Borrell: Ue non sfrutta vantaggio nel settore tech, serve unione dei capitali
I motivi per cui i vantaggi competitivi che l'Ue vanta nei talenti e nelle imprese legate alla catena del valore nei semiconduttori, non si sono tradotti in un maggior numero di giganti tecnologici europei, sono molteplici: “alcuni, come la diversa cultura del rischio e la frammentazione linguistica, sono difficili da affrontare, altri invece, come la mancanza di investimenti per scalare l'innovazione in Europa, potrebbero essere risolte con un aumento sostanziale dei finanziamenti pubblici e una riforma dei mercati dei capitali europei”. Lo afferma l'alto rappresentate Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, nel suo incontro con il Ceo di Nvidia, Jenson Huang. “Gli investimenti pubblici dovrebbero essere indirizzati in particolare verso i supercomputer e la tecnologia quantistica: la capacità di calcolo è il motore principale dell'intelligenza artificiale e consente l'addestramento di grandi modelli linguistici, oltre ad altre innovazioni dell'intelligenza artificiale”, ha affermato l'alto rappresentante. “È un ingrediente essenziale per far crescere le imprese del settore nell'Ue”, ha osservato ancora.
Tuttavia, anche ”l'accesso al capitale privato è un ingrediente parimenti fondamentale”, secondo Borrell, che ha spiegato come nel 2023, 62,5 miliardi di euro di investimenti privati sono stati destinati all'intelligenza artificiale negli Stati Uniti, mentre l'Europa (Ue e Regno Unito) ha attirato solo circa 9 miliardi di euro e la Cina 7,3 miliardi di euro. Con la chiusura della Cina agli investitori statunitensi, “i venture capitalists stanno rivolgendo sempre più la loro attenzione all'Europa, creando opportunità di accesso al capitale di crescita per lo scaling-up”, aggiunge ancora Borrell. NVIDIA, da sola, “collabora con più di 4 mila start-up e piccole e medie imprese tecnologiche europee attraverso il suo programma di avvio”, rimarca ancora. Richiamando la relazione sul Mercato interno di Enrico Letta, emerge la necessità di affrontare “mercati dei capitali europei troppo frammentati”. “La prossima Commissione europea dovrebbe dare priorità alla creazione di un'Unione del Risparmio e degli Investimenti per indirizzare un maggior numero di risparmi privati europei - che ammontano a ben 33mila miliardi di euro - verso le attività tecnologiche europee”, ha detto ancora Borrell.
Giorgetti: mediatore onesto su intesa proventi asset russi
Uno dei punti principali della discussione al G7 sarà infatti l'utilizzo degli asset russi congelati: la soluzione Ue approvata l'altro giorno dal Consiglio dell'Unione di destinare per il sostegno all'Ucraina i rendimenti prodotti non è abbastanza, secondo gli Usa. “Non è semplice, ci stiamo lavorando”, dice il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, padrone di casa del summit con il governatore di Bankitalia Fabio Panetta. Washington proponeva di utilizzare l'intero ammontare degli asset bloccati a Mosca, una soluzione giudicata però rischiosa dai partner europei, preoccupati dalla possibile violazione del diritto internazionale. Negli ultimi giorni si è aggiunto il parziale passo indietro, ipotizzando di girare a Kiev anche gli interessi futuri così da arrivare fino a una possibile cifra di 50 miliardi. La segretaria al Tesoro Usa, Janet Yellen, ha quindi giocato d'anticipo rispetto all'avvio dei lavori del vertice “fare di più” rispetto alla soluzione Ue e “continuare il nostro lavoro collettivo su opzioni più ambiziose, considerando tutti i rischi e agendo insieme”.
Il punto su cui si ragiona, spiega però Giorgetti al termine di un bilaterale con la stessa Yellen, è “trasferire la base legale” trovata per l'accordo Ue sui proventi attuali “ai futuri interessi finanziari e su questo costruire una sorta di garanzia per un prestito che a questo punto potrebbe essere di Paesi G7 e amici”. In sostanza “questi proventi finanziari potrebbero servire a ripagare il prestito che viene erogato in un'unica soluzione nel 2024 o più presumibilmente nel 2025”. Per il titolare del Mef “c'è da lavorare molto, essere anche un po' creativi, quello che serve alla fine è una nuova regolamentazione a livello europeo e quindi una decisione a 27. Sappiamo perfettamente che in Europa ci sono elezioni e una nuova commissione prossima ventura, e quindi tutto si complica”. Se gli Usa hanno l'appoggio del Canada, un portavoce del ministero delle Finanze di Berlino rimarca l'importanza che qualunque soluzione sia trovata sia giuridicamente fattibile, preservando principi fondamentali del diritto internazionale come l'immunità statale. Una strada quella europea, su cui aveva ribadito il suo consenso il ministro francese Bruno Le Maire, sottolineando che “siamo aperti all'idea di mobilitare il maggior numero di queste risorse il prima possibile, nel rispetto del diritto internazionale”. In questo scenari,o il padrone di casa, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, si pone come “mediatore onesto” per trovare un’intesa tecnica da consegnare al tavolo dei leader, che si riuniranno a metà giugno di Puglia.
