PIL in crescita ma il governo dovrà mantenere prudenza sulla spesa

Lunedì 23, l'Istat ha pubblicato una relazione che rivede i conti pubblici del triennio 2021-2023, una correzione periodica effettuata da tutti gli Stati membri dell'Unione Europea ogni cinque anni, in collaborazione con Eurostat e la Banca Centrale Europea. Questa revisione si è rivelata positiva per l'Italia: l'economia ha registrato una crescita maggiore rispetto alle stime precedenti, con il PIL che è aumentato di circa 100 miliardi di euro in tre anni. Anche il deficit del 2023 è risultato leggermente inferiore rispetto alle previsioni.

Tuttavia, queste variazioni non permettono al governo di rivedere significativamente la propria politica economica, che dovrà continuare a essere prudente e evitare aumenti eccessivi della spesa pubblica.

La revisione dei conti è dovuta all'introduzione di nuovi parametri di calcolo e alla necessità di aggiornare le stime economiche precedenti. Alcuni dati, infatti, erano stati calcolati sulla base di stime probabilistiche, che ora sono state corrette con dati più precisi. Queste revisioni, seppur periodiche, hanno conseguenze importanti per la gestione della politica economica.

Il governo aveva atteso con ansia la pubblicazione del documento, tanto che il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva deciso di posticipare la presentazione di alcuni documenti finanziari chiave in attesa dei risultati dell'Istat. Ora, grazie a questi dati aggiornati, il ministero dell'Economia potrà rivedere il Piano Strutturale di Bilancio (PSB), che delineerà le politiche economiche dell’Italia per i prossimi sette anni, e procedere con la legge di bilancio per il 2025. Entrambi i documenti dovranno essere approvati dal Consiglio dei ministri e dal Parlamento, e concordati con la Commissione Europea.

Giorgetti ha definito queste revisioni «di lieve entità», sottolineando che non cambieranno il quadro complessivo del PSB. Nonostante ciò, i nuovi dati offrono qualche segnale incoraggiante. Il PIL nominale del 2021 è stato rivisto al rialzo di 20,5 miliardi di euro rispetto alle stime di marzo, con aumenti simili anche nel 2022 (+34,2 miliardi) e nel 2023 (+42,6 miliardi).Complessivamente, il PIL è cresciuto di circa 97 miliardi in più rispetto a quanto stimato in precedenza. Tuttavia, questa crescita non rappresenta risorse aggiuntive a disposizione del governo, ma servirà piuttosto a migliorare i saldi di finanza pubblica e a ridurre leggermente il debito pubblico.

La revisione ha coinvolto tutti i settori dell'economia, dall'industria al commercio, dalle costruzioni al turismo. Tali correzioni si riflettono sul deficit, che nel 2022 è stato rivisto dall'8,6% all'8,1% del PIL e nel 2023 dal 7,4% al 7,2%. Questo significa che le amministrazioni pubbliche si sono indebitate per 161,5 miliardi di euro nel 2022 e 152,7 miliardi nel 2023.

Nonostante queste correzioni, la situazione della finanza pubblica italiana rimane fragile. Il governo dovrà infatti affrontare un compito complesso nel definire il PSB e la legge di bilancio per il 2025. La crescita del PIL permetterà una lieve riduzione del debito pubblico, che nel 2023 è stato stimato al 137,8% del PIL, una cifra che potrebbe superare i 3.000 miliardi di euro nei prossimi mesi.

Ridurre questo debito, anche solo di poco, potrebbe migliorare la fiducia dei mercati finanziari, ma non basterà per giustificare un aumento della spesa pubblica, soprattutto alla luce delle rigide regole imposte dal Patto di Stabilità e Crescita dell'UE, entrato in vigore ad aprile. L'Italia, con un debito superiore al 60% del PIL, sarà obbligata a ridurlo di almeno un punto percentuale all’anno a partire dal 2025. La revisione dell'Istat, pur riducendo leggermente il deficit del 2023, non modifica significativamente la traiettoria di riduzione del debito e del deficit che il governo dovrà seguire nei prossimi anni.

