Alla Camera il M5S strappa sul decreto aiuti e Draghi sale al Quirinale
Il primo strappo dei pentastellati è arrivato lunedì sul decreto Aiuti alla Camera. Come annunciato il Movimento 5 Stelle non ha votato il decreto ed è uscito dall’aula aprendo l’inizio della crisi di Governo. Nel pieno del caos parlamentare il premier Mario Draghi è salito al Colle per fare il punto sulla situazione e sulle prospettive in vista del voto sul decreto da parte del Senato. Il premier, che ha già chiarito che il Governo “non si fa senza i 5 Stelle”, nel frattempo ha continuato a lavorare per la ricucitura della sua maggioranza. Quella di non votare alla Camera il dl Aiuti era una decisione già chiara, c’è una questione di merito che avevamo anticipato, quindi nulla di nuovo, commenta il leader del M5S Giuseppe Conte, che però non risponde né su quello che accadrà al Senato, né sulla verifica chiesta da FI.
Berlusconi chiede a Draghi un vertice di maggioranza e convoca i suoi ad Arcore
Forza Italia alza la voce contro la “schizofrenia politica” dei 5 Stelle per il mancato voto sul decreto Aiuti alla Camera, ma anche contro chiunque sia tentato di uscire dal Governo e pretende “una profonda verifica di maggioranza”. Lunedì sera, Silvio Berlusconi ha convocato un vertice d'urgenza ad Arcore con il suo vice Antonio Tajani e i capigruppo Annamaria Bernini e Paolo Barelli. Il partito azzurro non solo esiste ma resta “responsabile” e fedele al governo Draghi fino all'ultimo, forse è l'unico fra gli alleati capace di stare lontano da levate di scudi e battaglie da ultimatum. Chi altro c’è altrettanto serio? Berlusconi lo chiede e pretende chiarezza. Da tutti. E in una nota scritta rafforzata da un video, vuole sapere quali forze politiche intendano sostenere il Governo ma, avverte, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani. Insomma, non si resta nel governo per tirare a campare ma nemmeno con il cerino in mano. La richiesta è a Mario Draghi, per sottrarsi a questa logica politicamente ricattatoria e di prendere atto della situazione che si è creata.
Draghi tenta di riavvicinare il M5S. La palla ora è in mano a Conte
Nel giorno prima del voto al Senato sul decreto aiuti la tensione politica è rimasta altissima. L'ala governista del M5S spinge per una fiducia a tempo se effettivamente arriverà un segnale di Mario Draghi sui nove punti avanzati da Giuseppe Conte, insomma se nei prossimi provvedimenti ci saranno misure su salario minimo, cuneo fiscale, potere d'acquisto alle famiglie, energia, caro benzina e inflazione. I distinguo sui 15 miliardi del decreto aiuti sono stati motivati a Montecitorio da temi identitari per il M5S, come il superbonus e l'inceneritore a Roma. Martedì il premier ha incontrato i sindacati e rilanciato sull’agenda sociale. Un tentativo concreto per riportare ordine nella maggioranza e andare verso quel cambio di passo chiesto a gran voce da Giuseppe Conte. Ma un tentativo che non va a buon fine perché in serata nel M5S ha prevalso la volontà di strappare e di non votare il decreto al Senato.
Salvini attacca il M5S e chiede a Draghi uno scostamento da 50 miliardi
Matteo Salvini dopo alcuni giorni di silenzio lancia un paio di messaggi chiari al premier Mario Draghi e ai Cinque Stelle. Il segretario del Carroccio interviene subito dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio con i ministri Giancarlo Giorgetti (rimasto in silenzio) e Andrea Orlando al termine dell’incontro con i sindacati. E poi è un fiume in piena: ammonisce Giuseppe Conte relativamente al documento in 9 punti recapitato a Draghi e si definisce sereno e determinato. E, quando la Lega è determinata le cose cambiano, come ha detto alla stampa. Poi non si nasconde dietro un dito e torna a insistere su uno dei punti su cui il Premier sembra inamovibile, dicendo di aver letto che secondo il presidente Draghi ci sia bisogno di uno scostamento di bilancio, non di un intervento pesante. Ma Salvini la pensa all'esatto contrario, dichiarando che o si mettono almeno 50 miliardi veri nelle tasche degli italiani oppure con i micro bonus e i micro interventi non si risolve nulla.
Draghi annuncia le dimissioni. Mercoledì parlerà alle Camere
Davanti al Cdm Mario Draghi ha letto una breve dichiarazione annunciando le sue dimissioni, affidandole nelle mani del Presidente della Repubblica, una decisione presa dopo che il M5S ha confermato di non votare la fiducia al decreto Aiuti e nonostante il Governo abbia comunque ottenuto la maggioranza nella votazione (172 voti a favore e 39 contro). Draghi ha annunciato che la maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto il suo Governo dalla sua creazione non c'è più. È venuto meno il patto di fiducia alla base dell'azione di Governo. Nonostante il massimo impegno messo in atto per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze avanzate dalle forze politiche, questo sforzo non è stato sufficiente, ha concluso il premier.
Ricorda che l'esecutivo è nato e sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo, andando avanti con compattezza. Draghi quindi si dice orgoglioso dei risultati raggiunti e ringrazia i Ministri per il lavoro fatto insieme, anticipa che mercoledì farà un passaggio alle Camere e si rimette seduto. Mario Draghi stempera le polemiche in Cdm alzandosi, salutando e andando al Quirinale a rassegnare le dimissioni che saranno poi respinte dal Presidente Mattarella. La richiesta del Capo dello Stato al Premier è presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata. Lunedì e martedì Mario Draghi sarà ad Algeri, la data quindi cerchiata in rosso è quella di mercoledì; fino a quel giorno sembra esserci ancora una qualche possibilità di recuperare anche se l’ipotesi del voto a ottobre è molto concreta.
