Il nuovo Bilancio Ue non convince. Fitto rassicura
A una manciata di ore dalla sua messa a punto, il Quadro finanziario per il 2028-34 è al centro delle critiche di capitali, eurodeputati, Enti locali. I Paesi frugali si scagliano contro la nuova tassa alle imprese, le Regioni accusano la Commissione Ue di volere un'Europa alla “Hunger Games”, i gruppi parlamentari promettono che, così com'è, il testo non passerà mai. Ma è nel gioco delle parti, a finire sulla graticola c'è soprattutto Ursula von der Leyen, persino il suo Paese d'origine, la Germania, ha rifiutato seccamente l'aumento del bilancio a quasi duemila miliardi. Oggi, al Consiglio Affari Generali, i 27 esprimeranno la loro prima posizione ufficiale sul Qfp e nessuno, a Palazzo Berlaymont, si aspetta uno scrosciare di applausi. Silente, finora, la premier Giorgia Meloni, tra gli alleati più stretti di von der Leyen su tanti dossier. Dal governo la postura è quella della prudenza, anzi, gli eurodeputati di FdI hanno sottolineato il lavoro del Commissario italiano Raffaele Fitto a tutela dei fondi destinati alle Regioni europee. Ma anche dalle parti dei meloniani si parla di “negoziato lunghissimo e durissimo” mentre il Ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida spiega che la proposta europea “non è all'altezza degli obiettivi”.
La Pac è tra i capitoli più dolenti: con una dotazione di 302 miliardi perderebbe infatti il 20%. A ciò si aggiunge che, nel Qfp, finirà accorpata con la Coesione nei piani di partenariato nazionale e regionale, forse la principale novità del testo. Il modello è quello del Recovery, con il rischio di una centralizzazione della gestione e di un cambio in corsa della gerarchia delle priorità. “Territori, disparità, disoccupazione giovanile, assistenza all'infanzia, garanzia per i minori, il controllo delle frontiere, l'integrazione dei migranti, gli agricoltori: tutto viene messo in un unico calderone”, ha protestato la presidente del Comitato Ue delle Regioni Kata Tutto. Alle sue parole si aggiungono quelle di chi, dai Socialisti ai Verdi, accusa la von der Leyen di aver privilegiato la difesa sacrificando priorità che, finora, hanno amalgamato l'Unione. “Manca la visione strategica”, ha sottolineato il Dem Stefano Bonaccini. Dal canto suo Raffaele Fitto, nella primissima audizione in Commissione Regi all'Eurocamera, ha ricordato che il ruolo della Coesione è salvo e ha chiesto pazienza. “Il confronto potrà migliorare la proposta”, ha sottolineato il vicepresidente, rimarcando però un punto: le politiche di coesione finora sono state troppo rigide, la direzione è quella della semplificazione e della flessibilità. Ed è un trend che, ai Paesi membri, non dispiace.
Tuttavia, nelle capitali europee, non sono soddisfatti. E i primi a parlare sono stati i paesi frugali: “Il bilancio è troppo alto, la spesa va moderata”, è il mantra che unisce Helsinki, Copenaghen, Stoccolma, L'Aja e Berlino. L'inserimento di nuove risorse proprie provenienti da tabacchi, rifiuti elettronici e un contributo annuo dalle aziende oltre i 100 milioni di fatturato viene considerato un messaggio sbagliato e irrealistico. Non piace Catalyst Europe, lo strumento da 150 miliardi di debito comune messo a disposizione dei 27. Ai frugali non convince neppure che il contributo dei Paesi rifletta ancora il reddito nazionale lordo. Di più, nel Qfp per i nordici andrebbe cambiata la filosofia: le nuove priorità non vanno aggiunte a quelle vecchie: “Se si vuole aumentare la difesa si potrebbe ridurre ad esempio la Coesione”. Von der Leyen allo Stato dell'Unione di inizio settembre è attesa al varco; la presidente della Commissione, però, non è avvezza ai dietrofront. Il negoziato andrà ben oltre i sei mesi della presidenza danese e per la numero uno dell'esecutivo Ue col tempo le nuove necessità dell'Europa potrebbero esser chiare a tutti.
Dazi, Meloni: Al lavoro per scongiurare guerra commerciale
Il governo italiano continua a puntare su una soluzione diplomatica per evitare lo scontro commerciale con gli Stati Uniti, dopo le minacce di nuovi dazi al 30% su beni europei, a partire dal 1° agosto. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito che l’obiettivo prioritario dell’esecutivo è quello di scongiurare l’inasprimento dei rapporti commerciali con Washington, sottolineando il lavoro svolto in stretta collaborazione con la Commissione Europea e gli altri partner UE. A suo avviso, un'escalation tariffaria sarebbe dannosa soprattutto per i lavoratori e risulterebbe ancora più grave nel contesto attuale, già segnato da forti tensioni geopolitiche e da instabilità economica internazionale. A margine dello stesso intervento, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha espresso fiducia sulla conclusione imminente di un accordo, sostenendo di avere ricevuto segnali incoraggianti dagli Stati Uniti. Secondo Urso, l’Italia ha mantenuto una linea negoziale costruttiva, muovendosi su entrambi i binari, sia in sede bilaterale sia all’interno del quadro europeo.
