Dalla Conferenza sulla ricostruzione un piano Marshall per l’Ucraina

Un Piano Marshall per Kiev e un salto di qualità nell'azione contro Mosca, con maggiore pressione e deterrenza: la Conferenza per la ripresa dell'Ucraina può rappresentare un cambio di passo nella strategia del fronte occidentale che sostiene la resistenza di Volodymyr Zelensky. Il debutto degli Usa fra i Volenterosi dà un peso diverso alla coalizione guidata da Francia e Gran Bretagna, che annunciano di aver pronto un piano di peacekeeping pronto a scattare quando arriverà il cessate il fuoco. Quanto tempo servirà non è chiaro, ma “è fallito” il piano russo “di piegare gli ucraini con il freddo, la fame e la paura”, assicura Giorgia Meloni, che con gli alleati già è proiettata a una fase di ricostruzione post-bellica

L'economia ucraina non si è fermata, come dimostra anche la qualità degli stand allestiti alla Nuvola (droni, tecnologie agricole, protesi mediche, tra gli altri), dove tutto è filato liscio nonostante gli 8.351 i partecipanti, rispetto ai 5.000 attesi fino a pochi giorni fa. Ora, però, Kiev cerca il rilancio. L'Italia ha già vissuto una storia di boom dopo la Seconda guerra mondiale e la premier spera che da Roma sia partito il percorso del “miracolo economico dell'Ucraina”. Per Zelensky “Tutto ciò che ha distrutto la Russia può essere ricostruito. Questa coalizione ha bisogno di Paesi, di leader, di aziende, tutti insieme per ricostruire la nostra società. Ci serve un piano di recupero e di resilienza chiaro. Un po' come il piano Marshall”. L'altro paletto condiviso a Roma è che della ricostruzione non deve trarre beneficio Mosca o chi ne ha appoggiato la guerra. 

La Banca Mondiale stima che servano 500 miliardi di euro. La quarta edizione della Conferenza sulla ripresa ha prodotto circa duecento accordi per 10 miliardi. È meno dei 16,5 miliardi di quella precedente a Berlino ma in compenso Kiev incassa dagli alleati impegni sulle forniture di armi. Un bilancio indigesto per Mosca: la sua ambasciata in Italia definisce l'appuntamento di Roma una manifestazione di “brama di dominio, avidità e l'ingordigia”, da parte dei “leader dei Paesi occidentali, Italia compresa”, accusati di “distorcere qualunque realtà”. “Oggi è più che mai cruciale che Kiev avverta che non è sola”, è il messaggio della Conferenza sintetizzato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e l'Ue “è chiamata a ribadire la volontà di sviluppare un mondo libero” contro “le volontà di sopraffazione”. “Ora più che mai l'Ucraina può contare sull'Ue”, garantisce Ursula von der Leyen, annunciando un Fondo europeo per la ricostruzione

Gli Stati Uniti partecipano alla riunione dei Volenterosi

Unità è il messaggio immediato della call che dalla Conferenza per la Ripresa dell'Ucraina a Roma si è collegata a Northwood, in Regno Unito, con Keir Starmer ed Emmanuel Macron per fare il punto sui Volenterosi. Per la prima volta, al formato hanno partecipato anche gli Stati Uniti con l'inviato di Trump Keith Kellogg, “Un segnale molto importante” secondo Volodymyr Zelensky che dalla Nuvola dell'Eur, accanto a Giorgia Meloni, si è detto “sicuro” che l'apporto americano “potenzierà la coalizione”. Ma c'è da considerare Donald Trump e il suo equilibrismo tra Mosca e Kiev, testimoniato plasticamente dal segretario di Stato Usa Marco Rubio che in Malesia ha incontrato l'omologo russo Sergei Lavrov, indicando prima che le sanzioni più dure a Mosca restano un'opzione, poi che Mosca ha condiviso una “nuova idea” sul futuro del conflitto in Ucraina,che sottoporrà al Presidente americano. Al momento, non è dato sapere quale sia il contenuto di questo “concetto” espresso da Lavrov a Rubio, che dopo aver manifestato delusione per la rigidità del Cremlino sul conflitto ha sottolineato la necessità di una “roadmap” per raggiungere la pace. Ma per Zelensky c'è poco da discutere, perché “la Russia non si sta preparando per la pace”. 

