Niente sfiducia, Conte in Senato il 20. Nasce nuovo asse M5S-Pd
Il Senato non voterà la mozione di sfiducia al governo presentata dalla Lega. Il 20 agosto alle 15.00 il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, svolgerà in Aula le comunicazioni sulla situazione dell'esecutivo, secondo il calendario votato lunedì in conferenza dei capigruppo e approvato ieri da quella che potrebbe essere una nuova maggioranza composta dal Movimento 5 Stelle e Partito Democratico con l’appoggio di LeU e Autonomie. L'assemblea di Palazzo Madama ha infatti bocciato tutte le proposte di modifica del calendario avanzate da Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia che puntavano ad inserire nell'ordine del giorno dell’aula il voto sulla sfiducia al governo, prima del 20 agosto o nella stessa giornata del 20.
Dopo il voto di ieri, la palla rimane a Giuseppe Conte e tutto dipenderà dalle sue decisioni: attendere un voto sulle risoluzioni che possono essere presentate a seguito delle sue comunicazioni, oppure salire direttamente al Quirinale per rassegnare le dimissioni a Sergio Mattarella. Al momento, non è nemmeno escluso che il M5S, ad esempio, presenti una sua risoluzione a conferma della fiducia a Conte e che possa essere messa ai voti e incassare il sì del Senato. Un’ipotesi sicuramente possibile ma piuttosto improbabile visto che il Pd difficilmente sarebbe disposto a concedere il sostegno ad un Conte-bis.
Salvini esce dall’angolo e rilancia sul taglio dei Parlamentari
Con un’abile mossa Matteo Salvini esce dall’angolo spiazzando nuovamente l’Aula di Palazzo Madama. Propone a Luigi Di Maio un'intesa politica: votare insieme il taglio dei parlamentari e poi, come Beppe Grillo e Di Maio stesso vanno dicendo, andare a votare subito dopo. Una proposta dirompente che ha già avuto i suoi effetti visto che poco dopo la capigruppo della Camera ha approvato all’unanimità la calendarizzazione della riforma costituzionale per giovedì 22 agosto. La riforma, che potrebbe ridurre i parlamentari da 945 a 600 (400 alla Camera e 200 al Senato) e che necessità solamente dell’ultimo voto per la sua approvazione definitiva, sarà quindi votata solamente dopo le Comunicazioni di Conte in Senato.
Con il passare delle ore però la proposta di Matteo Salvini è stata vista con sempre maggiore diffidenza dalle altre forze del parlamento ed in particolare da M5S e Pd. Calendario alla mano, il taglio dei parlamentari, rischia di non passare a causa della crisi di governo. Se Conte cadrà non ci sarà un Governo e il Parlamento non potrà discutere e votare una riforma costituzionale. In più l’ipotesi contrasterebbe con i tempi tecnici della sua attuazione poiché la riforma necessita di tempi lunghi per entrare in vigore. Tempi per ridisegnare tutti i collegi elettorali, per la votazione di un possibile referendum confermativo, ecc. Sembra quindi difficile che il Quirinale possa avvallare l’ipotesi secondo cui si potrebbe andare al voto a ottobre per eleggere 945 parlamentari e poi far entrare in vigore la riduzione degli eletti a 600 tra 5 anni.
Pd e M5S sono quindi molto scettici sulla strada tracciata da Matteo Salvini. Martedì prossimo si capirà tutto. Se la Lega deciderà di confermare la fiducia al premier Giuseppe Conte i giochi potrebbero riaprirsi. In quel caso si potrebbe approvare la riforma e poi andare a votare dopo la sua entrata in vigore, non prima di sei mesi. Nonostante le smentite del Carroccio circola la voce che Salvini potrebbe decidere di ritirare la sfiducia a Conte. In ambienti vicini al presidente del Consiglio spiegano che per ora non sembra cambiare niente: a meno di colpi di scena, martedì Conte sarà in Aula al Senato e, se la Lega non farà marcia indietro, prenderà atto del venir meno dei numeri per la fiducia e si presenterà al Quirinale per rassegnare le dimissioni.
La palla poi passerà al Capo dello Stato che dovrà sondare la possibilità di formare un nuovo governo. In questo caso gli scenari sono dei più vari: governo di legislatura, di scopo, del Presidente, ecc. Cominciano già a circolare i nomi dei possibili Presidenti del Consiglio indicati da Matterella: si va dalla possibilità di un secondo mandato a Conte all’incarico al ministro delle finanze, Tria passando per personalità “tecniche” come i costituzionalisti Onida, Flick e Cartabria fino agli economisti Cottarelli e Draghi il quale però si libererebbe solo a partire da novembre. Non sembra invece ancora sul tavolo l’ipotesi Amato.
