Bce, incertezza dazi non risolta, frena l'economia

L'incertezza legata ai dazi commerciali continua a influenzare negativamente il clima economico dell’eurozona, rallentando gli investimenti delle imprese e pesando sull’erogazione del credito. È quanto emerge dal bollettino mensile della Banca Centrale Europea, che segnala un significativo rallentamento della crescita economica nel secondo trimestre del 2025, con un Pil fermo a +0,1% secondo le stime flash di Eurostat, dopo il +0,6% del primo trimestre. A confermare la tendenza, anche i dati sulla produzione industriale tedesca, che a giugno hanno registrato un calo dell’1,9%, peggiore delle attese. A livello globale, secondo l’Ocse, il reddito reale delle famiglie nella zona aderente all’organizzazione ha mostrato un progresso limitato, pari a +0,1% nel primo trimestre, in linea con l’andamento del Pil reale pro capite. La situazione è aggravata dalla volatilità dei prezzi energetici, influenzati sia dai conflitti in Medio Oriente sia dall’intenzione dell’amministrazione Trump di spingere al ribasso il prezzo del petrolio.

In questo contesto, la Bce conferma un orientamento prudente e ribadisce di non voler legarsi a un percorso prestabilito per l’andamento dei tassi, sottolineando l’incertezza sulle prospettive dell’inflazione. A giugno 2025 l’inflazione si è attestata al 2,0%, in lieve aumento rispetto all’1,9% di maggio, ma restando nel complesso coerente con l’obiettivo di medio termine. Tuttavia, l’istituto avverte che i dazi internazionali potrebbero produrre effetti opposti sui prezzi: un rafforzamento dell’euro potrebbe contenere l’inflazione, ma dazi più alti potrebbero frenare la domanda di esportazioni europee e incentivare le importazioni da paesi con capacità produttiva eccedente, come la Cina. Al contrario, la frammentazione delle catene di approvvigionamento, l’aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture, così come fenomeni climatici estremi, potrebbero determinare nuove spinte inflattive, in particolare sui beni alimentari. Nel frattempo, le imprese dell’eurozona continuano a mostrare scarsa propensione agli investimenti, elemento che mantiene stagnante l’offerta di credito. La tendenza è visibile anche in Italia, dove secondo una ricerca della First Cisl, i cinque principali gruppi bancari hanno registrato un incremento degli utili del 13,5%, ma con un aumento minimo degli impieghi (+0,1%), in linea con una domanda ancora debole. Segnali positivi arrivano dal mercato del lavoro: la disoccupazione si è attestata al 6,3% a maggio, vicina ai minimi storici dall’introduzione dell’euro, mentre la tenuta dei bilanci privati e l’aumento del reddito reale continuano a sostenere i consumi. Inoltre, la politica dei tassi bassi incentiva le famiglie a ricorrere ai mutui, mentre nel medio termine si attendono effetti espansivi sul Pil dai programmi di spesa per la difesa, avviati in particolare da Germania e altri Stati membri.

DL Economia: Barabotti (Lega), vero danno è Green Deal, non tariffe USA

Nel corso dell'intervento in Aula sul decreto Economia, il deputato della Lega Andrea Barabotti ha criticato le accuse rivolte al Governo italiano in merito all’accordo sui dazi con gli Stati Uniti, sostenendo che la competenza su tali trattative spetti alla Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen. Secondo Barabotti, chi oggi accusa l’esecutivo di arrendevolezza verso Donald Trump dovrebbe rivolgersi piuttosto ai parlamentari europei del Partito Democratico, che il 10 luglio hanno votato a favore della riconferma della Commissione. Barabotti ha invitato la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein a rivolgere le proprie critiche a Bruxelles, e non a Palazzo Chigi, se insoddisfatta dell’intesa commerciale UE-USA. Il parlamentare ha inoltre affermato che il vero ostacolo alla competitività delle imprese italiane non risieda tanto nei dazi statunitensi del 15%, quanto nel Green Deal europeo, che a suo avviso comporterebbe un costo annuo di 1.285 miliardi di euro per l’economia europea, equivalenti a otto punti di PIL. Nel suo intervento, l’onorevole ha infine citato il rapporto sulla competitività redatto da Mario Draghi, che evidenzierebbe come le 13.000 normative UE introdotte negli ultimi cinque anni – a fronte delle 3.500 degli Stati Uniti – rappresentino un carico regolatorio paragonabile a un dazio occulto del 45% sul settore manifatturiero e del 110% sui servizi. La Lega, ha concluso, continuerà a promuovere un modello di Unione Europea più favorevole alla produzione e alla difesa dell’occupazione italiana.