Sul versante opposto, le opposizioni esprimono forte preoccupazione per l'impatto dei dazi e per l’atteggiamento del governo. Il leader dei Verdi Angelo Bonelli ritiene che la guerra commerciale sia già in corso e accusa l’esecutivo italiano di sottovalutare la gravità del momento, segnalando il rischio concreto di perdite per 35 miliardi di euro di export e oltre 180.000 posti di lavoro. Il deputato del Partito Democratico Piero De Luca chiede che l’Italia si presenti ai negoziati con una posizione chiara e condivisa con l’intera UE, evitando iniziative unilaterali che potrebbero indebolire l’azione collettiva. La questione dei dazi, avverte, non va affrontata con approcci arrendevoli, ma con determinazione e compattezza europea. Particolare allarme è stato espresso anche per i possibili effetti su settori chiave del Made in Italy, in particolare sull'agroalimentare, sulla moda e sulla farmaceutica. La deputata dem Antonella Forattini ha evidenziato che le nuove tariffe potrebbero colpire prodotti simbolo del nostro export, aggravando una fase già complessa per il settore a causa della svalutazione del dollaro. Anche Simona Bonafè, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, ha parlato di conseguenze pesantissime per le industrie più strategiche dell’economia italiana. In questo quadro, l’esecutivo mostra ottimismo sull'esito del negoziato, ma le tensioni politiche interne e la pressione degli operatori economici rendono il dossier uno dei più delicati dell’estate europea.
UniCredit-Commerz: Buch (Bce), nostro interesse è un mercato comune
Durante un’audizione alla Commissione Econ del Parlamento Europeo, la vicepresidente della Bce Claudia Buch ha ribadito l’interesse dell'istituzione a favorire un mercato bancario comune europeo privo di ostacoli all'integrazione. In risposta a un europarlamentare italiano che aveva sollevato il caso di UniCredit e Commerz e le resistenze tedesche riguardo a questa operazione, Buch ha sottolineato che la Bce monitora da vicino la situazione, ma ha precisato che non si occupa di singole operazioni bancarie, poiché le competenze della Commissione Europea e della stessa Bce in tema di golden power e concorrenza sono distinte. Nel caso specifico di UniCredit e Banco Bpm, Buch ha precisato che la Bce, pur monitorando gli sviluppi, non interferisce nelle valutazioni della Commissione, che ha un dialogo diretto con il governo italiano riguardo le implicazioni sulla concorrenza e la circolazione dei capitali. Buch ha inoltre evidenziato che le notizie diffuse dai media sono seguite con attenzione, ma non influenzano il lavoro della Bce. Infine, Buch ha concluso affermando che, sebbene le barriere all'integrazione del mercato bancario europeo siano ancora presenti, l’obiettivo della Bce rimane quello di promuovere un mercato comune senza limitazioni per favorire una crescita stabile e integrata del settore bancario europeo.
Giorgetti: Paese ha messo a posto i conti, su Difesa buona soluzione
In un intervento durante una manifestazione a Ancona per celebrare i 165 anni del Corriere Adriatico, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha affermato che l’Italia ha "messo al proprio posto i conti" e ha ristabilito standard di reputazione internazionale che da tempo non venivano riconosciuti. Questa dichiarazione arriva in risposta alle incertezze globali generate dalla guerra commerciale, un tema che sta plasmando gli equilibri economici e politici mondiali. Giorgetti ha sottolineato che l’attuale scenario globale è caratterizzato dalla ridefinizione degli equilibri economici e politici, con particolare riferimento alla nuova postura dell’amministrazione Trump. La politica commerciale di Trump sta riscrivendo le regole dei rapporti commerciali internazionali, con l'introduzione di dazi, ma anche altri fattori come la tassazione internazionale, il ruolo crescente del dollaro e l'adozione di criptovalute stanno cambiando le dinamiche globali. Nonostante il metodo ruvido della diplomazia commerciale degli Stati Uniti, Giorgetti ha evidenziato l'importanza di trovare un compromesso ragionevole sui dazi, pur riconoscendo che l'Europa, seppur in difesa, deve affrontare questi cambiamenti in modo pragmatico.
Il ministro ha anche commentato la difesa europea e il suo impegno in merito, rispondendo a una domanda riguardante le sue precedenti critiche sull’aumento delle spese militari. Giorgetti ha spiegato che, rispetto all'inizio delle trattative, l'Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel rendere più realistico e flessibile l'approccio europeo verso gli obiettivi militari, che inizialmente sembravano poco concretizzabili, soprattutto in relazione alla produzione di armi e al tentativo di compensare la crisi dell’automotive.