballottaggio, tra cui Ragusa, in cui esprimeva il sindaco uscente.
Ci sono voluti oltre cento giorni dal voto del 4 marzo ma alla fine la squadra del Governo guidata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte è fatta. Mercoledì pomeriggio a palazzo Chigi c’è stato il giuramento dei 45 sottosegretari che sono stati nominati martedì sera dal Consiglio dei Ministri; di questi, 25 provengono dal M5S e 17 dalla Lega. Ci sono poi 2 tecnici (Michele Geraci e Luciano Barra Caracciolo) e un rappresentante degli italiani all'estero del Maie.
Giovedì sera il Consiglio dei Ministri si è riunito per assegnare le deleghe ai Ministri senza portafoglio. Come annunciato a Riccardo Fraccaro vanno le deleghe ai Rapporti con il Parlamento e Democrazia diretta, a Giulia Bongiorno quelle per la Pubblica amministrazione, a Erika Stefani quelle agli affari regionali e autonomie, a Barbara Lezzi quelle per il Sud, a Lorenzo Fontana quella alla famiglia e disabilità e a Paolo Savona quelle agli affari europei.
Secondo i piani del Governo le deleghe per gli altri ministeri potrebbero essere assegnate nei prossimi giorni. Sul fronte MEF, quella sui conti pubblici, e dunque il compito di occuparsi della prossima legge di Bilancio in Parlamento, dovrebbe essere affidata alla viceministra Laura Castelli (M5S) mentre a Massimo Garavaglia (Lega) dovrebbe toccare il fisco; sulla delicata questione giochi sembra che la delega possa andare al pentastellato Alessio Villarosa.
Chiusa la partita dei sottosegretari e dei viceministri si apre adesso quella delle presidenze delle Commissioni parlamentari. La prossima settimana sarà quella decisiva, così come chiesto anche dal presidente di Montecitorio Roberto Fico, per rendere operative le Commissioni e scegliere quindi componenti, gli Uffici di presidenza e quindi i Presidenti. Secondo le prime indiscrezioni l’intesa tra M5S e Lega prevede l’alternanza delle presidenza tra i due partiti sulle omologhe commissioni di Camera e Senato.
Per quanto riguarda le Giunte: sempre a Montecitorio quella per le elezioni vedrebbe in pole Francesco Paolo Sisto (Fi). Resta anche il nodo, tutto politico, della guida delle Commissioni che per prassi vanno alle opposizioni (la Vigilanza Rai e il Copasir) e che toccherebbero a Fi e al Pd, con Maurizio Gasparri o Paolo Romani e Lorenzo Guerini. Uno schema che rischia di saltare se, come sembra, la maggioranza puntasse a assegnare la presidenza del Copasir a FDI. Se così fosse, le opposizioni hanno annunciato fortissime rimostranze.
L'inchiesta della Magistratura sul nuovo stadio della Roma preoccupa il M5S. Gli arresti del costruttore Luca Parnasi e dell'ormai ex presidente di Acea Luca Lanzalone, molto vicini al movimento, possono portare una perdita di credibilità e un ulteriore indebolimento della Giunta Raggi. Sul fronte politico, l’indagine per corruzione coinvolge consiglieri e assessori del comune ma anche, sebbene solo politicamente, esponenti del Governo come il ministro della giustizia Alfonso Bonafede, il Ministro dei rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti della Lega.
Per scongiurare un calo del gradimento, Luigi Di Maio è intervenuto in prima persona: “Da noi non esiste la presunzione d’innocenza per reati gravi come la corruzione”. Poco dopo ha chiesto e ottenuto testa di Lanzalone, che si è dimesso poche ore dopo, e l'autospensione del capogruppo M5S in Campidoglio Paolo Ferrara. A rinforzare la posizione anche il premier Giuseppe Conte, che alla presentazione della relazione annuale dell'Anac ha assicurato che non esiste il caso Roma, perché il “fenomeno della corruzione non ha confini ma riguarda tutta l'Italia.
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