Bce: a giugno prudente taglio tassi, dopo solo incertezze
A giugno la Banca centrale europea procederà ad un prudente taglio dei tassi di interesse da 25 punti base, mentre sul dopo gli stessi banchieri centrali sono incerti sul da farsi: dipenderà dall'evolversi dei dati. Ma lo scenario di base esclude che si debbano effettuare passi indietro e improbabili riaumenti. Lo spiega il vicepresidente della Bce, lo spagnolo Luis de Guindos in una intervista. Il Consiglio direttivo monetario si terrà il 6 giugno. “Siamo stati molto trasparenti sulla decisione di giugno. E stiamo adottando un approccio prudente, che depone a favore di una riduzione da 25 punti base”, dice.
Sulle mosse nei mesi a seguire “c'è un elevato grado di incertezza”. Per l'insieme del 2024 “non abbiamo assunto decisioni precostituite sul numero di taglio dei tassi né sulla loro portata - precisa - vedremo come evolveranno i dati”. Quanto all'ipotesi che la Bce si ritrovi costretta a riaumentare i tassi, se si verificassero sorprese inflazionistiche negative (rischio che appare particolarmente attuale negli Usa, anche in base agli ultimi verbali della Fed) “non è il nostro scenario di base - risponde il vicepresidente Bce - Riteniamo che l'inflazione fluttuerà nel breve termine, convergendo verso il nostro obiettivo del 2% nel 2025”. I rischi ci sono, su salari, produttività, utili delle imprese, oltre che dalla geopolitica e dobbiamo restare cauti. Invece sui rischi dei conti pubblici dei Paesi periferici Ue e più indebitati “stavolta la situazione è diversa” rispetto alla crisi di 15 anni fa. “I Paesi che nel 2010 e 2012 furono in difficoltà, come Grecia, Portogallo, Italia e Spagna, ora hanno settori bancari meglio posizionati”, osserva l'ex ministro, “hanno rafforzato la competitività, ridotto i deficit e alcuni hanno già avanzi primari”. “Italia e Grecia, per esempio hanno elevati livelli di incidenza del debito ma le loro economie crescono più della media Ue. Fino a poco fa i differenziali tra rendimenti dei titoli di stato (spread) sono diminuiti. È un ottimo segno mentre l'intervento della Bce sul mercato sta diminuendo e si concluderà per la fine dell'anno”.
Superbonus, Patuelli (Abi): probabile rischio default
“Imprese, condomini e famiglie si possono trovare in situazioni che li portano al default. Credo che nessuno abbia interesse a che ci siano settore dell'economia che vadano in default a seguito di questo Superbonus”. Antonio Patuelli, presidente di Abi, durante il Rome Investment Forum di Febaf è tornato sui rischi e le implicazioni della norma del decreto Superbonus che, con effetto retroattivo, blocca la compensazione dei crediti fiscali con i contributi previdenziali e assicurativi a partire dal primo gennaio 2025. Il rischio prospettato dal presidente dell'Abi, in realtà, è ben presente al mondo imprenditoriale perché si ritiene che molte imprese possano trovarsi in difficoltà di fronte a un mercato che non acquista più crediti fiscali e che si prospetti per loro la necessità di trovare fondi di liquidità alternativi in tempi molto rapidi, tanto che qualcuno starebbe cominciando a ragionare sulla possibilità di coinvolgere temporaneamente il fondo di garanzia per le Pmi. “Il problema che si apre oggi è il funzionamento del mercato di questi crediti fiscali - ha detto Patuelli - La norma, peraltro, non riguarda tutte le tipologie di acquirenti ma banche, le assicurazioni e gli intermediari finanziari, che sono i più grandi acquirenti degli ultimi 4 anni di questi crediti”, continua.
“Attenzione, perché se si fermano i maggiori acquirenti bisogna trovare forme diverse per animare il mercato, perché altrimenti imprese, condomini e famiglie si possono trovare nella situazione che li portano al default. Quello che auspico, e naturalmente aspetto il dopo elezioni europee, è la creazione di un veicolo che non sia all'interno del consolidamento del bilancio dello Stato, ma che possa essere in grado di coinvolgere risorse pubbliche e private fuori dal bilancio dello Stato, diventando acquirente a prezzi di mercato e che i crediti possano essere poi remunerativi per il veicolo, che non deve essere uno strumento di salvataggio”, ha detto Patuelli .