Bce, Lane: tagli tassi lenti se inflazione sopra attese, e viceversa
Il capo economista della Bce, Philip Lane, ha ribadito che la prossima settimana “sarà appropriato” procedere a un taglio dei tassi di interesse, se i dati continueranno a mostrare sviluppi in linea con le aspettative, mentre per il ritmo futuro di riduzione del costo del danaro potrebbe risultare rallentato da “sorprese al rialzo” sulle pressioni inflazionistiche, o potrebbe accelerare con elementi di natura opposta. Al Consiglio direttivo del 6 giugno “se la nostra valutazione aggiornata sulle prospettive di inflazione, le dinamiche dell'inflazione di fondo e la forza della trasmissione della politica monetaria dovessero aumentare ulteriormente la nostra fiducia che l'inflazione sta convergendo verso il nostro obiettivo in maniera sostenibile, sarà appropriato - ha detto - ridurre l'attuale livello di restrizione monetaria”. Guardando oltre la mossa ormai, quasi scontata, di giugno, “il successivo ritmo di taglio dei tassi sarà più lento se ci saranno sorprese a rialzo sull'inflazione di fondo, specialmente in relazione alle dinamiche dell'inflazione interna e dei servizi”, o sui livelli di domanda, l'ammorbidimento monetario sarà invece “più veloce se ci saranno sorprese al ribasso sull'inflazione di fondo o sul livello di domanda”.
Lane ha osservato che oggi l'inflazione è a livelli più bassi di quanto l'istituzione prevedesse sei mesi fa. Il futuro percorso dei tassi dipenderà anche dall'evolversi della forza della trasmissione monetaria. “Dati i ritardi di questa trasmissione gli effetti restrittivi dei nostri passati rialzi dei tassi si stanno ancora dipanando. Mentre l'impatto del ciclo restrittivo sull'economia potrebbe aver raggiunto il suo massimo livello alla svolta dell'anno, i modelli suggeriscono che il grosso dell'impatto sull'inflazione sia relativamente più lento - ha rilevato Lane - e dovrebbe ancora farsi sentire nei prossimi mesi”. Il capo economista ha anche osservato che il calo dell'inflazione di fondo implica anche che i tassi di interesse reali (la differenza tra tassi ufficiali e inflazione) risultino più alti, quindi con un maggiore effetto restrittivo. Ha anche rilevato che se la Bce tagliasse i tassi troppo in fretta rischierebbe di trovarsi spiazzata nel caso di inattese risalite del caro vita, mentre se si muovesse troppo lentamente potrebbe vedere l'inflazione ricadere sotto il livello obiettivo.
Schnabel: del quantitative easing, occorre uso parco
I programmi di acquisti di titoli finanziari e titoli di Stato (quantitative easing - QE) devono restare nell'armamentario permanente della banca centrale. Hanno giocato un ruolo importante nello stabilizzare i mercati finanziari durante periodi di tensione e aiutato le banche centrali a preservare la stabilità dei prezzi nei periodi di bassa inflazione. “Tuttavia, l'esperienza degli ultimi 15 anni mostra che l'efficacia del QE nello stimolare gli aggregati di domanda può comportare dei costi maggioririspetto a altri strumenti”. Lo ha affermato Isabel Schnabel, componente del comitato esecutivo della Bce intervenendo ad una conferenza su “Dinamiche dei prezzi e sfide della politica monetaria” organizzata dalla Banca del Giappone.
Secondo l'esponente della Bce vi sono due lezioni da tenere presente per il futuro. La prima è che le banche centrali potrebbero trovarsi a fronteggiare shock in cui la migliore risposta di policy richiederebbe un approccio “più paziente per raggiungere i loro obiettivi di inflazione, in prossimità dei limiti minimi dei tassi di interesse”, specialmente dopo una crisi di bilancio. La secondaè che le banche centrali possono ridurre i costi degli acquisti di titoli “usandoli in una maniera più mirata e parsimoniosa, intervenendo a tutta forza quando necessario ma interrompendoli più rapidamente”. Peraltro, secondo Schnabel “in una economia basata sulle banche, come quella dell'area euro, l'esperienza suggerisce che altre misure, come le operazioni di finanziamento di lungo termine possono fornire supporto consistente all'economia di fronte a shock disinflazionistico e instabilità, lasciando ricadute meno persistenti e massicce, dato che possono essere invertite più facilmente - ha detto - se le condizioni cambiano rapidamente”. Come in passato, tutte le nostre misure di policy dovranno essere messe alla prova in base a una “valutazione di proporzionalità”. L'esperienza fatta, ha concluso, aiuterà le banche centrali a soppesare attentamente i benefici e gli effetti collaterali di diversi strumenti in modo da condurre la politica in maniera appropriata nell'ambito del quadro generale dell'economia.