Immediata la reazione dei partiti. C’è chi chiede un Draghi Bis e chi il voto
C'è chi auspica di poter ricreare la maggioranza, chi chiede elezioni subito e chi avanza l'opzione del Draghi Bis. Dopo l'annuncio delle dimissioni, tra i partiti è iniziato il dibattito su come procedere. Il Pd auspica che il lavoro di questi giorni possa ricreare la maggioranza: “Ora ci sono cinque giorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la fiducia al governo Draghi”, ha scritto su Twitter Enrico Letta. Per Matteo Renzi “Draghi ha fatto bene, rispettando le Istituzioni: non si fa finta di nulla dopo il voto di oggi. I grillini hanno fatto male al Paese anche stavolta. Noi lavoriamo per un Draghi-Bis”. Per il bis è anche Giovanni Toti. Dall'opposizione Giorgia Meloni chiede “elezioni subito”. Secondo il partito di Matteo Salvini l'ipotesi delle elezioni non deve far paura: “La Lega è stata leale, costruttiva e generosa per un anno e mezzo, ma da settimane il presidente Draghi e l'Italia erano vittime dei troppi No del M5S e delle forzature ideologiche del Pd. La Lega, unita e compatta anche dopo le numerose riunioni di oggi, condivide la preoccupazione per le sorti del Paese: è impensabile che l'Italia debba subire settimane di paralisi in un momento drammatico come questo, nessuno deve aver paura di restituire la parola agli italiani”. Silvio Berlusconi punta al voto ma al contempo cerca anche di posizionare FI fra i partiti aperti al dialogo.
Dopo lo strappo Conte ha riunito il Consiglio nazionale del M5S
Dopo la scelta di non partecipare al voto di fiducia sul decreto Aiuti, le dimissioni del premier Mario Draghi e la decisione del capo dello Stato di respingerle rinviando Draghi mercoledì alle Camere, il presidente M5S Giuseppe Conte ha convocato il Consiglio nazionale, che nei giorni scorsi aveva visto prevalere la linea dell'Aventino, ora potrebbe far emergere le posizioni più concilianti di chi avrebbe preferito evitare lo strappo. Secondo quanto si apprende, si sta valutando ogni scenario nonostante le tensioni interne tra l’ala oltranzista e quella governista. Nel voto di fiducia sul decreto Aiuti i senatori pentastellati hanno seguito la linea annunciata da Giuseppe Conte e non ci sono state defezioni: nessuno dei 61 senatori del M5S ha partecipato, 15 sono risultati in missione, con l'eccezione di un voto a favore della fiducia espresso da Cinzia Leone che traghetta verso Insieme per il futuro. A metà pomeriggio, Conte ha dichiarato che o avranno risposte vere, strutturali e importanti o nessuno potrà avere i voti del M5S. Poi sono arrivate la notizia delle dimissioni di Draghi, la decisione di Mattarella di respingerle e il pressing degli altri partiti della maggioranza, in primo luogo del Pd.
Bruxelles è preoccupata per la crisi politica italiana
Mario Draghi è un amico dell'Europa, senza di lui a Palazzo Chigi a perderci non è solo l'Italia ma anche l'Ue. A Bruxelles la notizia della crisi di governo arriva come un fulmine a ciel sereno e in un momento forse meno opportuno: l'Europa è nel bel mezzo di una guerra energetica, comincia a faticare un po' nel portare sostegno finanziario all'Ucraina e vede all'orizzonte l'ombra di un autunno gelido anche dal punto di vista economico. Ursula von der Leyen vorrebbe continuare a contare su Draghi. Anche perché in Francia Emmanuel Macron non ha più la forza politica di prima e in Germania l'alleanza guidata da Olaf Scholz ancora non si è assestata. Alla notizia delle dimissioni da Palazzo Berlaymont è filtrato che la presidente von der Leyen ha ripetutamente enfatizzato la stretta e costruttiva cooperazione con il presidente Mario Draghi. Attende di proseguire nella cooperazione con le autorità italiane sulle priorità e sulle politiche europee, come ha sottolineato il portavoce dell'esecutivo Ue Eric Mamer premettendo che Bruxelles non commenta gli sviluppi politici interni ai Paesi membri.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano con il 23,5%, sopravanzando di quasi due punti il Partito Democratico (21,7%). Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 9 punti.
Nell’area delle sinistre, la neo costituita lista rosso-verde sulla base dell’accordo tra Europa Verde di Angelo Bonelli e Sinistra Italia di Nicola Fratoianni è stimata per la prima volta al 3,9% mentre MDP Articolo Uno si attesta, in leggero affanno, al 2,2%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa rimane pressoché stabile (5,1%) così come Italia Viva (2,6%). In leggera ripresa il consenso del Movimento 5 Stelle che si attesta all’11,5%. Nell’area del centrodestra, la Lega non fa registrare grossi cambiamenti (14,5%) mentre Forza Italia fa un balzo in avanti (7,8%). Per quanto riguarda gli ex pentastellati, gli euroscettici di destra di Italexit di Gianluigi Paragone si attestano al 2,2% mentre i nostalgici del M5S delle origini di Alternativa si fermano all’1%.
I sondaggi sono relativi allo scenario partitico precedente alle dimissioni rassegnate dal Premier Draghi nella giornata di giovedì 14 luglio.
Negli ultimi sondaggi, il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 35,4%, mentre la coalizione del centrodestra unito raggiunge il 45,8%; infine, il rassemblement dei partiti di centro (Azione Più Europa e IV) si attesta al 7,7% dei consensi.