In definitiva, l'Italia dovrà trovare risorse per ridurre il proprio indebitamento di circa 12-13 miliardi di euro all’anno fino al 2031. Questo comporterà il taglio della spesa improduttiva, un eventuale aumento delle tasse o la promozione di una maggiore crescita economica. Tuttavia, la revisione dell'Istat non fornisce un margine significativo, contribuendo solo a una riduzione minima di qualche centinaio di milioni all'anno.

Giorgetti chiede sostegno alle banche e imprese senza nuove tasse sugli utili

Non si tratterà di una tassa sugli extraprofitti. «Non stiamo parlando di un’imposizione fiscale sugli utili, ma di un contributo da parte di chi ha beneficiato di condizioni favorevoli, per raggiungere insieme gli obiettivi», ha dichiarato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. In sostanza, il governo non intende imporre nuove tasse sugli utili delle imprese, ma chiede un contributo volontario da parte di chi può permetterselo, per sostenere l’economia. Giorgetti ha auspicato un accordo con le imprese, aggiungendo: «Mi auguro che ci sia condivisione su un contributo da parte di chi ne ha la possibilità». L'intervento del ministro è avvenuto a Palazzo Chigi, dove ha incontrato prima i sindacati e poi le associazioni imprenditoriali, per presentare il Piano strutturale di bilancio e le linee guida della prossima legge di bilancio.

Il Piano prevede un contenimento della spesa pubblica, con una crescita annuale massima dell'1,5% per i prossimi sette anni e una riduzione del deficit di 0,5 punti di PIL nel 2025 e nel 2026. L'obiettivo è riportare il disavanzo sotto il 3%, uscendo così dalla procedura d'infrazione europea e riducendo il peso del debito per gli anni a venire. Una delle prime misure che verrà confermata nel 2025 è il taglio dei contributi per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35.000 euro, oltre a sgravi Irpef per chi guadagna fino a 28.000 euro. Si tratta di provvedimenti attualmente finanziati anno per anno, ma Giorgetti intende renderli stabili con coperture finanziarie definitive.

Pur mantenendo una linea di prudenza, il ministro ha accolto positivamente la revisione al rialzo delle previsioni sul PIL da parte dell'Ocse, che stima una crescita dello 0,8% per l'Italia nel 2024. Durante l'incontro con i sindacati, Giorgetti ha assicurato che ci saranno fondi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, con l’impegno a recuperare il valore dell'inflazione, stimato intorno al 2% annuo. È stato anche confermato l'aumento delle pensioni e la rivalutazione degli assegni per il 2024, così come gli investimenti nella sanità, che non sarà soggetta al tetto di crescita della spesa pubblica, pur comportando la necessità di ridurre altre voci di spesa.

Per finanziare queste misure, il governo prevede di ottenere circa 20 miliardi di euro, oltre ai 13 necessari per ridurre il deficit. Una parte delle risorse deriverà dai tagli alla spesa, compresa la revisione delle detrazioni fiscali. Tuttavia, Giorgetti ha specificato che il contributo straordinario richiesto alle imprese non sarà la principale fonte di finanziamento della manovra. Sebbene non siano stati forniti dettagli precisi, è possibile che il contributo venga richiesto a settori come banche, assicurazioni, aziende farmaceutiche e società energetiche.

L'Associazione Bancaria Italiana (ABI) ha manifestato apertura verso un possibile contributo delle banche per sostenere il bilancio dello Stato, ma ha posto delle condizioni per evitare di penalizzare i loro conti e, di conseguenza, l’economia del Paese. La priorità per l'ABI è che tali misure siano temporanee. L’approfondimento delle eventuali proposte è stato affidato al direttore generale Marco Elio Rottigni. Una delle ipotesi discusse riguarda l'allungamento della deducibilità delle vecchie perdite su crediti, che aumenterebbe l'utile imponibile, una misura già applicata in passato.