Anima spinge l'utile Bpm. Mps? Dopo l'ops Mediobanca

Banco Bpm ha chiuso il primo semestre del 2025 con un utile record di 1,21 miliardi di euro, in crescita del 61% rispetto al 2024 (+31% a perimetro costante). A partire dal secondo trimestre ha iniziato a contribuire anche Anima, consolidata per la prima volta, con una quota pari all’11% dell’utile netto e al 23% delle commissioni nette della banca. L’utile realizzato corrisponde già al 62% dei profitti stimati per l’intero 2025, pari a 1,95 miliardi, una previsione confermata nonostante l’attesa di un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce entro la fine dell’anno.

La banca guidata da Giuseppe Castagna ha confermato l’obiettivo di distribuire oltre 6 miliardi di dividendi tra il 2024 e il 2027, con un primo acconto previsto per novembre di circa 700 milioni, che si aggiungerà agli 1,5 miliardi già pagati quest’anno. Per il 2025 si prevede un dividendo totale vicino a 0,9 euro per azione, equivalente all’8% della capitalizzazione del titolo al 4 agosto. Castagna ha sottolineato che la trasformazione di Banco Bpm in una banca “capital light e meno rischiosa” sta procedendo secondo le attese, e ha dichiarato che i risultati di questi primi sei mesi rappresentano un passo importante verso la costruzione di un modello solido di banca futura. Nei primi sei mesi del 2025, il 47% dei ricavi, pari a 3,02 miliardi di euro, non è derivato dal margine di interesse, mentre il 35% dell’utile netto è arrivato dalle “fabbriche prodotto” – assicurazioni, monetica, wealth e asset management – la cui piena integrazione è attesa per il 2026.

Sul fronte delle partecipazioni strategiche, Castagna ha affermato che Banco Bpm valuterà tutte le opzioni riguardo al 10,1% del capitale di Anima ancora quotato in Borsa, riservandosi di fornire maggiori dettagli in occasione della presentazione dei conti del terzo trimestre. Quanto al risiko bancario, ha dichiarato di voler attendere l’esito dell’offerta di Mps su Mediobanca prima di considerare nuove mosse, indicando proprio Mps – di cui Banco detiene il 9% – e Credit Agricole – primo azionista della banca con una quota del 20% – come elementi chiave per eventuali sviluppi. Castagna ha precisato che ogni valutazione sarà condotta in piena indipendenza e nell’interesse degli azionisti. Infine, ha escluso che l’intervento del golden power, che ha bloccato l’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banco Bpm, abbia penalizzato gli azionisti. Ha ricordato che la capitalizzazione della banca è passata da 10 a 17 miliardi di euro senza subire limitazioni, né sul piano autonomo né su quello di eventuali operazioni di consolidamento.

Dazi, Foti: 15%? C'è chi sta peggio. Ue si occupi della svalutazione euro-dollaro

Il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr Tommaso Foti è intervenuto sul tema dell'accordo tra Unione Europea e Stati Uniti in materia di dazi, sottolineando che la soglia del 15% non riguarda soltanto l’UE e che vi sono contesti internazionali in condizioni ben peggiori. Ha inoltre affermato che, senza il ruolo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, non si sarebbe realizzato l’incontro tra Ursula von der Leyen e J.D. Vance, e che i rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea sarebbero rimasti bloccati. Rivolgendosi alla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, il ministro ha chiesto spiegazioni sul voto favorevole espresso nei confronti della presidente della Commissione per due legislature, invitandola a richiedere al Partito del Socialismo Europeo il ritiro del sostegno a von der Leyen, qualora non ne condivida più l’operato.

Il ministro ha poi annunciato che da settembre la Commissione Europea dovrà concludere rapidamente il progetto di semplificazione e sburocratizzazione amministrativa. Ha aggiunto che le difficoltà per le imprese europee non derivano solo dai dazi americani introdotti da Donald Trump, ma anche da quelli interni all’UE, facendo riferimento a un contesto normativo che, a suo dire, rappresenta un ostacolo alla competitività. Infine, ha osservato che la svalutazione del dollaro rispetto all’euro ha un impatto significativo sulle esportazioni europee, comparabile agli effetti delle barriere doganali statunitensi.

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