Zingaretti scettico mentre Matteo Renzi apre al Governo istituzionale
Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti rilancia il suo appello all’unità e Matteo Renzi si dice assolutamente disponibile aprendo anche alla proposta di Goffredo Bettini per la nascita di un governo istituzionale di legislatura, con una maggioranza e un programma chiaro. Una proposta che sarà sottoposta anche alla direzione del partito del 21 agosto. Ma lo scenario delle urne è tutt'altro che scomparso. Alcuni segnali dicono chiaramente che Nicola Zingaretti tiene la propria bussola puntata su un voto che, nel peggiore dei casi, gli permetterebbe di prendere il controllo dei gruppi parlamentari, oggi a forte impronta renziana.
Equilibri interni a parte, la strada della nascita di un governo che metta insieme il Pd con il M5S è molto stretta. In molti fanno notare le forti divisioni su molti temi a partire dal reddito di cittadinanza sino ad arrivare alla Tav e Tap senza dimenticare il rapporto con l’Unione Europea. Ma se fino a qualche giorno fa l’ipotesi era impensabile all’interno del Pd ora le posizioni sono nuovamente mutate dopo che ieri in una lunga conferenza stampa Matteo Renzi, da strenuo oppositore di ogni possibile confronto con i pentastellati, si è detto disponibile ad appoggiare l’inizio di un dialogo per la creazione di un governo istituzionale che metta al riparo il paese dall’aumento dell’Iva e quindi dalla recessione.
Il centrodestra si ricompatta. Lega e FdI puntano alle elezioni, FI più possibilista
Il voto in conferenza dei capigruppo prima e in Aula del Senato poi rinsalda l’intesa tra i partiti di centrodestrapiù che mai decisi, con le dovute eccezioni, ad andare a elezioni il prima possibile nonostante non ci sia stato l’incontro per stipulare un patto preelettorale tra i leader Salvini, Meloni e Berlusconi. I leghisti dopo l’all-in di Salvini sul taglio dei parlamentari su consiglio di Roberto Calderoli vedono come unica strada percorribile il voto in autunno e denunciano a gran voce il possibile “inciucio” tra il M5S e il PD. Situazione simile per quanto riguarda FdI che, per bocca della leader Giorgia Meloni, stigmatizza la formazione di un governo M5S-Pd-Leu parlando di “democrazia incompiuta”.
In Forza Italia la situazione è invece più articolata. Il partito forzista gradirebbe un immediato ritorno alle urne alla luce anche del fatto che potrebbe essere uno dei partiti più danneggiati dal taglio dei parlamentari. Questa possibilità ha frenato la stipula dell’accordo preelettorale anche se permangono sul tavolo le richieste di Berlusconi in cambio dell’appoggio a Salvini: la contrarietà all’ipotesi di creazione di un listone unico (condivisa anche da FdI), la garanzia di una quota di collegi uninominali “sicuri” e l’estromissione dalla coalizione del movimento di Giovanni Toti fondato in contrapposizione alla classe dirigente forzista. Oltre a questa ipotesi, sullo sfondo, permane la possibilità per FI di appoggiare un eventuale governo del Presidente replicando la cosiddetta “coalizione Ursula” (FI, Pd e M5S) che ha portato all’elezione della Presidente della Commissione europea.
Il M5S apre al Pd e si scaglia contro Matteo Salvini
Nel M5S la tensione è molto alta. Luigi Di Maio uscito da Montecitorio non si fida dell'ormai ex alleato di governo e definisce la sua ultima proposta “una mossa della disperazione” e ribadisce senza mezze parole che la parola di Matteo Salvini, dopo l’apertura della crisi dell’8 agosto, non ha più alcun valore. Per il leader pentastellato Salvini “si è infilato in un cul de sac” perché' in base ai regolamentari parlamentari, “se vuole votare il taglio degli eletti dovrà prima ritirare la mozione di sfiducia a Conte. Altrimenti la votazione sul taglio slitterà a dopo quella sul premier. Ma è chiaro che, se dovesse ritirare la richiesta di sfiducia per il presidente del Consiglio, dovrebbe smentire la sua linea”. Sul fronte del dialogo con il PD, lo storico nemico dei pentastellati, i pontieri sono al lavoro. Quello di ieri è stato un primo risultato ma la strada per dare vita ad un esecutivo è ancora molto lunga.
Il Movimento al momento è al lavoro su tutti i fronti e ancora non sembra aver avuto il tempo di metabolizzare tutte le implicazioni di questi continui cambi di rotta. Le perplessità interne sono molte ma la necessità di riuscire ad approvare il taglio del numero dei parlamentari rappresenta il primo obiettivo dei pentastellati. Per il momento, quindi, Luigi Di Maio è riuscito a reagire alle mosse di Matteo Salvini aprendo al Partito Democratico e forse allentando le tanto temute elezioni. Le prossime ore ci diranno come proseguirà questa nuova convergenza politica e se porterà alla nascita di un nuovo governo.