L’euro digitale: presto la decisione finale della BCE

Il lancio del progetto pilota dell’euro digitale dipenderà dai tempi di approvazione della legislazione necessaria, che, se conclusa entro fine anno, potrebbe permettere l’avvio del progetto entro la metà del 2027. Lo ha affermato Piero Cipollone, membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea (BCE), durante un'audizione alla commissione Economia del Parlamento europeo sullo sviluppo dell’euro digitale il 24 settembre.

Cipollone ha spiegato che è già stato previsto un appalto per il progetto, con una selezione dei fornitori attualmente in corso. Per quanto riguarda i costi stimati, ha indicato una forbice compresa tra i 400 milioni e il miliardo di euro.

"Abbiamo iniziato la fase di indagine nel 2021 e ora ci troviamo a metà della fase di preparazione", ha aggiunto. Uno degli aspetti cruciali riguarda i massimali di euro digitali detenibili dai singoli utenti, che saranno stabiliti per garantire la stabilità finanziaria ed evitare una fuga massiccia di capitali dai depositi bancari verso l’euro digitale, specialmente durante periodi di crisi. Cipollone ha specificato che il Consiglio direttivo della BCE deciderà entro la fine del 2025 se proseguire con la fase successiva del progetto, ma l’effettiva emissione dell’euro digitale avverrà solo dopo l’approvazione del quadro legislativo.

Cipollone ha sottolineato l’importanza di un sistema di pagamento digitale forte, evidenziando come l’euro digitale possa rafforzare la sovranità e la resilienza finanziaria dell’Europa. I consumatori europei potrebbero utilizzare l’euro digitale per qualsiasi pagamento, sia fisico che online, semplificando il processo e rendendolo gratuito come l’uso del denaro contante. Con un unico dispositivo e una sola password, gli utenti avrebbero una visione completa delle proprie spese.

Inoltre, l’euro digitale sarebbe accessibile a tutti, promuovendo l'inclusione finanziaria digitale. Sarebbe utilizzabile tramite un’app mobile o una carta fisica, garantendo accessibilità indipendentemente dall’età o dalle competenze tecnologiche degli utenti. Un altro vantaggio fondamentale sarebbe la protezione della privacy e dei dati, con il progetto che garantisce il massimo livello di sicurezza possibile per le transazioni digitali.

Per i pagamenti offline, l’euro digitale offrirà un livello di privacy paragonabile a quello del contante, dove solo il pagatore e il beneficiario saranno a conoscenza dei dettagli della transazione. Anche per i pagamenti online, saranno adottate misure per garantire che i dati personali rimangano sotto il controllo dell’utente. L’Eurosistema, ha concluso Cipollone, non sarà in grado di identificare chi effettua le operazioni né collegare direttamente i pagamenti a chi li esegue.

Swisscom acquista Vodafone, nel 2025 diventerà il secondo operatore italiano

La Commissione europea ha approvato l'acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom, società svizzera di telecomunicazioni. Parallelamente, l'11 settembre scorso, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in Italia (Antitrust) ha avviato un'indagine sull'operazione, con l’obiettivo di valutare eventuali rischi per la concorrenza. L’Antitrust ha il compito di prevenire la formazione di monopoli che possano ostacolare la libera concorrenza sul mercato.

Nei mesi scorsi, Swisscom aveva già ottenuto l’approvazione dal governo italiano, essenziale poiché le telecomunicazioni sono considerate un settore strategico per la sicurezza nazionale, oltre che il via libera dalla Commissione federale della concorrenza in Svizzera.

L'accordo prevede che Swisscom acquisti il 100% di Vodafone Italia per 8 miliardi di euro, con l'intenzione di fondere quest'ultima con Fastweb, un'importante azienda italiana di telecomunicazioni già controllata da Swisscom. Se l'operazione verrà completata entro il primo trimestre del 2025, come previsto, la nuova entità diventerà il secondo operatore di banda larga in Italia, dietro a TIM, e il leader nella fornitura di connessioni in fibra ottica FTTH, che garantiscono una connessione ultrarapida direttamente nelle abitazioni.

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