Privatizzazioni: sindacati su cessione quota Eni, “no vantaggi per cittadini, lavoratori e conti Stato”
“Il Governo si rivolge ai soli azionisti, che, se non fossero ben remunerati, potrebbero fare altre scelte e cambiare la destinazione dei propri investimenti”. Così i maggiori sindacati italiani commentano la cessione realizzata dal Governo del 2,8% di quote azionarie detenute dal ministero dell'Economia, per un valore complessivo di 1,4 miliardi di euro. Si aggiunge, poi, che “l'operazione non è conveniente dal punto di vista economico. La svendita produrrà un effetto negativo per i conti dello Stato, che vedrà ridursi le entrate in maniera maggiore della riduzione della spesa per gli interessi sul debito. Noi venderemo il 4,7% di azioni di Eni, vendita che produrrà un incasso di circa 2 miliardi di euro che per legge dovranno essere utilizzati per la riduzione del debito pubblico, ma che comporterà un mancato incasso di 147 milioni di euro, denaro entrato nelle casse dello Stato nel 2023 per i dividendi di Eni”.
Peraltro, questo effetto negativo per le finanze dello Stato accomuna tutte le privatizzazioni che il Governo ha ipotizzato, a partire da quella di Poste. Inoltre, sostengono i sindacati, '”questo progetto indebolirà ancora di più il ruolo di Eni sul processo di transizione ambientale, proprio nel momento in cui l'Italia dovrebbe concentrare tutti i propri sforzi per recuperare i ritardi accumulati e che rischiano di produrre pesanti danni per l'economia del Paese”. Si avrebbe poi, un ulteriore risvolto di questa operazione: “Eni è debole finanziariamente sulla chimica di base, che è un pilastro fondamentale per il sostegno del sistema manifatturiero e industriale. Qualora non ci fossero più gli adeguati interventi l'Italia rischierebbe di non essere più la seconda manifattura europea, mentre la filiera a valle scivolerebbe verso quei Paesi extra-Ue con i quali non possiamo competere sia per rispetto dell'ambiente sia per costo del lavoro”. Infine, “vi sono rischi per i lavoratori, che non avranno più quella sicurezza del posto di lavoro che Eni ha fin qui garantito, e per i cittadini, perché è presumibile ipotizzare l'aumento dei costi energetici, in quanto la presenza di Eni funge anche da calmiere dei prezzi”.
Federalismo, Upb: potrebbe essere favorito da nuove regole bilancio Ue
Il completamento del federalismo fiscale “potrebbe essere favorito dall'applicazione delle nuove regole di bilancio europee che prevedono come indicatore unico per il monitoraggio dei conti pubblici il tasso di crescita della spesa primaria netta”. Lo ha detto Giampaolo Arachi, consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), in audizione sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale in commissione parlamentare per l'Attuazione del federalismo fiscale.
“L'indicazione di un percorso programmatico della spesa primaria netta per comparto coerente con il limite massimo concordato con il Consiglio europeo per il complesso delle Amministrazioni pubbliche - ha aggiunto - dovrà necessariamente tenere conto del diverso peso delle componenti non comprimibili della spesa, come quella per le funzioni fondamentali e i Lep e di quelle relative agli impegni assunti nel Piano strutturale di bilancio relativamente agli investimenti. Fissato il percorso della spesa primaria netta sarà necessario assicurare un'evoluzione coerente delle entrate degli Enti territoriali, al netto delle misure discrezionali da questi attuate, attraverso la revisione periodica dei trasferimenti e delle compartecipazioni. La programmazione della spesa potrà costituire il momento per valutare l'adeguatezza delle risorse e della loro evoluzione futura facilitando la gestione dei bilanci e l'operare dei meccanismi perequativi”.