Con questa premessa, la prima direttrice del sostegno invocato da Kiev riguarda maggiori investimenti per la difesa: “Dobbiamo intercettare i droni, servono nuovi missili, servono nuovi sistemi di difesa”, ha detto il leader ucraino in un appello ribadito poi in particolare a Giorgia Meloni: “Saremmo lieti di vedere investimenti italiani in tutto ciò che protegge le vite in Ucraina”, ha detto dopo aver incontrato la premier, che intanto ha confermato il sostegno a Kiev anche attraverso la “cooperazione tra le nostre industrie della difesa”, e rivolgendosi ai volenterosi ha parlato di aumentare la “pressione e la deterrenza”. Che ci sia stato un cambio di passo rispetto ai mesi scorsi sembra confermarlo lo stesso Zelensky in serata: con i Volenterosi si è parlato di armi e “ci saranno sempre più investimenti per quanto riguarda questo tipo di produzione, in modo particolare di droni”, ha assicurato il leader ucraino. E soprattutto, ci sono segnali incoraggianti sulla ripresa delle forniture Usa e sul tema della difesa aerea: “Con il presidente Trump abbiamo un dialogo positivo sui sistemi Patriot” ha annunciato Zelensky. 

All’Eurocamera Von der Leyen incassa la fiducia, ma è a tempo

Ursula von der Leyen ha incassato nuovamente la fiducia dell'Eurocamera, o meglio, ha visto la stragrande maggioranza dell'emiciclo respingere una mozione di censura targata estrema destra e bocciata con 360 voti contrari, ai quali si sono contrapposti 175 sì e 18 astenuti. La presidente della Commissione, a Roma per la conferenza sulla Ripresa ucraina organizzata da Giorgia Meloni, ha ribadito che, in un “tempo imprevedibile, ci vuole una Ue forte”. Eppure, Ursula ora è più fragile: la maggioranza che l'ha sostenuta a luglio 2024, nonostante il rientro dello strappo dei Socialisti, resta tumultuosa e perde pezzi, passando dalle iniziali 401 unità alle 370 del novembre scorso, fino ai numeri di questa Plenaria. E la premier italiana, un po' a sorpresa, ancora una volta ha deciso di non certificare il suo ingresso tra i gruppi che sostengono la Commissione, optando per la non partecipazione al voto. Quello che è andato in scena in una Plenaria insolitamente piena di ieri non è stato un voto su una mozione di censura, è stato un voto spartiacque, utile a tutti i gruppi per saggiare la solidità della Commissione. E il responso è stato a dir poco in chiaroscuro. 

Il Ppe, compatto, ha appoggiato la sua presidente ma anche tra i Popolari, abili a nascondere i dissidi interni, i mugugni cominciano a emergere. I Socialisti, al termine di una trattativa sotterranea con i pontieri, hanno annunciato di aver ottenuto il mantenimento del Fondo Sociale nel prossimo bilancio pluriennale, allontanando così l'ipotesi astensione. I Verdi, seppur vessati dai continui dietrofront sul Green Deal, hanno scelto di non unirsi all'estrema destra. I Liberali sono rimasti fedeli all'esecutivo brussellese. Ma, per tutti e tre i gruppi, si tratta di una fiducia a tempo. La Plenaria di settembre, quando von der Leyen pronuncerà lo Stato dell'Unione e il bilancio pluriennale, sarà un banco di prova decisivo. È nelle assenze, più che nei voti, che va individuato il fronte trasversale e silenzioso degli anti-Ursula: alla mozione di censura hanno votato 553 europarlamentari su un totale di 719. Nella maggioranza Ursula, 34 sono stati gli assenti in S&D (3 del Pd), 19 nei Verdi (tra i quali l'intera delegazione italiana), 12 in Renew, 19 nel Ppe. In 44, tra i Conservatori, hanno votato contro von der Leyen, in 35 hanno disertato. 

Il Ministro Nordio contrattacca: “Falsità su Almasri, non mi dimetto”

Quello che sembra chiaro è che per il caso Almasri non ci saranno dimissioni. Quelle uscite sui giornali sono “invenzioni”, “leggende”, perché “gli atti che abbiamo smentiscono radicalmente ciò che è stato riportato”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, finito nuovamente nel mirino per la vicenda del comandante libico Osama Njeem Almasri non consegnato alla Corte penale internazionale, respinge con forza gli attacchi delle opposizioni, che però continuano mentre è attesa a giorni la decisione del Tribunale dei ministri che ha indagato il guardasigilli, insieme al collega Matteo Piantedosi, al sottosegretario Alfredo Mantovano e alla premier Giorgia Meloni: archiviazione o richiesta di autorizzazione a procedere. Per Nordio “Tutto quello che è stato scritto e che ho letto in questi giorni è un poco come le leggende: alcune verità corredate di molte invenzioni. Non posso entrare nei particolari perché c'è il famoso segreto istruttorio, ma la parte, chiamiamola così, più succulenta che ha sollevato tante polemiche non corrisponde a verità”. 

La parte “più succulenta” è la mail che il capo di Gabinetto di via Arenula Giusi Bartolozzi ha inviato all'ex capo del Dipartimento affari di giustizia Luigi Birritteri il 19 gennaio, giorno dell'arresto di Almasri, per chiedergli di trattare il caso con cautela e di comunicare su Signal per avere riservatezza, mentre il Guardasigilli, nell'informativa alla Camera del 5 febbraio, aveva riferito che solo il 20 gennaio al Ministero era pervenuto dall'Aja il “complesso carteggio” sulla vicenda. Il Ministro non si scompone. “Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento. Da ex magistrato sarebbe improprio se entrassi nei dettagli di un’indagine che è ancora in corso” e “quando saranno esibiti gli atti, potrete vedere chi aveva ragione e chi aveva torto. Dico però chiaramente che quello che ho letto non corrisponde a verità; al Parlamento ho sempre detto la verità”. E al dem Filippo Sensi, che al question time in Senato dice di considerarlo “ministro dimissionario”, replica: “Voi pensate chi io sia dimissionario perché questo è il vostro desiderio, ma è un wishful thinking. Hic manebimus optime”. 

Piuttosto, osserva, ci sono state “violazioni di atti riservati di cui non si capisce come qualcuno sia entrato in possesso. Anche questo sarà eventualmente oggetto di chiarimento da parte dell'Autorità giudiziaria”. La legale Giulia Bongiorno sta infatti valutando una denuncia per divulgazione di atti coperti da segreto per i documenti dell'indagine finiti sui giornali. Non si fermano, intanto, le critiche e le richieste di dimissioni dell'opposizione. Ad ogni modo, dei 4 indagati la posizione più delicata appare proprio quella di Carlo Nordio, che deve rispondere anche, a differenza degli altri tre, di omissione di atti d'ufficio. In ogni caso è prevedibile che un'eventuale richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di membri del Governo verrà respinta dal Parlamento, per i numeri della maggioranza. Il Tribunale depositerà gli atti alla procura ordinaria, che potrà poi muoversi per valutare altre posizioni, come quella di Giusi Bartolozzi, sentita come persona informata dei fatti. 

A Milano prove di tenda riformista, manovre al centro

La locandina dice molto, con i nomi affiancati del segretario di Azione Carlo Calenda, della capogruppo di Iv alla Camera Maria Elena Boschi, dei riformisti Pd Giorgio Gori e Lia Quartapelle, del deputato di Più Europa Benedetto della Vedova. In un pomeriggio milanese, a un convengo sul lavoro si è intravisto un pezzo di tenda riformista, un nucleo di aree al centro del centrosinistra. Per ora, rappresentano forze politiche distinte, ma domani chissà. “Il progetto che deve contrapporsi alla destra non può trascurare le componenti riformiste che, purtroppo, sono uscite dal Pd” ha spiegato Gori “ma con le quali non abbiamo mai smesso di dialogare”. Sono quelle che partecipano al “progetto comune” Circolo Matteotti nato a Milano qualche mese fa proprio per riunire varie esperienze riformiste. 

È un po' un fortino della minoranza interna alla segretaria Pd Elly Schlein, ma è anche qualcosa di diverso. Però non è l'unica realtà a occupare quello spazio. Un elenco parziale e in continuo aggiornamento annovera i comitati dell'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, la Comunità democratica del senatore Pd Graziano Delrio, la Rete del deputato Paolo Ciani e dell'eurodeputato Marco Tarquinio, e quella dei civici dell'assessore a Roma Alessandro Onorato. Un mare magnum che può fare da contrappeso a quel centro del centrodestra cui ha invece accennato Pier Silvio Berlusconi ieri. Dall'altro lato del centro, i riformisti Pd hanno cercato di rassicurare Schlein: non deve allarmarsi, ha spiegato Gori, “Proviamo a mettere una serie di idee, di proposte con un tratto propositivo e costruttivo. Il Circolo Matteotti è un luogo di riflessione anche un po' programmatica”.

  1. Dalla Conferenza sulla ricostruzione un piano Marshall per l’Ucraina
  2. Gli Stati Uniti partecipano alla riunione dei Volenterosi
  3. All’Eurocamera Von der Leyen incassa la fiducia, ma è a tempo
  4. Il Ministro Nordio contrattacca: “Falsità su Almasri, non mi dimetto”
  5. A Milano prove di tenda riformista, manovre al centro